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    Ausiliario per capire la Bibbia
    • che egli non aveva loro prescritto”; per questo Geova li mise a morte mediante il fuoco. (Lev. 10:2; Num. 3:4; 26:61) In seguito Geova comandò che i sacerdoti non bevessero alcolici mentre svolgevano il servizio nel santuario. — Lev. 10:8-11.

      Questo sembra indicare che Nadab e Abiu erano in uno stato di ebbrezza, e perciò ebbero la presunzione di offrire fuoco non prescritto. Tale fuoco era probabilmente illegale in quanto al tempo, al luogo o al modo di offrirlo, oppure poteva essere incenso di composizione diversa da quella descritta in Esodo 30:34, 35. L’ubriachezza non scusava il loro peccato.

      Lo stesso termine, zaràh, è usato in Esodo 30:9 a proposito del bruciare incenso illegittimo sull’altare dell’incenso nel Santo.

  • Illirico
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    • Illirico

      (Illìrico) [lat. Illyricum].

      Provincia romana dai confini instabili che grosso modo corrispondeva alle regioni adriatiche dell’odierna Iugoslavia occidentale. Numerose isole pianeggianti si allungano parallele alla costa, e alle spalle della piacevole pianura costiera, lunga e stretta, si eleva un’irregolare catena montuosa. Nell’asciutto e sassoso altopiano che occupa gran parte di questa catena montuosa prevale un clima rigido.

      Dopo tre anni di combattimento, nel 9 E.V. l’imperatore Tiberio sottomise completamente i dalmati, e Dalmazia, Giapidia e Liburnia formarono la provincia romana dell’Illirico. Il nome della regione meridionale, “Dalmazia”, finì per indicare l’intera provincia.

      In Romani 15:19 l’apostolo Paolo dice di aver predicato in una circoscrizione “fino all’Illirico”. Tuttavia non si può stabilire con certezza se il termine originale greco voleva indicare che Paolo aveva effettivamente predicato nella zona o si era spinto soltanto fino ai confini dell’Illirico.

      [Cartina a pagina 658]

      (Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

      ILLIRICO

      MACEDONIA

      ACAIA

      ITALIA

      MARE ADRIATICO

  • Illustrazione
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    • Illustrazione

      [gr. parabolè, accostamento o paragone].

      Il termine greco ha un significato molto più ampio dei termini italiani “proverbio” e “parabola”. Perciò parabolè può benissimo tradursi “illustrazione”, termine che può avere vari significati, fra cui “parabola” e, in molti casi, “proverbio”. Un “proverbio” racchiude una verità espressa con linguaggio vivace, spesso metaforico, e una “parabola” è un paragone o similitudine, una breve narrazione, di solito immaginaria, da cui si trae una verità morale o spirituale.

      Che le Scritture usino il termine parabolè in un senso più lato del termine italiano “parabola” è indicato in Matteo 13:34, 35, dove Matteo fa notare che, a proposito di Gesù Cristo, era stato predetto che avrebbe parlato con “illustrazioni” (NM), “in parabole” (CEI, VR). Il Salmo 78:2, citato a questo riguardo da Matteo, si riferisce a “un’espressione proverbiale” (ebr. mashàl), termine che lo scrittore del Vangelo traduce col greco parabolè. Come implica il significato letterale del termine greco, la parabolè serviva per insegnare o comunicare un’idea, per spiegare una cosa ‘accostandola’ a un’altra cosa simile. (Confronta Marco 4:30). Quasi tutte le traduzioni italiane usano semplicemente la forma italianizzata “parabola” per rendere il termine greco. Tuttavia tale versione non può rendere pienamente l’idea in ogni caso.

      Per esempio, in Ebrei 9:9 e 11:19 quasi tutte le traduzioni trovano necessario ricorrere a altre espressioni per rendere il termine parabolè. Nel primo caso il tabernacolo, o tenda, usato da Israele nel deserto è definito dall’apostolo Paolo “un’illustrazione [parabolè, “figura”, CEI; “immagine”, PS; “simbolo”, PIB] per il tempo fissato”. Nel secondo caso l’apostolo dice che Abraamo riebbe Isacco dai morti “in modo illustrativo” (NM) (parabolè, “come un simbolo”, CEI; “quasi in figura”, Ga). Anche il detto “Medico, guarisci te stesso” è definito una parabolè. (Luca 4:23) In considerazione di ciò, un termine più comune come “illustrazione” (NM) permette di rendere in modo coerente parabolè in tutti i casi.

      Un altro termine analogo è “allegoria”, che è una lunga metafora in cui una serie di azioni rappresentano altre azioni, mentre i personaggi spesso sono tipi o personificazioni. In Galati 4:24, parlando di Abraamo, Isacco e Sara, Paolo usa una forma del verbo greco allegorèo, che viene tradotta “hanno un senso allegorico”, “sono cose dette allegoricamente” (VR, Mar), più o meno traslitterando il termine, ma che è resa anche “sono come un dramma simbolico” (NM).

      L’apostolo Giovanni usava anche un altro termine (paroimìa) nel senso di “paragone” (Giov. 10:6; 16:25, 29); questo viene tradotto “parabola”, “paragone” e “similitudine” (Ga, NM, VR). Pietro ricorse allo stesso termine a proposito del “proverbio” del cane che torna al proprio vomito e della scrofa che si rotola nel fango. — II Piet. 2:22.

      EFFICACIA

      Le illustrazioni o parabole servono come efficace mezzo didattico in almeno cinque modi: (1) Colpiscono e tengono viva l’attenzione; poche cose suscitano interesse come un’esperienza o un racconto.

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