Qualcosa di meglio del football professionistico
Due professionisti del football americano narrano come trovarono qualcosa di maggior valore.
UN TEMPO lo sport era più importante per me che mangiare o dormire. Era tutta la mia vita. Nel pieno del mio sviluppo fisico, superavo il metro e novanta e pesavo più di novanta chili. Alle scuole superiori divenni famoso nelle specialità atletiche.
All’università mi dedicai al football (americano), giocando in qualità di estremo all’università di Berkeley, in California. Per tre anni fui proposto per l’“All Pacific Coast”, e nell’ultimo anno giocai nella Pro-Grid All America, squadra per cui i giocatori sono scelti da professionisti.
Poi nel 1973 fui acquistato dagli Oakland Raiders, una delle migliori squadre di football professionistico. La mia prima stagione fu un successo. Ma quando nel 1974 abbandonai il football, la notizia fu pubblicata sulle prime pagine dei giornali locali. Il Chronicle di San Francisco scrisse:
“Due rappresentanti dei Raiders non sono riusciti finora a [fargli] cambiare idea. . . . Il fatto che ora sia considerato un giocatore eccezionale è attestato dall’urgenza con cui i rappresentanti dei Raiders tentano di convincerlo a tornare”. — 21 giugno 1974.
Molti mi hanno chiesto: “Perché hai smesso? Perché hai rinunciato a uno splendido futuro nel football?”
Atteggiamento verso il gioco
Non è perché il football professionistico non mi piacesse. Mi piaceva. Mi attirava il fatto di giocare con i migliori giocatori della nazione, misurando le mie capacità con le loro.
È vero che è un gioco rude, e ogni anno decine di professionisti restano gravemente feriti. Infatti, si afferma che ogni anno un giocatore su otto debba sottoporsi a interventi chirurgici ai ginocchi. Ma il timore di farmi male non c’entrava col fatto di abbandonare il gioco. Francamente, il contatto fisico mi piaceva.
Dal lato finanziario, guadagnai più denaro in un anno col football professionistico di quello che potrei guadagnare in parecchi anni col mio attuale lavoro di falegname. E avevo la prospettiva di guadagnarne molto di più negli anni avvenire.
Aspetti inquietanti
Tuttavia c’erano alcune cose connesse al football che cominciarono a turbarmi; l’educazione ricevuta in precedenza influì senz’altro sui miei sentimenti. Mia madre cominciò a studiare la Bibbia con i Testimoni di Geova quando avevo dieci anni, ma io ero troppo interessato allo sport per prestarvi molta attenzione. Tuttavia, in seguito, quando i miei compagni insistevano perché prendessi la droga, mi opposi energicamente. Ma dopo essere stato un anno e mezzo a Berkeley smisi di fare obiezione e cominciai a prendere anfetamine prima delle partite.
Le anfetamine rendono il giocatore più attivo durante una partita. Fanno sparire la stanchezza e gli permettono di fare continuamente un gioco veloce, rendendolo superveloce. Molti professionisti le prendono perché il loro lavoro, il loro guadagno, dipende dall’essere massimamente svegli e veloci durante la partita. Ma poi rimangono eccitati per ore o anche per giorni. Spesso dopo una partita non riuscivo a dormire per un giorno intero. Così dopo una partita i giocatori useranno altre droghe per calmarsi.
A suo tempo cominciai a fumare anche marijuana e a fiutare cocaina. Sapevo di far male, e ne ero turbato. Ma i giocatori che frequentavo ne facevano uso, e io li imitavo. Un’altra cosa che cominciò a turbarmi era la vita immorale così comune nell’ambiente dello sport professionistico.
C’erano sempre ragazze in giro che cercavano di farsi agganciare dai giocatori. I giocatori sposati uscivano spesso con altre ragazze. Pareva che la gente pensasse: ‘Beh, è un giocatore, quindi tutto è lecito’. E lo scusavano come se fosse una cosa scontata, perché un giocatore è “speciale”.
