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  • Potete imitare la perseveranza di Geremia?

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  • Potete imitare la perseveranza di Geremia?
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1969
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1969
w69 1/12 pp. 719-730

Potete imitare la perseveranza di Geremia?

“Fratelli, prendete a modello di sofferenza del male e di esercizio della pazienza i profeti, che parlarono nel nome di Geova”. — Giac. 5:10.

1, 2. C’è una formula con la quale esser certi che la propria vita riesca bene? Spiegate.

COME volete che sia la vostra vita? Certo sperate che abbia un felice risultato. Volete che la vostra condotta meriti lode e sia tale da aver valore e recare ad altri vero beneficio. Ma la vita ha molti aspetti e vicissitudini. Come si può esser certi che la propria vita riesca bene? C’è per questo una formula sicura e chiara da seguire?

2 L’innominato scrittore della lettera agli Ebrei, che in genere si intende fosse l’apostolo Paolo, dà consigli sotto questo aspetto, dicendo: “Ricordate quelli che prendono la direttiva fra voi, i quali vi han dichiarato la parola di Dio, e mentre contemplate come va a finire la vostra condotta imitate la loro fede”. — Ebr. 13:7.

3. La condotta di chi possiamo contemplare con vantaggio?

3 È proprio così semplice. Paolo parla qui primariamente degli apostoli, che a quel tempo prendevano la direttiva fra i cristiani. Oggi abbiamo uomini di ugual fede che hanno preso la direttiva fra il popolo di Dio. Possiamo dunque osservare i fedeli uomini d’oggi che prendono la direttiva fra noi, particolarmente quelli del corpo direttivo dello “schiavo fedele e discreto”. (Matt. 24:45-47) Nell’undicesimo capitolo di Ebrei, Paolo aveva descritto come esempi la fede dei servitori di Dio dei tempi ebraici e precedenti. Per di più, del modello stabilito dai fedeli uomini dei tempi antichi abbiamo un completo racconto scritto con cui guidare la nostra condotta. Perciò, se la nostra condotta non va a finire bene per certo è colpa nostra. Possiamo fare in modo che riesca bene se realmente lo vogliamo.

4. Come possiamo imitare la fede di Geremia?

4 Il profeta Geremia è fra quelli che ci hanno dichiarato la parola di Dio, non direttamente, ma per iscritto nella Parola di Dio “affinché per mezzo della nostra perseveranza e per mezzo del conforto delle Scritture avessimo speranza”. (Rom. 15:4) Abbiamo un racconto abbastanza completo della vita e della condotta di Geremia, che rispecchia notevole perseveranza. Se confrontiamo la nostra condotta con quella di Geremia nelle varie circostanze in cui si trovò, possiamo imitare la sua fede e avere la perseveranza di Geremia, così necessaria nel nostro giorno.

5. Seguendo il modello di perseveranza di Geremia si segue forse un uomo? Spiegate.

5 Considerando la cosa, vedremo chiaramente che Geova è Colui che dà le qualità e la forza per perseverare. Non possiamo perseverare facendoci guidare dalla nostra propria sapienza o con la nostra propria forza. Né lo poté Geremia. (Ger. 17:9; Prov. 3:5, 6) Seguendo il modello di fedele perseveranza di Geremia non si segue un uomo, ma si imita in effetti il fedele modello della vita di Geremia che fu prodotto dal modo in cui Geova agì verso di lui. Perciò, dobbiamo seguire il modello che Geova dà e le fonti d’aiuto che provvede per perseverare.

CORAGGIO

6, 7. Che cosa fece prima Geremia, per avere il coraggio di perseverare?

6 Avete il coraggio per fare la predicazione della buona notizia del Regno al popolo? Il compito di Geremia fu molto simile. E vi riuscì. Come?

7 Sin dall’inizio capì chiaramente il suo incarico. Aveva bisogno di sapere esattamente quello che doveva fare. Geova gli disse all’inizio: “Vedi, t’ho dato incarico in questo giorno per essere sulle nazioni e sui regni, per sradicare e per abbattere e per distruggere e per demolire, per edificare e per piantare”. Fare tutto questo! Come? Non secondo i ragionamenti o le parole stesse di Geremia, né mediante la filosofia o la psicologia né essendo un riformatore sociale. Né ricevette l’autorizzazione dei profeti e dei sacerdoti. No, Geova disse: “Ecco, ho messo le mie parole nella tua bocca”, e “tutto ciò che ti comanderò, dovresti pronunciare”. — Ger. 1:7, 9, 10.

8. Quale fu la prima reazione di Geremia quando venne chiamato per esser profeta, ma che cosa gli diede il coraggio di andare avanti?

8 Forse avete detto: “Mi piace il messaggio dei testimoni di Geova, ma io il predicatore non lo farò mai!” Ebbene, dapprima Geremia obiettò quando Geova lo informò che doveva essere profeta. (Ger. 1:5, 6) Costituito sulle nazioni! Che incarico! Geremia era un giovane uomo a quel tempo, ma si sentì come un semplice ragazzo. Non si sentiva assolutamente qualificato, e Dio gli disse che doveva parlare a chiunque Dio l’avesse mandato e, dalle parole di Geova, questo evidentemente includeva dei re. Ma ora egli sapeva che avrebbe pronunciato le medesime parole di Dio, e Dio, che siede così in alto al di sopra delle nazioni che gli abitanti sono come cavallette, poteva per certo far avverare le espressioni di Geremia. (Isa. 40:22) Geremia poté avere assoluta fiducia in tutto ciò che diceva. Che incentivo a perseverare!

GIUSTIFICAZIONI

9. Perché non possiamo sottrarci alla predicazione con la scusa che Geremia era diverso in quanto fu chiamato come profeta da Geova?

