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  • Oshea
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • pienamente riconosciuto quale re di Israele. In II Re 17:1 si legge che, nel dodicesimo anno del regno di Acaz, Oshea “divenne re in Samaria su Israele per nove anni”. Può dunque darsi che a questo punto fosse riuscito a imporre pienamente il suo dominio da Samaria, forse con l’appoggio dell’Assiria; infatti in documenti assiri il re Tiglat-Pileser (III) afferma di essere stato lui a mettere Oshea sul trono.

      Salmaneser, successore di Tiglat-Pileser, costrinse Oshea a pagare un tributo, ma poco dopo questi inviò messaggeri a So re d’Egitto per chiedere aiuti e successivamente non pagò più il tributo agli assiri. Informato di questa cospirazione, nel 742 a.E.V. Salmaneser mise Oshea agli arresti e cinse d’assedio Samaria. Quasi tre anni dopo, nel 740, la città si arrese, gli abitanti furono portati in esilio e il regno separato delle dieci tribù di Israele giunse alla sua fine. — II Re 17:3-6.

  • Ospitalità
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Ospitalità

      [gr. philoxenìa, amore per gli estranei].

      Cordialità e generosità nell’accogliere e trattare ospiti o estranei.

      NELL’ANTICHITÀ

      All’epoca dei patriarchi l’ospitalità era praticata anche da egiziani e altri, tuttavia i semiti eccellevano in questa qualità. Prendersi cura dei viaggiatori era considerato parte integrante della vita, e grande era la cortesia mostrata ai visitatori, sia che fossero estranei, amici, parenti o invitati. Dalla Bibbia apprendiamo che era normale offrire ospitalità a un viaggiatore, che veniva salutato con un bacio, specie se era un parente. (Gen. 29:13, 14) Uno della famiglia, di solito un servitore, gli lavava i piedi (Gen. 18:5), inoltre si dava da mangiare e si accudiva ai suoi animali. (Gen. 24:15-25, 29-33) Spesso veniva invitato a rimanere per la notte e a volte per diversi giorni. (Gen. 24:54; 19:2, 3) Finché restava in casa sua il visitatore era sotto la protezione del padrone di casa. (Gen. 19:6-8; Giud. 19:22-24) Alla partenza, a volte era scortato per parte del viaggio. — Gen. 18:16.

      Nelle città

      Da quanto dice la Bibbia è evidente che, specie nelle città, non sempre i non israeliti erano ospitali verso gli israeliti. (Giud. 19:11, 12) Inoltre nelle città l’ospitalità probabilmente non era offerta con la stessa facilità come in luoghi più isolati. Tuttavia un levita col suo servitore e la sua concubina si sedette dopo il tramonto nella piazza di Ghibea, a quanto pare aspettandosi che gli venisse offerto un posto dove trascorrere la notte. Questo indica che anche nelle città era assai comune offrire ospitalità. (Giud. 19:15) In questo caso il levita fece notare che aveva le provviste per i suoi compagni e anche per gli animali. (Giud. 19:19) Chiedeva solo un tetto. Ma l’atteggiamento ostile degli abitanti beniaminiti aveva reso la città inospitale, com’è confermato da ciò che accadde in seguito. — Giud. 19:26-28.

      Ai servitori di Dio

      Anche se l’ospitalità era una consuetudine generale, l’ottima ospitalità descritta nella Bibbia era senz’altro dovuta al fatto che, nella maggior parte dei casi, coloro che mostravano ospitalità erano servitori di Geova. Particolarmente notevoli erano l’ospitalità e il rispetto mostrati a profeti e speciali servitori di Dio. Abraamo rimase in piedi accanto ai tre angeli mentre consumavano il pasto che aveva preparato per loro. Sembra che questo sia stato un segno di rispetto per gli uomini che Abraamo riconobbe essere angelici rappresentanti di Geova. (Gen. 18:3, 8) E come Abraamo “corse” a fare i preparativi per gli ospiti, così Manoa si mostrò impaziente di preparare da mangiare per colui che riteneva un uomo di Dio, ma che in realtà era un angelo. (Giud. 13:15-18, 21) Una donna preminente di Sunem mostrò ospitalità a Eliseo perché, essa disse: “Ecco, ora, so bene che un santo uomo di Dio passa da noi di continuo”. — II Re 4:8-11.

      Condannata l’inospitalità

      Poiché ammoniti e moabiti rifiutarono l’ospitalità alla nazione di Israele in viaggio verso la Terra Promessa, anzi, corruppero Balaam perché invocasse il male sugli israeliti, Geova decretò che nessun ammonita o moabita di sesso maschile potesse essere ammesso nella congregazione di Israele. (Deut. 23:3, 4) In questo caso non fu semplice mancanza di ospitalità umanitaria, ma l’odio verso Dio e il suo popolo che spinse gli ammoniti e i moabiti a essere inospitali e ostili.

      Geova, per mezzo del profeta Isaia, condannò gli israeliti per la loro mancanza di ospitalità, dicendo che il fatto che digiunavano e si prostravano davanti a Lui non aveva alcun valore se allo stesso tempo lasciavano soffrire i loro fratelli che mancavano di cibo, vestiario e alloggio. — Isa. 58:3-7.

      NEL I SECOLO E.V.

      L’ospitalità era praticata nel I secolo E.V. più o meno come lo era stata in tempi precedenti, anche se in modo un po’ diverso secondo le circostanze. I samaritani e gli ebrei non erano in buoni rapporti fra loro, perciò spesso mancavano di ospitalità. (Giov. 4:7-9; 8:48) Inoltre la dominazione straniera aveva accresciuto l’ostilità, e le strade di campagna erano infestate da predoni. Perfino alcune locande erano gestite da uomini disonesti, inospitali.

      Tuttavia fra gli ebrei si avevano generalmente per gli ospiti le stesse attenzioni che nel passato. L’ospite era salutato con un bacio, gli veniva unto o spalmato d’olio il capo e gli si lavavano i piedi. Ai banchetti gli ospiti sedevano secondo il rango e l’onore loro riservato. — Luca 7:44-46; 14:7-11.

      Verso i discepoli di Gesù

      Nell’inviare i dodici e poi i settanta, il Signore Gesù Cristo disse che sarebbero stati accolti con ospitalità in casa di coloro che apprezzavano la buona notizia che predicavano. (Matt. 10:5, 11-13; Luca 10:1, 5-9) Benché Gesù stesso non avesse “dove adagiare la testa”, si tratteneva in casa di coloro che riconoscevano che era stato mandato da Dio. — Matt. 8:20; Luca 10:38.

      Paolo prese per scontato che Filemone, suo fratello cristiano, l’avrebbe ospitato durante la sua visita dopo essere stato scarcerato. Non stava approfittando di Filemone, poiché sapeva, dalle altre volte che era stato con lui, che sarebbe stato più che desideroso di fare quel che poteva. (Filem. 21, 22) L’apostolo Giovanni, nella lettera scritta verso il 98 E.V., faceva notare che i componenti della congregazione cristiana avevano l’obbligo di aiutare i rappresentanti viaggianti, “affinché diveniamo compagni d’opera nella verità”. Inoltre lodò Gaio per la sua ospitalità, dicendo che aveva mostrato tale spirito a quelli che erano “per di più estranei”, cioè che Gaio non conosceva già personalmente ma che, nondimeno, accolse cordialmente a motivo del servizio che rendevano alla congregazione. — III Giov. 5-8.

      UN SEGNO DEL VERO CRISTIANESIMO

      L’ospitalità sincera, che viene dal cuore, è un segno del

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