Essendo uno degli ultimi arrivati, guardavo gli altri giocatori della squadra con riverenza. Ma le cose che dicevano soffocavano ogni sentimento e il rispetto che avevo per loro. Per esempio, dicevano: “Ehi, la settimana scorsa sono stato con cinque ragazze, esclusa mia moglie”. E io guardavo la persona e pensavo fra me: ‘E questo è l’uomo che idolatravo. Spero di non diventare mai così’.
Ma col tempo mi trovai a fare le stesse cose, solo che io ero celibe. Se la gente sapesse quello che avviene dietro le quinte del football professionistico americano! La situazione è pessima e si conduce una vita molto sfarzosa e immorale. Non dico che tutti si comportino così, ma tra i giocatori è molto comune.
Effetto sulla personalità
Quando una persona è adulata in ogni senso finisce per risentirne. Un uomo fece un viaggio di centinaia di chilometri per stringere la mano prima della partita a un mio compagno di squadra, un giocatore famoso che faceva la pubblicità per la TV. “Volevo solo stringerti la mano perché penso che sei un giocatore meraviglioso” disse l’uomo porgendogli la mano, e aggiunse: “anche se farò il tifo per il Kansas City”. Al che il giocatore tirò indietro la mano, urlando: “Sparisci . . . Non voglio . . .” E cominciò a imprecare contro di lui.
L’arroganza e l’orgoglio che manifestò mi disgustarono. Essendo famoso un giocatore pensa d’aver diritto di trattare gli altri in questo modo. Non tutti naturalmente si comportano così, ma la tendenza è questa. Lo so. Sebbene non divenissi celebre come professionista, lo ero stato all’università, e questo influì su di me.
È difficile essere umili quando si è considerati eroi all’università, e la gente ti dice sempre quanto sei grande. Quando andavo a casa a trovare i miei, mia madre e gli amici cercavano di farmi vedere quello che dice la Bibbia. Ma la mia carriera era l’unica cosa che mi interessava e l’idea d’essere un umile cristiano mi faceva ridere. Pensavo dovessero essere fieri dei miei successi.
Seria riflessione
Avevo quello che pensavo di desiderare, eppure non ero veramente felice; la mia vita non aveva uno scopo. Così decisi di fare qualche cambiamento, di purificare la mia vita. Smisi di fumare hascisc e di fiutare cocaina.
Poi una sera, al principio del 1974, alcuni compagni dissero: “Andiamo a vedere L’Esorcista”. Era il film più sadico e perverso che avessi mai visto. Uscito dal cinema, provai una viva sensazione di disagio. Ricordai che da ragazzo avevo studiato nella Bibbia che esistono invisibili forze malvage.
Telefonai a mia sorella e a suo marito che sono testimoni di Geova e che abitano a Modesto. Essi confermarono che i demoni possono realmente esercitare un’influenza sfavorevole sugli uomini e sulle cose della terra. (Efes. 6:12; Atti 16:16-18; 19:11-17) Preoccupato, saltai in macchina diretto a Modesto.
Dalle nostre conversazioni bibliche mi convinsi che c’è veramente un mondo spirituale. Ma se c’è, dev’esserci anche un vero Dio. Questo significa che stavo sprecando le mie energie se non vivevo la mia vita in armonia con il Suo proposito. A questo punto giunsi a una svolta nella mia vita.
Vedevo che nella strada intrapresa non c’erano vera soddisfazione e felicità, solo un senso di vuoto e di inutilità. Era la strada delle cose materiali superflue: molto denaro, la fama, l’immoralità, la droga, ecc. Ma c’era un’altra strada, quella dello studio biblico, delle adunanze cristiane, del servizio di Dio, una vita semplice e priva di complicazioni, ma piena di vero significato. E questa è la strada che scelsi.
Veramente migliore
Venuti a conoscenza della mia decisione, i rappresentanti dei Raiders vennero a trovarmi per farmi cambiare idea. A loro sembrava stupido rinunciare a un’attività così redditizia. Spiegai che il football mi piaceva ancora, ma che ora la mia relazione con Geova Dio era anche più importante.
