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  • Esodo: Quando Geova Dio si fece conoscere

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  • Esodo: Quando Geova Dio si fece conoscere
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1976
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  • GLI ISRAELITI IN EGITTO
  • DA RAMESES AL MONTE SINAI
  • AI PIEDI DEL MONTE SINAI
  • Libro biblico numero 2: Esodo
    “Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile”
  • Impariamo a conoscere le vie di Geova
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 2005
  • Punti notevoli del libro di Esodo
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 2004
  • Mosè
    Ausiliario per capire la Bibbia
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1976
w76 1/9 pp. 525-527

Esodo: Quando Geova Dio si fece conoscere

QUALE ricchezza di informazioni contiene il libro di Esodo! Narra la nascita di una delle più antiche nazioni della terra e racconta come Israele fu eletto, liberato dalla schiavitù egiziana e portato in un patto con Geova Dio. Contiene la più eccellente legislazione che sia mai stata data a un popolo e parla di una gran quantità di sorprendenti miracoli che si compirono. Più importante di tutto è che rivela come il vero Dio Geova, il Creatore, si fece conoscere come non aveva mai fatto prima. Inoltre, è pieno di tipi e ombre profetiche di cose migliori avvenire.

D’accordo, può dire qualcuno dei nostri lettori, ma come possiamo esser certi che Esodo è veramente storico e che fu Mosè a scriverlo? Una ragione è che nel resto della Bibbia ci sono molti, molti riferimenti agli avvenimenti di Esodo come storici e questi ne attribuiscono il racconto a Mosè.a Un’ulteriore testimonianza dell’autenticità di Esodo è il suo candore, poiché Mosè non risparmia né se stesso né il suo popolo. E c’è inoltre la testimonianza dell’antica tradizione giudaica, che considera il Pentateuco, di cui Esodo è una parte, come autentico e scritto da Mosè.

Cronologicamente, Esodo, che si riferisce a circa 145 anni della storia d’Israele, si può dividere in tre parti: il soggiorno degli Israeliti in Egitto (1:1–12:36); la loro marcia da Rameses in Egitto al monte Sinai in Arabia (12:37–18:27); e la loro permanenza nel deserto presso il monte Sinai (19:1–40:38). In ciascuno di questi tre periodi Geova fa veramente conoscere se stesso — il suo nome, i suoi propositi, le sue qualità — sia con le parole che con le opere. Pare che Mosè mettesse tutto questo per iscritto verso il 1512 a.E.V.

GLI ISRAELITI IN EGITTO

I primi due capitoli parlano delle esperienze dei discendenti di Giacobbe in Egitto. Essi vi crescono così rapidamente che i Faraoni li fanno schiavi, ma ancora continuano a crescere. Faraone decreta perciò la morte di tutti i bambini maschi. A tale sorte sfugge un bambino la cui madre lo pone in una cesta che galleggia sul Nilo. La principessa d’Egitto scopre il bambino, lo adotta e lo chiama Mosè, che significa “salvato dalle acque”. Mosè è allevato nella casa di Faraone. All’età di quarant’anni, egli si schiera dalla parte del suo popolo oppresso uccidendo un Egiziano, ed è costretto a fuggire in Madian. Ivi si sposa e vive per altri quarant’anni come pastore.

Quindi un giorno Mosè nota un roveto ardente ma che non si consuma, e dal roveto ode l’angelo di Geova che lo chiama. Gli viene detto che dove sta è terra santa, ed è avvertito che ha l’incarico di tornare in Egitto e di liberare il suo popolo dall’oppressione. Quando Mosè chiede chi debba dire che l’ha mandato, Dio per mezzo del suo angelo risponde: “Devi dire questo ai figli d’Israele: ‘IO MOSTRERÒ D’ESSERE mi ha mandato a voi’”. — Eso. 3:14.

