Come conta l’Africa?
Dal corrispondente di “Svegliatevi!” in Nigeria
AL VIAGGIATORE straniero che nel diciottesimo secolo attraversava il continente dell’Africa faceva senza dubbio impressione la varietà apparentemente infinita di popoli e culture. La comunicazione si compiva per mezzo di numerose lingue altamente sviluppate e complesse. Ma ancor più stupore suscitava forse il fatto che gli abitanti erano buoni matematici. Alcuni dei loro metodi di calcolo sono seguiti ancora oggi.
Nel diciottesimo secolo la città haussa di Katsina, nella Nigeria settentrionale, era un centro di sapere, dove Muhammad ibn Muhammad si specializzò in numerologia. Tuttavia, per la maggioranza delle tribù subsahariane, contare era ed è semplicemente parte del loro modo di vivere.
Come contano fino a venti
Considerate le lingue yoruba, ibo ed efik della Nigeria e la lingua gun che si parla nel Dahomey. Ciascuna lingua ha il suo particolare sistema numerico e ciascun sistema è interessante e pratico.
Sebbene nelle lingue yoruba, gun e ibo i numeri da uno a 10 abbiano ciascuno singoli nomi, ci sono molte diversità nei loro modi di contare. In gran parte, sia in yoruba che in ibo l’unità base è 20. D’altra parte, in gun è più usata la base 40. In yoruba e gun, i numeri continuano ad avere singoli nomi fino a 15, ma poi la lingua yoruba completa il resto delle decine sottraendo a 20. Comunque, in gun questo si fa aggiungendo a 15.
Contando da 11 a 19, gli Ibo aggiungono le loro unità a 10; ma gli Efik hanno un sistema del tutto diverso, usando 5 come loro unità base e contando fino a 20. Così il numero 6 in efik è 5 + 1, 11 è 10 + 1, 16 è 15 + 1, e così via. Ciò significa che i numeri da uno a 5 e 10, 15 e 20 hanno tutti singoli nomi. Oltre il 20 ciascun sistema usa modi apparentemente complicati di designare i numeri. Uno sguardo a ciascuna lingua dovrebbe risultare interessante.
Su, su e oltre venti
Come abbiamo già visto gli Ioruba usano 20 come loro unità base. Così i numeri 20, 200 e 400 hanno nomi singoli. Altre unità decimali (che progrediscono di dieci in dieci) si stabiliscono con la moltiplicazione di 20 o 200, e con la sottrazione di 10 o 100 secondo il bisogno. Così 60 si esprime con tre 20, e 50 si esprime come tre 20 meno 10. Naturalmente, le espressioni che designano questi numeri si contraggono in singole parole in ciascun caso. I numeri intermedi fra le cifre decimali si esprimono con l’aggiunta di unità fino a 5 e con la sottrazione di unità oltre il 5. Così 24 si esprime come 20 + 4, mentre 28 si esprime come 30 − 2. Il numero 565 si esprime (200 × 3) − (20 × 2) + 5.
In contrasto con gli Ioruba, gli Ibo, gli Efik e le tribù che parlano gun quando esprimono i loro numeri non fanno uso della sottrazione. Gli Ibo, impiegando i numeri a base 20 e 400, stabiliscono i loro grandi numeri decimali con la moltiplicazione e l’addizione. Così 50 si esprime come due 20 più 10 (20 × 2) + 10, e 300 si esprime come 20 per quindici (20 × 15).
Volete provare a esprimere 1.000? È semplice; solo dite: “nnu-abua na ogu-iri” (400 per due e 20 per dieci). Oppure 1.000.000 si esprime come: “nnu-nnu-isi na ogu-nnu-ise” (400 × 400 × 6) + (20 × 400 × 5). Queste espressioni sono perfettamente comprese dagli abitanti dei villaggi ibo.
Il sistema impiegato dagli Efik è alquanto diverso. Abbiamo già visto che, al di sotto di 20, l’unità base è 5. Tutti i numeri decimali che sono multipli di 20, fino a 100, hanno nomi singoli. I numeri decimali intermedi si formano aggiungendo 10 al numero inferiore. Così 50 si esprime come 40 + 10.
Risulta che 100 era il numero più alto che avesse un nome vernacolare. Le cifre più alte di questa erano espresse come multipli di 100. Ora, comunque, la parola “tosin” è usata per esprimere 1.000, apparentemente una corruzione della parola inglese “thousand” che significa mille. Si usa anche la parola inglese “million”, milione.
Metodi dell’Africa Orientale
Si pensa che il popolo malgascio della grande isola di Madagascar al largo della costa orientale dell’Africa vi migrasse dalla penisola malese più di duemila anni fa. Così la loro lingua è di origine malese, e il loro sistema di computo risale ai secoli anteriori alla loro partenza dalla Malesia.
