Proviamo felicità nel fare discepoli
1. (a) Perché è importante essere felici nel proprio lavoro? (b) Che cosa disse Salomone che era un dono di Dio?
SIETE felice nel vostro lavoro? Dovreste esserlo. Tanto del vostro tempo, tutto il tempo della vostra vita, infatti, viene dedicato alla vostra carriera o vocazione, che vale la pena vivere solo se siete felice. Su questo punto Salomone disse: “Ho capito che non c’è altra felicità per loro che godere e rendersi lieta la vita; ché anzi, se uno mangia, beve e gode del suo lavoro, è un dono d’Iddio”. (Eccl. 3:12, 13, Na) Sì, l’uomo doveva lavorare e lavorare strenuamente. Non doveva essere un lavoro faticoso, ma un’occupazione che gli piacesse pienamente e da cui traesse ricche e soddisfacenti ricompense. Che benedizione sarebbe vedere l’adempimento di questa promessa, trovare una carriera in cui lavorare con tutta l’anima, soddisfatti di non poter trovare ‘altro’ di meglio e di cui ‘godere’ veramente! Salomone descrive ciò come “dono d’Iddio”.
2. Qual è lo scopo di questo articolo in paragone con il precedente?
2 Nel precedente articolo abbiamo considerato l’opera di fare discepoli in cui sono ora impegnati i testimoni di Geova in proporzioni mondiali. Il modello che Gesù stabilì nel fare discepoli è stato riesaminato ed è stato riassunto lo sforzo unito che i Testimoni fanno oggi per completare l’opera. Ora, comunque, ci interessa l’opera dal punto di vista del singolo ministro. Considereremo la gioia e la felicità che l’individuo riceve mentre si applica personalmente a quell’opera.
3. Come si può paragonare il lavoro al gioco circa il rendere felice?
3 Che cosa rende realmente felice la persona? Il lavoro o il gioco? Una parte di gioco, certo, come ricreazione, cambiamento ed esercizio. Ma primariamente è il lavoro che reca felicità. Calvin Coolidge, trentesimo presidente degli Stati Uniti, nel suo Discorso di Accettazione il 27 luglio 1920, disse: “Il lavoro non è una maledizione, è la prerogativa dell’intelligenza, il solo mezzo per divenire uomini, e la misura della civiltà. I selvaggi non lavorano”.
4. (a) Quale fu l’attitudine di Gesù verso il lavoro? (b) Che cosa pensa Geova del lavoro, come mostra l’incarico dato ad Adamo ed Eva?
4 La Bibbia aveva indicato questo punto prima di Coolidge. Riguardo allo strenuo lavoro in cui egli stesso si impegnò Gesù Cristo disse: “Il mio cibo è che io faccia la volontà di colui che mi ha mandato e finisca la sua opera”. (Giov. 4:34) Egli provò diletto nel lavoro, non nel gioco. Esso era più nutriente e soddisfacente per lui del cibo letterale. Quando Adamo ed Eva furono creati e posti nel Giardino d’Eden, Geova dispose che si impegnassero in un’attività che li avrebbe resi soddisfatti e felici. “E Iddio li benedì e disse loro: ‘Prolificate, moltiplicatevi e riempite la terra, assoggettatela e dominate sopra i pesci del mare e su tutti gli uccelli del cielo e sopra tutti gli animali che si muovono sopra la terra’”. (Gen. 1:28, Na) A indicare che, benché facesse lavorare strenuamente l’uomo, la completa disposizione aveva ugualmente la finale approvazione di Dio, Genesi 1:31 (Na) dice: “E Iddio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era molto buono”. Dio sapeva che lo strenuo lavoro sarebbe andato bene per l’uomo.
5. Quale genere di lavoro reca vera felicità?
5 Ma qual è il genere di lavoro che renderà felice? Albert Schweitzer, noto fisico e vincitore del Premio Nobel, identificò una delle esigenze del soddisfacente lavoro quando disse: “La riverenza per la vita . . . non permette allo studioso di vivere solo per la sua scienza, anche se facendo così egli è molto utile alla comunità. Non permette all’artista di esistere solo per la sua arte, anche se dà ispirazione a molti coi suoi mezzi. Rifiuta di lasciar immaginare all’uomo d’affari che adempie ogni legittima esigenza nel corso delle sue attività commerciali. Richiede che tutti sacrifichino parte della loro vita per altri”. (Times Magazine di New York del 9 gennaio 1955, in occasione della celebrazione dell’80º compleanno di Schweitzer) Il conte Tolstoi disse: “La vocazione di ogni uomo e donna è di servire altri”. L’esperienza aveva insegnato a questi uomini che gli egoistici sforzi alle spese altrui non recano vera soddisfazione, ma che il lavoro, amorevolmente compiuto nell’interesse d’altri, la reca. Questa è un’esigenza del lavoro che renderà felice.
