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  • I tesori del Museo Britannico

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Svegliatevi! 1978
g78 8/12 pp. 9-12

I tesori del Museo Britannico

Dal corrispondente di “Svegliatevi!” nelle Isole Britanniche

CHE significato ha per voi la parola “museo”? Lunghi corridoi con bacheche contenenti uccelli imbalsamati, dipinti sbiaditi e lastre di pietra? Scordatevi queste cose, poiché visitando il Museo Britannico di Londra non vi annoierete.

Avete una macchina fotografica? Bene! Potete preparare un ‘saggio fotografico’ o una serie di diapositive.

L’edificio delle Muse

Cominciamo il giro dal primo cortile del museo. Esso è di un’altezza e di una lunghezza sorprendenti. Le statue in cima a questo edificio rappresentano le dee greche protettrici delle arti della danza, della poesia e della musica. Queste dee si chiamavano “Muse” e i loro templi “Musei”.

Usanze nella città di Ur

Siamo impazienti di entrare nel museo vero e proprio e saliamo alla Sala Babilonese. Vi sono esposti oggetti rinvenuti a Ur, la città nativa del patriarca ebreo Abraamo. Notate questo stupendo copricapo di foglie di faggio d’oro intrecciate. Quei grandi orecchini d’oro a forma di mezzaluna pendevano un tempo da orecchi caldei forati. Ci sono belle collane, come queste di lapislazzuli, e persino conchiglie contenenti ombretto.

Questi oggetti sono stati trovati nella tomba di una regina. Insieme a lei furono sepolti numerosi servi. Sì, erano sepolti vivi insieme alla regina morta! Era considerato un onore accompagnare la regale padrona per servirla nell’“aldilà”.

Gli oggetti esposti indicano che 4.000 anni fa a Ur si credeva nell’immortalità dell’anima umana e si praticava l’adorazione della madre e del bambino. Nella Bacheca 14 leggiamo: “La religione dei Sumeri trasmise molti dei suoi dèi, dei suoi culti, delle sue credenze e pratiche ai Semiti babilonesi che successero loro”.

Reperti egizi

Giuseppe, figlio di Giacobbe e discendente di Abraamo, fu portato in Egitto, prima potenza mondiale della storia biblica. Chiamato a interpretare i sogni di Faraone, prima Giuseppe si rasò. (Gen. 41:14) Per radersi forse usò lame da rasoio di rame somiglianti a piccole lame d’ascia. E probabilmente Giuseppe usò uno specchio metallico lucidato come questo qui di rame.

Guidato da Dio, Giuseppe disse a Faraone che l’Egitto avrebbe avuto sette anni di abbondanza seguiti da sette anni di carestia. Facendo di quell’Ebreo il secondo governante del paese, ‘Faraone diede a Giuseppe il proprio anello con sigillo, lo vestì con vesti di lino fine e gli pose al collo una collana d’oro’. (Gen. 41:41, 42) Giustamente ci soffermiamo ad ammirare alcuni anelli con sigillo egiziani e belle collane d’oro.

Imbalsamazione

Giacobbe, pure chiamato Israele, morì in Egitto, e allora “Giuseppe comandò ai suoi servitori, i medici, di imbalsamare suo padre”. (Gen. 50:2, 3) Qui sono esposte parecchie persone imbalsamate. Che spettacolo offrono queste mummie!

Durante il processo di imbalsamazione, si usava un lungo gancio di ferro per estrarre attraverso il naso parte del cervello, mentre il resto veniva distrutto con sostanze chimiche. Reni, fegato, intestini e polmoni erano estratti, sciacquati con vino di palma e messi quindi in quattro canopi. Questo vino di palma veniva usato anche insieme a erbe profumate e spezie. Successivamente, il corpo era immerso nel natron (carbonato di sodio). Dato che il natron assorbe l’acqua, dopo parecchi giorni il corpo si disidratava. Infine, l’intero cadavere era avvolto in bende di lino pulite. Su alcuni strati di bende veniva versata pece calda. Fra parentesi, la “mummia” si chiama così perché in egiziano la parola “pece” è mumiyya. Per preparare una mummia bisognava conoscere l’anatomia e la chimica, e questo conferma la dichiarazione della Bibbia che dei “medici” imbalsamarono Israele, o Giacobbe.

Credenze egiziane

Lo scopo per cui Giacobbe fu mummificato fu evidentemente quello di preservare il suo corpo finché potesse essere sepolto nella Terra Promessa. (Gen. 50:4-14) Ma a differenza degli Israeliti, gli Egiziani credevano che l’anima umana fosse immortale, e la loro attività di imbalsamazione aveva relazione con questa idea errata. (Ezec. 18:4) In una rappresentazione su una parete della prossima sala che visitiamo, l’anima viene raffigurata come un uccello che vola sopra il defunto sdraiato su un divano fra due candele, una alla testa e l’altra ai piedi. Notate pure che l’“anima” regge la parte superiore di una croce tagliata in due perché gli antichi Egiziani dicevano che la vita era stroncata alla morte.

