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  • L’uragano David semina distruzione

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  • L’uragano David semina distruzione
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Svegliatevi! 1980
g80 8/5 pp. 21-23

L’uragano David semina distruzione

La giornata più nera nella storia della Dominica, secondo Jenner Armour, presidente dell’isola, fu il 29 agosto 1979, quando per otto ore i venti furiosi dell’uragano David imperversarono sull’isola. Il locale corrispondente di “Svegliatevi!” ha inviato questo servizio.

POCHI dei 70.000 abitanti della Dominica presero sul serio l’uragano David mentre era in agguato a parecchi chilometri di distanza nell’Atlantico, a est. Anche quando fu dato l’allarme in tutte le isole Windward, pochi credettero che l’uragano David avrebbe veramente investito la Dominica. Quel giorno cominciò come al solito, ma a metà mattina raffiche di vento schiantavano alte palme da cocco. Dominica, come altre isole dei Caraibi, non sarebbe sfuggita alla furia micidiale di venti che soffiavano alla velocità di 240 chilometri orari.

Nelle vicinanze di Grand Bay sei persone persero la vita quando l’uragano David squarciò gli edifici e danneggiò il 90 per cento delle case. Un padre di nove figli si stava preparando per andare al lavoro.

“Ero di sopra. Udii il forte urlo del vento, che andava aumentando di intensità. Era un rumore spaventoso. Veniva da tutte le direzioni. Prima da nord, poi da est e da ovest. Vidi la parete a sud della sala da pranzo muoversi e oscillare. In qualche modo riuscii a tenerla ferma e inchiodarla. Poi cominciò a spostarsi l’altra parete”.

Durò tutta la giornata, ma la casa fu risparmiata nonostante i notevoli danni riportati dal tetto.

Un uomo si trovava in casa di suo cognato a Roseau.

“Preparai e mi misi a mangiare. Ma gli altri non toccavano cibo e mi chiedevano come riuscissi a mangiare in un momento come quello. Ridevo delle loro paure. Poi sentii tutta la casa muoversi e scuotersi come se ci fosse il terremoto. Mi alzai e cercai di tener ferma la porta. Il vento si fece più forte e il tetto cominciò a sollevarsi. Diedi un’occhiata fuori e vidi il mio furgoncino letteralmente sospeso a mezz’aria! Misi la moglie e il bambino di mio cognato dietro una porta e mi ci appoggiai contro per proteggerli. Sapevamo che se partiva il tetto avremmo dovuto correre a rifugiarci da qualche altra parte”.

Un’altra esperienza è quella di due anziani missionari, uno di 74 e l’altro di 80 anni. Erano soli in casa al secondo piano della Sala del Regno dei Testimoni di Geova di Roseau. Uno di essi racconta:

“Stava entrando l’acqua da sotto la porta della sala da pranzo. Mi rifugiai in una vicina camera da letto e chiamai Gust perché venisse anche lui. Si era appoggiato con tutto il peso contro la porta incurvata per impedire che cedesse. Dalla finestra vedevo volare gli oggetti. Mi rifugiai nell’armadio a muro per essere protetto da tutte le parti, ma sentii una forte esplosione nella camera da letto. La finestra era saltata in aria. Rimasi nell’armadio a muro finché il tetto volò via, allora entrai nella doccia, perché così sarei stato protetto da tutti i lati. Il tetto non c’era più, ma una trave rotta sbatteva con violenza. Scorsi Gust in un angolo sul piano dell’acquaio con una bacinella di plastica gialla in testa. Si era messo lì per ripararsi dopo che la porta contro cui si era appoggiato aveva ceduto e lo aveva sbattuto a terra. Disse che contro lo sfondo nero del cielo aveva visto volare le lamiere zincate dei tetti, come gigantesche poiane.

“Verso mezzogiorno il vento si calmò per un po’ e scendemmo nella Sala del Regno. Quella notte vi si rifugiarono altre 30 persone”.

Per tutto il giorno la furia dei venti spinse le persone da un luogo all’altro. Quando parte di un’abitazione crollava gli occupanti correvano a rifugiarsi in un altro posto. Lì, bagnati e tremanti, passarono il resto della giornata in compagnia di altre vittime della tempesta. Alcuni, mentre tentavano di raggiungere un rifugio, se lo videro distruggere sotto gli occhi. Altri furono ancora meno fortunati. Un giovane di La Plaine, sulla costa orientale, fece questo racconto:

“Le onde del mare erano altissime. Dopo un po’ si udì un tuono e poi fu come se ci fosse il terremoto. Mia madre ed io tenevamo ferma la porta. Mia sorella fu presa dal panico e mi diede una spinta e gridò che era la fine del mondo. Corse fuori. Vidi la casa spostarsi e lei che correva di fianco. Poi la casa le crollò addosso. Tentammo di tirarla fuori, ma non ci riuscimmo. Lei gridò: ‘Oh, Dio! Mamma, muoio!”