6. Che cosa dice la Bibbia del lavorare a favore d’altri?
6 Questo aspetto del lavoro è pure in armonia con i princìpi biblici. L’apostolo Paolo disse: “In ogni cosa vi ho mostrato che, faticando così, dovete assistere quelli che son deboli, e dovete tener presenti le parole del Signore Gesù, che egli stesso disse: ‘Vi è più felicità nel dare che nel ricevere’”. (Atti 20:35) È il lavoro compiuto a favore degli altri che reca reale felicità.
7. Perché, dunque, l’opera di fare discepoli dovrebbe rendere felice?
7 E come adempie questa esigenza l’opera di fare discepoli? C’è un’opera che farebbe di più a favore di un altro dell’insegnargli la verità che lo porrà sulla via della vita eterna? Difficilmente! Liberare la mente degli uomini dall’ignoranza e dalla schiavitù a false idee sarebbe nei loro migliori interessi. “E Gesù continuò, dicendo ai Giudei che avevano creduto in lui: ‘Se rimanete nella mia parola, siete realmente miei discepoli, e conoscerete la verità, e la verità vi renderà liberi”. — Giov. 8:31, 32.
FELICITÀ NELL’OPERA STESSA
8. Dove comincia l’opera di fare discepoli, e perché vi si può provare felicità?
8 L’opera di fare discepoli comincia quando si esplora bene un territorio, cercando quelli che hanno il cuore incline alla giustizia, l’orecchio disposto ad ascoltare e la mente disposta a ragionare. Questo significa andare di casa in casa, parlare a ogni persona che incontrate, non importa chi è, qual è la sua posizione sociale o la sua fede religiosa. A prima vista può sembrare difficile che si provi felicità in tale opera. Niente affatto. Colui che vi si impegna è spinto dal giusto motivo, quello dell’amore. Egli ha amore per il suo prossimo, non volendo che perda la vita eterna, se ha l’amore della giustizia menzionato. Egli ha amore verso Dio, volendo che il Suo nome sia purificato da ogni biasimo recato ad esso a causa dell’ignoranza dei Suoi propositi e dell’opposizione ad esso. Avendo a cuore questo amorevole motivo, si proverà felicità anche se si trova indifferenza nella maggioranza delle persone incontrate.
9. (a) Quale accoglienza riceve spesso il ministro, e che cosa fa in merito? (b) Seguire quale consiglio elimina qualsiasi senso di delusione?
9 Si riscontra che in molti luoghi è impossibile disporre di sedersi per pochi minuti a spiegare lo scopo della visita. Questo avviene di solito perché le menti sono chiuse, a causa di pregiudizio o di vera mancanza di interesse nel ricevere una nuova idea. Quindi il ministro adatta la sua mente a ogni distinta situazione che incontra. Se colui a cui parla è davvero contrario e antagonista, si spreca poco tempo con lui. È meglio andarsene gentilmente e fare un’altra visita. Il consiglio di Gesù per tali occasioni fu: “Ovunque qualcuno non vi riceva o non ascolti le vostre parole, uscendo da quella casa o da quella città scuotete la polvere dai vostri piedi”. (Matt. 10:14) Seguire questo consiglio elimina qualsiasi possibile senso di delusione da parte del ministro. Avendo fatto del suo meglio per presentare la buona notizia nel modo più interessante, egli è soddisfatto di far finire lì la cosa. Egli scuote la polvere dai suoi piedi e prosegue felicemente il suo cammino. Una nuova visita assorbe ora il suo interesse.
