I singolari abitatori delle grotte del Kenya
Dal corrispondente di Svegliatevi! in Kenya
CAMMINAVAMO sulla pista battuta. Il rumore di una cascata che echeggiava attraverso i rami della foresta di ginepri indicava che il sentiero stava per finire. Guardando in alto vedemmo l’imbocco della grotta, dentro cui si nascondevano spesso gli animali che volevamo vedere e per cui avevamo fatto tanta strada: gli elefanti dell’Elgon.
L’ingresso della grotta era alto circa 8 metri e largo 8 metri. Al momento di entrare il nostro cuore accelerò i battiti per l’emozione. Tuttavia il rumore delle ali dei pipistrelli confermò subito un triste sospetto. Eravamo arrivati o troppo tardi o troppo presto. Le impronte degli zoccoli sulla superficie polverosa del pavimento della grotta indicavano che gli elefanti erano già stati lì e se ne erano andati.
Ma perché speravamo di vedere degli elefanti in questo punto della montagna, a circa 2.000 metri di altezza, per non parlare poi di trovarli in una grotta? Questa è una storia affascinante.
Le grotte della montagna usate come abitazioni
Il torreggiante cono vulcanico dell’Elgon sorge sul confine fra Kenya e Uganda. Raggiunge i 4.320 metri di altezza ed è uno dei più elevati monti solitari dell’Africa orientale. Alcuni ipotizzano che prima che l’erosione facesse la sua parte, la sua sommità poteva superare perfino la vetta incappucciata di neve del Kilimangiaro. La montagna torreggia sopra foreste di alberi esotici, sorgenti calde e laghi dalle acque fredde. Ma forse la più stupefacente attrattiva dell’Elgon è rappresentata dalle numerose grotte dove vanno gli elefanti che eravamo così impazienti di vedere.
Un tempo queste grotte erano abitate dalla popolazione dei kony, o masai dell’Elgon. Alcuni credono che il monte abbia preso nome da loro. I kony arrivarono qui per la prima volta oltre 300 anni fa. Quando Joseph Thomson, il primo bianco che esplorò questa zona, passò di qui nel 1883 rimase senz’altro sbalordito trovando che in alcune grotte erano stati costruiti dei villaggi.
La maggior parte dei masai ha abbandonato le abitazioni nelle grotte, anche se alcuni di essi vivono ancora in certe grotte più in basso, attorno alla base del monte Elgon. Col tempo gli animali che abbelliscono questi boschi con la loro presenza occuparono le grotte abbandonate. Per i bufali fu difficile resistere alle pozze di fango che vi sono. Rondini e rondoni furono ben contenti di entrare nelle grotte per acchiappare tutti i gustosi insetti attirati dalle pozze.
Stranamente, però, le grotte esercitavano un fascino irresistibile anche su quegli animali che meno si penserebbe abitassero le grotte: gli elefanti. Ancor oggi, per raggiungere le grotte questi giganteschi animali trascinano le loro quattro-sei tonnellate di peso su per ripidi e stretti sentieri. Cosa li attira qui?
Il sale
Nelle caverne trovano un integratore alimentare di cui il loro corpo massiccio ha estremo bisogno. Normalmente la vegetazione di cui si nutrono contiene sale a sufficienza, ma a questa notevole altitudine, la pioggia ha lavato via il sale contenuto nel suolo. Perciò gli elefanti vengono per estrarre il solfato di sodio (sale di Glauber) contenuto nel tenero agglomerato che riveste l’interno delle grotte.
Per arrivare al sale gli elefanti usano un sistema del tutto particolare. Appoggiano le zanne contro un’irregolarità o una fessura nella parete della grotta. Quindi, con una forte spinta del corpo, spaccano dei pezzi di pietra. Servendosi dell’agile proboscide, si infilano un pezzo di roccia in bocca e lo frantumano con i robusti molari, ingoiando la ghiaia e il sale insieme. Ripetono l’operazione fino a sazietà. Dopo di che un bel pisolino nella fresca oscurità della “miniera” favorisce la digestione.
È interessante che le zanne d’avorio degli elefanti, sebbene continuino a crescere per tutta la loro vita, tendono a consumarsi fino alla radice: il prezzo pagato per il sale che mangiano.
Dopo essersi fermati per qualche settimana nelle grotte e nei dintorni, gli elefanti sentono di nuovo la voglia di vagabondare. Può darsi marcino fino alla foresta di bambù per cibarsi dei teneri germogli o per rosicchiare la corteccia degli alberi. Gli elefanti passano 18 ore al giorno a mangiare, consumando fino a 180 chili di vegetazione. Col tempo sentono di nuovo il richiamo delle grotte dell’Elgon perché hanno bisogno di sale.
Viste le loro tendenze nomadi e il loro numero limitato (se sono un centinaio è già tanto), non è strano che non siamo riusciti a vedere questi vagabondi con le zanne.
Finalmente gli elefanti!
La mattina dopo lasciammo il campo su un automezzo e ci addentrammo silenziosamente nella foresta bagnata di rugiada e brulicante di colobi, un genere di scimmie, e di uccelli canori. All’improvviso sentimmo un forte crac, dopo di che i cespugli vicini furono scossi con violenza! Cercammo di arrivare fino a pochi metri dal punto dove avevamo sentito il fracasso.
Aspettammo in silenzio e sentimmo il rumore appena percettibile di corpi in movimento dietro un boschetto di alti alberi che correva parallelo alla strada su cui ci trovavamo. Infine uno di questi timidi animali, un giovane maschio, si stancò del nostro giocare a rimpiattino e uscì improvvisamente allo scoperto arrivando a tre metri dalla nostra vettura. Era bello e robusto, e la sua pelle color rosso ocra brillava al sole del mattino. Nonostante la bassa statura, il suo sguardo minaccioso incuteva rispetto.
Cercai di sistemare la macchina fotografica per fare una magnifica foto. Ma non potei scattare: era finita la pellicola! Poi venne fuori mamma elefante che scortò il piccolo passando davanti alla nostra auto. Quand’ebbi ricaricato la macchina gli elefanti erano ormai troppo lontani per poter fare uno splendido primo piano, ma scattai una foto almeno per dimostrare che avevo visto questi giganti così schivi.
Che straordinarie creature! Capaci di essere silenziose come topolini, eppure più pesanti di un’automobile. Più grosse di un autocarro, ma di rado visibili. Comunque, non lasciate che questo vi trattenga dal venire a visitare le grotte del Kenya e i loro singolari abitatori.