9 Ora, qualcuno può dire: “Geremia era diverso da me. Era un profeta, chiamato da Dio stesso”. È l’incarico dei testimoni di Geova in alcun modo meno preciso? Dio diede a Geremia l’incarico non direttamente, ma per mezzo di un angelo. Ma Dio ha parlato ai cristiani per mezzo di Uno che è molto più grande degli angeli, dando loro uno specifico incarico. Sì, “per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose”. “Per questo è necessario che prestiamo più che la solita attenzione alle cose udite”. (Ebr. 1:2; 2:1) È niente meno che il Figlio di Dio, che ha ricevuto la verga dell’autorità sulle nazioni, per ‘frantumarle’ come un vaso di terracotta, che ci ha detto: “Andate dunque e fate discepoli delle persone di tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello spirito santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni fino al termine del sistema di cose”, e “questa buona notizia del regno sarà predicata”. Non è il nostro messaggio, ma il messaggio di Dio. — Sal. 2:9; Matt. 28:19, 20; 24:14.

10. Sarebbe più facile perseverare ai testimoni di Geova se fossero ispirati, come lo fu Geremia?

10 Un altro ancora può rispondere: “Ma Geremia era ispirato”. È vero. Notate, comunque, che lo spirito di ispirazione non era sempre su Geremia; vi era solo quando Geova gli dava specifici messaggi da annunciare. (Ger. 36:1, 2; 42:7) Ciò nondimeno, fu profeta in servizio continuo, andando sempre fra il popolo. (Ger. 37:4; 18:11; 7:2; 2:2; 11:2, 6) E oltre a essere profeta Geremia aveva un altro lavoro. Era sacerdote. (Ger. 1:1) Geremia, come noi, non ebbe sempre uno spettacolare incarico da adempiere, ma si trattava di servire Dio ogni giorno, continuando in ogni quotidiana attività della vita. Avrebbe potuto volgersi dal suo incarico, smettere attratto da una vita di agi o da cose materialistiche. Sarebbe stato facile per Geremia stancarsi di fare il bene. Doveva alzarsi la mattina e occuparsi dei suoi doveri profetici. Doveva svolgere i suoi servizi sacerdotali, quando era in servizio nel tempio, sotto un sorvegliante, forse uno a cui lui non piaceva. Doveva sopportare la corruzione degli altri sacerdoti, la loro perversione del giudizio con l’accettar regali, la loro immoralità, e il loro odio per Geremia che condannava le loro vie. — Ger. 6:13.

11. Per quanto tempo profetizzò Geremia, e quale fu un altro suo prezioso contributo?

11 Geremia perseverò per tutta la vita. Dobbiamo ricordare che cominciò a profetizzare da giovane nel tredicesimo anno del re Giosia, che cominciò a regnare nel 659 a.E.V. Dal 647 a.E.V., quindi, fino alla caduta di Gerusalemme nel 607 a.E.V., continuò senza sosta. (Ger. 25:3; 39:1) Quanti di noi abbiamo dedicato più di quarant’anni al ministero? Dedicò anche considerevole tempo ed energia a scrivere. Oltre ai suoi rotoli di Geremia e Lamentazioni, sono attribuiti a Geremia i libri di I e II Re. Questo richiese diligente ricerca, ma quanto ci sono preziosi!

12. Che cosa permise a Geremia di fare con tutto il cuore la sua opera, e che cosa gli diede la forza di affrontare senza timore i suoi oppositori?

12 Come fece Geremia a mantenere forte il suo cuore per compiere ogni giorno l’opera, facendola bene e senza stancarsi? Le parole e lo spirito di Geova lo sostennero, secondo la promessa di Geova: “T’ho reso oggi una città fortificata e una colonna di ferro e mura di rame contro tutto il paese, verso i re di Giuda, verso i suoi principi, verso i suoi sacerdoti e verso il popolo del paese”. Per questo Geremia poté “cingere i fianchi” e darsi da fare. Geremia sapeva di andare incontro a una lotta di vita o di morte, ma sapeva pure che aveva il sostegno della più grande potenza dell’universo: “Non aver timore a causa delle loro facce”, incoraggiò Geova, “non esser colpito da alcun terrore . . . per certo combatteranno contro di te, ma non prevarranno contro di te, poiché ‘io sono con te . . . per liberarti’”. — Ger. 1:8, 17-19.

ATTITUDINE VERSO L’INCARICO

13. (a) Fu la semplice determinazione a sostenere la perseveranza di Geremia, o che cosa? (b) Perché Geremia ebbe compassione per il popolo?

13 Non fu interamente per il coraggio che Geremia perseverò, né fu per semplice determinazione, “stringendo i denti”, per così dire. Con completo intendimento del suo incarico, si rese conto che la sua opera non era esclusivamente distruttiva, di dichiarare la calamità alle nazioni. Era anche di piantare e di edificare. Questa parte gli recava gioia e piacere. La determinazione di per se stessa non l’avrebbe sostenuto. Compì la sua opera con amore e con compassione per il popolo. Geremia sapeva che il popolo era come pecore con falsi pastori. Profeti che Geova non aveva mandati e ai quali non aveva parlato asserivano di rappresentarLo e altezzosamente si arrogavano l’autorità sul popolo, dandogli un errato intendimento di Dio e delle sue vie e dei suoi comandi. Su questi profeti e sui sacerdoti c’era il grave peso della colpa, poiché Geova disse a Geremia: “Se fossero stati nel mio intimo gruppo, avrebbero fatto udire al mio popolo le mie proprie parole, e li avrebbero fatti volgere dalla loro cattiva via e dalla malizia delle loro azioni”. (Ger. 23:22) Questi uomini erano effettivamente la causa di ogni difficoltà per il popolo. Invece che la perseveranza nella via di Dio avevano inculcato nel popolo “un’infedeltà durevole”. Divenne la “condotta popolare”. (Ger. 8:5, 6) Vedete oggi il parallelo?

14. Che cosa c’era nella predicazione di Geremia che attirava le persone sincere, e quale fu il nocciolo della perseveranza di Geremia?

