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  • OSSERVANZA NON PIÙ VALIDA
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Ausiliario per capire la Bibbia
ad pp. 421-422

Espiazione, giorno di

[ebr. yohm hakkippurìm, giorno per fare propiziazioni o per coprire].

Il giorno di espiazione, un giorno di propiziazione in cui cioè si coprivano i peccati, ricorreva in Israele il decimo giorno del settimo mese dell’anno sacro, cioè il 10 tishri. (Tishri corrisponde approssimativamente a settembre–ottobre). Quel giorno il sommo sacerdote d’Israele offriva sacrifici per coprire i peccati suoi, degli altri leviti e del popolo. Inoltre venivano purificati anche il tabernacolo o i successivi templi dagli effetti contaminatori del peccato.

Il giorno di espiazione era un tempo di santo congresso e di digiuno, com’è indicato dal fatto che il popolo doveva ‘affliggere la propria anima’. Questo era l’unico digiuno obbligatorio sotto la legge mosaica. Era anche un sabato, tempo di astensione dalle normali fatiche. — Lev. 16:29-31; 23:26-32; Num. 29:7; Atti 27:9.

In quell’unico giorno dell’anno, nel giorno di espiazione, il sommo sacerdote poteva entrare nel Santissimo del tabernacolo o del tempio. (Ebr. 9:7) È interessante anche il fatto che l’anno del Giubileo iniziava sempre col giorno di espiazione. — Lev. 25:9.

Aaronne fratello di Mosè era sommo sacerdote d’Israele quando nel XVI secolo a.E.V. questa celebrazione fu istituita nel deserto del Sinai. Quello che egli ricevette istruzione di fare fornì il modello per le successive celebrazioni del giorno di espiazione. Se cerchiamo di vedere i solenni avvenimenti di quel giorno capiremo meglio ciò che significava per gli israeliti. Senza dubbio potevano rendersi maggiormente conto del loro stato peccaminoso e del bisogno di redenzione e avere più apprezzamento per la generosa misericordia di Geova nel prendere questa disposizione per coprire i peccati che avevano commessi l’anno precedente.

ASPETTI DEL GIORNO DI ESPIAZIONE

Aaronne doveva entrare nel luogo santo con un giovane toro come offerta per il peccato e un montone come olocausto. (Lev. 16:3) Il giorno di espiazione deponeva i normali abiti sacerdotali, si bagnava in acqua e indossava sante vesti di lino. (Lev. 16:4) Quindi il sommo sacerdote tirava a sorte due capri (capretti) che erano esattamente uguali, sani e senza difetto, ottenuti dall’assemblea dei figli d’Israele. (Lev. 16:5, 7) Il sommo sacerdote tirava a sorte per determinare quale dei due sarebbe stato sacrificato a Geova come offerta per il peccato e quale sarebbe stato lasciato libero nel deserto per portare i loro peccati come ‘capro per Azazel’. (Lev. 16:8, 9; confronta Levitico 14:1-7; vedi AZAZEL). Quindi immolava il giovane toro come offerta per il peccato per sé e la sua casa, che includeva l’intera tribù di Levi, di cui la sua famiglia faceva parte. (Lev. 16:6, 11) Poi prendeva incenso profumato e il braciere pieno di carboni ardenti presi dall’altare e attraversando la cortina entrava nel Santissimo. L’incenso veniva bruciato in questa camera più interna, dove si trovava l’arca della testimonianza, e la nube di incenso avvolgeva il coperchio d’oro dell’Arca su cui c’erano due cherubini forgiati in oro. (Lev. 16:12, 13; Eso. 25:17-22) Quest’azione consentiva ad Aaronne di rientrare poi senza pericolo nel Santissimo.

Aaronne, uscito dal Santissimo, prendeva parte del sangue del toro, vi rientrava con questo e col dito spruzzava sette volte un po’ del sangue davanti al coperchio dell’Arca verso est. Così era completata l’espiazione per il sacerdozio, che rendeva i sacerdoti puri e in grado di essere mediatori fra Geova e il suo popolo. — Lev. 16:14.

Il capro su cui era caduta la sorte “per Geova” era immolato come offerta per il peccato del popolo. (Lev. 16:8-10) Il sommo sacerdote portava allora il sangue del capro per Geova nel Santissimo, e se ne serviva per fare espiazione per le dodici tribù non sacerdotali d’Israele. Come era stato fatto col sangue del toro, il sangue del capro veniva spruzzato “verso il coperchio e dinanzi al coperchio” dell’Arca. —Lev. 16:15.

Aaronne doveva fare espiazione anche per il luogo santo e la tenda di adunanza. Poi, prendendo parte del sangue del toro e del ‘capro per Geova’, faceva espiazione per l’altare dell’olocausto, mettendo un po’ del sangue sui corni dell’altare. Doveva anche “spruzzare del sangue su di esso con il dito per sette volte e purificarlo e santificarlo dall’impurità dei figli d’Israele”. (Lev. 16:16-19) Il sommo sacerdote rivolgeva allora l’attenzione all’altro capro, quello per Azazel. Gli poneva le mani sul capo, confessava su di esso “tutti gli errori dei figli d’Israele e tutte le loro rivolte in tutti i loro peccati”, ponendoli sul suo capo, e poi lo mandava via “nel deserto per mano di un uomo preparato”. Così il capro portava gli errori degli israeliti nel deserto, dove scompariva. (Lev. 16:20-22) Dopo di che l’uomo che aveva condotto via il capro doveva lavare i suoi abiti e se stesso in acqua prima di rientrare nel campo. — Lev. 16:26.

