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Filippesi — Approfondimenti al capitolo 1Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture (edizione per lo studio)
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Sono combattuto fra queste due cose Mentre era agli arresti domiciliari, in attesa del processo davanti a Cesare, Paolo si sentiva diviso: da un lato desiderava rimanere in vita per continuare a servire i suoi fratelli, dall’altro desiderava morire quale fedele servitore di Dio (2Tm 4:7, 8). Non dice quale delle due possibilità avrebbe scelto (Flp 1:22). Dice però qual era “la cosa migliore”: “essere liberato e stare con Cristo”. Sapeva che rimanere fedele fino alla morte era l’unico modo per avere la garanzia della ricompensa celeste durante la presenza di Cristo (Ri 2:10).
essere liberato A quanto pare la liberazione a cui Paolo si riferisce è la sua morte. Nella seconda lettera a Timoteo, scritta intorno al 65, compare un termine greco affine quando, parlando della sua morte, Paolo dice: “Il tempo della mia liberazione è imminente” (2Tm 4:6). L’espressione “essere liberato e stare con Cristo” sembra parallela a quella usata in 2Co 5:8, dove si legge: “Preferiremmo essere lontani dal corpo e dimorare presso il Signore”. Per Paolo morire fedele equivaleva a “essere liberato”, perché gli avrebbe offerto la possibilità di essere in seguito risuscitato nel “Regno celeste” di Cristo (2Tm 4:18). Come spiegò in 1Co 15:23, “quelli che appartengono al Cristo” sarebbero stati risuscitati in cielo “durante la [futura] presenza” di Cristo. Quindi Paolo qui esprime il desiderio di terminare fedelmente la sua vita terrena per poter poi essere risuscitato in cielo. Paolo non è l’unico a usare il concetto di liberazione con questa accezione: altri autori greci lo usarono come eufemismo per indicare la morte.
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