Immediatamente dopo l’uragano, Dominica rimase tagliata fuori dal mondo per 24 ore. Due settimane prima era finito uno sciopero generale durato sei mesi che aveva ridotto l’importazione di generi di prima necessità. Le strade di Roseau erano piene di detriti. E poco prima dello sciopero generale, fazioni politiche rivali avevano rovesciato il governo del primo ministro della repubblica esistente da sei mesi. I 70.000 abitanti di Dominica erano dunque in condizioni critiche. E ancor più adesso che le colture erano state tutte devastate e c’erano poche prospettive di ricavare qualcosa prima del 1980.

Parecchi paesi, con un ponte aereo, inviarono una gran quantità di soccorsi all’aeroporto di Melville Hall, all’estremità settentrionale dell’isola. Con l’accumularsi dei soccorsi sorse un altro problema, quello dei saccheggi. Fu come se una forza malvagia, generata forse dall’ansia e dalla disperazione, si fosse impadronita di molti. Un osservatore riferisce:

“Nel pomeriggio persone su ogni sorta di veicoli invasero l’aeroporto e cominciarono a far man bassa sotto gli occhi della polizia. Vidi un ministro di una chiesa locale che cercava di caricare un sacco sul suo camioncino. Lo chiamai e gli chiesi cos’aveva nel sacco, ma non rispose”.

Un testimone di Geova che lavora alla J. Astophan Company narra cosa successe due giorni dopo l’uragano David:

“La strada era letteralmente bloccata. C’era gente dappertutto. Non avevo mai visto nulla di simile in vita mia. Gente che portava sui carri legname, cemento, frigoriferi, tutto quello su cui riusciva a metter mano. Ero stupefatto. Che te ne fai di un frigorifero o di un televisore senza elettricità? Portarono via 100 frigoriferi nuovi. Il primo giorno li trasportarono sulla testa e coi carretti. Alcuni giorni dopo con autocarri e macchine. Vidi gente seduta sul ciglio della strada coi frigoriferi, in attesa di un passaggio per l’interno.

“I magazzini furono saccheggiati per un’intera settimana, di giorno e di notte. Le auto nuove furono rubate o spogliate, tutte. Portarono via il motore e le gomme.

“Tutti i pezzi di ricambio che l’uragano aveva risparmiato, per un valore di oltre un milione di dollari, sparirono. Portarono via tonnellate di legname, sbarre di ferro e cemento. Fecero anche man bassa di surgelati, portandone via tonnellate con le macchine e a braccia alla piena luce del giorno. Altri magazzini della ditta nella zona furono saccheggiati allo stesso modo”.

La presidentessa del consiglio del villaggio di Marigot, che vide portar via coi carri balle di coperte e di altri articoli, disse che per qualche tempo non era riuscita a dormire dopo aver visto gente che conosceva e che rispettava trasformarsi all’improvviso in ladri sotto i suoi occhi.

A causa dell’uragano alcuni manifestarono i loro lati peggiori, mentre altri per fortuna mostrarono coraggio e si preoccuparono per l’incolumità e il benessere altrui. Ma la popolazione di questa bella isola e di altre deve accingersi al difficile compito di ricostruire le case danneggiate e rendere nuovamente produttiva la terra.

In quanto all’uragano David, ha fatto 42 vittime a Dominica, mentre centinaia sono stati i feriti e oltre 60.000 i senzatetto. Avanzando verso nord-ovest investì la Repubblica Dominicana uccidendo altre 1.000 persone.

Un giovane di Los Alcarrizos narra ciò di cui è stato testimone:

“Dalla veranda vedevamo volare nell’aria lamiere di zinco strappate dalle case. Quando una si avvicinava troppo rientravamo, ma anche le nostre lamiere sbattevano e ci rendevano ancora più nervosi. Guardando fuori, vedemmo crollare due case nell’isolato di fronte. Poi, una dopo l’altra, ne crollarono sette. Non potevamo crederci! Un attimo prima c’era una fila di case; ora solo un mucchio di macerie!”

A Bani la casa missionaria dei testimoni di Geova diede asilo a una quarantina di persone, oltre a cani, gatti e un pappagallo. Purtroppo, non tutti i rifugi si dimostrarono sicuri. Cinque persone morirono nel crollo della chiesa cattolica di Guaybin. A Malpaéz, vicino a San Cristobal, 100 persone cercarono rifugio in una chiesa che crollò, uccidendo 16 persone e ferendone 50. A Villa de Ocoa crollò un’altra chiesa cattolica, seppellendo sotto le rovine 400 persone.

La parola “uragano” deriva da una parola indiana che significa “spirito maligno”. Certo gli abitanti di Dominica converranno che l’uragano David fu un vento furioso che seminò morte e distruzione.

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