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  • Paradiso
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • “paradiso di Dio”, di cui avrebbe avuto il privilegio di mangiare “chi vince”. Poiché altre promesse fatte in questa parte di Rivelazione a tali vincitori si riferiscono chiaramente alla loro eredità celeste (Riv. 2:26-28; 3:12, 21), sembra chiaro che il “paradiso di Dio” in questo caso sia celeste. Il termine “albero” qui traduce il termine greco xỳlon, che letteralmente significa “legno”, e poteva perciò riferirsi a un frutteto. Nel terrestre paradiso di Eden, mangiare dell’albero della vita avrebbe significato per l’uomo vivere per sempre. (Gen. 3:22-24) Anche il frutto degli altri alberi del giardino avrebbe sostenuto la vita dell’uomo finché fosse rimasto ubbidiente. Quindi il mangiare dell’“albero [o alberi] della vita” nel “paradiso di Dio” si riferisce evidentemente al provvedimento di Dio per sostenere la vita dei vincitori cristiani. Altri versetti spiegano che avrebbero ricevuto il premio dell’immortalità e incorruttibilità insieme al loro celeste Capo e Signore, Cristo Gesù. — I Cor. 15:50-54; I Piet. 1:3, 4.

  • Paralisi
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    • Paralisi

      Menomazione o perdita totale della forza muscolare o della sensibilità in una o più parti del corpo. Detta a volte paresi, è provocata da una lesione o affezione del sistema nervoso o da atrofia muscolare, che impedisce la trasmissione degli impulsi nervosi o provoca nei muscoli l’incapacità di reagire a questi. La paralisi si presenta sotto molti nomi e in molte forme, alcune delle quali mortali. Fra le cause vi sono malattie (come nel caso delle paralisi difteriche), lesioni al cervello o al midollo spinale e pressione esercitata da un tumore.

      “Paralitici”, persone affette da paralisi, furono guariti miracolosamente da Gesù Cristo. (Matt. 4:24) Un paralitico fu portato da Gesù, che lo guarì dopo avergli perdonato i suoi peccati. Poi, per ordine di Cristo, l’ex paralitico prese il suo lettino e se ne andò a casa. (Matt. 9:2-8; Mar. 2:3-12; Luca 5:18-26) Un’altra volta il servitore di un centurione era stato colpito da paralisi e stava per morire, ma Gesù lo guarì a distanza. (Matt. 8:5-13; Luca 7:1-10) La paralisi può essere dolorosa, anche se di solito non lo è. Crampi alla spina dorsale e alle estremità caratterizzano la paralisi agitante (morbo di Parkinson) e dolori violenti accompagnano i fenomeni paraplegici causati da tumori del midollo spinale.

      L’evangelista Filippo predicò e compì segni nella città di Samaria, sanando molti paralitici. (Atti 8:5-8) A Lidda, al paralitico Enea, “che giaceva disteso sulla sua branda da otto anni”, Pietro disse: “Enea, Gesù Cristo ti sana. Alzati e rifà il tuo letto”. Al che egli “immediatamente si alzò”. — Atti 9:32-35.

  • Paran
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    • Paran

      (Pàran o Paràn).

      La maggior parte della vasta regione desertica in cui la nazione di Israele vagò per circa trentotto anni prima di entrare nella Terra Promessa. (Num. 10:11, 12; Deut. 2:14) Senza avere confini precisi, Paran occupava la parte centrale e nordorientale della penisola del Sinai. A E c’era la parte della Rift Valley che andava sotto il nome di Araba e anche il golfo di ‘Aqaba, a S il deserto del Sinai, a SO il deserto di Sin, e a N e NO il deserto di Etham e quello di Sur. Verso il Mar Morto a NE Paran forse includeva il deserto di Zin, col quale si fondeva.

