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2 Timoteo — Approfondimenti al capitolo 2Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture (edizione per lo studio)
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il solido fondamento di Dio Paolo non specifica a cosa si riferisce parlando di questo “solido fondamento”, ma nelle sue altre lettere usa il termine “fondamento” per evidenziare stabilità e affidabilità. Per esempio paragona il ruolo che Gesù ricopre nel proposito di Dio a un fondamento (1Co 3:11); parla inoltre del “fondamento degli apostoli e dei profeti” (Ef 2:20); descrive in modo simile anche la congregazione cristiana. (Vedi approfondimento a 1Tm 3:15; vedi anche Eb 6:1.) Nei due versetti precedenti (vv. 17, 18), Paolo ha esortato Timoteo a respingere gli insegnamenti apostati. Ora, per rassicurarlo del fatto che le norme, le attività e le qualità di Geova sono sempre affidabili e valide, afferma che “il solido fondamento di Dio rimane in piedi” (Sl 33:11; Mal 3:6; Gc 1:17).
avendo questo sigillo Il termine sigillo poteva riferirsi o a un marchio che veniva inciso o a un’iscrizione che indicava possesso o autenticità. (Vedi Glossario, “sigillo”.) Non era insolito che le fondamenta o altre parti di un edificio avessero un’iscrizione che ne indicava il costruttore, il proprietario o il motivo per cui era stato costruito. (Confronta approfondimenti a 2Co 1:22; Ef 1:13.) Il libro di Rivelazione parla di pietre di fondamento su cui sono incisi i nomi degli apostoli (Ri 21:14). “Questo sigillo” di cui parla Paolo riporta due affermazioni importanti, che vengono spiegate nei successivi approfondimenti.
Geova Qui Paolo cita Nu 16:5 (dalla Settanta), dove Mosè dice a Cora e ai suoi sostenitori che Geova “conosce quelli che sono suoi”. Nell’originale ebraico è presente il nome divino trascritto con quattro consonanti ebraiche (traslitterate YHWH); è quindi appropriata la scelta di usare il nome Geova nel testo principale di questa traduzione. (Vedi App. C1 e C2.)
“Geova conosce quelli che gli appartengono” Citando Nu 16:5, a quanto pare Paolo fa riferimento al racconto della ribellione di Cora, Datan e Abiram per garantire a Timoteo che Geova sa bene chi sono quelli che si ribellano contro di lui; inoltre è in grado di contrastare la loro malvagità, ed è quello che farà. Geova non avrebbe permesso agli apostati del I secolo di ostacolare il suo proposito, proprio come secoli prima non lo aveva permesso a Cora e ai suoi accoliti. D’altro canto, come disse Mosè, Geova conosce quelli che gli sono fedeli; li conosce molto bene ed esprime loro la sua approvazione. (Vedi approfondimenti a Gal 4:9.)
“Chiunque invoca il nome di Geova rinunci all’ingiustizia” Lo stile di questa affermazione di Paolo sembra suggerire che si tratti di una citazione, anche se nelle Scritture Ebraiche non c’è una frase che le corrisponda esattamente. Paolo ha appena fatto una citazione da Numeri capitolo 16, che contiene il racconto della ribellione di Cora. È quindi possibile che qui faccia riferimento allo stesso racconto e alluda alle parole di Mosè che si trovano in Nu 16:26. Chi ai giorni di Mosè era leale a Geova doveva agire in modo deciso e separarsi dagli ingiusti. In modo simile, Paolo esorta Timoteo e altri cristiani leali a rinunciare a qualsiasi tipo di ingiustizia, rifiutando anche le cose che Paolo ha menzionato nei versetti precedenti: discussioni “intorno a parole”, “discorsi vuoti”, insegnamenti apostati e “dibattiti sciocchi e da ignoranti” (2Tm 2:14, 16, 18, 23).
invoca il nome di Geova Questa parte della citazione sembra alludere a Isa 26:13 secondo la versione della Settanta. Il testo ebraico originale si riferisce chiaramente al nome divino. (Vedi App. C3 introduzione; 2Tm 2:19b.)
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