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  • Gesù si riferiva all’inferno?
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 2008
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 2008
w08 15/6 p. 27

Gesù si riferiva all’inferno?

ALCUNI che credono nella dottrina dell’inferno di fuoco fanno riferimento alle parole di Gesù riportate in Marco 9:48 (o nei versetti 44, 46). Egli parlò di vermi (o bachi) che non muoiono e di fuoco che non si estingue. Se qualcuno vi chiedesse una spiegazione di queste parole, come rispondereste?

A seconda della versione biblica usata, la persona potrebbe leggere i versetti 44, 46 o 48 dal momento che alcune traduzioni rendono i tre versetti in maniera simile.a La Traduzione del Nuovo Mondo dice: “Se il tuo occhio ti fa inciampare, gettalo via; è meglio per te entrare con un occhio solo nel regno di Dio che essere lanciato con due occhi nella Geenna, dove il loro baco non muore e il fuoco non si spegne”. — Mar. 9:47, 48.

Secondo alcuni queste parole di Gesù sostengono l’idea che dopo la morte le anime dei malvagi soffrono per sempre. Per esempio, in una nota della Bibbia di Navarra si legge: “Gesù se ne serve a significare i tormenti dell’inferno. Le parole ‘il verme che non muore’ sono state applicate di frequente al rimorso eterno che tortura i dannati, mentre le altre — ‘il fuoco che non si estingue’ — alla pena del senso”.

Confrontate però le parole di Gesù con il versetto finale del libro di Isaia.b Non è forse evidente che Gesù si riferiva alle parole che troviamo in questo versetto del capitolo 66 di Isaia? A quanto pare, il profeta parlava dell’uscire da Gerusalemme verso la “vicina Valle di Hinnon (Geenna), dove una volta si facevano sacrifici umani (Ger 7,31) e che alla fine divenne l’immondezzaio della città”.c È chiaro che il simbolismo di Isaia 66:24 non si riferisce a persone che vengono torturate; il versetto parla di cadaveri. A non morire sono i vermi, non persone vive o anime immortali. Cosa significano dunque le parole di Gesù?

In merito a Marco 9:48, un’opera di consultazione cattolica dice che la frase è “presa da Isaia (66,24). Il profeta espone i due modi con cui vengono di solito distrutti i cadaveri: la putrefazione e la cremazione. . . . L’accostamento, nel testo, di vermi e fuoco, rafforza l’idea di distruzione. . . . Le due forze di distruzione vengono descritte come persistenti (‘non si estingue, non muore’): non c’è modo di sfuggire a esse. Nell’immagine, dunque, ciò che continua a vivere sono il verme e il fuoco, non l’uomo, e questi distruggono tutto ciò che cade in loro potere. Non si descrive pertanto una pena eterna, bensì una distruzione totale che, impedendo la resurrezione, equivale a una morte definitiva”. E sempre la stessa opera, in una nota, precisa che il fuoco “è pertanto una figura della cancellazione”.d

Sapendo che il vero Dio è amorevole e giusto, non è logico comprendere le parole di Gesù in questo modo? Gesù non stava dicendo che i malvagi subiranno il tormento eterno. Piuttosto essi rischiano la distruzione totale senza la speranza della risurrezione.

[Note in calce]

a I più autorevoli manoscritti biblici non includono i versetti 44 e 46. Secondo alcuni biblisti questi due versetti furono probabilmente aggiunti in seguito. Il prof. Archibald T. Robertson, scrive in una sua opera: “I manoscritti più antichi e attendibili non contengono questi due versetti, i quali provengono dalla famiglia occidentale e da quella siriaca (bizantina). Sono semplici ripetizioni del versetto 48. Pertanto noi [omettiamo] i versetti 44 e 46 che non sono autentici”.

b “Realmente usciranno e guarderanno i cadaveri degli uomini che trasgredivano contro di me; poiché i medesimi vermi su di loro non moriranno e il loro stesso fuoco non si estinguerà, e devono divenire qualcosa di ripugnante a ogni carne”. — Isa. 66:24.

c Grande commentario biblico, a cura di R. E. Brown, J. A. Fitzmyer, R. E. Murphy, ed. italiana a cura di A. Bonora, R. Cavedo, F. Maistrello, Queriniana, Brescia, 1973, p. 496.

d J. Mateos/F. Camacho, Il Vangelo di Marco, analisi linguistica e commento esegetico, trad. di M. Nicolosi e Y. Aversa, Cittadella Editrice, Assisi, 2002, vol. 2, p. 372.

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