14 Geremia voleva che il popolo udisse le parole di Dio e vivesse, non che morisse nella sovrastante distruzione di Gerusalemme. Dio non gli aveva dato superiore intendimento solo per la sua propria salvezza. Gliel’aveva dato affinché aiutasse altre persone sincere. L’attitudine di Geremia fu rispecchiata nella sua predicazione. Similmente oggi, le persone intuiscono la nostra attitudine, se è solo per compiere la predicazione o per amore e per il desiderio di aiutarle. È l’attitudine sincera e amorevole che attira le “pecore” e che è il nocciolo stesso della nostra perseveranza, poiché l’amore “sopporta ogni cosa”, e “l’amore non viene mai meno”. — 1 Cor. 13:7, 8; Matt. 9:36; Giov. 10:2-5.

15. Descrivete l’interesse di Geremia per il benessere di quelli ai quali predicò.

15 Il vostro amore è forte come quello di Geremia? Il suo interesse per il popolo era così grande che pianse effettivamente per la calamità che si doveva abbattere su di loro. (Ger. 8:21 fino a 9:1; Luca 19:41-44) Non si fece amareggiare dall’opposizione. Perfino verso il corrotto, codardo re Sedechia fu gentile e rispettoso. Infatti, dopo che Sedechia l’ebbe proditoriamente dato nelle mani dei principi che intendevano metterlo a morte, Geremia mostrò vero interesse per il benessere di Sedechia, supplicandolo di ubbidire alla voce di Geova per continuare a vivere. — Ger. 38:4, 5, 19-23.

LA CONTESA

16, 17. (a) Se ci indeboliamo perché incontriamo indifferenza, che cosa possiamo considerare per trarne coraggio? (b) Che cosa diede a Geremia il coraggio di parlare liberamente ai sacerdoti e ai capi del popolo che sapeva gli si sarebbero molto probabilmente opposti ancora di più?

16 La perseveranza si indebolisce un po’ quando a volte visitate in una casa dopo l’altra persone che non vogliono udire? Pensate, allora, a Geremia, in piedi, forse, sul monte degli Ulivi, che guarda attraverso la valle di Chidron in direzione di Gerusalemme, contemplandone le alte mura e la posizione anche più elevata del magnifico tempio, sapendo che lui, un piccolo uomo, doveva attraversare la valle ed entrare nella città. Quindi doveva chiamare insieme alla porta della valle di Hinnom i sacerdoti e gli uomini influenti della città e rompere una fiasca di terracotta, dicendo davanti alla loro faccia che così Geova avrebbe frantumato Gerusalemme, compreso il loro imponente, bel tempio! Inoltre, se Geova gli permetteva di sfuggire alla loro ira lì, doveva salire nel cortile del tempio stesso e dichiarare la veniente calamità ai sacerdoti, ai profeti e al popolo. — Ger. 19:1, 2, 10, 11, 14, 15.

17 Il popolo comune poteva ascoltare Geremia. Ma quei sacerdoti e quei capi, c’era poco da dubitare che si sarebbero solo opposti più aspramente alla sua opera. Che cosa gli diede il coraggio di parlare a quegli uomini alteri? Geremia vide la contesa. Non perse mai di vista il fatto che vi era implicata più che la sua sicurezza personale, anche più che la vita del popolo e la città di Gerusalemme. Sapeva che vi era implicato il nome di Geova. Il giudizio contro la nazione era grave. Provava dispiacere per la degradazione degli Israeliti che si erano dati alla falsa adorazione. Gerusalemme era la città del gran Re Geova Dio, e i re della linea di Davide vi sedevano sul “trono di Geova”. (Matt. 5:35; 1 Cron. 29:23) Il popolo si era allontanato tanto dal vero Dio che avevano eretto immagini scolpite per insultarlo, bruciando in sacrificio i loro figli e le loro figlie. — Ger. 7:31.

18. Mentre Geremia guardava la città di Gerusalemme, quale deplorevole vista si presentava ai suoi occhi, e adottò egli un’attitudine di superiorità o di auto-giustificazione a causa di ciò?

18 Guardando sui tetti della città, Geremia poteva vedere colonne di fumo di sacrificio che s’innalzavano e il popolo, particolarmente le donne, che offrivano torte di sacrificio e libazioni alla “regina dei cieli”. Questa era la vista detestabile che Geova doveva guardare ogni giorno. La città che rappresentava il Suo nome lo insultava fino al limite! Geremia si meravigliò della longanimità di Geova. Fu costretto a dire: “Sicuramente sono di classe misera”. (Ger. 5:4; 19:13; 44:15-19; 18:13) Anche allora, Geremia si assunse parte della colpa per il dispiacere di Geova verso la nazione, dicendo: “Noi in effetti riconosciamo, o Geova, la nostra malvagità, l’errore dei nostri antenati, poiché abbiamo peccato contro di te. Non ci disprezzare per amore del tuo nome; non disdegnare il tuo glorioso trono”. (Ger. 14:20, 21) Non si ritenne “più santo” degli altri, ma fu grato dell’immeritata benignità di Geova che lo impiegava per aiutare altri.

19, 20. In che modo è oggi importante che noi comprendiamo la contesa della santificazione del nome di Geova, e che cosa disse Geremia sul soggetto che ci incoraggia?

