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  • w55 15/3 pp. 163-164
  • La fede motivata dalla paura non è vera fede

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  • La fede motivata dalla paura non è vera fede
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1955
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1955
w55 15/3 pp. 163-164

La fede motivata dalla paura non è vera fede

L’ESSERE Supremo e Creatore dell’universo ha provveduto un solido fondamento perché si abbia fede in lui. Tutto intorno a noi nella natura animata e inanimata, stellare e terrestre, e come rivelato dal telescopio e dal microscopio, dà l’eloquente e inconfutabile evidenza che Dio effettivamente esiste. E nella sua Parola, la Bibbia, egli rivela ancora più chiaramente non soltanto i suoi attributi di amore, giustizia, sapienza e potenza, ma anche il suo nome, Geova, il suo proposito di rivendicare la sua supremazia mediante il suo regno, e ciò che noi dobbiamo fare.

Il principale requisito richiestoci da Geova è che esercitiamo fede in lui, poiché “senza fede è impossibile ottenere il suo beneplacito, poiché chi si avvicina a Dio deve credere ch’egli è, e che è il rimuneratore di quelli che sinceramente lo cercano”. (Ebr. 11:6, NW) Che cosa vuol dire aver fede? Il 7 febbraio 1954 il Presidente degli Stati Uniti presenziò un programma organizzato dai veterani di guerra e trasmesso per radio e televisione, dal titolo “Ritorniamo a Dio”. Con le sue parole il presidente Eisenhower mise in risalto l’importanza della fede, e disse fra l’altro: “Ora per me non è affatto strano che reduci di guerra sostengano tale concetto. In battaglia essi impararono una grande verità: che nelle trincee non vi sono atei. Sanno che in tempo di pericolo o di prova ci rivolgiamo istintivamente a Dio per nuovo coraggio e pace mentale”.

Non si può affermare in modo dogmatico che i soldati comunisti della Cina, della Russia e di altri paesi atei cessino d’essere increduli quando entrano nelle trincee. Ma è ancora più discutibile che si possa definire atto di fede il rivolgersi “istintivamente” a Dio quando si è in trincea. Che cosa avviene di questa fede quando si esce dalla trincea e si ritorna a casa? Ha il mondo un numero maggiore di buoni cristiani dopo le guerre? Non è forse questo il caso della persona che mentre sta per affogare si aggrappa ad un fuscello? Essa non ha fede nel fuscello ma vi si aggrappa disperatamente perché non c’è altro aiuto.

Non si può dire che i soldati, i quali durante tutta la loro vita sia da civili che in servizio pensano ben poco a Dio, esercitino fede quando si rivolgono a Dio per aiuto sotto il fuoco nemico. Ecco perché non c’è nessuna prova che Dio risponda alle preghiere pronunciate in tali condizioni. Usando un’altra illustrazione, Geova Dio non stabilì che la fede sia semplicemente un’uscita di sicurezza da usarsi in tempo di emergenza, quando non esista nessun’altra via di uscita.

Infatti Dio ha ripetutamente reso chiaro che non desidera tale specie di fede. Quando gl’Israeliti apostatarono e di conseguenza fu permesso che fossero portati in schiavitù, invocarono Dio perché li liberasse. Essi si trovavano, come per dire, nelle trincee. Ma apprezzò egli allora le loro invocazioni? Tutt’altro! Notate quello ch’egli disse loro mediante il suo profeta: “Andate a gridare aiuto agli dèi che avete scelti. Vi salvino essi nel tempo della vostra angoscia”. (Giud. 10:14, NW) Lo stesso fatto è sostenuto dal saggio in Proverbi 1:28-30.

Non c’è dubbio su questo: la fede che Dio approva non è quella che si manifesta soltanto in tempo di afflizione. Non si deve essere cristiani solo quando si è in difficoltà o quando si desidera qualcosa da Dio. Noi mostriamo la nostra fede mediante le opere, non semplicemente con parole, e le preghiere sono tutt’al più soltanto parole. Dobbiamo compiere opere in armonia con le giuste esigenze di Dio; come quella di rinnovare la nostra personalità mediante la verità e di tenerci separati dal mondo. (Efes. 4:22; Giac. 4:4) E specialmente, come cristiani, dobbiamo fare le opere per le quali principalmente Gesù Cristo venne sulla terra, rendere onore al nome di Geova e recare testimonianza alla verità, ciò che in questo tempo significa la predicazione della buona notizia dell’istituito regno di Dio. — Giov. 17:4; 18:37; Matt. 24:14.

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