Inferno
Termine usato nella maggior parte delle traduzioni più antiche e anche in alcune versioni moderne per tradurre l’ebraico she’òhl e il greco hàides. Nella Diodati la parola “inferno” traduce venti volte she’òhl e otto volte hàides. Questa versione tuttavia non è coerente perché she’òhl viene pure tradotto trentasette volte “sepolcro”, sette volte “sotterra” o “luogo sotterra”, ecc. Nella Martini she’òhl è reso cinquanta volte “inferno”, tredici volte “sepolcro”, una volta “morte”, ecc.
Nei primi anni del ’900, vennero pubblicati Il Nuovo Testamento e i Salmi tradotti dal testo originale, “secondo le ultime e più esatte recensioni”, da Oscar Cocorda. Nelle Scritture Greche ogni volta che ricorre, il termine greco viene traslitterato “Adès” e in una nota in calce viene precisato che è “sinonimo di Sceol” (p. 17, nota c). Nei Salmi l’ebraico she’òhl una volta viene traslitterato “Sceol” e quindici volte è reso “Soggiorno dei morti”. Pochi anni dopo uscì la nuova traduzione di Giovanni Luzzi in cui i due termini sono coerentemente traslitterati “Sceòl” e “Hades”, consuetudine invalsa anche in altre traduzioni moderne, sia in italiano che in altre lingue.
A proposito dell’uso di “inferno” per tradurre i termini originali ebraico e greco, W. E. Vine (An Expository Dictionary of New Testament Words, Vol. II, p. 187) dice: “HADES . . . [che] corrisponde a ‘Sceol’ nell’A.T. . . . è stato poco felicemente reso ‘Inferno’”.
Alla voce “Inferno” la Collier’s Encyclopedia (ed. 1965, Vol. 12, p. 27) dice: “In primo luogo corrisponde all’ebraico Sceol dell’Antico Testamento e al greco Ades della Settanta e del Nuovo Testamento. Poiché Sceol ai tempi dell’Antico Testamento si riferiva semplicemente alla dimora dei morti e non comportava alcuna distinzione morale, la parola ‘inferno’, come la si comprende oggi, non è una traduzione felice”.
È proprio il significato che si attribuisce oggi al termine “inferno” che lo rende un mezzo ‘poco felice’ per tradurre i termini biblici originali, mentre fondamentalmente il sostantivo latino infernum (da cui deriva il nostro “inferno”) significa “profondità” e il significato dell’aggettivo infernus è “di sotto, che si trova in basso, posto sotto, inferiore”. In origine il termine “inferno” non dava affatto l’idea di un luogo caldo o di tormento, ma semplicemente di un ‘luogo coperto o nascosto’ e aveva quindi significato molto simile all’ebraico she’òhl.
Il significato che viene attribuito attualmente al termine “inferno” è quello descritto nella Divina Commedia di Dante e nel Paradiso perduto di Milton, significato completamente estraneo all’originale definizione del termine. L’idea di un “inferno” di tormento infuocato è tuttavia molto più antica di Dante o di Milton. Alla voce “Inferno” la Grolier Universal Encyclopedia (ed. 1965, Vol. 5, p. 205) dice: “Indù e buddisti ritengono l’inferno un luogo di purificazione spirituale e di risanamento finale. La tradizione islamica lo considera un luogo di punizione eterna”. È presente anche nelle dottrine religiose pagane di popoli antichi in Babilonia, Persia e Fenicia. The Encyclopedia Americana (ed. 1956, Vol. 14, p. 82) dice: “Anche se ci sono molte e importanti differenze nei particolari, gli aspetti fondamentali dell’inferno com’è concepito dai teologi indù, persiani, egiziani, greci, ebrei e cristiani sono essenzialmente gli stessi”.
Dato che questo concetto di “inferno” è stato per molti secoli un fondamentale insegnamento della cristianità, è comprensibile che la summenzionata enciclopedia (p. 81) dica: “Molta confusione e incomprensione è stata causata dai primi traduttori della Bibbia che insistevano nel rendere il termine ebraico Sceol e i termini greci Ades e Geenna col termine inferno. La semplice traslitterazione di questi vocaboli da parte dei traduttori di edizioni rivedute della Bibbia non è bastata a chiarire in modo apprezzabile tale confusione ed equivoco”. Comunque traslitterando e rendendo in modo coerente questi termini si permette allo studente biblico di fare un accurato confronto dei versetti in cui ricorrono i termini originali per arrivare così, senza pregiudizi, a un corretto intendimento del loro vero significato.