Mosè chiede le credenziali per mostrare che Geova effettivamente gli è apparso. Geova gli dà dunque il potere di compiere all’istante tre miracoli. Il primo di questi è quello di mutare il suo bastone in un serpente e poi di farlo tornare bastone, e il secondo è quello di far divenire lebbrosa la sua mano e poi di sanarla. Questi due miracoli, insieme a quello di cambiare l’acqua in sangue, Geova comanda a Mosè di compierli di fronte agli anziani del suo popolo. Ma Mosè è eccessivamente modesto, e Geova incarica pertanto Aaronne d’esserne il portavoce.

I capitoli cinque e sei narrano che Mosè e Aaronne si presentano dinanzi a Faraone e chiedono il permesso che gli Israeliti vadano a sacrificare a Geova nel deserto. Ma con disprezzo e in atto di sfida, Faraone chiede: “Chi è Geova, così che io debba ubbidire alla sua voce e mandar via Israele?” Aggiungendo il danno all’ingiuria, Faraone aumenta il peso degli schiavi Israeliti. Così Geova assicura a Mosè che per mezzo della Sua potenza Egli indurrà Faraone a lasciar andare via gli Israeliti e ancora dichiara: “Apparivo ad Abraamo, a Isacco e a Giacobbe come Dio Onnipotente, ma rispetto al mio nome di Geova non mi feci conoscere da loro”. È vero che essi avevano udito il nome stesso di Geova, ma ora Geova si sarebbe fatto un nome come non aveva mai fatto prima: “Per certo conoscerete che io sono Geova”.b — Eso. 5:2; 6:3, 7.

Continuando, il racconto dice che Mosè compie dinanzi a Faraone diversi miracoli, alcuni dei quali pare che i suoi maghi riescano a imitare. Per far conoscere Geova a Faraone, viene dato a Mosè il potere di compiere ulteriori miracoli che si abbattono sull’Egitto come piaghe: le piaghe dell’acqua mutata in sangue, delle rane, dei culici, delle mosche, della malattia del loro bestiame e una piaga di foruncoli sugli uomini e sulle bestie. Dopo la sesta piaga viene detto a Faraone: “Per questa causa [io, Geova,] ti ho tenuto in esistenza, per mostrarti la mia potenza e onde il mio nome sia dichiarato in tutta la terra”. (Eso. 9:16) Secondo questa dichiarazione, Geova si fa conoscere ulteriormente inviando una grandine accompagnata da fuoco, una devastatrice piaga di locuste e tre giorni di tenebre così dense che si potevano palpare. A sottolineare che è stato Geova a mandare queste piaghe, Israele non ne viene toccato dalla quarta in poi. Nei capitoli da 7 a 10 si narra tutto questo e altro ancora.

Quindi in attesa della decima piaga, Geova comanda la celebrazione di una “pasqua”. Gli Israeliti devono prendere un agnello o un capretto per ciascuna famiglia il 10 Nisan, ucciderlo il 14 Nisan, spruzzarne il sangue sugli stipiti e sull’architrave delle loro case, arrostirlo e mangiarlo dopo il tramonto del sole con erbe amare e pane non lievitato, mentre tutte le famiglie rimangono dentro le proprie case. Verso mezzanotte l’angelo di Geova attraversa il paese uccidendo tutti i primogeniti d’Egitto, dal primogenito di Faraone fino a quello della più umile bestia da soma. — Eso. 11:1–12:36.

DA RAMESES AL MONTE SINAI

Allorché Geova si fa conoscere in questo modo, Faraone lascia andare via gli Israeliti. Prima essi si radunano a Rameses. Ma presto Faraone si rammarica della sua azione e con la sua potenza militare si lancia all’inseguimento per ricondurre gli Israeliti. Per provvedere scampo agli Israeliti, che sembrano accerchiati, Geova si fa loro conoscere aprendo un largo corridoio nel mar Rosso. Faraone e il suo esercito inseguono gli Israeliti nel corridoio aperto. Ma dopo che gli Israeliti sono al sicuro sull’altra sponda, Geova fa chiudere il mare su Faraone e sul suo esercito, annegandoli tutti. Quale grande allegrezza per gli Israeliti, ma, per gli Egiziani, quale modo di conoscere Geova! — Eso. 12:37–15:21.

