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  • Riscatto dalla morte e dal sepolcro
    La Torre di Guardia 1950 | 1° dicembre
    • alla morte del sommo sacerdote d’Israele che offriva sacrifici per espiare il peccato. Nell’applicazione moderna di questa figura profetica una tale persona deve accorrere all’organizzazione di Geova sotto Cristo e rimanervi sotto il sangue di Gesù espiatore del peccato, confidando nel suo sangue sparso come in un mezzo di protezione e di salvezza. Le persone che nel tempo presente hanno inconsapevolmente usato violenza alla legge di Dio e hanno fatto mortale violenza contro i testimoni di Geova possono ricevere la redenzione dalla distruzione per mezzo del sangue di redenzione del grande Sommo Sacerdote di Geova, Gesù Cristo. Nell’antica figura delle città di rifugio la distruzione dei nemici di Geova ad Harmaghedon è raffigurata come un prezzo che redime per quelli dell’umanità uccisi dagli empi nemici. Ma Gesù Cristo, il grande sommo sacerdote Ufficiale Esecutivo di Geova, provvede per il valore del suo sacrificio una redenzione per quelli che fuggono a lui per rifugio. Egli è il Giustiziere di Geova di quelli che rimangono nel campo nemico e che deliberatamente rimangono come partecipanti nei peccati di tale campo nemico. A causa di tale empietà essi subiscono la distruzione in modo da compensare l’empietà che commisero contro Geova Dio e il suo popolo consacrato.

      In entrambi i casi vi è un liberare o affrancare per mezzo di un soddisfare o adempiere dell’obbligazione, cioè, un soddisfare della pena per il peccato ch’è la morte. Il prezzo di redenzione di Cristo provveduto al Calvario fu per quelli che professano fede in lui come nel Redentore e che si consacrano a Dio e fanno voto di eseguire i Suoi comandi. Ma la redenzione ad Harmaghedon punisce gli empi, cioè, coloro che hanno causato danno intenzionalmente o in ostinata ignoranza. Quelli che hanno così danneggiato o commesso violenza contro i piccoli di Dio sono in debito o sotto obbligazione a causa della loro empietà. Essi sono obbligati a pagare, ed infatti pagano, ad Harmaghedon colla loro vita. Non possono pagare il debito al danneggiato, perché quel tale è morto. Quindi devono pagare in carne e sangue al più prossimo parente del morto, cioè, a Cristo Gesù, che partecipò del sangue e della carne affinché potesse redimere l’umanità e divenire il loro “Padre eterno”. Proprio come l’uomo che causa la morte dell’ucciso è un debitore, così la morte deve essere accordata a quell’uccisore dal più vicino parente dell’ucciso, “il redentore”. Il redentore toglie il debito togliendo la vita dell’uccisore. La sedicente cristianità e tutte le nazioni della terra hanno violato consapevolmente il patto eterno concernente la santità del sangue che fu fatto con Noè dopo il diluvio e il simbolo del quale patto era l’arcobaleno. In quel patto Iddio disse: “E, certo, io chiederò conto del vostro sangue, del sangue delle vostre vite; ne chiederò conto ad ogni animale; e chiederò conto della vita dell’uomo alla mano dell’uomo, alla mano d’ogni suo fratello. Il sangue di chiunque spargerà il sangue dell’uomo sarà sparso dall’uomo, perchè Dio ha fatto l’uomo a immagine sua”. — Gen. 9:5, 6.

      Nel caso dell’uccisore inconsapevole, la sua vita non veniva richiesta a lui se arrivava alla città di rifugio in tempo. In quell’antica figura egli era coperto e protetto dal sommo sacerdote d’Israele. Ma nell’antitipo d’oggi le persone di buona volontà che fuggono da questo mondo macchiato di sangue, dalla Babilonia colpevole di sangue, e che si rifugiano nella “città di rifugio” di Geova sotto Cristo, sono protetti dal Suo grande Sommo Sacerdote, Gesù Cristo, che fece l’espiazione del peccato per quelli che fuggono a lui. Nell’antico tipo il malizioso, consapevole e deliberato omicida non poteva avere o accettare in nessun modo riparazione per la sua propria vita per mezzo di qualsiasi altro mezzo, ma la sua vita doveva essere presa dal vindice o ‘redentore del sangue’. Nel moderno antitipo alla battaglia di Harmaghedon questa riscossione della vita dell’impenitente, volontario colpevole è fatto contro gli empi dal grande Redentore di sangue innocente, Gesù Cristo, il Giustiziere di Geova. Questo fatto ben predice che la vita sacrificata di Gesù non rimane come un’espiazione o riscatto per gli empi di proposito deliberato che rigettano Dio e rigettano la sua provvisione per la salvezza mediante Cristo. Tali persone che muoiono ad Harmaghedon sotto queste condizioni di empietà deliberata certamente non avranno mai una redenzione. Il tipo delle città di rifugio e del ‘redentore del sangue’ ci è dato per intero in Numeri, capitolo 35, versetti 9-34.

      Tutta la Scrittura rende testimonianza che gli empi non sono in nessun caso redenti dalle conseguenze dell’empietà deliberata. Soltanto i poveri e i bisognosi di Dio sono redenti. Per ‘poveri e bisognosi’ sono intesi quelli che giungono alla comprensione della loro propria completa incapacità di salvarsi e che desiderano essere salvati nel modo stabilito da Dio. Quindi professano fede in Geova Dio e nel suo Figliuolo Gesù Cristo e si rivolgono al Sommo Sacerdote di Geova per essere salvati o redenti. Tutti quelli che sono empi e si rifiutano di accettare la provvisione di Dio per la salvezza dimorano sotto la condanna risultante dal peccato di Adamo: “Gli empi [attaccanti] se n’andranno al soggiorno de’ morti, sì, tutte le nazioni che dimenticano Iddio”. (Sal. 9:17) Ma quelle persone di buona volontà che ora approfittano del tempo che rimane prima di Harmaghedon e fuggono alla “città di rifugio” sotto la protezione del Sommo Sacerdote di Geova saranno redenti dall’esecuzione in quella battaglia e saranno riscattati dall’andar nella tomba. Ciò significa che saranno risparmiati per passare vivi in quella guerra universale di Harmaghedon ed entrare nel giusto nuovo mondo, con l’opportunità di avere vita eterna in perfetta salute, felicità illimitata e interminabile pace.

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    La Torre di Guardia 1950 | 1° dicembre
    • Correzione

      Nelle prime copie della prima edizione del libro inglese “Questo significa vita eterna” un errore è stato commesso a pagina 206, paragrafo 2, rigo 8º. La data 607 d.C. dovrebbe essere 607 a.C. Questo errore non è stato commesso nell’edizione spagnuola.

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