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  • Lo scopo della mia vita
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1961
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1961
w61 1/5 pp. 281-284

Lo scopo della mia vita

Narrato da W. A. Bivens

ALCUNE settimane dopo aver cominciato a studiare la Bibbia con l’aiuto delle pubblicazioni della Società, mi fu offerta un’insolita opportunità di lavoro. Lavoravo nell’ufficio di un’agenzia automobilistica e fui invitato dai fabbricanti a ricevere sei mesi di addestramento gratuito a Detroit per stabilire poi la mia propria agenzia. Questo significava la sicurezza economica per tutta la vita. Ma studiando apprendevo che la vita poteva significare molto più che vivere solo per circa sessanta o settant’anni; che poteva significare la vita eterna ubbidendo alla Parola di Geova. Il mio lavoro sembrava sempre più una perdita di tempo. Quindi mia moglie e io decidemmo di fare il lavoro del Signore; per conseguire lo scopo della nostra vita decidemmo quindi di fare i pionieri.

Comprammo una roulotte e dopo alcuni mesi ci dedicammo al servizio di pionieri. Trascorso poco più d’un anno, la Società mi invitò a divenire pioniere speciale. Questa fu una vera gioia. Ma non fu nulla in paragone con ciò che avvenne alcuni mesi dopo. Eravamo appena tornati dal servizio che mia moglie venne di corsa dall’ufficio del campo delle roulotte, trafelata ed eccitata. Aveva una lettera dell’ufficio del presidente. Ci invitava ad andare a Galaad. La nostra roulotte dovette certamente ballare a motivo di tutta la nostra eccitazione. Avevamo avuto la speranza di andarvi, ma non prima d’un anno o due, perciò questo invito giungeva del tutto inaspettato. Anche quando vi giungemmo non credevamo ai nostri occhi, pensando che si trattasse di un errore; ma no, essi ci aspettavano, e ci avevano perfino preparato una stanza. Cominciarono quindi i cinque mesi di difficilissima ma gioiosa attività. Ed essa fu sia fisica che mentale. Assegnato alla squadra che lavorava per circa tre ore al giorno in giardino, dovetti usare i muscoli che per parecchi anni s’erano abituati alla vita facile. Ma dopo alcuni giorni il dolore era scomparso e il lavoro e la compagnia degli altri fratelli della squadra erano molto piacevoli e soddisfacenti.

Mentre ci avvicinavamo alla fine del corso scolastico, tutti gli studenti pensavano e chiedevano quale sarebbe stata la loro assegnazione. Insieme a parecchi altri fratelli io fui assegnato alla città di New York come servitore di città. Fu un vero privilegio essere associato a parecchi membri della famiglia Betel e acquistare un apprezzamento molto più profondo dell’organizzazione terrena di Geova. Ma non eravamo andati a Galaad per prepararci a lavorare nella città di New York. Quindi, allorché ricevemmo l’assegnazione di andare nell’America Centrale eravamo pronti a partire, benché significasse lasciare molti nuovi amici che avevamo conosciuti nella nostra assegnazione temporanea.

Otto di noi fummo assegnati allo stesso Paese. Partimmo da New York in treno per Miami, Florida, dove prendemmo un aeroplano per la nostra assegnazione estera. Che cosa ci riservava il futuro? Non lo sapevamo. Ma era l’assegnazione dataci dall’organizzazione di Geova e questo era il luogo dove desideravamo andare. Sebbene andassimo in una delle più grandi città dell’America Centrale, la nostra prima impressione non fu troppo incoraggiante. Dopo New York essa ci sembrava piccolissima. Allora non mi resi conto che alcuni anni dopo, avendo lavorato in alcuni villaggi, mi sarebbe sembrata così grande e splendida come New York. La nostra prima casa missionaria fu completamente diversa dall’appartamento di New York. Era fatta di mattoni cotti al sole e l’impianto dell’acqua lasciava molto a desiderare. Ma, dopo averci pensato sopra, non sono i mattoni comuni fatti pure di fango, e solo cotti differentemente? La cucina era una stanza lunga, stretta e senza finestre, con una sola lampadina appesa alla volta. Il fornello, fatto pure di mattoni cotti al sole, richiedeva un’enorme quantità di legna per tenerlo acceso.

Ma forse la difficoltà più grande fu la lingua. Tutti i missionari impararono a memoria una breve testimonianza per presentare la letteratura alle porte, ma una volta detta non sapevano altro. Non riuscivamo a capire la gente quando ci parlava e ai nostri orecchi non abituati sembrava che tutti parlassero con la rapidità di mitragliatrici. Dopo la nostra breve presentazione qualcuno poteva chiederci di dove eravamo e noi semplicemente rispondevamo: “Buon libro; duecentoventicinque lire”. Difficoltà? Certo. Ma queste non erano che sciocchezze. Le nostre benedizioni erano molto più grandi. Presto organizzammo una piccola congregazione. In poco più di due anni crebbe fino a cinquantacinque proclamatori del regno di Dio.

Alcune settimane dopo l’arrivo cominciammo a capire la lingua e a prendere presto parte alle adunanze e pronunciar discorsi. Dopo due anni e mezzo sei di noi fummo inviati a un luogo molto più piccolo per iniziarvi l’opera. Questa città era su un’alta montagna e vi faceva freddo per tutto l’anno. Abitando in una città più piccola, avemmo nuovi problemi. Ma anche qui fu organizzata una piccola congregazione che ha continuato ad essere attiva fino ad oggi. Avendo lavorato per due anni in questa seconda assegnazione, mia moglie e io fummo trasferiti ad un altro luogo ancora. Vi eravamo noi due soli e questa città, situata sulla costa, era calda in ogni stagione.

