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  • Dalla disperazione alla gioia

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  • Dalla disperazione alla gioia
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1981
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  • PROFONDA DISPERAZIONE
  • L’INIZIO DELLA SPERANZA
  • GIOIE DEL SERVIZIO CRISTIANO
  • BENEDIZIONI NONOSTANTE L’OPPOSIZIONE
  • ALTRI NOTANO LA MIA GIOIA
  • LA GUERRA NON MI PRIVA DELLA GIOIA
  • FRUTTI DELLA PERSEVERANZA
  • Come Dio si è preso cura di me
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    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1980
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1981
w81 15/10 pp. 24-27

Dalla disperazione alla gioia

Narrato da Estefan Kalajian

DURANTE la seconda guerra mondiale la vita a Beirut, nel Libano, era difficile. Eravamo in sette in famiglia e vivevamo in una stanzetta dotata di una minuscola cucina e di un piccolo bagno. Ero il maggiore dei maschi, e avevo una sorella più grande di me e una più piccola, e poi due fratelli più giovani. I nostri genitori e i nostri nonni erano armeni fuggiti dalla Turchia.

Mio padre faceva il sarto e lavorava duramente per sostenerci. Invece di essere mandato a lavorare come succedeva a molti altri ragazzi, fui mandato a scuola. Dopo soli due anni, però, fui colpito da artrite reumatoide. Le gambe non mi reggevano più.

Mio zio, che allora viveva a Haifa, in Israele, seppe delle mie condizioni e chiese che andassi da lui per essere curato sul posto. In un mese ripresi salute grazie evidentemente al clima di Haifa. Ma un paio di anni dopo la malattia mi colpì di nuovo, questa volta in particolare al collo e alla spina dorsale. Tornai a Haifa e vi trovai ancora una volta sollievo.

La malattia però si ripresentava in forme sempre più gravi. Il nostro caro padre, l’unico a mandare avanti la famiglia, morì nel 1951. All’epoca avevo sedici anni e rimasi con mia madre e la mia sorella maggiore. I più piccoli furono messi in un orfanotrofio. Poco tempo dopo mi ammalai nuovamente. Mia madre e mia sorella fecero tutto il possibile per farmi curare, spendendo più di metà dei loro stipendi messi insieme.

Nel 1952 entrai per l’ultima volta in un ospedale camminando con le mie gambe. Provarono ogni sorta di cure, sperimentando persino nuovi medicinali, ma invano. Dopo 26 giorni di degenza in quell’ospedale i medici dissero che le gambe e la schiena sarebbero rimaste permanentemente paralizzate. Anzi, dissero a mia madre che mi restavano pochi mesi di vita, questo più di 28 anni fa!

PROFONDA DISPERAZIONE

Tornai a casa in attesa della morte. Sebbene gli amici, i parenti e i vicini sapessero delle mie condizioni, solo qualcuno venne a trovarmi. Sembrava che tutti mi giudicassero ormai inutile. In particolare mi abbandonarono i miei coetanei.

C’erano poi alcune persone anziane che venivano a “confortarmi”. Mi dicevano che Dio mi voleva tanto bene e che quindi stava mettendo alla prova la mia fede. Questo mi faceva sentire peggio. La mia risposta era: “Preferirei che Dio non mi amasse! Forse se mi avesse odiato sarei stato ancora sano e in piedi!”

Passò un anno ed ero ancora vivo. Dapprima riuscivo a stare su una sedia, con le gambe rigide e distese di fronte a me. Potevo usare le braccia e muovere leggermente la testa. Ma col passar del tempo e l’aggravarsi della malattia, persi l’uso delle braccia e delle mani e non riuscii più a muovere la testa. Ora sono 18 anni che sono confinato a letto.

La vita era insopportabile. Decisi di suicidarmi e a tal fine nascosi un rasoio vicino al letto. Ma non ebbi mai il coraggio di usarlo. Gli anni passavano lentamente e nello sconforto.

L’INIZIO DELLA SPERANZA

Nel novembre del 1960 vennero a trovarmi due donne che mi parlarono della Bibbia. Poco tempo dopo tornai in ospedale per un periodo di sei mesi. Nell’aprile del 1961 una delle donne tornò a trovarmi con un’altra signora. Seppi che erano testimoni di Geova. La cosa mi incuriosì. Volevo conoscere il loro parere su varie religioni.

Crescendo avevo avuto contatti con ogni tipo di religione. I miei genitori erano armeni ortodossi, ero vissuto per dieci anni fra i cattolici maroniti e avevo trascorso le vacanze estive con i protestanti. Avevo anche fatto un corso per corrispondenza con gli avventisti del settimo giorno, che mi avevano dato un diploma. Nonostante questo, però, non conoscevo né il nome di Dio né come adorarlo.

Chiesi alle Testimoni di tornare. Vennero e iniziarono con me uno studio biblico sull’opuscolo “Questa buona notizia del regno”. Dopo soli tre o quattro studi avevo imparato che il nome di Dio è Geova e che viviamo negli ultimi giorni di questo malvagio sistema di cose. Appresi anche del nuovo ordine di Geova e delle prospettive di vivere per sempre in perfetta salute! La cosa mi affascinava, e cominciai a studiare con impegno.

