Che ne sapete della lana?
Dal corrispondente di “Svegliatevi!” in Cile
PECORE, a migliaia, si estendono come un manto di lana lungo la strada che ci sta dinanzi. La nostra auto rallenta fino a fermarsi, e noi attendiamo ansiosamente che i pastori a cavallo entrino in azione. Dall’estremità del gregge essi fischiano comandi ai cani, che sollecitamente reagiscono, facendo con abilità le loro cariche verso un solo lato della strada.
Il gregge diviene un grande tappeto in movimento, i corpi si incuneano strettamente, alcune con le zampe anteriori sul dorso di quelle davanti nel furioso sforzo di allontanarsi dai cani che le infastidiscono. Avanziamo lentamente, e dietro a noi i corpi tornano a rifluire sulla strada. Infine siamo liberi, e, con un cenno di saluto agli uomini a cavallo, continuiamo il nostro viaggio.
Benché questa vista sia comune in qualsiasi strada di Magallanes, nella provincia più meridionale del Cile, tuttavia, come molti altri, sapevamo pochissimo di queste creature lanose. Le conoscete voi? Che ne sapete della lana? Di recente abbiamo appreso alcune cose interessanti, visitando una fattoria ovina.
Il corriedale, una “nuova” razza
Abbiamo riscontrato che le pecore cambiano con il passar degli anni. Quelle che vedemmo lungo la strada sono di una razza che ha solo più di cento anni, il corriedale. Le fu dato il nome di una fattoria della Nuova Zelanda dove in principio fu generata, incrociando un montone dalla lana lunga con una pecora merino e quindi accoppiando la progenie. Per questa ragione il corriedale viene chiamato mezzo bastardo.
Il desiderio degli allevatori era quello di produrre un animale con una lana quasi così fine come quella merino, ma con carne migliore e la capacità di sopportare il clima rigido, come la varietà con lana lunga. Queste qualità fanno del corriedale l’ideale per questa parte del mondo. Esso si è ambientato qui al freddo e al vento.
Grande cura si esercita per mantenere le buone qualità della razza. Si acquistano ottimi montoni per la riproduzione, si impiegano per tre anni, quindi si vendono ad altre fattorie per evitare la degenerazione del gregge. Buone pecore sono impiegate per generare agnelli per quattro anni e quindi si macellano il quinto anno. Anche prima di ciò, qualsiasi femmina che mostra difetti viene mandata al macello.
Prendemmo disposizioni con il caposquadra di una fattoria perché ce la facesse visitare. Ora è lì, in piedi vicino al cancello. Siamo desiderosi di vedere come si tosano le pecore.
La stalla della tosatura
Mentre ci affrettiamo a salire la scala di legno verso la stalla, sentiamo un misto di odori e rumori. All’interno, dobbiamo osservare per un momento per distinguere tutte le attività. Un uomo sta presso una tavola alta, su cui è ammucchiata la lana. Ne prende un pezzo, gli fa qualche cosa con le dita, quindi lo mette da parte. Una grande macchina comprime i velli arrotolati in balle quadrate. Più avanti, all’estremità della stalla, sono i tosatori. I ragazzi corrono con i velli dai tosatori alla tavola.
Mentre ci avviciniamo al gruppo dei tosatori, il rumore dei tosatori si intensifica. Un ragazzo dei velli tenta di provare la macchina per tosare lasciata momentaneamente a riposo, ma la potente macchina è per lui troppo pesante, ed essa si agita nella sua mano come qualche cosa di vivente. Dall’ovile esterno, le pecore sono sospinte attraverso una serie di piccole porte, una alla volta, verso ciascuno dei tosatori.
Con sorprendente rapidità gli uomini colpiscono il dorso della pecora, passano la tosatrice giù sulla pancia, su nella parte interna delle gambe, intorno alla parte esterna, e la lana delle gambe penzola liberamente. Ora la lana del collo, dalla testa alla parte posteriore, è sciolta. Quindi la parte posteriore, parecchi colpetti rapidi, e via! il vello viene fuori in un solo pezzo.
“È proprio come togliersi un poncio”, ride il caposquadra, mentre la pecora, nuda e alquanto sbalordita, corre via in un altro ovile. “Sa”, egli continua, “che un buon tosatore può fare 250 pecore al giorno?”
“Questo è sorprendente”, riconosciamo. “Ma ci dica, che fa l’uomo che sta accanto alla tavola alta?”
“Oh, classifica la lana. Venga nel mio ufficio e le mostrerò come si fa”.
Durante il cammino, la nostra attenzione è attirata dalle grosse balle in sacchi di tela ruvida che escono dalla gigantesca pressa. “Ciascuna di quelle balle pesa circa 300 chili [660 libbre]”, ci viene detto. “Di qui sono portate in città per la lavorazione”.
Uno sguardo più da vicino alla lana
“Ecco”, spiega il nostro accompagnatore, “alcuni esempi della tosatura di quest’anno. Separiamo la lana per l’imballaggio in quattro tipi: pancia, vello, pezzi (rotti dal vello) e fiocchi”. Un fiocco, si spiega, è un gruppo di fibre che nel vello si mantengono naturalmente insieme.
L’aspetto del fiocco ci sorprende. Solo nella punta presenta il colore grigio sporco che vediamo di solito sulla pecora. Il resto ha un colore giallo crema, leggermente brillante, con una netta onda.