Dentro un sarcofago ci sono i segni dello zodiaco. Una mappa, tracciata in un altro sarcofago, indica l’itinerario che l’“anima” doveva seguire. Su tavole sacrificali venivano fatte offerte per placare l’anima e impedire che tornasse in sogno a turbare i superstiti. La religione egiziana includeva anche trinità di dèi, oltre all’adorazione della madre e del bambino. Pertanto, queste pratiche non ebbero origine dal vero Dio.

Gli antichi Egiziani credevano pure che l’acquisto di una lettera di indulgenza risparmiasse loro i tormenti dopo la morte, facesse ottenere il perdono dei peccati e assicurasse un posto migliore nell’“aldilà”. Nella Biblioteca Reale c’è una lettera di indulgenza in latino. Rammenterete che la vendita di simili lettere fu in parte la causa della Riforma religiosa del XVI secolo.

L’adorazione del sesso è indicata dalla croce egiziana, la crux ansata. Questo simbolo rappresenta gli organi sessuali, maschile e femminile, uniti, costituendo così la chiave della vita. Su una parete è raffigurato un dio che regge una croce a significare che dà la vita a Faraone. Fatto interessante, i Siri che quasi 2.000 anni prima dell’Èra Volgare visitarono l’Egitto portavano croci simili a quelle d’oggi. Che la croce fosse tramandata agli apostati cristiani d’Egitto è evidente dalle loro lapidi funerarie risalenti al quinto-nono secolo della nostra Èra Volgare.

Le dieci piaghe

La falsa religione subì senz’altro un colpo umiliante quando Geova Dio mandò le 10 piaghe sull’Egitto, dimostrando che le divinità egiziane erano impotenti. La prima piaga — con cui il fiume Nilo e tutte le acque d’Egitto furono trasformate in sangue — recò disonore sul dio del Nilo, Hapi. (Eso. 7:19-21) Immaginatevi gli Egiziani in preghiera di fronte a questa statua di Hapi. Ma Hapi non poté proteggere neppure le proprie braccia. Guardate! Le ha perdute!

Tutt’e 10 le piaghe d’Egitto furono giudizi contro le divinità egiziane, ma questo poté dirsi specialmente dell’ultima, la morte dei primogeniti. (Eso. 12:12) Il montone era sacro al dio Amon-Ra il “Re degli dèi”, per cui spruzzare il sangue dell’agnello pasquale sugli stipiti e sugli architravi delle case israelite era un atto blasfemo per gli Egiziani. — Eso. 12:6, 7.

Durante la schiavitù egiziana gli Israeliti erano stati costretti a fare mattoni contenenti paglia. (Eso. 5:7, 8) Quindi è molto interessante vedere il tipo di mattoni che furono costretti a fare. Ma rammentiamo che quando stava per partire dal paese di schiavitù, il popolo d’Israele chiese agli Egiziani “oggetti d’argento e oggetti d’oro”, forse molto simili a quelli esposti qui. — Eso. 12:33-38.

Fra gli oggetti egiziani esposti al Museo Britannico, uno che dal 1802 occupa il posto principale è la famosa Pietra di Rosetta. Essa contiene un decreto emanato dai sacerdoti egiziani nel 196 a.E.V. in onore del “dio” Tolomeo V Epifane. Il decreto fu scritto in (1) egiziano geroglifico, (2) egiziano demotico (scrittura semplificata del popolo) e (3) greco, lingua quest’ultima che fornì la chiave per decifrare il mistero dei geroglifici.

La gloria dell’antico Egitto non è più. I faraoni sono morti, come questo schiavo disidratato la cui pelle è stata preservata grazie all’azione della sabbia asciutta. Ma guardate queste riproduzioni di un faraone e di soldati egiziani. Hanno tutti il piede sinistro in avanti. Sembra che l’esercito egiziano cominciasse la marcia con il piede sinistro, usanza tramandata praticamente a tutte le forze militari del mondo!

Influenza fenicia sugli Israeliti

I begli avori fenici portano le tracce inequivocabili dell’influenza egiziana. Abiti, panni per il capo, dèi e la croce egiziana furono trasmessi ai Fenici. Inoltre, essi avevano il palo sacro, simbolo religioso dell’organo sessuale maschile. Ma, peggio ancora, i Fenici praticavano una religione depravata che era imperniata su Baal, dio della fertilità. Essa includeva abominevoli riti di sacrifici di bambini, le cui ceneri erano poste in urne cinerarie.

