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    La Torre di Guardia 1979 | 15 ottobre
    • ● In che senso il ‘timore di Geova sta per sempre’? — Sal. 19:9.

      I devoti servitori di Geova continueranno per tutta l’eternità ad avere sano timore del loro Fattore, dimostrandolo con l’ubbidienza ai suoi comandi. Non vi sarà mai un tempo in cui tale timore reverenziale cesserà di esistere. — 15/9 p. 7.

      ● Come dobbiamo capire le parole di Mosè secondo cui gli israeliti dovevano avere ‘i comandi di Dio nel loro cuore’? — Deut. 6:6.

      I comandi divini non dovevano essere solo presenti nella mente o nella memoria, ma dovevano essere apprezzati di cuore. Solo allora gli israeliti avrebbero mostrato vero amore per il Creatore e sarebbero stati in grado instillare tale amore nei loro figli. — 1/10 p. 4.

      ● Perché “l’adolescenza e il rigoglio della vita sono vanità”? — Eccl. 11:10.

      I giorni della forza e del vigore giovanile passano rapidamente, in quanto la persona non rimane giovane per sempre. Anche nel fiore della giovinezza l’adolescente può ammalarsi e morire. Chi trascura questi seri fatti riguardo all’adolescenza può non usare saggiamente le proprie energie fisiche e capacità, dissipandole e rendendo così più dura la propria vita da adulto. — 1/10 p. 10.

  • Domande dai lettori
    La Torre di Guardia 1979 | 15 ottobre
    • Domande dai lettori

      ● Cosa vuol dire Giobbe 3:14 quando parla di re e consiglieri che si edificano “luoghi desolati”?

      Queste parole appaiono in un contesto che si riferisce al giacere nel sonno della morte. (Giob. 3:13) Secondo una correzione del testo masoretico, l’espressione “luoghi desolati” si potrebbe tradurre “piramidi”. Le piramidi, essendo tombe molto grandi, erano senz’altro “luoghi desolati”, senza alcun abitante umano.

      ● Perché la legge mosaica prescriveva la pena capitale per chiunque avesse invocato il male sui suoi genitori?

      La legge di Dio affermava: “Nel caso che alcun uomo invochi il male su suo padre e su sua madre, dovrebbe esser messo a morte senza fallo. Ha invocato il male su suo padre e su sua madre. Il suo proprio sangue è su di lui”. (Lev. 20:9) Che un uomo maledicesse i suoi genitori, desiderando che qualche terribile calamità si abbattesse su di loro, significava che aveva un’inclinazione all’odio omicida. Sarebbe stata una sconcertante mancanza di gratitudine per la cura e l’attenzione prestatagli dai genitori. Pur non impiegando personalmente un’arma per colpirli a morte, un tal uomo desiderava nel proprio cuore che morissero in qualche maniera. Agli occhi di Dio, un simile spirito malvagio costituisce omicidio. (Confronta Matteo 5:21, 22; I Giovanni 3:15). Pertanto nella sua legge data a Israele l’Altissimo prescriveva la stessa pena tanto per chi ingiuriava i genitori quanto per chi li uccideva veramente.

      ● La famiglia dell’abile artigiano mandato da Hiram per dare una mano nella costruzione del tempio durante il regno di Salomone è descritta in modo diverso in I Re e in II Cronache. Come mai?

      Primo Re 7:14 dice: “Egli era figlio di una donna vedova della tribù di Neftali, e suo padre era un uomo di Tiro”. In II Cronache 2:14 questo artigiano è chiamato il “figlio di una donna dei figli di Dan ma il cui padre fu un uomo di Tiro”. Se le due dichiarazioni si considerano complementari, l’apparente discordanza è presto risolta. Sua madre era “una donna vedova della tribù di Neftali”, nel senso che era stata sposata a un uomo di quella tribù. La sua propria tribù, però, era Dan. Dopo la morte del marito, sposò un Tiro, e da questa unione nacque il figlio che divenne l’abile artigiano in questione.

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