19 Comprendendo la contesa i cristiani d’oggi dovrebbero essere vigorosamente spronati, in un tempo in cui gli ecclesiastici dicono che “Dio è morto” e volgono il popolo agli idolatri dèi dell’evoluzione, del nazionalismo, della scienza e della filosofia. Proprio per tale ragione scrisse Geremia, e questo rafforza oggi la nostra perseveranza:

20 “Non c’è nessuno simile a te, o Geova. Tu sei grande, e il tuo nome è grande in potenza. Chi non ti dovrebbe temere, o re delle nazioni, poiché a te si addice; perché fra tutti i saggi delle nazioni e fra tutti i loro regni non c’è nessuno simile a te. E nello stesso tempo essi mostrano d’essere irragionevoli e stupidi. . . . Ma Geova è in verità Dio. Egli è l’Iddio vivente e il Re a tempo indefinito. A causa della sua indignazione la terra sobbalzerà, e nessuna nazione ne sosterrà la denuncia. Voi direte loro questo: ‘Gli dèi che non fecero i medesimi cieli e la terra son quelli che periranno dalla terra e di sotto questi cieli’. Egli è il Fattore della terra mediante la sua potenza, Colui che fermamente stabilisce il paese produttivo mediante la sua sapienza, e Colui che mediante il suo intendimento stese i cieli”. — Ger. 10:6-8, 10-13.

INCORAGGIAMENTO

21, 22. (a) Fu Geremia un “superuomo”, così che ridicolo e persecuzione non lo turbassero? (b) Che cosa gli accadde dopo che aveva adempiuto il suo incarico di rompere la fiasca davanti ai sacerdoti e agli anziani? (c) Quale fu la reazione di Geremia dopo ciò, ma che cosa fece poi, e che cosa lo spinse a continuare a predicare?

21 Vi sentite a volte scoraggiati per molti rifiuti? Seguite l’esempio di Geremia per avere conforto e incoraggiamento. Tenete presenti le parole di Giacomo, fratellastro di Gesù: “Elia [il profeta, come Geremia] fu un uomo con sentimenti simili ai nostri”. (Giac. 5:17) Come noi oggi, Geremia fu un uomo imperfetto, vissuto fra persone imperfette, la maggioranza delle quali erano contrarie alla verità. Subito dopo l’episodio della rottura della fiasca Geremia subì il più indegno trattamento. Non solo il suo messaggio annunciato nel nome di Geova venne ignorato, ma, in simbolo della massima mancanza di rispetto, fu colpito dal commissario del tempio! Questa poté essere una battitura con verghe, inflitta per comando del commissario del tempio. Prendendo un funzionario così alto la direttiva, senza dubbio il popolo si sentì libero di coprirlo a piacere di scherni, ridicolo e offese. Anch’essi poterono colpirlo e sputargli addosso, istigati dai profeti e dai sacerdoti che odiavano Geremia. Quindi, come se lui, il rappresentante di Geova, fosse un criminale, fu messo nei ceppi. (Ger. 20:1-3) Questi erano probabilmente in una stanza o cella alla porta. — Si paragoni II Cronache 16:10; Atti 16:24.

22 La parola ebraica per “ceppi” significa “contorto, distorto”. Costringevano la persona a stare in una posizione contratta, innaturale. Dopo una notte simile Geremia doveva essere ferito e terribilmente contratto ed esausto, e il suo morale era basso. Arrivò al punto di dire: “Non lo menzionerò, e non parlerò più nel suo nome”. Ma non smise di invocare l’aiuto di Dio. In preghiera a Geova narrò che sapeva d’essere stato causa di biasimo e di scherni a causa del nome e della parola di Geova e che ovunque c’erano persone che parlavano male di lui, cercando di fargli commettere uno sbaglio per potersene sbarazzare. Infatti, sarebbe potuto morire facilmente per mano del popolo quel medesimo giorno. Ma vide come Geova era stato con lui un giusto Giudice e Liberatore, e fu contento di mettere la sua causa nelle mani di Geova. E riscontrò che era molto più facile sopportare il biasimo e la sofferenza che sopportare dentro di sé la pressione della parola di Geova, che lo spingeva a parlare: “E nel mio cuore ci fu come un fuoco ardente chiuso nelle mie ossa; e mi stancai di contenerlo, e non lo potevo sopportare”. Non ha Geova similmente liberato il suo popolo in tempi moderni, infondendogli zelo per mezzo della sua Parola e del suo spirito? La storia dei testimoni di Geova nonché le nostre proprie esperienze personali lo attestano. (Ger. 20:9-12) Non si è più felici sopportando il biasimo che subendo il castigo di una buona coscienza addestrata nella Parola di Geova?

23. (a) Quando Geremia chiese perché i malvagi prosperano, quale risposta ricevette? (b) Quale lezione dovremmo apprendere da ciò, e quale verità riguardo a Dio dovremmo tenere presente?

23 Una volta Geremia chiese: “Perché la via dei malvagi ha avuto successo, tutti quelli che commettono slealtà sono liberi da ansie? . . . Continuano ad andare avanti; hanno anche prodotto frutto. Sei vicino alla loro bocca, ma lontano dai loro reni [sede delle emozioni o dei sentimenti]”. Geremia ricevette la risposta. Geova rivelò che non era con costoro e che li avrebbe sradicati dalla loro terra. In maniera simile, la nostra perseveranza si basa sul fatto che ci rendiamo conto che pure Geova è tollerante e longanime, ma che osserva ed eseguirà i suoi giudizi contro quelli che continuano una cattiva condotta. Di conseguenza, non dovremmo perdere l’equilibrio perché sembra che altri prosperino in un malvagio modo di vivere, anche se fanno vistose asserzioni di servire Dio. Chi vuole piacere a Dio deve rendersi conto che Dio non solo è, ma che “è il rimuneratore di quelli che premurosamente lo cercano”. Perseverate, e sarete rimunerati. — Ger. 12:1, 2, 12-14; Sal. 37:7-9; Ebr. 11:6; Gal. 6:9.

24. (a) Che cosa dovremmo prendere in considerazione quando leggiamo alcune delle cose che Geremia disse essendo temporaneamente scoraggiato? (b) Che cosa dovremmo comprendere quando ci troviamo nell’avversità?

