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  • g84 22/2 pp. 3-4
  • La fine delle malattie è imminente?

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  • La fine delle malattie è imminente?
  • Svegliatevi! 1984
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Svegliatevi! 1984
g84 22/2 pp. 3-4

La fine delle malattie è imminente?

“NON mi consta ci sia nessun problema medico che non saremo in grado di risolvere nel prossimo futuro”.

Queste parole furono pronunciate da uno dei più eminenti scienziati del mondo, un ricercatore dello Sloan-Kettering Institute di New York. Aveva appena portato a termine il primo trapianto di midollo osseo del mondo. L’operazione aveva aperto la strada alle ricerche su malattie del sangue spesso mortali come leucemia, emofilia, anemia falciforme e morbo di Hodgkin.

Era troppo presto per immaginare un paese in cui nessuno avrebbe detto: “Sono malato”? (Isaia 33:24) Lo scienziato dottor Robert Good era dell’opinione che stesse cominciando una rivoluzione in campo medico. Questo avveniva nel 1975. Il dottor Good non era il solo a predire la fine delle malattie.

Due anni prima, esperti di epidemiologia del CDC (Centro Nazionale per il Controllo delle Malattie negli Stati Uniti) avevano avuto motivo di esultare. I ricercatori medici avevano evitato una prevista epidemia di rosolia. La minaccia, disse il dottor John Witte del CDC, era stata sventata immunizzando con un nuovo vaccino di grande efficacia i bambini dai cinque ai nove anni. Si era conseguito un livello di immunità del 75-80 per cento.

Negli Stati Uniti estese epidemie di rosolia si verificavano regolarmente ogni sei-nove anni. Rispetto al 1964, quando era scoppiata l’ultima epidemia di rosolia, questa volta centinaia di migliaia di persone avevano evitato il contagio. Nel 1964-65 essa aveva causato ben 50.000 tragedie di varia natura: difetti congeniti, feti nati morti o aborti terapeutici. Ma nel 1970 furono denunciati solo 77 casi di deformazioni congenite dovute a esposizione prenatale alla rosolia. Nel 1971 i casi furono solo 68 e 33 nel 1972.

“L’epidemia che non è mai scoppiata”: così titolava un giornale, annunciando il trionfo. Poi, all’improvviso, la paura di un’altra epidemia strinse gli Stati Uniti in una morsa. Era la minaccia dell’“influenza suina”, nel 1976. I giornali paragonavano il nuovo virus influenzale a quello dell’influenza spagnola, che nel 1918-19 uccise 21 milioni seicentomila persone. Con rapidità il presidente e il Congresso degli Stati Uniti approvarono la spesa di 135 milioni di dollari per produrre siero gratis per tutti. L’epidemia non ci fu.

Lo stesso anno il vaiolo — quel flagello che deturpa, acceca e uccide — stava per essere cancellato dalla terra. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) riferì che da quanto risultava nel mese di settembre solo sette persone in remoti villaggi del deserto etiopico avevano il vaiolo. Secondo l’OMS, appena nove anni prima il vaiolo aveva colpito da 10 a 15 milioni di persone e i morti erano stati 2 milioni in 43 paesi. Nel 1980 l’organizzazione fu in grado di annunciare con fiducia: “Il vaiolo è stato debellato!”

Si potranno debellare anche altre temute malattie?

Nel 1977 gli Stati Uniti si prefissero di eliminare sette malattie infettive caratteristiche dell’infanzia. Fu promossa in tutta la nazione un’Iniziativa per l’Immunizzazione dell’Infanzia. Nei successivi cinque anni il CDC riferì che almeno il 90 per cento dei bambini americani erano stati immunizzati. Il 7 maggio 1982 il CDC annunciò un grande successo: L’incidenza del morbillo era calata del 77 per cento, quella degli orecchioni del 45 per cento, quella della poliomielite del 25 per cento, quella della rosolia del 47 per cento e quella del tetano del 37 per cento; anche difterite e tosse canina erano scese a livelli quasi record.

In molti campi la scienza medica stava accrescendo le speranze della sofferente umanità. Nuovi antibiotici, nuovi vaccini e nuovi farmaci per i disturbi mentali; nuove tecniche, fra cui protesiologia (sostituzioni di parti del corpo), microchirurgia, trapianti d’organo: il progresso della scienza medica prometteva di allungare la vita e migliorarne la qualità fino a un punto che pochi anni prima nessuno si sarebbe sognato.

“Vent’anni fa”, riferiva nel 1981 il dottor T. Albert Farmer jr., dell’Università del Maryland, “l’indice di sopravvivenza di cinque anni per i ragazzi di età inferiore ai quindici anni affetti da leucemia era al di sotto dell’uno per cento; oggi più della metà sono curabili. Quindici anni fa il corioncarcinoma dell’ovaio era mortale nel 100 per cento dei casi; oggi è guaribile quasi nel 100 per cento dei casi”.

Egli aggiungeva: “Verso la metà degli anni sessanta avevamo praticamente eliminato la poliomielite; avevamo introdotto i farmaci che agiscono a livello della psiche permettendo a un gran numero di persone di vivere fuori degli istituti”.

La previsione dello scienziato dello Sloan-Kettering Institute sembrava avverarsi in tanti modi. Ma che dire delle altre malattie mortali? Non c’era motivo di condividere la viva fiducia del dottor Good, a detta del quale “la stessa rivoluzione scientifica . . . eliminerà mali come apoplessia, disturbi cardiaci, cancro e le infermità causate da batteri, virus e difetti congeniti”?

Il trionfo dell’uomo sulle malattie è ormai imminente?

[Testo in evidenza a pagina 4]

“Non mi consta ci sia nessun problema medico che non saremo in grado di risolvere nel prossimo futuro”.

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