In questo sistema tutte le unità da uno a 10 hanno nomi singoli. I numeri da 11 a 19 si esprimono come 10 più le appropriate unità. I numeri decimali fino a 90 si esprimono come multipli di 10, quale “telopolo” (30, o 10 per tre). I numeri 100 (“zato”), 1.000 (“arivo”), 10.000 (“alina”), 100.000 (“hetsy”) e 1.000.000 (“tapitrisa”) hanno tutti nomi specifici. “Tapitrisa” significa letteralmente “fine delle cifre”. Altri numeri decimali si ottengono con la moltiplicazione, come in italiano, quali “telo arivo” (3.000), “telo alina” (30.000, o 3 × 10.000) e “hetsy tapitrisa” (100.000 × 1.000.000).
Il popolo malgascio esprime i suoi numeri all’inverso, e le cifre composte possono essere veri e propri rompicapo. Cercate di pronunciare 1.569.753 nella lingua malgascia: “telo amby dimampolo amby fitonzato sy sivy arivo sy enin-alina sy dimy hetsy sy iray tapitrisa”. Ricordate che i numeri si dicono all’inverso, così che letteralmente significa: 3 + 50 + 700 + 9.000 + (6 × 10.000) + (5 × 100.000) + 1.000.000.
Sul continente, la maggioranza delle lingue parlate nell’Africa Orientale, Centrale e Meridionale appartiene a una famiglia di lingue a cui è stato dato il nome bantù. Una di queste lingue, swahili, che è considerata una delle dodici lingue principali del mondo, è stata modificata e ha subìto l’influsso di altre lingue, come l’arabo. Così troviamo, per esempio, che 6, 7 e 9 si designano con parole arabe. Tutte le unità hanno singoli nomi, e i numeri al di sopra di 10 si formano aggiungendo a 10 le unità. Venti e tutti gli altri numeri decimali fino a 100 hanno i loro propri nomi, come lo ha 1.000; ma i multipli di 100 si esprimono mediante la moltiplicazione e l’addizione. Così 999 si esprime come “mia tisa tisini na tisa” (letteralmente, “nove centinaia, novanta e nove”).
I popoli che parlano i cinyanja hanno nomi specifici per le loro unità da uno a 5 e per i numeri decimali 10, 100 e 1.000. Le altre unità da 6 a 9 si esprimono come 5 + 1, e così via. I numeri da 11 a 15 si esprimono come 10 + 1, e così via, mentre da 16 a 19 si esprimono come 10 + 5 + 1, e così via. Un sistema di moltiplicazione e addizione è seguito per stabilire le designazioni di tutti i numeri grandi. Così 30 si esprime come 10 × 3, e 600 come (5 + 1) × 100. Così nel Malawi le persone hanno veramente la bocca piena quando dicono, per esempio, 66: “makumi asanu ndi limodzi mphambu asanu ndi limodzi” (10 × [5 + 1] + [5 + 1]).
Si può subito capire perché non solo molte persone di lingua cinyanja ma anche quelle di altre lingue vernacolari africane hanno adottato nelle loro espressioni quotidiane le parole europee per i numeri. Così in Nigeria può udirsi un uomo che parla correntemente efik ma usa le parole inglesi per i numeri, mentre nel limitrofo Dahomey le persone di lingua fon usano per i numeri le parole francesi.
Sistemi pratici
I diversi sistemi di computo delle tribù delle civiltà subsahariane sono state ben adattate al loro modo di vivere. Un ulteriore sguardo ai metodi seguiti dagli Ioruba della Nigeria lo illustra.
Nel corso dei secoli, la loro civilizzazione ha posto l’enfasi sugli scambi commerciali, e il loro mezzo di scambio era la conchiglia. Acquistando e vendendo si dovevano così contare e scambiare grandi quantità di conchiglie. Ciò spiega perché l’enunciazione dei numeri mediante sottrazione è preferita nel loro sistema. Essi contavano il loro “denaro” togliendo gruppi di cinque conchiglie per stabilire i gruppi di 20 e 200. Quindi per arrivare ai numeri intermedi sottraevano i pochi in più dalla somma totale. Questo riduceva i movimenti richiesti dal conteggio.
I numeri che denotano frazioni, ordine e frequenza hanno tutti nelle lingue subsahariane le loro espressioni. Alcune tribù fanno uso di suffissi o prefissi nel nominare tali numeri, mentre altre impiegano per esprimere l’idea espressioni o frasi complete. Nell’espressione swahili “kasa robo” (1/4), la traduzione letterale è “meno un quarto”. Uno e tre quarti (“mbili kasa robo”) è letteralmente “due meno un quarto”.
Nelle città africane i sistemi aggiornati di circolazione monetaria hanno sostituito l’uso delle conchiglie o dei braccialetti metallici, che una volta pure si usavano come mezzo di scambio. Comunque, i più antichi sistemi complessi sono ancora estesamente seguiti nei villaggi, e anche quelli che non sanno leggere e scrivere in nessuna lingua sono in grado di compiere impressionanti operazioni di aritmetica mentale. Sì, in effetti l’Africa conta in una notevole varietà di modi e con vera abilità.
“Il testimone fedele è quello che non dirà menzogne, ma il testimone falso spaccia solamente menzogne. Lo schernitore ha cercato di trovare la sapienza, e non ce n’è; ma a chi ha intendimento la conoscenza è cosa facile”. — Prov. 14:5, 6.