Domande dai lettori
● Vorrei conoscere la spiegazione di 1 Corinzi 14:2. — J. M., Stati Uniti.
Il versetto in questione dice: “Poiché chi parla in una lingua parla non agli uomini ma a Dio, poiché nessuno ascolta, ma egli dichiara sacri segreti per lo spirito”. Questa scrittura si può capire in base ai versetti 13-19 di 1 Corinzi 14 (Na) dello stesso capitolo che dicono:
“Chi dunque parla le lingue, preghi per avere il dono di saperle interpretare. Infatti, se io prego col dono delle lingue, il mio spirito prega, ma la mia mente non ne ricava alcun frutto. Dunque che fare? Pregherò con lo spirito, ma anche con la mente; salmeggerò con lo spirito, ma anche con la mente. Altrimenti se tu non pronunzi parole di benedizione altro che in spirito, colui che sta al posto del semplice fedele, come potrà rispondere l’‘Amen’ al tuo rendimento di grazie? Non capisce quello che tu dici. Senza dubbio il tuo rendimento di grazie sarà bello, ma l’altro non resta edificato. Io ringrazio Iddio di superare nel dono delle lingue tutti voi; ma nell’assemblea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza in modo da poter istruire anche gli altri, anziché migliaia di parole col dono delle lingue”.
In altre parole, chi parla in una lingua, parla a Dio anziché agli uomini, se non vi è qualcuno che interpreti il significato di ciò che dice per farlo capire agli ascoltatori. Le parole sono senza significato per gli ascoltatori che non comprendono la lingua straniera in cui il messaggio è espresso mediante il miracoloso potere dello spirito santo di Dio. Per questa ragione l’apostolo Paolo dice: “Nessuno ascolta”, perché nessuno capisce. Poteva anche darsi che colui che parlava le lingue straniere non capisse il messaggio che pronunciava; se no perché l’apostolo Paolo avrebbe detto che chi parlava le lingue avrebbe dovuto pregare per saperle interpretare? Altrimenti egli non avrebbe capito nemmeno ciò che stava dicendo spinto dallo spirito, se non ci fosse stato qualcuno per interpretarglielo.
Se dunque non vi fosse stato qualcuno per interpretare o tradurre il suo messaggio, avrebbe parlato sicuramente a Dio, anziché agli uomini. Per questo l’apostolo Paolo dice che se non vi sono interpreti, colui che parla in lingue straniere dovrebbe pregare di sapere anche tradurre, perché mediante la traduzione possa parlare anche agli uomini in modo edificante e alla lode di Dio.
Come fu diverso l’apostolo Paolo dalle sette moderne che pretendono di sapere parlare in lingue! Queste non si interessano affatto di far capire agli ascoltatori quello che balbettano, ma vogliono solo farli meravigliare con il loro linguaggio incomprensibile. Inoltre, Paolo predisse che “se vi sono lingue, cesseranno”. Infatti, sono cessate. Il miracoloso dono delle lingue fu necessario, insieme ad altre miracolose manifestazioni dello spirito santo, per stabilire la congregazione cristiana. Poiché la congregazione cristiana ha raggiunto la maturità, essa ha “eliminato i tratti del bambino”. — 1 Cor. 13:8, 11.