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    • Cormorano

      [ebr. shalàkh, tuffatore].

      Quest’uccello compare solo nell’elenco degli uccelli dichiarati impuri dalla legge mosaica, che fondamentalmente vietava di mangiare uccelli da preda e necrofagi, ma anche altri, come l’upupa e il cigno. (Lev. 11:17; Deut. 14:17) Il verbo da cui deriva il sostantivo significa “lanciare, gettare”; infatti leggiamo che i pescatori egiziani quando pescavano nel Nilo ‛gettavano [dall’ebraico shalàkh] ami nel fiume’. (Isa. 19:8) I traduttori della Settanta greca ritennero si trattasse del kataràktes, uccello che si tuffa nell’acqua e nuota inseguendo i pesci, mentre la Vulgata latina ha mergulus (da mergere, tuffare). Sembra dunque evidente che il termine ebraico descriveva un uccello tuffatore che si nutre di pesce, e molto probabilmente, secondo diverse traduzioni, si tratta del cormorano, detto anche marangone, assai comune in Palestina, specie lungo la costa del Mediterraneo e anche presso certi specchi d’acqua interni come il Mar di Galilea. Lungo laghi e fiumi si trova, benché non altrettanto spesso, un cormorano di dimensioni più piccole.

      Il cormorano è un uccello acquatico un po’ simile a un’anitra. Ha corpo slanciato e colore scuro. È molto veloce e agile nell’acqua; nuota sott’acqua aiutandosi in prevalenza col movimento dei piedi palmati, ma a volte nel lanciarsi all’inseguimento della preda ricorre anche alle ali piuttosto lunghe. Il becco aguzzo e uncinato ne fa un pescatore straordinario, e fin dall’antichità il cormorano veniva addestrato in Oriente a pescare per il suo padrone, il quale gli metteva un collare piuttosto lento che permetteva all’uccello di inghiottire solo i pesciolini più piccoli.

  • Egitto, egiziani
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • divinità “celesti” con a capo Ra, il dio–sole, che comprendevano dèi della luna, del cielo, dell’aria, della terra, del Nilo, ecc. A Tebe (la biblica No) il dio Amon era la divinità principale e in seguito gli fu accordato il titolo di “re degli dèi” col nome di Amon-Ra. (Ger. 46:25) Durante le festività (Ger. 46:17) gli dèi erano portati in processione per le vie della città. Quando per esempio l’immagine idolatrica di Ra era portata in processione dai sacerdoti, la gente faceva di tutto per essere presente, pensando così di acquistare merito. Ritenendo che col solo atto di presenza assolvevano ogni dovere religioso, gli egiziani pensavano che Ra aveva a sua volta l’obbligo di concedere loro prosperità. Si rivolgevano a lui solo per ottenere prosperità e benedizioni materiali, non chiedendo mai nulla di spirituale. Fra i principali dèi d’Egitto e quelli di Babilonia ci sono molte analogie, e tutto sembra indicare che l’Egitto abbia imitato e perpetuato divinità di origine babilonica.

      Tale adorazione politeistica non aveva nessun effetto benefico né edificante sugli egiziani. Come osserva l’Encyclopædia Britannica (ed. 1959, Vol. 8, p. 53): “Misteri fantastici, occulto che nasconde profonde verità, sono attribuiti loro dall’immaginazione classica e moderna. Naturalmente avevano dei misteri come gli ascianti o gli ibo [tribù africane]. È un errore però pensare che tali misteri racchiudessero qualche verità, e che dietro ci fosse una ‘fede’ occulta”. In realtà le prove disponibili dimostrano che magia e superstizione primitiva erano gli elementi fondamentali dell’adorazione egiziana. (Gen. 41:8) In nome della religione si ricorreva alla magia per prevenire malattie; lo spiritismo predominava, con molti “incantatori” e “medium” che ‘predicevano gli avvenimenti per mestiere’. (Isa. 19:3) Si usavano rosari, amuleti e portafortuna, e formule magiche venivano scritte su ritagli di papiro e legate intorno al collo. (Confronta Deuteronomio 18:10, 11). Quando Mosè e Aaronne compirono atti miracolosi mediante la potenza di Dio, i sacerdoti della corte del faraone che praticavano la magia e la stregoneria diedero spettacolo cercando di fare la stessa cosa con le arti magiche finché non furono costretti ad ammettere l’insuccesso. — Eso. 7:11, 22; 8:7, 18, 19.

      Adorazione degli animali

      Tale adorazione superstiziosa spinse gli egiziani a praticare una delle più degradanti forme di idolatria che includeva l’adorazione di animali. (Confronta Romani 1:22, 23). Molte delle principali divinità erano raffigurate abitualmente con corpo umano e testa di animale o uccello. Infatti il dio Horus era rappresentato con la testa di falco; Thot con la testa di ibis o anche di scimmia. In certi casi si riteneva che il dio fosse effettivamente incarnato nel corpo dell’animale, come nel caso del bue Api. Il bue Api da vivo, considerato un’incarnazione del dio Osiride, era tenuto in un tempio e alla morte gli erano tributati un funerale e una sepoltura fastosa. La credenza che animali come gatti, babbuini, coccodrilli, sciacalli e vari uccelli fossero sacri in virtù del fatto che venivano associati a certi dèi, indusse gli egiziani a mummificarne letteralmente centinaia di migliaia, seppellendoli in cimiteri speciali.

      Il fatto che tanti animali diversi erano venerati in una parte o nell’altra del paese rendeva più valida e persuasiva la richiesta di Mosè al faraone che fosse permesso a Israele di andare nel deserto per fare sacrifici: “Se sacrificassimo una cosa detestabile agli Egiziani dinanzi ai loro occhi, non ci lapiderebbero essi?” (Eso. 8:26, 27) Sembra che la maggior parte dei sacrifici che Israele fece poi effettivamente sarebbero stati altamente offensivi per gli egiziani.

      Nei due secoli di permanenza in Egitto la nazione

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