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  • Domande dai lettori
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1976
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1976
w76 15/8 pp. 510-511

Domande dai lettori

● Fu originale proposito di Dio che la donna fosse sottoposta al marito? O lo fu solo dopo il peccato di Adamo ed Eva e dopo che Dio ebbe detto alla donna: “Tuo marito . . . ti dominerà”? — Gen. 3:16.

Dal racconto biblico risulta evidente che l’originale proposito di Dio fu che l’uomo fosse il capo della sua famiglia e che la moglie fosse sottoposta al marito.

Prima della creazione di Eva, Geova aveva dichiarato: “Non è bene che l’uomo stia solo. Gli farò un aiuto, come suo complemento”. (Gen. 2:18) Perciò, l’uomo avrebbe avuto la principale responsabilità nella famiglia e la donna lo avrebbe aiutato.

In I Timoteo 2:11-14, l’apostolo Paolo dice che Adamo fu creato per primo, mostrando che nella congregazione cristiana le donne sarebbero state sottoposte agli uomini come sorveglianti e che la donna non doveva “esercitare autorità sull’uomo”. Perché? “Poiché Adamo fu formato per primo, poi Eva. E Adamo non fu ingannato, ma la donna fu completamente ingannata e si trovò in trasgressione”.

Eva avrebbe dovuto sollecitamente consultare suo marito su qualsiasi importante decisione da prendere. E avrebbe dovuto specialmente essere desta a interpellarlo quando fu tentata di mangiare il frutto proibito, poiché il serpente tentò di indurla a disubbidire al precedente comando di Dio dato per mezzo di suo marito Adamo di non mangiare il frutto proibito. Riconoscendo in questo modo l’autorità del marito si sarebbe protetta e salvaguardata. Se si fosse sottomessa a lui come capo, consultandolo e cooperando con lui, sarebbe stata molto aiutata a ubbidire a Dio e a rendergli debita adorazione.

Pronunciando la sentenza su Eva, Geova disse: “Aumenterò grandemente la pena della tua gravidanza; con doglie partorirai figli, e la tua brama si volgerà verso tuo marito, ed egli ti dominerà”. — Gen. 3:16.

Non risulta che Geova facesse direttamente venire all’esistenza queste condizioni per punire Eva e, per eredità, tutte le sue discendenti. Piuttosto, Geova additava le conseguenze e gli abusi che sarebbero derivati all’uomo e alla donna dal fatto d’essere privati del favore divino. In condizioni imperfette il parto sarebbe stato molto difficile. Geova preconosceva che nella disposizione coniugale le imperfezioni avrebbero spesso causato frustrazioni, ansie e agitazione. Il naturale desiderio della donna sarebbe stato quello d’avere un marito non solo per la propria soddisfazione sessuale, ma per il desiderio di una casa, dei figli, di sicurezza e compagnia. Questi desideri sarebbero stati molto forti nella donna anche se per realizzarli sarebbe stata dominata da un marito imperfetto.

I mariti avrebbero esercitato tale dominio oltre il normale esercizio dell’autorità. A volte ciò sarebbe accaduto perché la donna avrebbe cercato di usurpare l’autorità del marito, e l’uomo vi si sarebbe opposto. L’uomo, inoltre, avrebbe spesso cercato di abusare della sua autorità.

L’apostolo Paolo avvertì che anche nel matrimonio cristiano ci sarebbero state occasioni di “tribolazione nella loro carne”. (1 Cor. 7:28) Ma nonostante le condizioni imperfette, il matrimonio cristiano può essere ragionevolmente felice e riuscito. Se c’è l’amore e il marito e la moglie riconoscono e adempiono la loro rispettiva funzione, qualsiasi tendenza della moglie a dominare o del marito ad abusare della sua autorità sarà tenuta al minimo. La moglie cristiana comprende che è saggio sottoporsi con profondo rispetto all’autorità del marito e il marito cristiano sa che deve amare la moglie come ama il proprio corpo. — Efes. 5:21-23.

Non c’è bisogno che la moglie cristiana si senta frustrata o indebitamente limitata perché si sottomette nel modo appropriato al marito. Nello stesso modo, i componenti della congregazione cristiana sono sottomessi agli anziani della congregazione che prendono la direttiva. (Ebr. 13:17) Gli anziani hanno maggiore responsabilità, benché non siano superiori ai fratelli che servono. Analogamente, il marito occupa la posizione di capofamiglia, anche se questo non lo rende superiore alla moglie. Sono insieme eredi della vita. — 1 Piet. 3:7.

● Un cristiano unto che viene disassociato può in seguito essere riassociato e avere ancora la speranza celeste?

Sì, è possibile. Ovviamente è Geova colui che determina in ciascun caso se concederà il perdono.

Il fatto che sia possibile è confermato da quello che leggiamo nelle lettere dell’apostolo Paolo scritte alla congregazione di Corinto. Egli scrisse a cristiani che erano stati unti dallo spirito santo e che avevano ricevuto la speranza della vita celeste. Paolo si rivolse loro in questo modo: “A voi che siete stati santificati unitamente a Cristo Gesù, chiamati ad esser santi”. — 1 Cor. 1:2; 15:49.