Da qui fino al monte Sinai in Arabia, gli Israeliti ripetutamente conoscono meglio Geova. Egli muta acque amare in acque dolci, provvede carne mediante nuvoli di quaglie e manda dal cielo una gustosa sostanza simile a un cereale che essi chiamano “manna”. — Eso. 15:22–18:27.

AI PIEDI DEL MONTE SINAI

Nel terzo mese dopo aver lasciato l’Egitto, gli Israeliti si accampano ai piedi del monte Sinai. I rimanenti capitoli di Esodo trattano avvenimenti che hanno luogo nei successivi nove mesi. Qui, sia da parole pronunciate che da fenomeni soprannaturali, imparano a conoscere ancora di più intorno al loro Dio Geova, in particolar modo circa la sua maestà, la sua gloria, la sua sapienza, la sua giustizia, il suo amore e la sua potenza.

Qui entrano in un patto con Geova ed egli dà loro le sue leggi, le prime delle quali sono le “Dieci Parole” o Decalogo. Queste si sono rivelate la base delle leggi di molte nazioni civili dei tempi moderni. Gli Israeliti non dovevano avere dinanzi a Geova nessun dio rivale; non dovevano adorare nessuna immagine o somiglianza; non dovevano servirsi del nome di Geova invano; dovevano ritenere sacro il settimo giorno della settimana, il sabato; dovevano onorare i loro genitori; e avevano il comando di non assassinare, non commettere adulterio, non rubare, non recare falsa testimonianza, e non dovevano concupire alcuna cosa appartenente al loro simile. — Eso. 19:1–24:18.

Per quaranta giorni Mosè è sul monte a ricevere istruzioni sul modo di adorare Geova e sulla costruzione di un tempio o tabernacolo portatile. (Eso. 25:1–31:18) Gli Israeliti, stanchi di attenderne il ritorno, fanno un vitello d’oro e lo adorano. Sceso dal monte e vistolo, Mosè si adira tanto che rompe le due tavolette contenenti le Dieci Parole. Dopo avere inflitto agli idolatri la dovuta punizione, Mosè sale di nuovo sul monte e riceve un’altra serie di due tavolette.

Questa volta viene fatta vedere a Mosè la gloria di Dio ed egli ode una voce che dichiara: “Geova, Geova, Iddio misericordioso e clemente, lento all’ira e abbondante in amorevole benignità e verità, . . . perdonando l’errore e la trasgressione e il peccato, ma non esenterà affatto dalla punizione”. Con questa dichiarazione Geova aiutava di nuovo Mosè e il suo popolo a conoscere meglio il loro Dio. — Eso. 34:6, 7.

Appena Mosè torna di nuovo dagli Israeliti, viene iniziato il lavoro di costruzione del tabernacolo o tenda di adorazione. Alla fine del primo anno del loro esodo dall’Egitto, gli Israeliti hanno completato questa tenda e tutti gli arredi per essa prescritti. Dopo averla eretta e pienamente arredata, Geova Dio magnifica di nuovo il suo nome, riempiendo e coprendo il tabernacolo con la sua gloria.

Veramente, il libro di Esodo parla del tempo in cui gli Israeliti, e anche i loro nemici, conobbero Geova meglio di quanto non l’avessero conosciuto prima, proprio come egli promise. Imparando queste cose, prendendole a cuore e agendo in armonia con esse, anche noi possiamo conoscere meglio il vero Dio Geova, e possiamo fare questo per il nostro beneficio eterno.

[Note in calce]

a Per i particolari si veda l’Ausiliario per capire la Bibbia (inglese), pagine 547, 548.

b Questa espressione ricorre nove volte nel solo libro di Esodo.

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