Uno zingaro accetta la buona notizia
Il tipico accampamento con gli zingari seduti in cerchio ad ascoltare i racconti della vecchia madre, la donna più attempata del gruppo; la figura del suonatore di violino che accompagnava le danze tzigane; quella del ramaio esperto nel costruire oggetti d’arte con pochi mezzi rappresentano antiche consuetudini ormai tramontate tra la nostra gente. Ma il tradizionale istinto nomade si è mantenuto vivo nel tempo, anche se le tende hanno lasciato il posto a moderne roulotte con cui giriamo senza fissa dimora. Il nostro popolo, dall’India nordoccidentale, si sparse per tutto il mondo intorno al IX secolo. In Italia giunse solo nel XV secolo.
La mia famiglia gestisce la giostra di un luna park viaggiando con una compagnia che si sposta in varie parti del Veneto. Ho lavorato per molto tempo con loro. Ricordo che per me rubare era un’abitudine e spesso ero coinvolto in risse in cui non esitavo a tirar fuori il coltello e la pistola, se necessario. Poi nel 1976 due testimoni di Geova si presentarono alla nostra roulotte. Parlarono con mia madre e le lasciarono un libro intitolato La Verità che conduce alla Vita Eterna. Lei lo accettò quasi per cortesia e subito lo diede a Moreno, mio fratello più grande, il secondo, che quella sera lo mostrò anche a me. Cominciammo a sfogliarlo incuriositi e dopo quattro ore stavamo ancora leggendolo, nonostante i rimbrotti di nostro padre. Eravamo convinti di aver trovato la verità. Il messaggio contenuto nel libro era entusiasmante.
Poco dopo mio fratello partì per il servizio militare. Quando tornava a casa in licenza era ogni volta più sorridente e sereno. Come mai? Mi disse che frequentava la locale Sala del Regno dei testimoni di Geova e che lì aveva trovato il calore e l’affetto fraterno che cercava. Appena mio fratello terminò il servizio militare, decidemmo entrambi di studiare la Bibbia con i testimoni di Geova. Apprezzammo di cuore il loro zelo, vedendo che erano disposti a percorrere chilometri per raggiungerci da un luogo all’altro nei nostri spostamenti. Studiavamo nei posti più disparati: in macchina, in campagna, persino sui sedili delle giostre ferme. Man mano che applicavo i consigli biblici nella mia vita, eliminavo i tratti negativi della mia personalità. Smisi di rubare e di litigare col prossimo. (Efesini 4:28; Romani 12:18) Non fu facile, ma Geova Dio mi diede la forza di cambiare. Anche mio fratello cresceva insieme a me nella conoscenza delle Sacre Scritture e così ci incoraggiavamo a vicenda.
Si addensavano nuvoloni all’orizzonte. Mio padre, tornato a casa dopo un anno di carcere, non tardò a scontrarsi con il nostro nuovo modo di considerare l’onestà. “I miei figli onesti! Io vi ammazzo!”, tuonava. Una sera, tornando dall’adunanza, vedemmo in lontananza un fuoco in direzione dei nostri alloggi. Mio padre stava bruciando tutte le nostre pubblicazioni bibliche. Gli chiedemmo spiegazioni, ma per tutta risposta cominciò a picchiare Moreno, poi all’improvviso corse dentro la roulotte. Avendo intuito le sue intenzioni, ce la demmo a gambe. Ci prese a schioppettate, ma ormai eravamo fuori tiro. Quella notte dormimmo in macchina. La mattina dopo nostro padre ci venne incontro con un bastone e ci intimò di sparire. Fummo ospitati da fratelli di fede che si presero amorevole cura dei nostri bisogni fisici e spirituali. I problemi comunque non erano ancora finiti, perché nostro fratello maggiore seppe dove eravamo alloggiati e venne con l’intenzione di picchiare chi ci ospitava. Riuscii in qualche modo a farlo desistere e seppi che anche mio padre aveva progettato per ben tre volte di venire ad ammazzarci. Altri nostri parenti ci dicevano: “Nelle vostre vene c’è sangue zingaro, non potete cambiare vita!” Rimanemmo però fermi nella nostra decisione di servire Geova.
Dopo un notevole progresso nella fede, conformando completamente la mia personalità alle leggi divine, decisi di simboleggiare la mia dedicazione a Geova con il battesimo in acqua. Ciò avvenne nel 1979 durante l’assemblea di distretto “Speranza viva”. Dopo d’allora ho vissuto alcune gioiose esperienze che riguardavano da vicino la mia precedente condotta. Ricordo, ad esempio, il commovente incontro con un uomo — ora un proclamatore della buona notizia — a cui avevo rubato le galline. “La sera in cui le rubasti ti rincorremmo in dieci”, mi disse, “ma non riuscimmo ad acchiapparti”. In seguito incontrai un altro col quale ero venuto spesso alle mani. Ora condividiamo un solo ideale: la pace e la giustizia sotto il Regno di Dio.
Qualcuno potrebbe pensare che, a causa di queste scelte, Moreno ed io abbiamo diviso la nostra famiglia e tradito la cultura del nostro popolo. Certamente no! Il fatto che abbiamo trovato fede e speranza sicure in un mondo egoistico e malato non significa odiare o tradire la gente e la famiglia da cui proveniamo. I nostri familiari sono rimasti sbalorditi nel vedere i cambiamenti che abbiamo fatto. Nostro padre, colpito dalla nostra determinazione, ora è cambiato. È orgoglioso che i suoi figli siano due pacifici testimoni di Geova e ogni tanto legge pubblicazioni come quelle a cui un tempo diede fuoco.
Sono grato a Dio per il fatto che ora ho il privilegio di impiegare la mia vita servendolo a tempo pieno. Insieme a mio fratello posso esclamare felice: ‘Abbiamo accettato Cristo Gesù il Signore, avendo messo radice ed essendo edificati in lui, traboccando di fede con rendimento di grazie’. (Colossesi 2:6, 7) — Da un collaboratore.