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  • Cosa prova un genitore
  • Svegliatevi! 1985
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Svegliatevi! 1985
g85 8/8 pp. 6-7

Cosa prova un genitore

GENEAL aveva portato in vacanza i suoi sei figli, cinque femmine e un maschio; erano andati a trovare alcuni amici abitanti nella parte settentrionale dello stato di New York. Un giorno le ragazze decisero di andare in città. Il figlio Jimmy e un altro ragazzo chiesero se potevano andare a fare un’escursione a piedi. Fu raccomandato loro di stare molto attenti e di rientrare nelle prime ore del pomeriggio.

A pomeriggio inoltrato i ragazzi non erano ancora tornati. “Più passavano le ore e più aumentava la mia preoccupazione”, rammenta Geneal. “Pensavo che forse uno dei due si era fatto male e l’altro non voleva abbandonarlo”. Le ricerche proseguirono per tutta la notte. Furono ritrovati nelle prime ore della mattina dopo e fu confermato quello che tutti avevano temuto: i ragazzi erano caduti ed erano morti. Benché siano passati dieci anni, Geneal spiega: “Non dimenticherò mai l’attimo in cui il poliziotto entrò in casa. Era pallidissimo. Seppi quello che stava per dirmi ancor prima che aprisse bocca”.

E che dire dei sentimenti? Sono diversi dai comuni sentimenti che accompagnano la morte di altri familiari. Geneal spiega: “Avevo partorito Jimmy. Aveva solo 12 anni quando è morto e aveva tutta la vita davanti a sé. Ho perso altre persone care, ma si prova qualcosa di diverso quando si è genitori e muore un figlio”.

La morte di un figlio è stata definita “la perdita più grande”, “la morte più sconvolgente”. Perché? Il libro Death and Grief in the Family spiega: “La morte di un figlio è inaspettata. Non è nell’ordine naturale delle cose. . . . I genitori si aspettano di prendersi cura dei propri figli, di badare alla loro incolumità e di farli diventare adulti sani e normali. Quando muore un figlio, è come se venisse a mancare la terra sotto i piedi”.

Sotto alcuni aspetti è una prova particolarmente difficile per la madre. Dopo tutto, come ha spiegato Geneal, è morto qualcosa che è uscito da lei. E la Bibbia riconosce l’amaro dolore che una madre può provare. (II Re 4:27) È ovvio che è difficile anche per il padre. Lui pure è addolorato. (Confronta Genesi 42:36-38 e II Samuele 18:33). Ma spesso eviterà di esprimere apertamente i suoi sentimenti per paura di apparire poco virile. E forse si sente ferito quando gli altri mostrano più considerazione per i sentimenti della moglie che per i suoi.

A volte il genitore che ha perso un figlio può sentirsi particolarmente in colpa. Forse pensa: ‘Avrei potuto amarlo di più?’, ‘Gli ho detto abbastanza spesso che lo amavo?’, e: ‘Avrei voluto abbracciarlo più spesso’. Oppure, per citare le parole di Geneal: “Vorrei avere trascorso più tempo insieme a Jimmy”.

È naturale che i genitori si sentano responsabili dei propri figli. Ma a volte, quando un figlio muore, danno la colpa a se stessi, pensando di avere trascurato qualcosa che avrebbe potuto impedirne la morte. Ad esempio, la Bibbia descrive la reazione del patriarca Giacobbe quando gli fu fatto credere che il suo giovane figlio Giuseppe era stato sbranato da una bestia selvaggia. Era stato lo stesso Giacobbe a mandare Giuseppe a vedere come stavano i suoi fratelli. Quindi forse era tormentato da sentimenti di colpa come: ‘Perché ho mandato Giuseppe da solo? Perché l’ho mandato in una zona dove ci sono tante bestie selvagge?’ Perciò “tutti i suoi figli e tutte le sue figlie si levavano a confortarlo, ma egli si rifiutava di esser confortato”. — Genesi 37:33-35.

Come se la perdita di un figlio non bastasse, alcuni dicono di avere perso qualcos’altro: gli amici. Può veramente capitare che gli amici se ne stiano lontano. Perché? Geneal ha detto: “Molti rimangono timidamente in disparte perché non sanno cosa dirti”.

Quando muore un neonato

Gianna sapeva cosa vuol dire perdere un bambino appena nato. Poco più che ventenne, aveva avuto cinque aborti. Adesso era di nuovo incinta. Perciò quando fu ricoverata in ospedale in seguito a un incidente automobilistico era comprensibilmente preoccupata. Due settimane più tardi le cominciarono le doglie, prima del tempo. Poco dopo nacque la piccola Vanessa: pesava appena 900 grammi. “Ero così emozionata”, rammenta. “Finalmente ero diventata mamma!”

Ma la sua felicità fu di breve durata. Quattro giorni dopo Vanessa morì. Gianna ricorda: “Sentivo un gran vuoto. Ero stata privata della maternità. Mi sentivo incompleta. Fu penoso tornare a casa e vedere la stanza che avevamo preparato per Vanessa e guardare i camicini che le avevo comprati. Per un paio di mesi rivissi il giorno che era nata. Non volevo vedere nessuno”.

Una reazione esagerata? Forse gli altri fanno fatica a capirlo, ma le donne che l’hanno provato, come Gianna, spiegano che hanno sofferto per la morte del loro piccolo come se fosse morto qualcuno vissuto per qualche tempo. I genitori, spiegano, cominciano ad amare il bambino molto tempo prima che nasca. Così quando il neonato muore, viene a mancare una persona. Svanite sono le speranze dei genitori di prendersi cura di quell’esserino che si muoveva nel seno della madre.

È comprensibile che dopo una tale perdita una donna si senta a disagio quando vede altre donne incinte e madri coi loro bambini. Gianna rammenta: “Non sopportavo di vedere una donna incinta. Mi è capitato di uscire addirittura da un negozio mentre stavo facendo la spesa perché avevo visto una donna incinta”.

Ci sono poi altri sentimenti, come la paura (‘Potrò mai avere un bambino normale?’), o l’imbarazzo (‘Cosa dirò agli amici e ai parenti?’), o l’ira. Bruna, che ha perso una bambina di due giorni e mezzo, rammenta: “Certe volte dicevo fra me: ‘Perché proprio io? Perché la mia piccolina?’” E a volte c’è l’umiliazione. Gianna spiega: “Le altre madri lasciavano l’ospedale con i loro bambini in braccio, e io non avevo altro che un animale di peluche comprato da mio marito. Mi sentivo umiliata”.

Se avete perso un vostro caro, può essere utile sapere che quello che state provando è normale, che altri hanno fatto la stessa esperienza e hanno nutrito gli stessi sentimenti.

[Immagine a pagina 7]

Per molti, la morte di un figlio è “la perdita più grande”

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