10. In che modo l’avere nella mente la giusta meta aiuta a essere felice nell’opera di casa in casa?
10 Se uno avesse nel cuore il motivo sbagliato o nella mente la meta sbagliata in questa iniziale opera di ricerca potrebbe divenire molto infelice e deluso. Il ministro ben equilibrato, comunque, tiene presente che pochi, comparativamente, coglieranno con tutto il cuore l’opportunità di essere discepoli, o anche mostreranno un po’ di interesse per capire meglio la Bibbia. Gesù Cristo lo rese chiaro quando disse: “Entrate per la porta stretta; perché ampia e spaziosa è la strada che conduce alla distruzione, e molti sono quelli che vi entrano; mentre stretta è la porta e angusta la strada che conduce alla vita, e pochi son quelli che la trovano”. (Matt. 7:13, 14) La sua meta non è dunque quella di convertire il mondo, sapendo che ciò è impossibile. No, la sua meta è semplicemente di trovare quelli che possono ascoltare. Questo significa che sa che cosa aspettarsi nel territorio e questo consente la giusta attitudine mentale, quella di essere felice nel suo lavoro.
11. Quale aspetto dell’opera di fare discepoli reca maggiore gioia, e perché avviene ciò?
11 L’opera di fare discepoli cambia alquanto di natura quando si trovano persone interessate. Se vi sono indicazioni che esse apprezzerebbero di accrescere la loro conoscenza della verità biblica e sarebbero contente di ulteriori conversazioni, sono fatte visite ulteriori. Ora la ragione della propria felicità cambia notevolmente. Allorché uno dedica tempo a questi che hanno mostrato iniziale interesse nel messaggio del Regno la propria felicità deriva dal dispensar loro maggiori porzioni di accurata conoscenza scritturale. Mentre si prova gioia in qualsiasi aspetto dell’attività di fare discepoli, concentrarsi nell’assistere uno che è desideroso di imparare in merito al suo Creatore e alle Sue opere reca gioia ancora maggiore. Il motivo dell’amore, comunque, resta lo stesso.
12. Perché c’è anche maggiore felicità nell’opera degli studi biblici a domicilio?
12 Quando l’interesse di questi è coltivato così che si cominci un regolare studio biblico a domicilio, la felicità del ministro aumenta ancora di più. In genere, è riservata a questo studio un’ora ogni settimana in un tempo fissato. Ognuno conosce il soggetto da considerare nella successiva lezione e ognuno si prepara per essa. Col passare del tempo si stabilisce uno stretto legame d’amicizia e di rispetto fra insegnante e allievo ed è fatto progresso. Diventa evidente un eccellente spirito di partecipazione. Questo è conforme al principio espresso in Galati 6:6: “Inoltre, colui che è oralmente ammaestrato nella parola partecipi in ogni buona cosa con colui che dà tale insegnamento orale”. Queste sono preziose ore felici trascorse insieme che non saranno mai dimenticate.
FELICITÀ NELLA PREPARAZIONE PERSONALE
13. Il servitore di Dio dovrebbe aspettarsi di provare felicità solo nella diretta opera di fare discepoli, o che cosa?
13 Benché non vi sia dubbio che si deve provare felicità nell’opera stessa, che dire delle altre ore della propria vita quando non si è così attivamente impegnati? Ci si dovrebbe aspettare di provare felicità solo quando si lavora strenuamente nella diretta opera di fare discepoli o ci si dovrebbe aspettare di provare felicità in tutti gli altri aspetti della propria vita di dedicato ministro di Dio? Si dovrebbe provarla in ogni aspetto della propria vita. Uno di tali aspetti riguarda la preparazione personale per l’opera di ministero.
14. (a) Che cosa si dovrebbe pensare dell’abilità, e come si applica questo all’insegnare ad altri le verità bibliche? (b) Quali opportunità sono illimitate per il servitore di Dio, e quale meta dovrebbe avere in ciò?
14 Per insegnare ad altri la verità biblica ci vuole vera abilità. Questo, infatti, è uno degli aspetti dell’opera che accresce il costante interesse per essa. Proverbi 22:29 dice: “Hai guardato un uomo abile nel suo lavoro? Si porrà dinanzi ai re; non si porrà dinanzi a uomini comuni”. Questo principio si applica in special modo ai servitori di Dio. È per questa ragione che 2 Timoteo 2:15 dice: “Fa tutto il possibile per presentarti approvato a Dio, operaio che non abbia nulla di cui vergognarsi, maneggiando rettamente la parola della verità”. Le opportunità di accrescere la conoscenza biblica e di cose relative sono illimitate e le opportunità di migliorare la presentazione di tale conoscenza ad altri, cioè ‘maneggiare rettamente la parola della verità’, sono pure illimitate. Naturalmente, la meta ideale da tenere presente è imitare Gesù Cristo, del quale fu detto: “Nessun altro uomo ha mai parlato come questo”. — Giov. 7:46.
