Domande dai lettori
● Il nostro ragazzo diciassettenne è stato difficile a correggersi per un certo numero d’anni, e a volte minaccia di toglierci la vita se non assecondiamo ciò che pensa e fa. Ha un temperamento violento. Fa ben poco per trovare lavoro, ma dice che è nostra responsabilità sostenerlo materialmente in tutto ciò che desidera. Che dovremmo fare? — E. D., U.S.A.
Per superare la tendenza alla disubbidienza dei ragazzi i genitori devono avere molta pazienza. Mentre bisogna essere fermi, i genitori devono senza dubbio mostrare vero amore ai loro figli. Si dovrebbe ricorrere di continuo all’autorità scritturale e alla ragione, e l’esempio dei genitori dovrebbe mostrare che essi pure sono soggetti a tale autorità. Fino ad una certa età i figli sono trattabili, ma quando un adolescente ricorre all’aperta ribellione, sono necessarie misure più severe. — Ebr. 12:7-11.
Ai giorni dell’antico Israele, quando un figlio si ribellava apertamente ai genitori, veniva consegnato agli anziani della città perché lo punissero. Questi sentenziavano la morte mediante la lapidazione. La ribellione non era scusata dal motivo della giovinezza. Quantunque oggi non abbiamo un governo tipicamente teocratico nel paese, abbiamo regole teocratiche nella casa e nella congregazione oltre alla legge civile del paese. Quando un figlio rifiuta di riconoscere il governo teocratico della casa, si dovrebbe fare appello al governo teocratico della congregazione. Se il figlio ribelle rifiuta di ascoltare la voce della congregazione, i genitori sono pienamente giustificati se si rivolgono alle autorità del paese onde prendano le misure che ritengono migliori. Le prospettive di questa azione potrebbero bastare per mettere a posto un figlio ribelle.
È vero che i genitori hanno l’obbligo di sostenere i loro figli, ma solo finché i figli sono incapaci di provvedere a se stessi e fino a quando riconoscono l’autorità dei genitori, cooperando col resto della famiglia. Se rifiutano di far questo, non hanno nessun diritto di ricevere i benefici della dimora dei genitori. Si applicherebbe anche il principio dichiarato in 2 Tessalonicesi 3:10: “Se qualcuno non vuole lavorare, neppure mangi”.