I Testimoni mi dissero di aspettarmi persecuzione, forse dalla mia stessa famiglia. Eravamo tornati tutti a vivere in quell’unica stanza. Decisi comunque che se la mia famiglia mi si fosse rivoltata contro, avrei preferito andare a vivere in un ospizio piuttosto che rinunciare alle verità bibliche che avevo imparato ad amare. Davanti a me si era aperta la porta di un futuro felice, e non avrei permesso a nessuno di chiuderla.

La mia gioia e l’apprezzamento per Geova e per il suo popolo crebbero quando fui nuovamente ricoverato in ospedale per altri sei mesi, questa volta a 40 chilometri da Beirut. I miei nuovi amici mi avrebbero abbandonato? Niente affatto! Un Testimone e sua moglie facevano regolarmente tutta quella strada per venire a studiare con me.

Quando tornai a casa dall’ospedale, sempre più Testimoni, man mano che venivano a sapere delle mie condizioni, venivano a trovarmi. E non solo quelli di lingua armena, ma anche libanesi. Avevano tutti una parola di incoraggiamento. L’8 settembre del 1962 i fratelli mi trasportarono a una vicina spiaggia dove fui battezzato in mare per simboleggiare la mia dedicazione a Geova Dio.

GIOIE DEL SERVIZIO CRISTIANO

Poiché non potevo assistere alle adunanze di congregazione, i Testimoni mi raccontavano quello di cui si era parlato. Ma volevo partecipare più pienamente. Chiesi a mio fratello di comprarmi un registratore. Questo mi permise di “assistere” a tutte le adunanze e persino di pronunciare discorsi alla Scuola teocratica mediante nastri registrati.

Ma come potevo partecipare all’opera di predicazione? Poiché ormai ero immobilizzato a letto, il mio “territorio” logicamente era la mia famiglia. Invece di perseguitarmi, uno dopo l’altro i miei familiari accettarono le verità bibliche: prima la mia sorella più giovane, poi mio fratello più piccolo, in seguito mia madre e infine la mia sorella sposata. L’unico che non è testimone di Geova è l’altro mio fratello, la cui moglie però è una Testimone. A sua volta lei ha aiutato diversi dei suoi parenti a diventare Testimoni, incluso suo fratello, che ora è un anziano cristiano! Perciò il mio primo territorio si mostrò fertile, con mia grande gioia.

Un altro territorio erano i pochi non Testimoni che ancora mi visitavano. Ma ero certo che doveva esserci il modo di dare una più ampia testimonianza. Mi procurai quindi un elenco telefonico e da esso presi nomi e indirizzi di persone di lingua armena, alle quali potevo presentare il messaggio del Regno per corrispondenza. Scrivevo anche a indirizzi di aziende e imprese commerciali che sapevo gli altri Testimoni non avrebbero potuto visitare nella loro opera di predicazione. Fui incoraggiato a partecipare all’opera di predicazione a tempo pieno, l’opera di pioniere, come viene chiamata. Da allora in media sono stato in grado di fare il pioniere ausiliario tre volte all’anno.

BENEDIZIONI NONOSTANTE L’OPPOSIZIONE

Certi giornali locali armeni calunniarono me e la mia famiglia dicendo falsamente che ero il capo dei Testimoni armeni e che tenevamo segretamente riunioni rivoluzionarie. Anche mio zio, che abitava alla porta accanto, ci fece una violenta opposizione. Decidemmo quindi di lasciare la nostra unica camera (dove non pagavamo affitto) e affittare un appartamento più grande in un’altra zona. Anche se il nuovo appartamento era caro e rappresentava un peso economico, si rivelò una benedizione per tutti noi.

Non solo ora abbiamo più spazio e comodità, ma in casa nostra si tengono le regolari adunanze di congregazione. Posso inoltre partecipare più pienamente alle attività teocratiche assolvendo le mie responsabilità di anziano cristiano. Pronuncio discorsi pubblici, servo come sorvegliante della Scuola Teocratica, conduco uno studio di libro di congregazione e quest’anno sono anche il sorvegliante che presiede. Perciò l’opposizione ha dato luogo a felicità e benedizioni.

Mentre diventavo sempre più conosciuto nella comunità armena, molti ecclesiastici di varie religioni vennero a trovarmi per dissuadermi. Il loro modo di pensare e di agire servì solo a farmi avvicinare maggiormente al popolo di Geova. Mentre io rispondevo con calma alle loro domande provocatorie, loro perdevano le staffe e si mettevano a gridare, arrivando quasi a bestemmiare. Non potevo fare a meno di notare la differenza rispetto agli umili Testimoni che mi avevano insegnato le verità bibliche.