15. Che cosa si dovrebbe pensare del predisporre il tempo per lo studio personale?
15 Coloro che si sforzano premurosamente per migliorare di continuo nell’accurata conoscenza e nell’abilità di presentarla ad altri hanno un programma per lo studio personale. Queste ore riservate alla quieta preparazione e meditazione individuale recano la più sublime gioia e contentezza. Alcuni trovano difficile stabilire queste ore, ma con attenta riflessione e un rigido programma ne troveranno il modo. La preparazione personale è troppo necessaria per prenderla alla leggera. Inoltre, accresce tanto la propria felicità.
FELICITÀ NEI RAPPORTI CON ALTRI
16. (a) Circa l’associazione, con quale caratteristica Dio creò l’uomo, ma che cosa riscontriamo fra le persone a questo riguardo? (b) Quali domande possiamo farci rispetto ai rapporti con altri?
16 Potete avere felicità solo se siete felici di stare con gli altri. Gli eremiti non sono persone felici, equilibrate. Gli uomini sono gregari. Vogliono associarsi e vivere insieme, non stare separati. Questa è una tendenza con cui furono creati ed è un’eccellente qualità di cui Dio li ha dotati. Eppure, che cosa riscontriamo? Le persone vogliono stare insieme ma non possono andare d’accordo. Due giovani sono pazzamente innamorati quando si sposano ma si raffreddano l’uno verso l’altra poco tempo dopo. Intere nazioni vorrebbero vivere in pace le une con le altre ma riscontrano che questo è ogni giorno più difficile. Predicendo il sorgere di queste caratteristiche indesiderabili nel nostro giorno, l’apostolo Paolo disse: “Ma sappi questo, che negli ultimi giorni vi saranno tempi difficili. Poiché gli uomini saranno amanti di se stessi, amanti del denaro, millantatori, superbi, bestemmiatori, disubbidienti ai genitori, ingrati, sleali, senza affezione naturale, non disposti a nessun accordo, calunniatori, senza padronanza di sé, fieri, senza amore per la bontà, traditori, testardi, gonfi d’orgoglio, amanti dei piaceri anziché amanti di Dio, aventi una forma di santa devozione ma mostrandosi falsi alla sua potenza; e da questi allontanati”. (2 Tim. 3:1-5) Ovviamente, quelli che sviluppano tali caratteristiche non saranno felici, né da soli né insieme ad altri. Ma la grande opera in cui i servitori di Dio sono impegnati li proteggerà dal manifestare queste caratteristiche? Li aiuterà la loro opera a essere felici ed equilibrati nei rapporti con tutte le persone indipendentemente da dove ritengano necessario associarsi ad esse?
17. In che modo le qualità che uno sviluppa nell’opera di predicazione e insegnamento gli recheranno beneficio nei rapporti con altri?
17 Senza dubbio. Gli eccellenti motivi e le qualità che il cristiano sviluppa nel cercare persone interessate e quindi nell’insegnar loro le verità della Parola di Dio non si possono mettere da parte quando ha altri rapporti con le persone. I veri servitori di Dio non hanno una doppia personalità. Se il cristiano ha un amorevole motivo quando si impegna nell’opera di predicazione e insegnamento, avrà un amorevole motivo in tutti gli altri rapporti con le persone. Egli segue il consiglio dell’apostolo Paolo, riportato in Galati 6:10: “Realmente, dunque, finché ne abbiamo il tempo favorevole, operiamo ciò che è bene verso tutti, ma specialmente verso quelli che hanno relazione con noi nella fede”. Come può dunque fare a meno d’essere felice in altre occasioni quando è in compagnia delle persone? Non può farne a meno.
18. In base a 1 Corinti 15:33, come si può essere felici in qualsiasi associazione con quelli di fuori?
18 Ma non dice 1 Corinti 15:33: “Non siate sviati. Le cattive compagnie corrompono le utili abitudini”? Sì, e la dichiarazione è verace. Il cristiano non cerca compagnie di questa specie. Egli limita il più possibile la sua compagnia a quelli della stessa preziosa fede. Ma egli si trova di continuo a contatto con altri nel lavoro secolare e nelle cose di ogni giorno. Avendo la sicura speranza del Regno come àncora in ogni tempo, non è tentato di copiare l’esempio di queste persone mondane. Piuttosto, in tale associazione ricorda che la sua vita è dedicata a Dio e al suo servizio, e perciò egli si interessa dell’eterno benessere di qualunque persona che potrebbe manifestare interesse nella buona notizia. Egli non si interessa d’altri per qualche egoistica ragione, ma si interessa di loro da un punto di vista puramente altruistico. Perciò, in qualsiasi compagnia, egli ha una positiva, ottimistica attitudine mentale e veduta. Può essere felice quasi in ogni associazione con altri.