24 Dovremmo tenere presente il lungo periodo di tempo in cui servì Geremia. Quindi possiamo capire perché fece successive dichiarazioni, come: “Maledetto sia il giorno in cui nacqui!” Se uno di noi fosse arrestato, battuto, gettato nei ceppi, arrestato più volte, se scontasse parecchie condanne alla prigione, udisse continuamente scherni e minacce, ebbene, in un certo periodo di anni potremmo esprimere qualche lamentela piuttosto amara. Ma Geremia non accusò mai Dio di male. Si rendeva conto d’essere insignificante e sapeva che Geova comprendeva come il suo cuore era unito a Lui e aveva per lui empatia. (Ger. 20:14-18; 12:3) Questo dovrebbe rafforzarci quando ci troviamo in circostanze realmente scoraggianti. Poiché non era Geremia, ma Geova che usava Geremia, a sostenerlo e a dargli vigore. Ciò mostra che se Geova sceglie di farci trovare nell’avversità ha uno scopo e, mentre soffriamo e ci chiediamo perché, Geova si assume la responsabilità di darci l’ulteriore forza per venirne fuori con maggiore felicità.

25. Come ci aiuta l’esempio di Geremia a ubbidire in cose apparentemente insignificanti?

25 A volte la nostra volenterosa, pronta ubbidienza può esser messa alla prova. Siamo disposti a impiegare il tempo e l’energia per fare qualche cosa che sembra relativamente insignificante? Forse si tratta di visitare persone sparse che in precedenti visite erano assenti. O può trattarsi di fare una visita ulteriore a persone che hanno accettato solo una rivista. Può esser questione di esercitarsi regolarmente per tenere uno studio biblico, o visitare persone bisognose di aiuto. Geremia avrebbe potuto lamentarsi per il lungo viaggio e la cosa apparentemente insignificante quando gli fu comandato di portare una cintura di lino al fiume Eufrate, un viaggio di circa 500 chilometri di andata, e di nascondere la cintura nella fenditura di una rupe. Quindi, dopo qualche tempo gli fu comandato di tornare a prenderla. Naturalmente, essa era rovinata. ‘Perché tutto questo per una semplice cintura?’ avrebbe potuto chiedere. Ma, invece, ubbidì, e fornì una vigorosa testimonianza e un vivido quadro della longanimità di Geova verso Israele e Giuda. Fece capire agli osservatori la determinazione di Geova di ridurre alla fine in rovina la sua nazione, che aveva portato sui suoi fianchi come una cintura perché gli fosse una lode e qualche cosa di bello, ma che era divenuta caparbia e idolatra. — Ger. 13:1-11.

MATRIMONIO

26, 27. (a) Come mostrano alcuni un indebolimento della perseveranza? (b) Come ci dà Geremia un modello in questa cosa importante, e come dovremmo considerarlo?

26 Alcuni dedicati testimoni di Geova hanno cercato l’intima compagnia di persone non dedicate e si sono perfino sposati con increduli. La solita scusa per aver così ignorato la Parola di Geova al riguardo è stata: ‘Nella congregazione non c’è nessuno della mia età che sia un buon partito’. Conoscendo bene il pericolo di questa condotta, riconosciamo in tale modo di ragionare un indebolimento della perseveranza. L’esempio di Geremia ci aiuta anche sotto questo aspetto. Nell’antico Israele la ragione per sposarsi era sotto alcuni aspetti più forte che nel tempo attuale. Non solo c’era lo stesso naturale desiderio, ma l’eredità della terra e il nome della famiglia erano tenuti in grande stima, e il non generare eredi era considerato una calamità. (Deut. 25:5, 6; 1 Sam. 1:5-11) Ciò nondimeno, Geremia ricevette da Geova il seguente comando: “Non ti devi prendere moglie, e non devi aver figli e figlie in questo luogo”. Non solo: ‘Non sposare un’incredula’, ma: ‘Non sposarti affatto!’ — Ger. 16:1, 2.

27 Geova aveva le sue ragioni per dare questo comando, e le spiegò a Geremia. Coloro che sarebbero nati in quel tempo critico della storia di Gerusalemme sarebbero stati generati solo per la calamità. Gerusalemme sarebbe stata presto distrutta e i loro figli sarebbero morti. Geremia ubbidì, calcolando il servizio di Geova e la sua parola di maggiore importanza anche del matrimonio. Egli credette in Geova. A sua volta, Geova lo rafforzò perché perseverasse e avesse un felice risultato. (Ger. 16:3, 4) Vivendo in un tempo molto più urgente di quello di Geremia, non dovremmo noi mostrare perseveranza, ubbidendo alla Parola di Geova, se ci sposiamo, e non dovremmo sposarci “solo nel Signore”? Non è meglio aspettare, se necessario, che Geova provveda le cose che sa ci occorrono individualmente per perseverare anziché dispiacergli? Considerate ciò che Geova disse a Davide in II Samuele 12:7-9.

COMPAGNIE

28. (a) Quali compagnie apprezzò e trovò Geremia? (b) Quale associazione fu più piacevole di tutte, e a quale eccellente gruppo Geova associa Geremia?

28 In quanto alle compagnie, Geremia badò a se stesso. Primariamente, apprezzò la parola di Geova. Essa fu per lui esultanza e allegrezza, e lo tenne in stretta associazione con Geova. (Ger. 15:16) Per mantenere questa stretta relazione con Dio evitò la compagnia di quelli che non si interessavano dell’adorazione di Geova e che non ascoltavano la sua parola per apprezzare la serietà del tempo in cui viveva. (Ger. 15:17) Ciò nondimeno, malgrado molti odiassero Geova, Geremia trovò buoni compagni fra gli uomini. Ebbe il suo fedele segretario Baruc. Ebbe alcuni che lo ascoltarono, compreso Ebed-Melec l’Etiope, che salvò Geremia dalla cisterna di fango. Per questo Geremia ebbe il felice privilegio di fare ad Ebed-Melec la promessa di Geova che sarebbe stato salvato durante la distruzione di Gerusalemme. Nella prova Geremia riscontrò che i Recabiti erano fedeli, svergognando gli abitanti di Gerusalemme. (Ger. 35:1-19) Quindi mentre Geremia non ebbe ciò che gli Israeliti che conducevano una “vita normale” consideravano un piacere, tuttavia ebbe la cosa più preziosa e piacevole, la perspicacia e la conoscenza di Geova, che è effettivamente la più grande gioia possibile. (Ger. 9:23, 24; 1 Cor. 1:31) E per la sua fedeltà Geova lo associa al gran “nuvolo di testimoni” per i quali Egli ha preparato una “città”, il suo governo del Regno. Geova lo pone fra quelli la cui fede possiamo imitare. — Ger. 36:4-8; 38:7-13; 39:15-18; Ebr. 12:1; 11:16.