ALTRI NOTANO LA MIA GIOIA

La mia gioia serve di testimonianza ad altri, fra cui i medici che mi hanno curato nel corso degli anni. Nel 1967 entrai di nuovo in ospedale per un periodo di 12 giorni, questa volta per una malattia del tutto diversa. Il medico fu molto amichevole e notò che ero sempre felice e ottimista nonostante l’invalidità. Mi parlò di un altro suo paziente, un giovane di 21 anni che aveva subìto una lesione alla spina dorsale in un incidente automobilistico. Quantunque ricevesse le migliori cure e fosse coccolato dai genitori ricchi, era così sconvolto ed esigente che persino i suoi genitori non ce la facevano più a sopportarlo. Faceva impazzire le infermiere e il resto del personale.

“Ma tu non ti lamenti mai”, disse il medico. “Le infermiere mi dicono che non suoni mai il campanello per chiamarle e che chiedi aiuto solo se capitano nella tua stanza. Anche la tua espressione facciale è molto diversa dalla sua”. Spiegai al medico la ragione della differenza e gli dissi che avevo la speranza di vivere per sempre su una terra paradisiaca.

Un giorno dell’agosto 1975 venne a trovarmi un Testimone con un altro signore. Come al solito colsi l’occasione per parlargli del Regno e di come esso risolverà tutti i nostri problemi. Dopo un po’ l’uomo disse: “Mi era stato detto che andavamo a trovare un malato. Pensavo di doverlo rincuorare. Ma è lei che ha rincuorato me!” Non sapevo che era l’editore–direttore di una rivista locale. Quella stessa settimana scrisse un lungo articolo sulla fede e vi incluse la mia esperienza.

LA GUERRA NON MI PRIVA DELLA GIOIA

Durante la guerra civile libanese, iniziata nel 1975, si presentarono problemi nuovi. Il nostro appartamento è adiacente all’ultimo piano di un alto edificio. La milizia locale occupò una caserma vicino al nostro palazzo, per cui ci trovammo in una zona di intensi bombardamenti. Molte granate esplosero sul tetto del nostro edificio, ma nessuna penetrò attraverso il soffitto.

Durante il forte bombardamento siriano dell’autunno del 1978, tutti i nostri vicini fuggirono in luoghi più sicuri. Poiché non potevo essere spostato, la mia famiglia non volle lasciarmi solo e rimanemmo tutti sul posto. In quei pochi terribili giorni sentimmo tutti la protezione di Geova. Persino il mio nipotino continuava ad andare in giro per casa citando la scrittura dell’anno: ‘“Sono con te”, dice Geova, “per liberarti”’. (Ger. 1:19) Sembrava voler rassicurare se stesso, ma di certo rassicurava noi adulti.

Sembrò davvero un miracolo che nessuno di noi fosse ferito. Tre grosse granate caddero sul tetto proprio sopra il mio letto, e le esplosioni mandarono in frantumi i vetri di centinaia di finestre in tutta la zona. Razzi in grado di trapassare diverse pareti di cemento caddero sul tetto ma rimbalzarono senza causare gravi danni. L’amorevole cura della mia famiglia e la vicinanza di Geova furono fonte di gioia anche in quei giorni oscuri.

FRUTTI DELLA PERSEVERANZA

Nei 18 anni trascorsi da che sono testimone di Geova sono stato in grado di aiutare 16 persone a diventare dedicati servitori di Geova. Attualmente studio con diversi altri che pensano di battezzarsi. Di quelli già battezzati, quattro sono ora servitori di ministero nella congregazione. Quattro sono studenti universitari o laureati.

Uno dei miei ex studenti biblici è una giornalista, scrittrice ed ex docente universitaria che da anni lavora al Ministero dell’Informazione. Lì è in continuo contatto con funzionari governativi, incluso il primo ministro. Il suo apprezzamento per la verità è così profondo che una volta cancellò una riunione col primo ministro e diverse personalità della cultura per adattarsi a un improvviso cambiamento nel mio programma di studi biblici. Lei e un altro dei miei studenti biblici, il quale per primo le parlò del regno di Dio, sono stati battezzati lo stesso giorno.

Normalmente conduco circa sette studi biblici al mese, oltre ad aver cura delle altre attività teocratiche. Tutto questo è così stimolante che non mi sento malato. Spiritualmente sono guarito e so che presto lo sarò anche fisicamente. Ho completa fiducia nella promessa fatta da Geova tramite il suo profeta, secondo cui un giorno potrò ‘saltare proprio come fa il cervo’. — Isa. 35:6.

A tutti quelli che si sentono depressi raccomando di prendere a cuore queste parole di Gesù: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete su di voi il mio giogo e divenite miei discepoli, poiché io sono d’indole mite e modesto di cuore, e troverete ristoro per le anime vostre”. (Matt. 11:28, 29) Nel mio caso queste parole si sono senz’altro avverate, e il mio profondo sconforto si è tramutato in pura gioia.

“Rallegratevi sempre nel Signore. Una volta ancora dirò: Rallegratevi!” — Filip. 4:4.

[Immagine di Estefan Kalajian a pagina 24]

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