‘NON SMETTETE MAI’
19. (a) Quale consiglio è dato a quelli che cominciano l’opera di fare discepoli? (b) Si può provare felicità in quest’opera anno dopo anno?
19 A coloro che cominciano quest’opera, l’apostolo Paolo dice: “Non smettiamo dunque di fare ciò che è eccellente, poiché a suo tempo mieteremo se non ci stanchiamo”. (Gal. 6:9) Direte che questo è un eccellente ammonimento in aggiunta a un’eccellente ricompensa offerta. Ma si può essere felici facendo dell’opera di far discepoli la propria carriera, continuandola cioè anno dopo anno? Assolutamente sì! Infatti, quelli che l’hanno provato riscontrano che la loro gioia diventa maggiore e più intensa con il passare di ogni anno. Volete la prova di ciò? Considerate dunque la storia della vita di alcuni per i quali si è avverato tutto ciò.
20. Che cosa dice un Testimone, che ha fatto del ministero la sua carriera, circa il cominciare quest’opera?
20 Ecco un Testimone che ha cominciato la sua carriera nel ministero circa quarant’anni fa. Egli dice: “Non dimenticherò mai la prima volta che andai nel servizio dell’Altissimo Dio. Era un bel giorno dell’estate di san Martino o tempo autunnale dell’anno 1920, a Winnipeg, nel Canada. Io e mio fratello distribuivamo solo volantini, ma la contentezza e pace mentale che trassi da questo piccolo servizio mi diede l’assicurazione che l’Onnipotente, a differenza dei padroni terrestri, è soddisfatto anche degli imperfetti e piccoli servizi resigli. Come udire la verità reca una certa gioia e pace mentale, così il passo del servizio reca maggiore gioia.
21. Secondo quanto egli dice, quale fu l’esperienza di questo Testimone quando accrebbe la sua attività nella carriera scelta?
21 “Quando in seguito mi impegnai nel distribuire letteratura di casa in casa, ricevetti gioie e benedizioni ancora maggiori. Da quel giorno a oggi non sono mai andato nell’opera di casa in casa senza ricevere qualche benignità personale da alcuni, apprezzamento per la Parola di Geova da altri, e, soprattutto, la benedizione di Geova di pace mentale e contentezza”.
22. Dopo circa quarant’anni nel ministero, che cosa dice egli?
22 Dopo aver servito fedelmente come ministro in servizio continuo nel Canada, negli Stati Uniti e in un’assegnazione missionaria all’estero, egli dice: “Più a lungo ho questo grande privilegio più ringrazio Geova per essere più benigno di quanto potrebbe essere qualsiasi altro padrone e per avermi custodito e guidato”.
23. Che cosa dice un altro che ha fatto del ministero il lavoro della sua vita circa l’inizio della sua carriera?
23 Un altro che ha dedicato tutta la sua vita all’opera di fare discepoli dice: “Coloro che imparano le meravigliose verità della Bibbia nell’infanzia sono davvero benedetti riccamente. Sono sempre stato grato a mio padre per la devota istruzione che mi ha dato, nella mia tenera età, riguardo al grande Dio, Geova, e ai propositi del Suo Regno, e riguardo all’anima e alla speranza della vita. Trascorsi i miei primi anni a Christchurch, in Nuova Zelanda. Da studente mi impegnai a fondo e arrivai primo per ottenere la borsa di studio per frequentare l’università, premio per cui tutte le università e scuole superiori della Nuova Zelanda fanno a gara. Ero sulla strada di diventare uno scienziato atomico, ma ora il pensiero materialistico, evoluzionistico cominciò a circondarmi, e m’accorsi presto che esso era irragionevole e privo di valore come l’insegnamento dell’‘inferno di fuoco’ del clero. La Bibbia cominciò a esercitare nella mia vita piena influenza. Sebbene continuassi gli studi laureandomi in scienze, dedicai al ministero quasi le ore di pioniere durante la maggior parte del tempo che frequentai l’università. Facevo spesso il servizio di pioniere temporaneo”.