Non erano naturalmente le condizioni più facili; ma non erano neanche le peggiori. L’opera incontrava poca opposizione; distribuivamo letteratura e trovavamo persone di buona volontà. Presto alcune di queste cominciarono a prender parte al servizio, e questa fu per noi una vera gioia. In quel tempo apprendemmo che nuovi missionari sarebbero venuti a lavorare dove eravamo io e mia moglie e che noi saremmo andati in un luogo ancora più piccolo. Dopo aver lavorato per breve tempo con i nuovi missionari per aiutarli a conoscere le abitudini e la lingua del paese, partimmo per iniziare il lavoro nuovamente in territorio vergine.

La nostra nuova assegnazione era più calda della città costiera, poiché era in un basso deserto. I principali problemi erano la luce e l’acqua. Per tutta la casa usavamo lampadine da venticinque watt. A volte la luce era così debole che le candele facevano più luce. La nostra acqua doveva esser bollita e filtrata. Noi vi stavamo molto volentieri, perché eravamo meravigliosamente benedetti, con persone di buona volontà che mostravano il desiderio d’imparare la verità e di far parte della società del Nuovo Mondo. In circa sei mesi dieci proclamatori cominciarono a fare rapporto del tempo impiegato nel servizio e a imparare ad avere dovutamente cura dei loro obblighi teocratici. Fu una gioia udire un nuovo fratello (dopo essere stato nella verità per soli tre mesi) dire nell’adunanza di servizio: “Noi che siamo maturi dobbiamo aiutare i più deboli a lavorare di casa in casa”! Ed egli era uno dei più maturi di quella nuova congregazione.

Oltre a lavorare nella città dove abitavamo, andavamo anche in due o tre piccoli villaggi vicini. Uno di questi era a circa trenta chilometri di distanza e noi partivamo da casa alle 6,30 del mattino per prendere il treno. Questo treno non era dalle moderne linee aerodinamiche. Impiegava due ore per fare il percorso di trenta chilometri. Noi viaggiavamo sempre in seconda classe, il che significava su sedili di legno; e dopo alcuni chilometri si capiva che era legno duro. Si cercava di stare a proprio agio fra la gente, le ceste, i fagotti, i polli e, forse, alcune lucertole vive. Lavoravamo tutta la giornata fin verso le 21,30, mangiando il cibo che avevamo portato, sulle panchine di pietra al centro dell’abitato. Alle 22,30 veniva il treno e arrivavamo a casa alle 24,30 o all’1. Comunque, una volta arrivammo a casa alle 6,30, esattamente ventiquattro ore dopo la partenza. Il treno era stato fermato da una frana. Ma tutto quel lavoro non fu inutile. I due principali sostenitori di un’organizzazione protestante divennero testimoni di Geova. Altri si unirono a questi due nel servizio e presto si tenne con loro il regolare studio de La Torre di Guardia. La perseveranza nelle difficoltà ha sempre recato ricche benedizioni.

Per due anni e mezzo mia moglie e io lavorammo da soli senza l’aiuto e la compagnia di altri missionari o d’altri fratelli maturi, ma avemmo la gioia di vedere nuove persone accettare la verità e proclamarla, dedicare la propria vita a Geova Dio e crescere nel suo servizio verso la maturità. Una sera in cui tornammo tardi da uno di questi viaggi, entrammo in casa accaldati e stanchi, ma presto fummo ristorati. Trovammo una lettera dell’ufficio del presidente che mi chiedeva se volevo accettare l’assegnazione in un altro Paese come servitore di filiale. Sono stato in questa assegnazione per parecchi anni e apprezzo grandemente questo privilegio di servizio. Invece di lavorare con un piccolo gruppo ora sono associato a molte centinaia di conservi. Ora vi sono poche difficoltà fisiche, benché vi siano sempre problemi. Ma nel servizio di Geova non vi è posto che non rechi gioia e felicità.

Ora abbiamo una bella e nuova casa filiale in Costa Rica; l’opera è saldamente stabilita e continua a crescere. In questi ultimi anni ho anche avuto il privilegio di visitare le filiali dei paesi dell’America Centrale in qualità di servitore di zona e di lavorare con i missionari nel campo per aiutarli a sormontare gli ostacoli che incontrano nel ministero. Certamente non vi è fine per le benedizioni che vengono dal servizio continuo.

Ho perduto qualche cosa non facendo il lavoro secolare? Esso avrebbe significato abbondanza dei beni di questo mondo; sicurezza materiale. Superano le gioie e i privilegi del servizio di pioniere la perdita di quelle cose materiali e le difficoltà che molti pionieri incontrano, forse non sapendo come compreranno il cibo domani, forse in territorio isolato senza l’associazione di altri fratelli? Non vi è nessun paragone! Il servizio continuo non è il più facile, ma è il migliore. Per quelli che possono e desiderano intraprendere il servizio continuo non vi è nessuna ragione per accettare alcuna cosa inferiore al meglio. Quelli che vivranno nel nuovo mondo godranno certamente il meglio di ogni cosa, quindi non vi può essere nessun tempo migliore di quello attuale, prima d’entrare in tale nuovo mondo, per cominciare a perseguire lo scopo della propria vita facendo questo servizio. Forse le parole di Gesù, riportate in Matteo 6:25-34, significano per i pionieri più d’ogni altra cosa: “Perciò, non siate mai ansiosi del domani, perché il domani avrà le sue proprie ansietà. Basta a ciascun giorno il suo proprio male”. Migliaia di pionieri hanno mostrato la loro fede in questa promessa. Il loro continuo servizio mostra che queste parole sono veraci. E altre migliaia, quando avranno coraggiosamente fatto la loro scelta in questo “tempo favorevole” che si va abbreviando prima di Armaghedon, potranno pure provare che son veraci, alla lode di Geova.

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