Significato delle notizie
Il fidanzamento: un contratto?
La giovane brasiliana e il fidanzato avevano appena terminato di arredare la loro nuova casa. Gli inviti erano già stati spediti e tutto sembrava pronto per il matrimonio che sarebbe stato celebrato di lì a tre giorni. In previsione del suo nuovo tipo di vita la ragazza si era licenziata. Poi, senza alcun preavviso, l’uomo ruppe il fidanzamento. Sbalordita e delusa la ragazza respinta adì le vie legali. Il suo avvocato sostenne che ‘la promessa di matrimonio è un contratto preliminare e, se viene interrotto senza ragioni valide, la parte innocente deve essere indennizzata per gli eventuali danni subiti’. Il tribunale è stato d’accordo e ha condannato l’uomo a versare alla sua ex-fidanzata ‘una dote pari a uno stipendio prefissato legalmente e al pagamento delle spese processuali e delle parcelle degli avvocati’. Commentando la decisione, l’avvocato Nereu Mello ha scritto nel Jornal da Lapa, un quotidiano di São Paulo: “La promessa di matrimonio è un contratto molto serio e la Legge non resta indifferente quando lo si infrange”.
Considerare il fidanzamento una cosa seria non è una novità. Sotto la Legge mosaica, una donna fidanzata che commetteva fornicazione subiva la stessa punizione impartita a una donna sposata colpevole di adulterio. Il trattamento che le veniva riservato era pertanto diverso da quello riservato a una nubile che commetteva fornicazione. (Deuteronomio 22:23, 24, 28, 29) A quel tempo il fidanzamento veniva ritenuto vincolante: era come se la coppia fosse già sposata. (Matteo 1:19) Anche i cristiani odierni considerano il fidanzamento un passo serio. Non lo prendono alla leggera. — Confronta Matteo 5:37.
Un nome “offensivo”?
Quella di non utilizzare il nome divino, ma al massimo di trascriverlo con JHWH e pronunciarlo “Signore” è una raccomandazione da seguire, secondo il periodico cattolico Com-nuovi tempi del 29 giugno 1986. Questa è stata la reazione a una petizione diffusa dall’Associazione per l’amicizia ebraico-cristiana di Roma e sottoscritta congiuntamente da eminenti teologi e studiosi cattolici ed ebrei. Con questa petizione si chiede che “le case editrici e le redazioni di giornali e riviste” non utilizzino più il nome “Jahweh” perché è “offensivo per gli ebrei che considerano impronunciabile il nome di Dio”. L’Associazione afferma di basarsi su una “lunga tradizione ebraica” che ‘si è mantenuta senza interruzione’ fino ad oggi.
Ma i cristiani dovrebbero farsi guidare dalle tradizioni ebraiche? È giusto che mettano da parte il nome di Dio ed evitino di pronunciarlo? Come indica la Bibbia, Dio vuole che tutti sappiano che lui, “il cui nome è Geova”, è l’Altissimo. (Salmo 83:18; Ezechiele 38:23; Malachia 3:16) A questo proposito Gesù diede l’esempio. Anziché seguire tradizioni ebraiche che rendevano “la parola di Dio senza valore”, insegnò ai suoi seguaci a pregare: “Sia santificato il tuo nome”. (Matteo 6:9; 15:6) Solo poche ore prima della sua morte in sacrificio egli disse in preghiera: “Io ho fatto conoscere [ai discepoli] il tuo nome e lo farò conoscere”. — Giovanni 17:26.
Adattato alla tecnologia moderna
Dopo la protesta di Martin Lutero contro la vendita delle indulgenze (la remissione della pena temporale dei peccati), la Chiesa Cattolica proibì questa pratica nel 1562. Ma l’esponente vaticano Pedro Abellán ha di recente fatto rilevare che l’insegnamento relativo alla concessione delle indulgenze resta “irrinunciabile e immutabile”. Un manuale riveduto delle indulgenze preparato dalla Chiesa Cattolica mostra che il Vaticano ha messo a questo insegnamento antico i finimenti della tecnologia moderna. Secondo il Times di Londra, ora i vescovi possono “concedere ai fedeli l’indulgenza plenaria tramite la radio o la televisione tre volte l’anno, quando impartiscono la benedizione in nome del Papa”. Tuttavia c’è una limitazione. “Dev’essere una trasmissione in diretta”, dice Luigi De Magistris della Penitenzieria Apostolica, l’organismo che si interessa delle indulgenze. “Non basta assistere a una trasmissione ‘in differita’”.
Ma, che siano vendute o concesse di persona o tramite la TV, le indulgenze trovano sostegno nelle Scritture? Anche se a volte perdonò gratuitamente peccati, Gesù non parlò del bisogno di indulgenze. Neppure ne parlarono gli apostoli. “Il sangue di Gesù, . . . Figlio [di Dio], ci purifica da ogni peccato”, scrisse l’apostolo Giovanni. “Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni ingiustizia”. (1 Giovanni 1:7, 9) Perciò, se viene perdonato ogni peccato, cosa resta da scontare mediante una punizione o da rimettere per mezzo di indulgenze? — Giovanni 3:36; Romani 5:10.