Domande dai lettori
◆ In relazione al battesimo in acqua, perché è appropriato dire che si muore alla propria “passata condotta di vita” invece che alla “propria volontà”? Come potrebbe questo applicarsi al battesimo in acqua di Gesù?
La parola “volontà” indica una facoltà di cui Dio ha dotato le creature intelligenti, mediante cui esse decidono consapevolmente e deliberatamente circa il desiderato modo d’agire. È il potere dato da Dio di scegliere le proprie azioni; è la cosciente esplicazione della volontà.
Il credente ammaestrato dalla Bibbia, quando si dedica intelligentemente e devotamente a Geova Dio mediante Gesù Cristo, non muore a questa facoltà di volere. Nell’atto stesso con cui si dedica egli deve esercitare la sua forza di volontà con grande risolutezza e fermezza per prendere questa decisione per tutta l’eternità. Per compiere il passo del battesimo in acqua deve esercitare la sua facoltà di volere in ubbidienza al comando che Dio diede mediante Cristo. Dopo il battesimo, che simbolizza la sua dedicazione a Dio, ha bisogno di continuo della facoltà di volere. Non diventa una macchina priva di volontà, un automa o un robot o una marionetta che agisce o si muove solo per volontà di qualcun altro. Deve esercitare la sua volontà più consapevolmente di prima, perché le sue decisioni future siano in armonia con la scritta Parola di Dio e spesso, anche con le istruzioni date dalla visibile organizzazione di Dio. Deve determinare ciò che Dio vuole e quindi volere in armonia con i desideri di Dio. Deve prendere le decisioni che più giovano agli interessi del regno di Dio, al popolo organizzato di Dio e a se stesso quale cristiano.
Per esempio, potrebbe dover decidere se sposarsi o no. Quindi deve esercitare la sua volontà per prendere una decisione al riguardo. A sostegno di ciò, l’apostolo Paolo scrisse: “Se qualcuno pensa di agire sconvenientemente verso la sua verginità, se ha passato il fiore della giovinezza, e questo è il modo in cui deve aver luogo, faccia come vuole; egli non pecca. Si sposino. Ma se qualcuno è fermo nel suo cuore, non avendo necessità, ma ha autorità sulla propria volontà e nel proprio cuore ha preso questa decisione, di serbare la propria verginità, farà bene”. (1 Cor. 7:36, 37) Riguardo alle vedove l’apostolo dice: “Se suo marito si addormenta nella morte, ella è libera di sposare chi vuole, solo nel Signore”. (1 Cor. 7:39) È libera di volere, ma non senza limiti. È libera di volersi risposare, ma solo se sposa un uomo che è in unione col Signore.
Quindi il grato studente della Bibbia, quando si dedica amorevolmente a Dio e simbolizza tale dedicazione con il battesimo in acqua, muore al suo passato modo d’agire, non alla sua facoltà di volere. In passato agiva in modo da piacere a se stesso o alle creature che amava, rispettava o temeva. Dopo la dedicazione, simbolizzata dal battesimo in acqua, egli adotta un nuovo modo d’agire, quello di piacere a Geova Dio facendo ciò che Dio vuole. Quindi saggiamente addestra la sua consapevole forza di volontà a prendere decisioni conformi al volere di Dio.
Naturalmente la parola “volontà” significa anche ciò che si vuole: un desiderio o un’aspirazione. In armonia con questo significato della parola volontà noi preghiamo: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Si compia la tua volontà, come in cielo, anche sulla terra”. (Matt. 6:9, 10) Secondo questo punto di vista, quando facciamo il passo della dedicazione, veniamo a fare la volontà di Dio e non più la nostra. Ma per fare da quel momento in poi la volontà di Dio dobbiamo sempre tener presente o cercare e imparare qual è la volontà di Dio. Quindi dobbiamo farla coscienziosamente, intelligentemente e deliberatamente, senza timore delle creature.
Gesù fece sempre la volontà di Dio, quando faceva il falegname a Nazaret e anche mentre era “sottomesso” ai suoi genitori terreni. Egli disse: “Son disceso dal cielo per fare, non la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato”. (Giov. 6:38-40) Quando all’età di circa trent’anni si presentò per fare la volontà di Geova in adempimento al Salmo 40:7, 8, Gesù morì alla sua passata condotta di vita terrena. Smise di vivere come un oscuro cittadino di Nazaret, lontano dagli sguardi del pubblico; mise da parte gli arnesi da falegname; si sottrasse all’autorità di un genitore terreno, sia di Giuseppe che di Maria; abbandonò la casa dove aveva certe responsabilità essendo il figlio maggiore e primogenito della famiglia. Cominciò ad adempiere certi aspetti vitali della legge di Dio data tramite Mosè inerenti all’incarico di sacerdote, di profeta come Mosè e in special modo inerenti al regno di cui era erede per mezzo del re Davide di Gerusalemme. Si dedicò agli interessi del regno che Giovanni Battista annunciava.
Dopo aver fatto questo passo ed averlo confermato con il battesimo in acqua, Gesù aveva ancora la sua consapevole forza di volontà. Non era morto ad essa. La sua volontà era sempre stata quella di fare la volontà di Dio, qualunque essa fosse a quel tempo. Continuò a fare la volontà di Dio, come aveva fatto nel passato. Tuttavia, per fare la volontà di Dio dopo il battesimo in acqua, egli doveva esercitare la sua volontà più fermamente di prima. Perché? Perché la volontà di Geova era quella di rendere “perfetto . . . per mezzo delle sofferenze” questo principale Agente della salvezza umana. Per questo era necessario che Gesù esercitasse la sua volontà per decidere di affrontare le sofferenze e sopportarle. “Egli stesso ha sofferto essendo messo alla prova”. E durante la prova dovette esercitare la sua volontà per essere fedele, leale e ubbidiente a Dio. (Ebr. 2:10, 18) “Benché fosse Figlio [di Dio], imparò l’ubbidienza dalle cose che soffrì”. Per continuare a volere cose giuste dovette offrire “supplicazioni e anche invocazioni a colui che poteva salvarlo dalla morte, con gran grida e lagrime, e fu favorevolmente esaudito per il suo santo timore”. (Ebr. 5:7, 8) Durante l’agonia, quando il suo sudore si trasformò in gocce di sangue che cadevano per terra, egli pregò Dio: “Sia fatta non la mia volontà, ma la tua”. (Luca 22:41-44) Ciò richiese che esercitasse strenuamente la sua forza di volontà.
Dopo il battesimo nella morte e la risurrezione dai morti, Gesù aveva ancora la sua forza di volontà. Quando Pietro gli chiese informazioni sul futuro dell’apostolo Giovanni, Gesù rispose: “Se io voglio che resti finché io non ritorni, che te ne importa? Tu seguimi”. (Giov. 21:22, 23, Ti) Di conseguenza, il glorificato Gesù Cristo nel cielo esercita ora la sua forza di volontà in armonia con la sua dedicazione e completamente d’accordo con la preghiera modello rivolta a Dio: “Si compia la tua volontà, come in cielo, anche sulla terra”.
È quindi appropriato dire del battesimo in acqua del candidato dedicato: “Significa che la sua passata condotta è seppellita (come con l’immersione nell’acqua) ed egli esce fuori dall’acqua per fare soltanto il volere di Dio e camminare d’allora in poi in novità di vita”. — La Torre di Guardia del 15 dicembre 1955, pagina 751, paragrafo 8.