Le Scritture dicono che il re Acab d’Israele sposò Izebel figlia del re Etbaal di Sidone (principale città fenicia) e cominciò a servire Baal. Acab “eresse un altare a Baal nella casa di Baal che aveva edificata in Samaria” e “continuò a fare il palo sacro”. — 1 Re 16:31-33.

Nella Sala dell’Antica Palestina sono esposti avori di stile fenicio. Dove sono stati trovati? Nell’antica capitale d’Israele, Samaria, dove Acab costruì il suo palazzo usando costoso avorio, tanto che ne fece una vera e propria “casa d’avorio”. — 1 Re 22:39.

Gli Assiri

Gli aggressori assiri accerchiarono Israele durante il regno di Assurnazirpal II, noto per la sua crudeltà e le spietate campagne militari. È interessante vedere che nella sua stele è ornato con una croce. Il suo successore, Salmaneser III, è il primo re d’Assiria i cui contatti diretti con Israele sono documentati, nel famoso Obelisco nero. Egli vi è raffigurato in piedi mentre riceve il tributo dal re Ieu d’Israele, forse per mezzo di un emissario. Nell’obelisco si vedono anche 13 Israeliti che portano il tributo, rappresentando così tutte le tribù d’Israele, inclusi i Leviti.

Pure degno di nota è il Prisma nonagonale. Esso fa la cronaca delle spedizioni del re Sargon e menziona la conquista di Samaria narrata in II Re 18:9-12.

In una sala del palazzo (chiamata Sala di Lachis) è raffigurato Sennacherib, l’erede di Sargon, seduto sul trono durante la resa della città di Lachis. Ufficiali assiri sono davanti al re per ricevere lode, mentre prigionieri israeliti prostrati implorano misericordia e altri sono sottoposti al crudele supplizio della scorticazione e dell’impalatura. Si possono anche vedere una fionda e le relative pietre.

Nella Sala della Scrittura sono esposte le famose lettere di Lachis. Una di esse, indirizzata a “Ya’ush il governatore militare di Lachis da Hosha’yahu”, contiene il nome di Dio, Geova, nella forma ebraica del Tetragramma (YHWH). Ciò indica chiaramente che gli antichi Israeliti non avevano paura di usare il nome Geova.

Bibbie e manoscritti antichi

Soffermiamoci ora nella Biblioteca Reale e nella Sala dei Manoscritti Storici. C’è molto da vedere, ma sceglieremo alcune opere notevoli.

È difficile immaginare che qualcuno cercasse di gettar via il Codex Sinaiticus, manoscritto greco della Bibbia scritto verso il quarto secolo E.V. Tuttavia, quando l’erudito biblico tedesco Tischendorf visitò nel 1859 il monastero greco di Santa Caterina sul monte Sinai, trovò 43 fogli di questo magnifico volume nel cestino della carta straccia.

Un tempo, il Codex Alexandrinus era nella biblioteca del patriarca di Alessandria. Questo manoscritto in pergamena fu regalato a re Carlo I d’Inghilterra nel 1627. Risale alla prima metà del quinto secolo E.V.

Guardate attentamente il Pentateuco Ebraico, manoscritto del X secolo. In parecchi punti noterete il Nome Divino, il Tetragramma יהוה. Confrontatelo con la bella Bibbia di Wycliffe del 1380-1384, la prima Bibbia completa scritta a mano in lingua inglese. Sono due magnifici esempi di arte calligrafica! In netto contrasto è la stampa in neretto della Bibbia di Gutenberg, o delle 42 linee, che si crede sia il primo libro vero e proprio stampato con caratteri mobili.

La parola “poliglotta” viene dal greco e significa “molte lingue”. Sono esposte due eccezionali Bibbie Poliglotte. Una è la Bibbia Complutense dell’inizio del sedicesimo secolo, che presenta il testo in ebraico, aramaico, greco e latino. E l’altra fu completata nel 1571 da Christophe Plantin, con il testo nelle stesse quattro lingue, oltre che in siriaco. Furono stampate circa 1.200 copie di questa Bibbia, 13 delle quali su pergamena, come questa.

In una bacheca sono esposte insieme quattro famose traduzioni. C’è il Nuovo Testamento di Martin Lutero, una popolare versione tedesca del 1522 che costituì la base per il Nuovo Testamento di William Tyndale del 1525. La Bibbia di Ginevra fu preparata per la lettura e lo studio privato da un gruppo di profughi protestanti inglesi e scozzesi abitanti a Ginevra nel 1557. Successivamente la nostra attenzione è richiamata dalla prima edizione della Versione del re Giacomo (inglese), stampata nel 1611.

C’è molto altro da vedere, ma dobbiamo concludere la nostra visita. Vale sempre la pena di andare a vedere il Museo Britannico. Molti oggetti esposti qui non hanno uguale. Quindi, la prossima volta che andate a Londra, non mancate di includerlo nel vostro itinerario!

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