SOFFERENZA FISICA

29. Quali cose subì Geremia che ne fanno un “modello di sofferenza del male”?

29 Non tutti i testimoni di Geova hanno subìto sofferenza fisica per la verità, ma molti sì, alcuni fino al punto di morire. Geremia fu uno di quelli a cui si riferì Giacomo quando disse: “Prendete a modello di sofferenza del male e di esercizio della pazienza i profeti, che parlarono nel nome di Geova”. (Giac. 5:10) Geremia fu minacciato di morte dagli uomini della sua città natale di Anatot (Ger. 11:21), fu colpito e messo nei ceppi per una notte da Pasur commissario del tempio (Ger. 20:2, 3), afferrato dalla turba di sacerdoti, falsi profeti e persone nel tempio e minacciato di morte. (Ger. 26:8-11) Fu tenuto sotto restrizione nel Cortile della Guardia (Ger. 32:2; 33:1), arrestato dietro l’accusa di passare ai Caldei quando partiva da Gerusalemme per andare a casa sua nel territorio di Beniamino; in questa occasione i principi lo colpirono e lo misero nella casa dei ceppi per molti giorni; dovette appellarsi al re per non morirvi; anche allora fu messo sotto custodia nel Cortile della Guardia. (Ger. 37:11-16, 20, 21) In seguito fu consegnato dal re Sedechia ai principi, che cercarono di mettere a morte Geremia calandolo in una cisterna di fango. — Ger. 38:4-13.

30. Come si sentì Geremia al tempo che la guardia del corpo di Nabucodonosor condusse i prigionieri fuori di Gerusalemme?

30 Oltre a tutto ciò, Geremia sopportò le avversità dell’assedio babilonese come gli altri abitanti di Gerusalemme; buoni e cattivi. Fu infine liberato e le manette gli furono tolte dal capitano della guardia del corpo di Nabucodonosor per ordine degli alti ufficiali babilonesi nelle cui mani era ora la città. Geremia amava quelle persone che erano ora così miseramente maltrattate e, soprattutto, si vergognava per il biasimo sul nome di Geova. Pensare che la medesima casa di Dio, il tempio, e il medesimo trono di Dio e il popolo per il suo nome erano insudiciati e calpestati sotto gli impuri piedi dell’antica nemica di Dio, Babilonia, e degli adoratori del dio demonico Merodac! Sentì di dover andare in esilio e soffrire con l’intera nazione, tanto grande erano il biasimo e la vergogna. — Ger. 40:1-5.

31. (a) Come mostrò Geova il suo amore anche mandando il suo popolo in esilio? (b) Quale felice speranza ebbe Geremia in quel tempo?

31 Da dove trasse Geremia tale amore? Da Geova suo Dio. Poiché Geova fu pieno di immeritata benignità non respingendo completamente il suo popolo, rivelando per mezzo di Geremia che non aveva dimenticato il suo patto né aveva diminuito il suo amore per i suoi fedeli servitori Abraamo, Isacco, Giacobbe e Davide. In quell’oscuro giorno della storia d’Israele, Geremia aveva una felice speranza, poiché Dio l’aveva ispirato a profetizzare la restaurazione d’Israele nel favore di Geova dopo settant’anni e, in un futuro più lontano di quanto egli poté comprendere, a predire il nuovo patto che avrebbe fatto con l’Israele spirituale. — Ger. 31:31-34.

PROTEZIONE

32. Per quali ragioni Geremia ebbe sempre più bisogno di protezione mentre si avvicinava la fine di Gerusalemme?

32 Considerate ora il modo meraviglioso in cui Geova protesse Geremia. Le probabilità gli erano molto sfavorevoli, specialmente mentre Gerusalemme soffriva sempre più finché in ultimo la città fu ridotta alla disperazione a causa dell’assedio postole da Nabucodonosor. I sacerdoti e i profeti erano mortali nemici di Geremia. I principi, di spirito nazionalistico, per la maggior parte lo odiavano, considerandolo non patriottico e sedizioso. E una delle cose più pericolose che Geremia fece fu di toccare le ricchezze dei ricchi e degli influenti quando disse loro di lasciar andare liberi i loro servitori ebrei, secondo la legge di Dio. Dapprima ubbidirono, concludendo anche un patto nel tempio di Geova, con ipocrisia, naturalmente, poiché quando sembrò che il pericolo per la loro città fosse passato e pensarono di non aver bisogno di ricorrere a Geova per aiuto, infransero il patto e sottoposero di nuovo a schiavitù i loro fratelli ebrei. Per questo Geremia disse loro che essi sarebbero stati dati liberamente alla spada, alla pestilenza e alla carestia. — Ger. 34:8-22.