24. Che cosa dice egli circa la felicità e la contentezza dopo molti anni in un’assegnazione straniera?
24 Dopo aver trascorso gioiosi anni nel servizio di Dio in Nuova Zelanda, in Australia, negli Stati Uniti e in Giappone, egli dice: “Una volta ho potuto visitare i miei anziani genitori in Nuova Zelanda, e sono profondamente grato per ciò. Sono ora trascorsi [ventisette anni] da quando lasciai una felice casa teocratica per andare in qualsiasi luogo Geova mi mandasse nel suo servizio continuo. I nostri vincoli familiari d’amore erano forti, ma più forti sono i legami che ci uniscono nel servizio del Regno, anche se ci troviamo in paesi molto lontani. È stata una gioia trovare i miei genitori più forti che mai nel servizio del Regno. Comunque, la Nuova Zelanda non mi sembrava più la mia casa, nemmeno l’Australia. La vita ‘agli antipodi’ appariva ‘strana’, in paragone con la vita a cui ci eravamo abituati nel campo missionario in Giappone. Da questa visita sono arrivato a capire che la ‘casa’ è ovunque Geova ci assegna nel reame del servizio teocratico”.
25. Come cominciò la sua carriera di ministro un membro della famiglia Betel di Brooklyn, e come descrisse i suoi numerosi anni nel servizio di Geova?
25 Un altro disse: “Nacqui a Calitri, in Italia, nel dicembre del 1879. I miei devoti genitori mi avevano battezzato e in seguito cresimato come cattolico romano. Non ci aspettavamo che all’età di [ottantacinque] anni avrei ripensato con piacere a [cinquantanove] anni trascorsi come testimone di Geova”. Nel 1900, a ventun anni, si trasferì negli Stati Uniti e quattro anni dopo conobbe la verità. Nel 1909 entrò a far parte del personale della sede centrale della Società Torre di Guardia, per divenire da allora in poi un fedele, zelante servitore di Dio. Egli disse ulteriormente: “Ripensando a [cinquantanove] anni dedicati al servizio di Geova, posso dire veracemente che questi sono stati gli anni più felici della mia vita. [Cinquantasei] d’essi li ho trascorsi come membro della famiglia Betel di Brooklyn, privilegio di servizio che raccomando con tutto il cuore a qualsiasi giovane cristiano. Vi sono state certamente alcune prove, ma queste hanno accresciuto la nostra fede in Geova. Non ho mai dubitato che egli usa la Società per dirigere l’opera di testimonianza mondiale che Gesù predisse in Matteo 24:14. Come disse Paolo, qualsiasi tribolazione ‘non ammonta a nulla in paragone con la gloria che sarà rivelata in noi’”.
26. In che modo molti membri anziani della famiglia Betel considerano le loro opportunità di associarsi ai fratelli?
26 C’è un numero di tali fedeli servitori di Dio avanti negli anni che continuano il loro fedele servizio nella sede centrale di Brooklyn. In alcuni casi trovano difficile udire tutto ciò che è detto ma non mancano mai a un’adunanza. Sebbene in molti casi richieda un grande sforzo e a volte l’amorevole assistenza di alcuni dei più giovani, non mancano mai all’adorazione mattutina prima della colazione, alle assemblee grandi e piccole, né alle adunanze della loro congregazione, anche se talvolta queste sono a notevole distanza ed è necessario camminare. La loro gioia nell’associarsi ad altri che si interessano delle opere di Dio resta immutata.
27. Quali sono alcuni pensieri che si devono tenere presenti se si vuole provare vera felicità?
27 Sì, non è il gioco che rende felici; è lo strenuo lavoro. Ma dev’essere la giusta specie di lavoro, cioè il lavoro compiuto a favore d’altri. Nessun altro lavoro può soddisfare tale esigenza come l’opera di fare discepoli di Gesù Cristo. Non solo sarete felici mentre sarete impegnati nell’opera stessa, ma sarete felici e contenti in tutto ciò che farete. Sì, dedicare la vostra vita a quest’opera avrà tale effetto sulla vostra intera vita. Siete veramente felice nella vostra attuale opera? Se no, probabilmente seguite la carriera sbagliata. Dovreste provare felicità nel fare discepoli.