      Si trattava in massima parte di una regione accidentata con rilievi calcarei, a volte simili ad altopiani, che nella parte centrale raggiungevano un’altitudine di 610-760 m. (Deut. 33:2; confronta Abacuc 3:3). Inoltre faceva parte di “quel grande e tremendo deserto” menzionato in Deuteronomio 1:1, 19; 8:15. Tranne durante la breve stagione delle piogge, la distesa ghiaiosa di questo paese selvaggio è completamente priva di vegetazione verde; le sorgenti sono poche e lontane fra loro. Questi aspetti danno risalto al fatto che solo Geova poteva provvedere miracolosamente viveri e acqua in tutti quegli anni per la nazione di Israele, che contava forse 3.000.000 di persone. — Eso. 16:1, 4, 12-15, 35; Deut. 2:7; 8:15, 16.

      Il primo riferimento a questo deserto di Paran si ebbe ai giorni di Lot, quando Chedorlaomer e i suoi alleati sconfissero alcune città nelle vicinanze del Mar Morto e di Edom fino a El-Paran a S. (Gen. 14:4-6) In seguito, dopo essere stato scacciato da suo padre Abraamo, Ismaele si stabilì nel deserto di Paran dedicandosi più che altro alla caccia. — Gen. 21:20, 21.

      Comunque le principali menzioni di Paran si riferiscono alla peregrinazione degli israeliti. Allontanatosi dal monte Sinai, e prima di dirigersi a N verso Cades-Barnea, Israele si accampò a Tabera e Chibrot-Attaava, poi a Hazerot all’estremità S di Paran. (Num. 10:12, 33; 11:3, 34, 35; 12:16) Non molto tempo dopo essere entrati in Paran i dodici esploratori furono inviati in ricognizione in Canaan. (Num. 13:3, 26) Al loro ritorno la relazione sfavorevole della maggioranza provocò il decreto di Geova che la nazione doveva rimanere nel deserto finché tutti coloro che avevano mormorato contro Dio fossero morti. (Num. 13:31-33; 14:20-34) Durante quei quarant’anni la stragrande maggioranza degli accampamenti di Israele, dall’Egitto alla Terra Promessa, furono in Paran. — Num. 33:1-49.

  • Parco
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    • Parco

      [ebr. pardès].

      Questo termine ricorre solo tre volte nelle Scritture Ebraiche e, secondo alcuni, sarebbe derivato dal persiano pairidaeza (da cui è derivato il nostro termine “paradiso”). (Vedi però PARADISO). La Cyclopodia di M’Clintock e Strong (Vol. VII, p. 652) afferma che antichi scrittori greci usarono il termine persiano nel senso di “esteso appezzamento di terreno, cinto da una robusta palizzata o da un muro, in cui c’erano molti alberi, cespugli, piante, aiuole, e in cui animali scelti erano tenuti più o meno in libertà, a seconda che fossero feroci o tranquilli”. La forma greca del termine (paràdeisos) è stata usata dai traduttori della Settanta in tutti i riferimenti al giardino di Eden.

      Fra le opere di Salomone c’erano “giardini e parchi [“frutteti”, AV; ebr. pardesìm]”, in cui aveva piantato ogni sorta di alberi da frutto. (Eccl. 2:5) Nel suo “cantico superlativo” usa lo stesso termine quando fa descrivere dal pastore innamorato la pelle della Sulammita come “un paradiso di melagrane, coi frutti più scelti”. (Cant. 1:1; 4:12, 13) Dopo l’esilio, Neemia 2:7, 8 indica che il re di Persia aveva costituito Asaf “custode del parco che appartiene al re”, e che si doveva chiedere il permesso per abbattere alberi di quel parco per i lavori di ricostruzione a Gerusalemme.

  • Parola, la
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    • Parola, la

      Nelle Scritture il termine “parola” il più delle volte traduce l’ebraico davàr e il greco lògos. Questi termini nella maggioranza dei casi si riferiscono al pensiero, linguaggio o discorso nel suo insieme più che alle singole parole che formano il linguaggio. (In greco una ‘singola parola’ è hrèma [Matt. 27:14], termine che tuttavia può significare anche ‘frase, espressione, o ciò di cui si parla’). Qualsiasi messaggio del Creatore, pronunciato per esempio da un profeta, è “la parola di Dio”. In qualche caso Lògos (“Parola”) è un titolo attribuito a Gesù Cristo.

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