“Questo fiocco è di ottima qualità”, osserva il caposquadra. Notiamo che l’onda è molto corta e stretta. Per fare un paragone, ci viene mostrato un fiocco inferiore. La sua onda è più lunga e la singola fibra del fiocco non è altrettanto forte.
Il classificatore saggia la forza del fiocco, dandogli uno strappo col dito indice”, spiega il caposquadra. “Con il suo esperto senso del tatto può anche determinare la finezza della fibra e classificarla secondo quante matasse ne farà un chilo. Una matassa è 500 metri di fibra, e la finezza della lana corriedale è tale che per fare un chilo ci vogliono da 100 a 110 matasse”.
“Che cosa fa stare insieme le singole fibre nel fiocco?” desideriamo sapere.
“È da attribuire alle ondulazioni delle fibre insieme alla sostanza prodotta dalle ghiandole dell’animale per lubrificarle e proteggerle. Questa sostanza, comunemente chiamata ‘grasso della lana’, è assai utile. Quando si purifica diviene la lanolina, base di speciali saponi, unguenti e creme”.
“Vi siete mai chiesti perché gli indumenti di lana sono più caldi e durano di più di quelli fatti con altra stoffa?” ci si chiede. Senza aspettare una risposta, il caposquadra apre un libro e continua: “Quest’immagine ingrandita mostra che la fibra della lana ha uno strato esterno, di sovrapposte cellule piatte, come le scaglie di un pesce. Questa superficie scagliosa fa incastrare fermamente le fibre, producendo un filo molto resistente alla rottura. Inoltre gli incastri delle scaglie e le ondulazioni intrappolano nel filo l’aria, dandogli una qualità termica”.
Suona la campana del pranzo, e siamo invitati a unirci alla squadra dei lavoratori nella sala da pranzo per il pasto.
Attività per tutto l’anno
“Ci sono qui sempre tante persone?” domandiamo.
“No, la maggioranza è venuta solo per la tosatura. Comunque, alcuni sono occupati qui tutto l’anno. In autunno raduniamo le pecore per il bagno. Questo si fa costringendo le pecore a nuotare attraverso un lungo recipiente che contiene un disinfettante che uccide le zecche delle pecore. In più in questo tempo dell’anno i montoni sono messi insieme alle pecore per venti giorni per l’accoppiamento. Quindi sono separati e condotti al pascolo invernale.
“A primavera siamo occupati ad assistere le pecore nel parto. Spesso dobbiamo fare la parte della levatrice, aiutando i parti difficili. A volte troviamo una pecora morta con l’agnello che le sanguina accanto. Quindi dobbiamo indurre un’altra pecora a prendere l’orfana. Un modo di far questo consiste nel trovare una pecora che ha appena partorito e prenderne la placenta e romperla sul piccolo orfano. Allora il piccolo è accettato dalla sua nuova madre.
“La tosatura si fa in estate così che la pecora può farsi crescere un nuovo vello prima che cominci il freddo. Le riparazioni e la manutenzione pure ci tengono occupati intorno alla fattoria”.
Ora la conversazione cambia, e parliamo della trasformazione della lana in filato. “Le piacerebbe vedere un primitivo metodo di filatura?” chiede il caposquadra.
Filatura della lana
Fa cenno alla moglie, che è stata ad ascoltare. Mentre ella esce dalla stanza, egli spiega: “Mia moglie fila per passatempo, usando la lana raccolta dagli arbusti dove si deposita quando vi passano le pecore. Le punte sporche si strappano via, ed essa è pronta per l’uso”.
La moglie del caposquadra ricompare con un mucchio di lana sfioccata. In una mano tiene un fuso, una bacchetta lunga circa trenta centimetri più grossa al centro che alle estremità, e vi è infilata una patata. “Questa è per il peso”, ella ride. “Quando il fuso ha abbastanza filo da star giù, tolgo la patata”.
Ella prende un pezzo di lana e comincia a tirarlo, riducendone le fibre allo spessore che desidera. Attorciglia il pezzo e lo lega al fuso. Quindi, fila nel suo grembo, continua a tirare e ad attorcigliare. Quando ne ha attorcigliato circa trenta centimetri, fa cadere il fuso dandogli un colpetto con le dita ed esso gira come una trottola e attorciglia strettamente le fibre. Lo avvolge al fuso e ne lega l’estremità per tenerlo, e ripete l’operazione. “È tutto qui”, ella sorride. “Ed ecco come appare dopo che ho lavato il filo per togliergli il grasso”.
Il caposquadra prende il soffice gomitolo di filo bianco crema dalla mano della moglie. “Noti che questo filo non è esattamente regolare”, egli dice. “Ha lungo di esso piccole sporgenze. È ottimo per fare un resistente scialle o una coperta o qualsiasi lavoro in cui si desideri l’effetto della filatura fatta in casa. Comunque, se si vuole un filo omogeneo, la lana dev’essere cardata in uno stabilimento per la cardatura”.
Ma questa è tutta un’altra storia, apprendiamo, che richiede diverse macchine ingegnose. Ora il caposquadra deve tornare alla stalla. Quindi, mentre si scusa, gli afferriamo la mano tesa, dicendo: “La ringraziamo assai. Per certo sappiamo della lana assai più di quando siamo venuti”.