Dissi loro a che cosa mi avevano portato le compagnie di quell’ambiente: droga, vita licenziosa, un atteggiamento arrogante e superbo. Tutto il modo di vivere che aveva a che fare con il football professionistico, spiegai, mi avrebbe intralciato nella vita cristiana che ora volevo condurre. Ero anche idolatrato dai tifosi e non volevo più contribuire a tale idolatria. Inoltre, volevo essere più libero per dedicare più tempo all’urgente opera di predicare il Regno, seguendo l’esempio di Cristo. — Luca 4:43.
Nell’estate del 1974 fui battezzato in acqua, simboleggiando la mia dedicazione a servire Geova Dio, e da allora ho ricevuto benedizioni spirituali. Nel periodo in cui feci il giocatore di football provai molte emozioni, come quella d’essere portato fuori del campo come un eroe davanti a 70.000 tifosi urlanti al termine della partita di Stanford. Ma recentemente ho avuto una gioia anche maggiore.
Mentre andavo di casa in casa nell’opera di predicazione trovai un giovane sinceramente interessato alla Parola di Dio. Lo rivisitai parecchie volte ed egli accettò che conducessi uno studio biblico settimanale in casa sua. Questa è la gioia più grande che abbia mai provato, perché significa prendere parte all’opera di ‘fare discepoli’ iniziata da Gesù Cristo e che i suoi veri seguaci furono incoraggiati a continuare. — Matt. 28:19, 20.
Altri che erano giocatori professionisti di football nutrono i miei stessi sentimenti. Uno di loro abita vicino a Stockton, in California. Egli giocò per sette stagioni nella National Football League, per cinque nella migliore squadra. Ma lascerò che sia lui stesso a raccontarvelo.
Realizzata un’ambizione
Alla scuola superiore fui molto apprezzato come avanti nella squadra di football della Edison High. Poi, dopo il diploma, ricevetti una quarantina di offerte da varie università del paese. Decisi di stare vicino a casa e di andare al San Jose State College.
Dopo aver giocato per quattro anni nelle squadre di football universitarie, ero considerato una delle migliori promesse della nazione per il football professionistico. Fui contattato praticamente da tutte le squadre della National Football League. Ero alto un metro e novantatré e pesavo 111 chili, ma potevo fare le 40 iarde piane in 4,9 secondi.
Nel 1966 fui scelto dai Green Bay Packers. Dopo che ebbi firmato il contratto mi offrirono in dono una Oldsmobile Toronado nuova e 10.000 dollari in contanti. Per cominciare avrei guadagnato 18.000 dollari l’anno.
Avevo ventun anni e andavo in giro con oltre 5.000 dollari in tasca, in biglietti da cento dollari. Pensavo fra me: ‘Questa sì che è vita. Ho denaro, un’auto nuova, prestigio, gli abiti migliori, e nei ristoranti di lusso mi riconoscono e mi fanno una buona accoglienza’.
Allenamento
Nel luglio del 1966 mi presentai al ritiro dei Packers per l’allenamento, ed ero già nelle migliori condizioni fisiche. Gli esercizi preparatori erano estenuanti, ed è qui che mi risultò utile l’addestramento ricevuto in precedenza. Nessuno dei vecchi sembrava in condizioni così buone come le mie; alcuni non riuscivano ad arrivare in fondo agli allenamenti e ci rinunciavano.
Ma prima dell’inizio della stagione, l’allenatore Lombardi mi prese da parte. Aveva appena ricevuto una telefonata dai Cardinals di St. Louis. Avevano perso uno dei loro migliori avanti a causa di un soffio al cuore che lo aveva costretto ad abbandonare il football e avevano bisogno di un buon sostituto. Così i Packers mi cedettero al St. Louis a ottime condizioni, e ricevetti una forte somma di denaro in contanti.
