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  • Cooperano per sopravvivere
  • Svegliatevi! 1980
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  • Domesticazione delle piante e degli animali
  • Potenziale genetico
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Svegliatevi! 1980
g80 8/9 pp. 21-23

Cooperano per sopravvivere

Dal corrispondente di “Svegliatevi!” in Perú

LA TEORIA evoluzionistica di Darwin sostiene che tutte le forme di vita siano impegnate in una crudele e competitiva lotta per la sopravvivenza. Molti biologi e altri scienziati considerano invece la cooperazione, l’unione e l’armonia tra varie forme di vita come il segreto della sopravvivenza. La rivista Time, nella recensione di un recente libro del dott. Lewis Thomas, biologo e presidente dello Sloan-Kettering Cancer Center di New York, dichiara: “Thomas sostiene che nella natura si riscontra una schiacciante tendenza alla simbiosi, all’unione, all’armonia. L’idea postdarwiniana della vita, cioè di una lotta costante e crudele . . . non corrisponde ai fatti osservati da Thomas”.

Un attento esame delle attuali fonti alimentari ci convince che il segreto della sopravvivenza è la cooperazione e non la competizione. Quasi tutte le nostre esigenze nutritive sono soddisfatte per mezzo di 30 principali colture e sette fonti animali di carne. In ogni caso, le centinaia di milioni di tonnellate di alimenti sono provvedute da piante e animali domesticati che vivono in un’eccezionale e armoniosa relazione con l’uomo. Senza questi fedeli collaboratori, l’attuale popolazione di oltre quattro miliardi di persone non potrebbe sopravvivere. Anche la maggioranza delle piante e degli animali domesticati perirebbero senza le continue cure e attenzioni dell’uomo.

Domesticazione delle piante e degli animali

Sin dai primi tempi della storia umana l’uomo ha potuto osservare le qualità e le possibilità di certe piante e certi animali per usarli come alimenti. Infatti la Bibbia dichiara che il Creatore diede l’esempio all’uomo divenendo il primo Agricoltore. Piantò un bel giardino con tutte le varietà necessarie per provvedere il cibo alla prima coppia umana. (Gen. 2:8, 9) Nella prima parte della Bibbia, inoltre, vengono menzionati gli animali domestici per uso dell’uomo. Il Creatore voleva che l’uomo esercitasse il dominio sopra le inferiori forme di vita e le usasse saggiamente per soddisfare le proprie esigenze. Sfruttando la sua intelligenza l’uomo poteva utilizzare tutte le altre forme di vita della terra e cooperare con esse per assicurare la propria sopravvivenza nonché quella dell’infinita varietà di piante e animali.

La relazione fra l’uomo e le inferiori forme di vita si può paragonare a quella che c’è fra il vasaio e l’argilla. L’abile vasaio usa la materia prima per modellare vasi di ceramica di varietà e usi infiniti. Mediante selezione e incroci, l’uomo trae dalla moltitudine di organismi viventi le piante e gli animali che soddisfano le sue esigenze. Ovviamente questi organismi sono suscettibili di domesticazione da parte dell’uomo.

Il termine “domesticare” rivela qualcosa del processo. Questa parola viene da una radice latina che significa “casa”. Domesticare, quindi, significa portare la pianta o l’animale nell’ambito della casa, sotto la diretta sorveglianza e cura dell’uomo. Si stabilisce una relazione interdipendente. Per sopravvivere l’uomo dipende dalle piante e dagli animali domesticati, e questi, a loro volta, dipendono da lui. È un processo di riorganizzazione delle forme selvatiche nell’interesse dell’uomo.

Per illustrare ulteriormente come avviene questo processo, osserviamo in che modo una pianta da seme come il grano poté essere domesticata. Il grano è una delle più antiche piante domesticate. Indubbiamente l’uomo capì il valore dei semi commestibili del progenitore selvatico del grano. Li raccolse e quindi decise di piantarli e coltivarli per facilitare la mietitura e incrementare la produzione. Questo primo passo diede inizio a un processo di selezione che portò alla domesticazione.

Le nuove varietà, per sopravvivere, dipendevano dai coltivatori. Tuttavia, le piante coltivate non sono del tutto isolate dalle varietà selvatiche e ogni tanto avvengono degli incroci, che a volte migliorano la qualità della pianta. L’uomo, sempre pronto a migliorare la pianta domesticata, seleziona le varietà migliorate e le semina. E il processo continua con la comparsa di varietà sempre migliori.