Quindi Aaronne entrava nella tenda di adunanza, si toglieva gli abiti di lino, faceva il bagno e indossava il suo abito normale. Poi presentava il suo olocausto e l’olocausto del popolo per fare espiazione (usando i montoni menzionati nei versetti 3 e 5), e faceva fumare sull’altare il grasso dell’offerta per il peccato. (Lev. 16:23-25) Geova Dio aveva sempre richiesto per sé il grasso dei sacrifici e agli israeliti era proibito mangiarne. (Lev. 3:16, 17; 4:31) Quello che rimaneva del toro e del capro dell’offerta per il peccato dal cortile del tabernacolo veniva portato in un luogo fuori del campo, dove veniva bruciato. Chi lo bruciava doveva lavarsi gli abiti e bagnarsi in acqua, dopo di che poteva entrare nel campo. (Lev. 16:27, 28) Altri sacrifici fatti in quel giorno sono menzionati in Numeri 29:7-11.

OSSERVANZA NON PIÙ VALIDA

Anche se gli aderenti all’ebraismo celebrano ancora il giorno di espiazione, tale celebrazione ha ben poco in comune con quella istituita da Dio, infatti viene tenuta senza tabernacolo, né altare, né arca del patto, non vengono sacrificati tori e capri e non esiste sacerdozio levitico. I cristiani comunque si rendono conto che i servitori di Geova non hanno attualmente tale obbligo. (Rom. 6:14; Ebr. 7:18, 19; Efes. 2:11-16) Inoltre la distruzione del tempio di Gerusalemme nel 70 E.V. pose forzatamente fine ai servizi del vero sacerdozio levitico, e non c’è ormai alcun modo di stabilire chi potrebbe giustamente essere sacerdote. The Encyclopedia Americana (Vol. 17, ed. 1956, p. 294) dice dei leviti: “Dopo la distruzione del tempio nella diaspora, essi scomparvero dalla storia, essendo assorbiti dalla folla dei prigionieri sparsi in tutto il mondo romano”.

ADEMPIMENTO ANTITIPICO

Quando era osservato in modo corretto, l’annuale giorno di espiazione, come altri aspetti della legge mosaica, serviva come figura di qualche cosa di molto più grande. L’attento esame di questa osservanza alla luce degli ispirati commenti dell’apostolo Paolo rivela che Gesù Cristo e la sua opera redentrice a favore dell’umanità furono tipificati dal sommo sacerdote d’Israele e dagli animali usati in relazione alla cerimonia. Nella sua lettera agli ebrei, Paolo spiega che Gesù Cristo è il grande sommo sacerdote antitipico (Ebr. 5:4-10); indica inoltre che il sommo sacerdote, entrando una volta all’anno nel Santissimo col sangue delle vittime animali, prefigurava l’entrata di Gesù Cristo nel cielo stesso col proprio sangue, per fare così espiazione per coloro che esercitano fede nel suo sacrificio. Naturalmente Cristo, essendo senza peccato, non ha dovuto offrire un sacrificio per i propri peccati, come faceva il sommo sacerdote d’Israele. — Ebr. 9:11, 12, 24-28.

Aaronne sacrificava il toro per i sacerdoti e il resto della tribù di Levi, spruzzandone il sangue nel Santissimo. (Lev. 16:11, 14) In modo corrispondente Cristo presentò il valore del suo sangue umano a Dio in cielo, dove poteva essere applicato a favore di coloro che avrebbero governato con lui come re e sacerdoti. (Riv. 14:1-4; 20:6) Veniva sacrificato anche il capro per Geova e il suo sangue era spruzzato davanti all’Arca nel Santissimo, questo a favore delle tribù non sacerdotali d’Israele. (Lev. 16:15) Similmente l’unico sacrificio di Gesù Cristo reca beneficio anche all’umanità che non fa parte dell’Israele spirituale. Ci volevano due capri, perché uno solo non poteva servire come sacrificio letterale ed essere usato ancora per portar via i peccati d’Israele, come capro per Azazel. Entrambi i capri erano considerati un’unica offerta per il peccato (Lev. 16:5) e gli animali erano trattati in modo analogo finché non si tiravano a sorte, il che sta a indicare che insieme potevano formare un unico simbolo. Gesù Cristo non solo fu sacrificato, ma anche portò via i peccati di coloro per i quali morì come sacrificio.

L’apostolo Paolo dimostrò che, mentre non era possibile che il sangue di tori e capri portasse via i peccati, Dio preparò un corpo per Gesù (che egli si mostrò disposto a sacrificare quando si presentò per il battesimo), e, secondo la volontà divina, i seguaci di Cristo sono stati “santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo una volta per sempre”. (Ebr. 10:1-10) I resti del corpo del toro e del capro offerti nel giorno di espiazione erano infine bruciati fuori del campo d’Israele, e l’apostolo quindi fa notare che Cristo soffrì (essendo messo al palo) fuori delle porte di Gerusalemme. — Ebr. 13:11, 12.

È evidente dunque che, mentre l’ebraico giorno di espiazione non provvide una completa e permanente eliminazione del peccato neanche per Israele, i vari aspetti di quella celebrazione annuale avevano un carattere tipico. Prefiguravano la grande espiazione per i peccati compiuta da Gesù Cristo, il “sommo sacerdote che noi [cristiani] confessiamo”. — Ebr. 3:1.

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