Il gioco
A St. Louis continuai a migliorare, divenendo infine uno degli uomini chiave della difesa e il miglior attaccante della squadra. Gli allenatori mettevano in risalto la necessità d’essere rudi, e avendo una forza eccezionale divenni molto abile nel picchiare il mio avversario. Non senza ragione il gioco nella linea interna è chiamato “guerra”!
Dovevo eseguire il placcaggio, e gli avanti della difesa possono colpire con la mano aperta. È legale. Imparai a colpire l’avversario alla testa, alla tempia. Se lo si colpisce abbastanza forte, gli verrà mal di testa. Quindi, più in fretta riuscivo a colpire il mio avversario, e poi a intensificare il suo dolore — in qualsiasi punto fosse — maggiore era il vantaggio che ne traevo.
Nel momento in cui veniva lanciata la palla, colpivo l’avanti più forte che potevo. Questo gli faceva perdere l’equilibrio e così potevo oltrepassarlo e arrivare al trequarti. Usavamo anche i gomiti e gli avambracci. Una volta, con un braccio spaccai il casco a un giocatore.
Molti di quelli contro i quali giocai nel football professionistico erano gli stessi uomini che avevo conosciuto all’università. Ma il giorno della partita eravamo acerrimi nemici e cercavamo lo scontro fisico. Un mio buon amico e compagno di stanza all’università giocò in seguito con i Browns di Cleveland. Un giorno, mentre giocavamo contro il Cleveland, lo colpii così forte che in seguito dovette andare all’ospedale e farsi operare. Mia moglie e io rimanemmo molto male.
Tattica di gioco
Ricordo una volta che giocavamo contro il Cleveland. Gli allenatori ci avevano detto che il loro trequarti aveva male al collo. Mi suggerirono di cercar di metterlo fuori combattimento, se se ne presentava l’occasione. Così durante la partita superai la linea, battei il giocatore al centro e quello alla difesa, e mi ci trovai davanti. Cercai di staccargli la testa con un braccio, ed egli lasciò cadere la palla.
Ricevetti gli elogi dei compagni di squadra. Ma io guardavo il trequarti a terra, ed era evidente che soffriva. All’improvviso pensai: “Sono diventato una bestia? Questo è un gioco, ma io cerco di storpiare qualcuno”. Pensai pure che aveva moglie e figli come me. La folla mi applaudiva, ma io non mi sentivo a posto per quello che avevo fatto.
Dopo d’allora mi fu più difficile cercar di fare del male deliberatamente a un avversario. Naturalmente, alle nostre sedute settimanali dove studiavamo la tattica da seguire consideravamo le debolezze della squadra avversaria e le lesioni di ciascun giocatore. La tattica era di colpirlo nel suo punto più vulnerabile, dov’era già stato ferito.
Quando in seguito giocammo contro i New York Jets, ci dissero che il loro migliore trequarti era stato ferito più volte ai ginocchi. Perciò quello era il punto dove colpirlo. In un’occasione ebbi la possibilità di colpirlo forte ai ginocchi. In seguito gli allenatori mi chiesero perché non l’avessi fatto. Dissi loro che non mi era sembrato necessario. I miei compagni di squadra la giudicarono una cosa strana.
Nel 1971 giocammo contro i Buffalo Bills. Il loro migliore trequarti aveva riportato una lesione alla caviglia e noi dovevamo metterlo fuori combattimento. Durante un’azione di gioco gli afferrai la caviglia e, allorché cadde, cominciai a torcergliela, cosa perfettamente legale. Ma mi fermai. Con questo nuovo spirito, ogni settimana i giocatori della squadra avversaria mi ringraziavano per non averli feriti deliberatamente sul campo da gioco.
Fattori che influirono sul mio mutato atteggiamento
Uno dei fattori che mi fece cambiare atteggiamento fu la lesione alla schiena riportata durante una partita nel 1969. Per la maggior parte di quella stagione giocai con continui dolori alla schiena e alle gambe, sebbene prendessi dei sedativi. Quando il loro effetto finiva, il dolore era così forte che per casa mi muovevo a stento. Nell’aprile del 1970 fui operato alla schiena e questo mi diede un certo sollievo. Da allora in poi non volli causare a qualcun altro simili sofferenze. Ma c’erano altri motivi se esitavo sempre più a far del male ad altri deliberatamente.