Le varietà di grano da cui si ricava ora una produzione mondiale di quasi 400 milioni di tonnellate all’anno non sono le stesse varietà seminate nei tempi biblici.a

I grani dell’antichità erano del tipo detto grani vestiti, cioè avevano un involucro interno che doveva essere aperto dopo la mietitura. A un certo punto nel corso del tempo, il Triticum dicoccum subì una mutazione (un cambiamento fondamentale nella struttura genetica), per cui le glume si aprono facilmente quando si miete la spiga. Nello stesso tempo la spiga si indurì, trattenendo i semi fino alla mietitura. Questa è una varietà di grano con 21 cromosomi; evidentemente i cromosomi extra provengono dall’incrocio con l’Aegilops triuncialis selvatica. Le varietà di questo grano adatto alla panificazione sono quelle da cui si ricava la maggior parte della produzione mondiale di frumento.

Potenziale genetico

La meravigliosa facoltà delle piante e degli animali di rispondere a una direttiva intelligente è una prova del potenziale genetico che ciascuna forma di vita ha in sé. Facciamo un esempio. La pianta selvatica del cavolo (Brassica oleracea), sotto la direttiva dell’uomo, ha prodotto sei diverse piante domesticate che ornano la nostra tavola e ci deliziano il palato. In ciascun caso, nella domesticazione, certe parti della pianta originaria furono selezionate e messe in evidenza. Dalla pianta originaria abbiamo ottenuto il cavolo cappuccio (germoglio terminale sviluppato), il cavolfiore (la parte del fiore), il cavolo rapa (lo stelo), il cavolo di Bruxelles (germogli laterali), il cavolo broccolo (steli e fiori) e il cavolo crespo (foglie). Il cavolo crespo è la pianta che più somiglia alla Brassica oleracea originaria.

Man mano che la conoscenza della biologia aumenta, l’uomo è in grado di migliorare la selezione e di dirigere meglio la formazione di nuove diverse varietà di grano, riso, granturco, e così via. Il risultato è stato la “rivoluzione verde”. Le nuove varietà producono dieci volte di più dei loro progenitori. Ma c’è un pericolo: la troppa dipendenza da poche varietà di piante.

Citiamo l’esempio delle patate. Le patate furono domesticate in uno degli otto centri o aree geografiche di domesticazione. Vennero domesticate circa 1.800 anni fa lungo la costa occidentale del Sud America negli altipiani andini, dove oggi se ne trovano oltre 150 varietà. Con la conquista dell’America Meridionale, gli invasori spagnoli portarono la patata in Europa, dove fu acclimatata. Col tempo, la patata fu introdotta in Irlanda dove prosperò. Gli irlandesi finirono per dipendere da quest’unica coltura come principale fonte alimentare. Il risultato? Nel 1845-46, quando all’improvviso una malattia distrusse il raccolto delle patate, la carestia costrinse molti irlandesi a emigrare.

L’uomo ha domesticato molte piante e animali per altri scopi oltre che per alimentarsene. Guardate i cavalli, i gatti, i cani e i pesci degli acquari, oltre alle infinite varietà di fiori. Molti di questi sono stati domesticati per appagare l’amore dell’uomo per la bellezza e altri per alleggerirlo di alcuni lavori. E ogni anno compaiono nuove varietà. Quest’anno è comparsa una nuova varietà di piselli i cui baccelli sono gustosi quanto i piselli maturi; quindi per molti il valore alimentare del pisello comune raddoppierà.

Tutte le molteplici varietà di animali, pesci, uccelli e piante prodotte dalla domesticazione sono possibili perché nel patrimonio genetico di ciascuna forma di vita (specie) vi sono certi geni recessivi (caratteri ereditari) che si possono evidenziare e usare per sviluppare nuove varietà. Ma anche se si possono sviluppare nuove varietà, non si possono ottenere nuove specie di vita. Quando una specie si estingue, il suo pool genico va perduto e l’uomo non ha nessun modo per ricostituirlo. L’uomo, a cui è affidata la cura delle inferiori forme di vita, ha una grave responsabilità: conservare, non distruggere.

La vita sulla terra non è dunque destinata a una crudele competizione, ma a un’armoniosa cooperazione. L’uomo moderno ha cominciato recentemente a rendersene conto e fino a un certo punto sta tentando di salvare l’ecologia terrestre. Tuttavia sarà nel nuovo ordine di Dio che la cooperazione e l’armonia fra tutta la creazione raggiungeranno la massima espressione.

[Nota in calce]

a Un grano coltivato nell’antichità viene chiamato “Einkorn” (Triticum monococcum). L’esame citologico (delle cellule) rivela che è una pianta diploide. Ciascuna cellula vegetale contiene sette paia di cromosomi. Un altro grano dell’antichità era tetraploide, con 14 paia di cromosomi. Questo grano, detto “Emmer”, fu coltivato in Egitto fin dopo la conquista di Alessandro Magno nel quarto secolo a.E.V., quando fu sostituito da una nuova varietà di grano adatto alla panificazione.

[Immagine a pagina 22]

Dalla “Brassica oleracea” vengono

Cavolo broccolo

Cavolo di Bruxelles

Cavolo rapa

Cavolo crespo

Cavolo cappuccio

Cavolfiore

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