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  • Gli scienziati e Dio
  • Svegliatevi! 1979
Svegliatevi! 1979
g79 22/9 pp. 27-28

Gli scienziati e Dio

“UN numero crescente di scienziati, almeno nel mondo anglosassone, si dichiara credente. La scienza che fa a meno di Dio, dicono, produce distruzioni e non spiega i misteri del cosmo”. Così Il Settimanale del 25 gennaio 1978, edito a Roma, introduceva l’interessante articolo “Scoprono Dio in laboratorio”. Ne riportiamo buona parte qui di seguito:

“A tentare una prima spiegazione del fenomeno è stata Eilen Barker, una sociologa britannica che insegna alla London School of Economics. ‘Prima è stata la scoperta della bomba atomica’, ha detto, ‘poi la diffusione di un incontrastato materialismo con pretese scientifiche, infine il grande problema dell’inquinamento e della distruzione dell’ambiente: di fronte a questi guasti provocati dalla scienza, moltissimi scienziati nutrono un tremendo senso di colpa. Non c’è da stupire che molti di loro oggi scelgano la fede’.

“In realtà, almeno nel mondo anglosassone, il fenomeno è vistoso: un numero crescente di scienziati si dichiara credente. ‘L’uomo della strada crede che gli uomini di scienza siano generalmente atei, e che le innovazioni scientifiche e tecnologiche abbiano messo gli ultimi chiodi sulla bara di Dio’, ha scritto il settimanale britannico New Scientist pochi mesi or sono: ‘Ebbene, non è affatto così’. Una rapida inchiesta, condotta nelle università e nei laboratori industriali, ha appurato che circa 8 scienziati su 10 seguono una fede religiosa, o, almeno, principi di comportamento morale che sono ‘non scientifici’. ‘Del resto, che gli scienziati siano credenti non è una novità’, dice il professor A. R. Peacocke, fisico, del Dean College di Cambridge. ‘Non dimentichiamo che Einstein credeva in Dio’. La novità, semmai, consiste nel fatto che un numero crescente di scienziati scrivono e discutono pubblicamente sulla necessità della fede. . . .

“Sir Bernard Lovell, illustre direttore del più grande radiotelescopio del mondo, quello di Jodrell Bank, [dice che] ‘sono ormai ben pochi gli scienziati che si aspettano dalla scienza la risoluzione dei problemi fondamentali dell’uomo’. In un libro che sta scrivendo, e sicuramente metterà a rumore il mondo scientifico internazionale, Lovell afferma che una collaborazione tra scienza e teologia ‘è la sola speranza per il mondo attuale, nella pericolosa situazione in cui si trova’. E aggiunge: ‘La crisi ecologica è l’esempio pratico del risultato a cui può portare una scienza che non si fa guidare da principi morali’. . . .

“‘La spaccatura fra scienza e fede è avvenuta soltanto nell’800, con il trionfo del darwinismo’, spiega il professor Peacocke. ‘I grandi scienziati del passato, per esempio Newton, consideravano la scienza come la parte di un tutto’. La spaccatura sta ora per ricomporsi? . . .

“L’adesione di molti scienziati alla fede non è motivata soltanto dalla constatazione delle devastazioni prodotte da una scienza svincolata da norme morali. Per lo più, essi sono spinti a credere, dalle loro stesse ricerche, che ‘nella natura operi una forza intelligente’. I più decisi credenti in un Dio creatore sembrano essere i fisici nucleari, che studiano l’atomo e le sue componenti: ‘Le persone che si occupano di fisica subatomica o di fisica degli astri hanno parecchie buone ragioni per credere che al fondo dell’universo c’è un mistero’, dice Peacocke. . . .

“Il fatto è, come ha spiegato il fisico francese Jean Emile Charon, che gli studiosi dell’atomo e dell’universo conoscono, meglio degli altri scienziati, il fenomeno universale dell’entropia: essi sanno cioè che, lentamente ma in modo irreversibile, il cosmo intero si ‘degrada’, passando da forme più complesse a forme più semplici, che perde la sua organizzazione, che si raffredda. Ora, si domandano i fisici, in un universo che ‘muore’ a poco a poco esiste un fenomeno — la vita — che percorre la strada inversa: che passa dalle forme più semplici alle più complesse, che ‘si mantiene’ e si ‘organizza’ sempre più: come mai si produce questo fenomeno?

“Come dicono gli scienziati, ‘l’entropia dell’universo deriva da una perdita di informazione; la vita invece è causata da un accumulo di informazione’. Per i profani, il fenomeno può essere spiegato così: immaginiamo l’universo come un barattolo di vetro, che contenga uno strato di palline bianche e, sopra di esso, uno strato di palline nere. Se scuotiamo il barattolo, le palline bianche e nere si mescolano in modo uniforme; e per quanto continuiamo a scuotere il barattolo, le palline non ricostituiranno mai più i due strati sovrapposti di diverso colore. Il ‘sistema’ perde la sua organizzazione e la sua ‘informazione’. Per ricostruire l’organizzazione iniziale, occorre che una mano intelligente raggruppi le palline bianche tra loro e faccia lo stesso con le palline nere, operando una scelta, ossia, secondo il linguaggio cibernetico ‘aggiungendo informazione’.

“Ora, la vita è precisamente il fenomeno che più chiaramente mostra come, nel grande barattolo dell’universo, operi una Intelligenza. . . .

“E il biochimico Dereck Bryce-Smith è stato ancora più esplicito: ‘Bisogna farla finita con l’idea che la vita sia nata da un mare di mutazioni dovute al caso. Che l’uomo si sia evoluto da una sequenza di trasformazioni casuali è un fatto infinitamente improbabile. Bisogna pensare che il processo abbia avuto fin dall’inizio una direzione, e una direzione impressa dall’esterno da una forza intenzionale’. Ma la parola ‘forza’, ammette Bryce-Smith, non esprime bene il suo pensiero: ‘Quel che sto cercando di dire, è che Dio, diciamo così, è vero’”.

Sono profondamente vere le parole della Sacra Bibbia nel Salmo 19:1: “I cieli dichiarano la gloria di Dio; e la distesa annuncia l’opera delle sue mani”.

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