Verso il tempo della mia operazione mia moglie cominciò a studiare la Bibbia con un testimone di Geova. La cosa non mi piacque. Pensai si trattasse solo di un altro stratagemma religioso per fare soldi. Così le dissi: “Se vuoi studiare, fa pure. Ma io non c’entro”. E così feci.
Tuttavia, col tempo mia moglie cominciò a farmi domande, come: Qual è il nome di Dio? Perché Cristo morì? Cos’è il regno di Dio? Non erano domande difficili, ma io non conoscevo le risposte. Questo mi disturbò. Credevo in Dio, e avevo letto un po’ la Bibbia. Tuttavia, ora mi rendevo conto di sapere ben poco su quello che insegna.
Così in seguito cambiai idea e partecipai con mia moglie agli studi biblici settimanali. Mi piacquero, perché ottenevo le risposte proprio dalla Parola di Dio. Quindi cominciai a frequentare una Sala del Regno dei Testimoni di Geova di Stockton, in California.
Qualcosa di meglio
Col tempo mi sentii spinto ad andare alle case delle persone per parlare con loro delle buone cose che avevo imparate in merito ai propositi di Dio. Questo mi recò vera soddisfazione, perché sapevo che queste informazioni della Parola di Dio potevano veramente aiutare altri, come io e la mia famiglia siamo stati aiutati mettendole in pratica nella nostra vita. In febbraio del 1972 mia moglie e io simboleggiammo la nostra dedicazione a servire Geova Dio essendo battezzati in acqua a un’assemblea cristiana.
Ma in base al contratto, avrei dovuto giocare per altri due anni. Così quando arrivò il mese di luglio mi sentii obbligato a presentarmi al ritiro per l’allenamento. La cosa mi turbò, perché era difficile mettere in armonia la brutalità del football professionistico con i princìpi cristiani. (Gal. 5:22, 23) Tuttavia è anche essenziale mantenere la parola data e onorare un contratto, come indica pure la Parola di Dio. (Matt. 5:37) Pregai Dio molte volte in merito a questo apparente dilemma.
Poi, a metà della stagione del 1972, la vecchia lesione alla schiena cominciò a farsi nuovamente sentire, e in ottobre fui ricoverato all’ospedale per un’altra operazione. Dubitando che in futuro potessi essere ancora utile alla squadra, i Cardinals accettarono di sciogliere il mio contratto. La libertà ottenuta mi colmò di gioia.
Non credo che uno sport come il football sia errato in se stesso. Mi piace. Ma è triste vedere come l’egoismo e lo spirito di vincere a ogni costo stiano portando lo sport professionistico sull’orlo della rovina. Tuttavia questo non deve meravigliare, poiché l’intero sistema di cose è permeato dallo stesso spirito egoistico e avido.
È veramente una gioia sapere che il nostro Creatore si propone per gli uomini che Lo servono qualcosa di valore molto maggiore. La sua Parola fa capire che tra breve spazzerà via completamente questo sistema con tutto il suo egoismo e la sua avidità, sostituendolo con un nuovo sistema di cose in cui dimorerà la giustizia. (Matt. 24:36-39; 2 Piet. 3:5, 13) C’è una promessa della Bibbia riguardo a quel nuovo sistema che mi rallegra il cuore. In Rivelazione 21:4 si legge che Dio ‘asciugherà ogni lagrima dagli occhi dell’uomo, e la morte non sarà più, né vi sarà più cordoglio né grido né pena. Le cose precedenti sono passate’.
Per me, dedicare tempo e sforzi per parlare ad altri di questi meravigliosi propositi di Dio di benedire l’umanità è un’occupazione molto migliore del football professionistico. — Da due collaboratori.