33. Perché Geremia non si sentì mai solo, e come si mostrò Geova vicino a Geremia in ogni cosa?

33 Ora, mentre considerate ciascuna delle liberazioni di Geremia, ricordate che Geova è l’Iddio vivente e che ha oggi la stessa potenza e la stessa cura verso il suo popolo. Nelle prove di Geremia, Geova gli fu così vicino che quando Geremia mantenne l’integrità, Geova non l’abbandonò. Né lasciò mai Geremia a subire prove o tentazioni da solo così che non potesse sopportarle. (1 Cor. 10:13) Mai Geremia ebbe motivo di sentirsi solo. Proprio nel momento in cui Geremia ne aveva più bisogno, Geova metteva un po’ di timore nei nemici di Geremia, qualche scrupolo di coscienza in coloro che rispettavano ancora la legge di Dio, o suscitava qualche persona di mente retta, oltre a impiegare la diretta protezione angelica, come durante la distruzione di Gerusalemme. E ora, notate nei seguenti esempi elencati, che il margine sembrò spesso molto stretto, mettendo severamente alla prova la perseveranza di Geremia, ma ciò nondimeno ci fu la piena sicurezza di Geova.

34. Che cosa sapevano i nemici di Geremia che li trattenne, e come sono stati similmente protetti i testimoni di Geova?

34 (1) Il vivo desiderio dei sacerdoti nemici di Geremia era di ucciderlo, di toglierlo di mezzo. Ma sapevano che egli dichiarava la parola di Geova (in se stessa una grande protezione), per cui gli dissero “Pace!” ma stavano a vedere se faceva il più piccolo sbaglio per avere il modo di vendicarsi di lui, pur facendolo sembrare legale. Ma Geova lo guidò attentamente e abilmente, come “un terribile potente”. (Ger. 20:10, 11) Ci fa pensare a come Geova guida il suo popolo nel nostro tempo per mezzo del suo “schiavo fedele e discreto”. I testimoni di Geova che dichiarano in ogni tempo la verità hanno disarmato i loro nemici, che non sanno più che cosa fare per trovare il modo di fermare l’opera senza violare le leggi che usano per tenere insieme la loro propria società.

35. Quale strumento usò Geova per proteggere Geremia quando stava per essere ucciso dai sacerdoti e dal popolo nel tempio?

35 (2) Al principio del regno del re Ioiachim, Geremia stava per essere ucciso dai sacerdoti e dai profeti e dai loro seguaci, ma Geova trasformò la terribile situazione in un’opportunità con la quale Geremia poté difendere e stabilire legalmente la sua predicazione. In questa occasione fu il maturo ragionamento di certi anziani di Giuda che Geova fece venire in sua difesa. Essi citarono passati esempi di atti di Geova, col risultato che il potente principe Aicam intervenne per proteggere Geremia. — Ger. 26:7-24.

36. Come lo liberò Geova dalla morte nella casa dei ceppi?

36 (3) Geremia rimase in prigione molti giorni nella casa dei ceppi e non sarebbe vissuto molto più a lungo, ma si appellò al re Sedechia, che, contrariamente alla sua personalità codarda e priva di scrupoli, comandò che Geremia fosse portato nel Cortile della Guardia, dove gli venne dato ogni giorno del pane. Perché Sedechia fece questo? La cura di Geova per Geremia è la sola risposta. — Ger. 37:18-21.

37. Chi fu la sua protezione quando il re Ioiachim cercava di ucciderlo?

37 (4) Quando Geremia e il suo segretario Baruc erano in pericolo di morte per mano del re Ioiachim dopo che il re aveva bruciato il rotolo di Geremia, gli uomini di Ioiachim li cercarono invano. I principi li avevano avvertiti di nascondersi prima che il rotolo fosse letto. Ma sia che gli amichevoli principi continuassero ad aiutarli a nascondersi o no, fu in effetti la protezione di Geova, poiché il racconto dice: “Geova li tenne nascosti”. — Ger. 36:19-26.

38. Quale mezzo impiegò Geova quando Geremia sarebbe morto nella cisterna?

38 (5) Ebed-Melec l’Etiope, uomo dal cuore retto, fu spinto da Geova ad agire per liberare Geremia dalla morte nella cisterna di fango. Ebed-Melec prese con sé trenta uomini perché era una cosa pericolosa venire in aiuto di Geremia. Ebed-Melec ne aveva bisogno per impedire ai nemici di Geremia di ostacolarne la liberazione. E non fu nessun altro che Sedechia ad autorizzarla. Di nuovo, fu perché Sedechia amava Geremia? Fiduciosamente possiamo rispondere di no. — Ger. 38:7-13.

39. Come fu chiaramente evidente la mano di Geova nella liberazione di Geremia compiuta dal capitano della guardia di Nabucodonosor?

39 (6) Nabucodonosor, governante mondiale, adoratore del dio Merodac, re di Babilonia, la nemica di lunga data di Gerusalemme, fu spinto a comandare a Nebuzaradan, capitano della sua guardia, di accertarsi che non si facesse del male a Geremia! Perché? Perché Geremia aveva detto la verità dichiarando la parola di Geova, e Geova, che può far agire i re e che fa “secondo la sua propria volontà fra l’esercito dei cieli e gli abitanti della terra”, fu al suo fianco. — Ger. 39:11-14; 40:1-5; Dan. 4:35.

40. (a) Con quale mezzo si salvò Geremia durante l’assedio, la caduta e la distruzione di Gerusalemme? (b) Come mostrò allora Geova di ricordarsi dei suoi patti?

40 (7) Quando ci fu la terribile distruzione di Gerusalemme e non vi era più cibo nella città e alcuni furono ridotti al pietoso stato di mangiare i loro propri figli, quando infine fu aperta una breccia nelle mura, gli abitanti di Gerusalemme furono uccisi, i figli stessi di Sedechia furono uccisi davanti ai suoi occhi, che gli furono poi strappati, e i prigionieri furono condotti via in catene, Geremia sopravvisse. (Ger. 19:9; 39:6-9; 52:10, 11) Gli angeli di Geova l’avevano protetto. Fuori della città in fiamme, con le grida di coloro che i Babilonesi avevano messi al palo echeggianti nei suoi orecchi, Geremia poté ringraziare Geova di aver fatto ciò che sarebbe stato impossibile agli uomini. Era vivo; Baruc era stato risparmiato; Ebed-Melec era sopravvissuto; anche i Recabiti di cuore onesto erano fra i prigionieri vivi. (Ger. 39:16-18; 35:17-19; 45:2, 5) Dio si ricordò dei suoi patti con Abraamo e Davide, così che permise a Ieconia figlio di Ioiachim (condotto a Babilonia dieci anni prima) di vivere e divenire antenato del padre putativo di Gesù Cristo, provvedendogli in tal modo l’eredità legale del trono di Davide, e preservò Iozadac della linea del sommo sacerdote di Eleazaro e Fineas. — Ger. 52:31-34; Matt. 1:11, 16; 1 Cron. 6:1-15.

