Il Natale incoraggia l’avidità?
Gesù ha insegnato che è meglio dare che ricevere. Il mito di Babbo Natale insegna che è più importante ricevere; se sei stato buono ricevi, se sei stato cattivo no
ALCUNI anni fa il vicedirettore della rivista U.S. Catholic scriveva:
“La vera lezione del Natale è un messaggio di divina misericordia e sacrificio, mentre Babbo Natale è colui che avide società mandano avanti, colui che insegna l’avidità a milioni di bambini americani. . . . Si è completamente venduto al materialismo e all’avidità. È al soldo dei grossi fabbricanti di giocattoli e dei grandi magazzini. . . . Il bambino avido non è mai pago. Il bambino viziato non apprezza nulla. Il bambino troppo coccolato è convinto che lui stesso, non Cristo, sia il personaggio principale del Natale”.
Il summenzionato direttore riteneva che si sarebbe dovuto lasciare Babbo Natale al Polo Nord. In effetti l’intera festa di Natale sarebbe dovuta rimanere nella Roma pagana. Cristo non nacque il 25 dicembre: questo era il giorno in cui i romani adoravano il dio sole. Le loro feste di dicembre, i saturnali, includevano scambi di doni e orge. Alcuni secoli dopo Cristo la Chiesa Cattolica introdusse la data e la festa nel cristianesimo apostata.
Conformemente alle sue origini, il Natale viene oggi festeggiato in molte nazioni non cristiane. Per esempio, due anni fa verso Natale il Daily Yomiuri del Giappone riferiva:
“Torte alla panna con la scritta ‘Buon Natale’ in inglese sono d’obbligo in ogni famiglia dove ci sono bambini. Le torte, complete di un piccolo ‘Santa Ojisan’ — cioè Babbo Natale — costano sulle 6.500 lire. In molte case c’è un piccolo albero di Natale coperto di neve finta. Questa festa importata fa fare grandi affari in Giappone.
“‘Noi giapponesi siamo cristiani del Natale’, ha detto Yukio Nomura, intervistato mentre comprava per il figlio undicenne un’automobilina telecomandata che costava quasi 200.000 lire. Nomura, che lavora alle dipendenze di una grande ditta commerciale, ha detto di non essere cristiano, ma di celebrare ugualmente la festa, ‘perché è una scusa per mangiare e bere’.
“Il periodo natalizio è anche il tempo in cui molte ditte tengono il ‘bonenkai’ — festa di fine d’anno — spesso seguita da gozzoviglie che durano tutta la notte, con visita a parecchi bar. I festeggianti sono poi accompagnati a casa da pattuglie extra di poliziotti che fanno servizio nei quartieri dei locali”.
Le settimane di acquisti che precedono il Natale sono snervanti. La preparazione dei pranzi natalizi è spossante. La famiglia si dissangua. I grassi mangiano troppo, gli alcolizzati bevono troppo e perfino chi è moderato metterà su qualche chilo e soffrirà per i postumi di qualche sbornia. I poveri avvertono più acutamente la povertà, le persone sole sentono più vivamente la solitudine. Molti bambini sono infelici. Alcuni non hanno ottenuto quello che volevano, alcuni non hanno ottenuto tutto quello che volevano e altri ancora hanno ricevuto poco o nulla.
Il dott. John Donnelly, principale psichiatra presso il famoso Institute of Living, dice che se il giorno di Natale siete depressi, non siete affatto soli. Secondo lui, il Natale era un’occasione più felice 45 anni fa, quando la gente era meno ricca e provava piacere nelle piccole cose.
I doni natalizi saziano e appagano la carne. È possibile che lo spirito ‘soffra la fame’ e che la depressione sia dovuta a questo?
“Festeggiamo il Natale”, ha spiegato un ragazzino di cinque anni, “perché lo festeggiano i genitori e lo devono festeggiare anche i figli. Così i bambini possono ricevere giocattoli e gli adulti possono comprarsi dei vestiti. Ma non andiamo in chiesa”.
Una bambina di sei anni ha detto: “La mia canzoncina di Natale preferita dice: Quando Babbo Natale è rimasto impigliato nel camino, si è messo a gridare: Bambine e bambini, non avrete nessun giocattolo se non mi tirate fuori”.
Un ragazzo di dieci anni si è fatto i conti: “Ci guadagno. Ho 20.000 lire da spendere per Natale. Credo che i miei genitori spenderanno 36.000 lire per me”.
Gesù disse: “Vi è più felicità nel dare che nel ricevere”. (Atti 20:35) Questo è vero, se si dà di cuore e per amore. Se si dà perché ci si sente obbligati, non vi è molta felicità. Riguardo ai doni natalizi, la rivista Science Digest diceva: “La maggioranza di noi dice (e pensa di credere) che ‘ci sia più felicità nel dare che nel ricevere’. Ma quando parliamo di ‘scambio di doni’, indichiamo di aspettarci qualcosa in cambio”.
Questo non è il tipo di generosità che Gesù aveva in mente, poiché disse anche: “Quando fai un pranzo o un pasto serale, non chiamare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i vicini ricchi. Qualche volta essi pure potrebbero invitarti e sarebbe per te una ricompensa. Ma quando tu fai una festa, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai felice, perché essi non hanno nulla per ricompensarti”. — Luca 14:12-14.
Questo non vuol dire che non ci sia una ricompensa, ma che non si deve mostrare generosità in vista della ricompensa. “Praticate il dare”, disse Gesù, “e vi sarà dato”. Se fate doni ai poveri, avrete sempre una ricompensa: “Chi mostra favore al misero presta a Geova, ed Egli gli ripagherà il suo trattamento”. — Luca 6:38; Prov. 19:17.
Il periodo natalizio è caratterizzato dal dare in senso materiale, dallo scambio di doni, e da una valanga di giocattoli che sommerge i bambini. Ma c’è un dono più grande di cui tutti i bambini hanno bisogno, e non solo una volta o poche volte all’anno, ma tutti i giorni della loro vita: voi genitori.
[Testo in evidenza a pagina 28]
Quando la gente aveva di meno era più felice