Uno di questi cristiani unti cominciò a praticare la fornicazione. Quando evidentemente non si pentì e non smise di commettere immoralità, Paolo ordinò alla congregazione di disassociarlo. (1 Cor. 5:1-5, 9-13) Tuttavia, pare che in seguito questo disassociato si pentisse sinceramente. Si comprende che sia quello a cui si riferì Paolo nella sua seconda lettera quando consigliò ai Corinti di perdonare e riaccettare colui che aveva peccato. — 2 Cor. 2:6-11; 7:8-13.

Quando quell’uomo fu riaccettato nella congregazione, quale fu la sua speranza? Aveva perso la chiamata celeste e aveva ora una speranza diversa, quella della vita eterna sulla terra? No, poiché la speranza terrestre non è per così dire offerta come seconda opportunità. Abele, Enoc, Noè, Abraamo e moltissimi altri di notevole fede ebbero la speranza della vita eterna sulla terra, ma non perché non erano stati all’altezza della chiamata celeste. Solo che essi non vissero nel tempo in cui, secondo la volontà di Geova, veniva rivolta la chiamata celeste. (Ebr. 10:19, 20) Si richiedono la stessa fede e integrità da tutti quelli che otterranno la vita eterna, sia in cielo che su una terra paradisiaca. Il cristiano unto con lo spirito santo e reso coerede di Cristo dev’essere fedele a quella chiamata se vuole ricevere la vita eterna. — Riv. 2:10, 11; Filip. 3:8-14; Rom. 8:14-17.

Questo però non significa che mentre sono sulla terra gli unti cristiani non pecchino mai. Sono ancora imperfetti nella carne e perciò peccano, come tutti gli uomini, e possono anche commettere un grave peccato. Il discepolo cristiano e scrittore biblico Giacomo, che fu senz’altro un unto cristiano, scrisse: “Poiché tutti inciampiamo molte volte. Se uno non inciampa in parola, questi è un uomo perfetto”. (Giac. 3:2; 2:5) È evidente che tale peccato non intenzionale risultante dall’imperfezione è ciò a cui si riferisce l’apostolo Giovanni menzionando il “peccato che non incorre nella morte”. (1 Giov. 5:16) Dio può perdonare tali peccati. Giovanni disse: “Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni ingiustizia”. — 1 Giov. 1:9.

Ma è necessario il pentimento. Se un cristiano unto pratica un grave peccato e non manifesta pentimento, per ubbidire al consiglio di Dio la congregazione deve disassociarlo. Ma se poi si pente può essere perdonato e riassociato, come lo fu l’uomo di Corinto.

Però, Dio non perdona tutti i peccati. Secondo le parole di Gesù in Marco 3:28, 29, quelli che bestemmiano volontariamente e consapevolmente contro lo spirito di Dio non potranno mai essere perdonati. E Paolo scrisse: “Se pratichiamo il peccato volontariamente dopo aver ricevuto l’accurata conoscenza della verità, non rimane più alcun sacrificio per i peccati, ma vi è una certa paurosa aspettazione del giudizio”. (Ebr. 10:26, 27) Evidentemente Giovanni si riferiva a tale peccato imperdonabile parlando del “peccato che incorre nella morte”. — 1 Giov. 5:16.

Se un cristiano unto peccasse contro lo spirito, praticando volontariamente il peccato senza pentirsi e ‘mettendo di nuovo al palo il Figlio di Dio’, Egli lo rigetterebbe completamente e per sempre. (Ebr. 6:4-6) Non essendo pentito, non sarebbe riaccettato. Geova dovrebbe scegliere e ungere un altro cristiano per sostituirlo affinché il numero intero dei 144.000 fosse sempre completo. Lo si può paragonare alla scelta di Mattia fatta dal cielo per sostituire l’infedele Giuda Iscariota così che ci fossero dodici fedeli apostoli di Gesù su cui edificare la congregazione cristiana. — Atti 1:23-26; Efes. 2:20.

Significa questo che se un cristiano unto è disassociato, Geova scelga immediatamente qualcuno per sostituirlo? Nessun uomo può dirlo, poiché non siamo in grado di sapere se il disassociato ha commesso il peccato imperdonabile. Geova lo sa, e quindi si può lasciare la cosa nelle sue mani. Spetta a lui decidere come e quando scegliere qualcuno per sostituirlo. Egli non ha fatto scrivere una particolareggiata considerazione del soggetto nella Bibbia. Così, anziché azzardare delle congetture su quello che farà o cercar di indovinare se un disassociato è andato oltre la possibilità del pentimento, possiamo lasciare la cosa nelle mani di Geova, il giusto Giudice. — Ebr. 12:23.

Se una congregazione ha dovuto disassociare qualcuno ma in seguito egli si pente e viene riassociato, possiamo rallegrarci della misericordia e del perdono di Geova. (Luca 15:7) Questo avviene sia che la persona professasse la speranza celeste e continui a professarla sia che avesse e continui ad avere la speranza della vita eterna sulla terra. Tutti noi dobbiamo prendere a cuore le lezioni apprese da questo: che dobbiamo combattere di continuo contro l’imperfezione e il peccato, che è importante chiedere perdono quando pecchiamo e che è necessario perseverare sino alla fine per essere salvati. — Matt. 10:22.

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