41. Dopo la caduta di Gerusalemme, perché Geremia ebbe ancora bisogno della qualità della perseveranza?

41 Inoltre, dopo tutto questo, le profezie di Geremia non furono ancora ascoltate dai pochi Israeliti lasciati nel paese da Nabucodonosor. Geremia fu portato con la forza in Egitto. Lì continuò a perseverare, non smettendo di profetizzare. Ci volle ancora coraggio, poiché dovette dichiarare che avrebbero subìto la calamità perché confidavano nel re d’Egitto anziché in Geova. — Ger. 43:8-10; 44:1, 28, 29.

42. Quale fu la cosa più dura che Geremia sopportò?

42 Una cosa sorprendente riguardo alla perseveranza di Geremia fu che vide la disapprovazione di Geova verso la Sua terrestre organizzazione. Quell’organizzazione fu portata via in esilio, perché i suoi membri divenissero schiavi. Geova non aveva più una libera, indipendente organizzazione terrestre che lo rappresentasse. La città e il regno che erano stati per lungo tempo una lode al suo nome non erano più. I re della linea di Davide furono deposti. (Ezec. 21:25-27) Il monte Sion non era più l’“esultanza dell’intera terra” e una lode al nome di Geova, ma ora era in effetti un biasimo. (Sal. 48:2; Lam. 1:1, 8) Geremia sapeva che mancavano settant’anni alla restaurazione, e che sarebbe venuta molto tempo dopo la fine della sua vita. Nemmeno questo guastò la perseveranza di Geremia. — Ger. 25:11, 12.

43. I testimoni di Geova vedranno la divisione dell’organizzazione di Dio come accadde a Geremia? Spiegate.

43 Oggi non dobbiamo sopportare una cosa così terribile. L’organizzazione del popolo di Geova è unificata, e ha il favore di Geova e le espressioni del suo compiacimento, e non sarà mai sconfitta, né rigettata come se dispiacesse a Dio. (Isa. 54:7-15) Non importa se siamo in grado di associarci regolarmente coi membri dell’organizzazione e se siamo in diretto contatto con la sede centrale, o se siamo del tutto isolati geograficamente o a causa di persecuzione, sì, anche imprigionati in segregazione cellulare, sappiamo che l’organizzazione di Dio opera ancora, loda ancora il suo nome. Questo rende molto più facile la perseveranza.

44. I testimoni di Geova dei tempi moderni hanno attraversato un simile periodo di cattività? Perché? E che dire del futuro?

44 Alcuni fratelli oggi viventi attraversarono davvero un tempo, dal 1914 al 1918, nel quale Geova si dispiacque e permise che la sua organizzazione divenisse prigioniera di Babilonia la Grande. Allora fu certo questione di perseveranza sotto forte tensione. La lode resa al nome di Geova fu ridotta a una piccolissima voce. L’integrità individuale di ciascuno fu fortemente messa alla prova. Naturalmente, Dio non abbandonò i suoi fedeli. Egli diede loro la forza di perseverare, e ne uscirono più forti. Li ristabilì nel suo amore e da quel tempo nulla, neppure la seconda guerra mondiale, rivoluzioni nazionali, dittature, proscrizioni ufficiali, azioni di turba, imprigionamenti e morte per alcuni suoi membri han rallentato la crescita dell’organizzazione di Dio né per quantità né per qualità. Questo sostiene la nostra perseveranza.

45. (a) Si interessa Geova della nostra perseveranza? (b) Che cosa dobbiamo fare, e che cosa dobbiamo comprendere che risulta dalla perdita della perseveranza?

45 Fratelli, è Geova a volere dunque che perseveriamo, ed egli si interessa tanto che ci parla per mezzo di suo Figlio. (Ebr. 1:2) Il trono di Geova è nelle mani di un giusto Re per sempre, e il Re Gesù Cristo domina attivamente per vedere che sia fatta giustizia. Tutto quello che dobbiamo fare è di adempiere l’incarico affidatoci, proprio come l’adempì Geremia, e lasciare il resto al Re. Questo non rende la vita facile. Ciascuno deve provare la sua integrità. Ci vogliono dedicazione e perseveranza. Ma non avremo felicità se smettiamo.

46. Di che cosa possiamo essere sicuri se perseveriamo?

46 Se perseverate, sarete felici nel perseverare, e che gioia quando conseguirete la meta finale! In tempi di tentazione o prova, pregate e attendete la liberazione di Geova. Non verrà sempre nel modo in cui ve la potete aspettare, ma verrà, proprio come accadde a Geremia. Quando avete un compito da assolvere o quando vi sentite scoraggiati, considerate la fede di uomini come Geremia, imitatela, e Dio “dopo [che avrete sofferto] per un po’, . . . completerà egli stesso il vostro addestramento, vi renderà fermi, vi renderà forti”. — 1 Piet. 5:10.

[Immagine a pagina 724]

Geremia subì il più indegno trattamento, compreso l’esser tenuto per una notte nei ceppi come se fosse stato un criminale. Tuttavia sopportò ogni biasimo

[Immagine a pagina 729]

Geova liberò Geremia. Quando Gerusalemme cadde, egli fu liberato e le manette gli furono tolte per ordine degli ufficiali babilonesi

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