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    • INTERVENTO DI GEOVA

      Molte volte Geova Dio intervenne per espellere o disassociare qualcuno. Condannò a morte Adamo e scacciò lui e la moglie Eva dal giardino di Eden. (Gen. 3:19, 23, 24) Caino fu scacciato e divenne un fuggiasco che vagava sulla terra. (Gen. 4:11, 14, 16) Gli angeli che peccarono furono gettati nel Tartaro, condizione di dense tenebre in cui sono tenuti in attesa del giudizio. (II Piet. 2:4) In Israele ventitremila fornicatori furono stroncati in un solo giorno. (I Cor. 10:8) Acan venne messo a morte per comando di Geova per aver rubato ciò che era dedicato a Geova. (Gios. 7:15, 20, 21, 25) Il levita Cora e Datan e Abiram della tribù di Ruben furono stroncati per ribellione, e Miriam fu colpita da lebbra di cui sarebbe morta se Mosè non avesse interceduto per lei. Comunque fu espulsa dall’accampamento di Israele e rimase in quarantena per sette giorni. — Num. 16:27, 32, 33, 35; 12:10, 13-15.

      SOTTO LA LEGGE MOSAICA

      Per gravi o deliberate violazioni della legge data da Dio per mezzo di Mosè si poteva essere stroncati, vale a dire messi a morte. (Lev. 7:27; Num. 15:30, 31) Apostasia, idolatria, adulterio, mangiare sangue e omicidio erano alcune delle colpe che comportavano questa punizione. — Deut. 13:12-18; Lev. 20:10; 17:14; Num. 35:31.

      Sotto la Legge, per infliggere la punizione dello stroncamento, la colpevolezza doveva essere provata per bocca di almeno due testimoni oculari. (Deut. 19:15) I testimoni dovevano essere i primi a lapidare il colpevole. (Deut. 17:7) Questo avrebbe dimostrato il loro zelo per la legge di Dio e per la purezza della congregazione di Israele e avrebbe inoltre scoraggiato una testimonianza falsa, frettolosa o sconsiderata.

      Il Sinedrio e le sinagoghe

      Durante il ministero terreno di Gesù le sinagoghe fungevano da tribunali per processare i violatori della legge ebraica. Il Sinedrio era la corte suprema. Sotto la dominazione romana gli ebrei non avevano l’ampia autorità goduta sotto il governo teocratico. Non sempre potevano infliggere la pena di morte a motivo delle restrizioni imposte dai romani. Le sinagoghe avevano un sistema di scomunica o disassociazione che comportava tre provvedimenti diversi. Il primo era la pena di niddùy, che aveva una durata relativamente breve, inizialmente solo trenta giorni. A chi incorreva in questa pena erano negati certi privilegi. Poteva recarsi al tempio ma lì aveva certe restrizioni, e tutti al di fuori dei suoi familiari avevano l’ordine di stargli a una distanza di quattro cubiti (2 m circa). Il secondo era la pena di hhèrem, che significa qualche cosa di dedicato a Dio o “interdetto”. Questo era un giudizio più severo. Il colpevole non poteva insegnare o essere ammaestrato insieme ad altri né svolgere operazioni commerciali oltre l’acquisto del necessario per vivere. Comunque non era escluso completamente dall’organizzazione ebraica e aveva la possibilità di essere riammesso. Infine c’era la pena di shammattà’, un completo stroncamento dalla congregazione. Alcuni ritengono che queste ultime due forme di scomunica non si potessero distinguere l’una dall’altra.

      Il malvagio che veniva scacciato, interamente tagliato fuori, era ritenuto meritevole di morte, anche se gli ebrei non sempre avevano l’autorità di eseguire la condanna. Comunque la forma di stroncamento a cui ricorrevano era un’arma molto potente nella comunità ebraica. Gesù predisse che i suoi seguaci sarebbero stati espulsi dalle sinagoghe. (Giov. 16:2) Il timore di essere espulsi trattenne alcuni ebrei, anche personaggi autorevoli, dal riconoscere apertamente Gesù. (Giov. 12:42) Esempio di un’azione del genere da parte della sinagoga fu il caso del cieco guarito che parlò a favore di Gesù. — Giov. 9:34.

      NELLA CONGREGAZIONE CRISTIANA

      Seguendo i principi delle Scritture Ebraiche, le Scritture Greche Cristiane, per comando diretto e in base ai precedenti, autorizzano l’espulsione o disassociazione dalla congregazione cristiana. L’apostolo Paolo, avendone l’autorità, ordinò l’espulsione di un fornicatore incestuoso che aveva preso la moglie di suo padre. (I Cor. 5:5, 11, 13) Si valse dell’autorità di disassociare anche contro Imeneo e Alessandro. (I Tim. 1:19, 20) Pare che Diotrefe invece si arrogasse ingiustamente l’autorità di disassociare. — III Giov. 9, 10.

      Gesù diede ai suoi seguaci istruzioni complete circa la procedura da seguire nel trattare casi di trasgressione nella congregazione e indicò che ciò poteva portare all’espulsione di un individuo, che per la congregazione sarebbe quindi stato “come un uomo delle nazioni e un esattore di tasse”. (Matt. 18:15-17) Gli esattori di tasse erano assai malvisti; molti erano colpevoli di estorsione. L’ebreo che faceva l’esattore di tasse era considerato un rinnegato, classificato tra i “peccatori”. (Mar. 2:16) Naturalmente allora Gesù e i discepoli erano ancora sotto la Legge, ma come principio la stessa procedura continuò a servire di norma per la congregazione cristiana. Si noti che qui col termine “congregazione” Gesù non intendeva dire che l’intera comunità dovesse giudicare il colpevole; i responsabili erano incaricati di farlo. I discepoli sapevano bene che erano gli anziani, la “corte di giustizia” o la “Corte Suprema” a giudicare. — Matt. 5:22.

      Alcune delle trasgressioni passibili di disassociazione dalla congregazione cristiana sono fornicazione, adulterio, omosessualità, avidità, estorsione, furto, menzogna, ubriachezza, linguaggio oltraggioso, spiritismo, omicidio, idolatria, apostasia e il causare divisioni nella congregazione. (I Cor. 5:9-13; 6:9, 10; Tito 3:10, 11; Riv. 21:8) In quest’ultimo caso, colui che promuove una setta dovrebbe essere ammonito una prima e una seconda volta prima che sia preso contro di lui il provvedimento di disassociarlo. Nella congregazione cristiana si applica il principio enunciato nella Legge, cioè la prova della colpevolezza dell’accusato deve essere stabilita per bocca di due o tre testimoni. (I Tim. 5:19) Chi è riconosciuto colpevole di una pratica di peccato sarà denunciato all’intera congregazione quale colpevole di una condotta che non si addice a un cristiano, “affinché anche gli altri ne abbiano timore”. — I Tim. 5:20.

      Riammissione

      Chi è stato espulso può essere riaccolto nella congregazione se manifesta sincero pentimento. (II Cor. 2:5-8) Anche questo può essere una protezione per la congregazione, impedendo che sia sopraffatta da Satana andando dall’estremo di condonare la trasgressione all’altro estremo di diventare dura e incapace di perdonare. — II Cor. 2:10, 11.

      Per ciò che riguarda l’espulsione di demoni, vedi SPIRITISMO.

  • Est
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    • Est

      [ebr. mizràhh, levante, oriente (Deut. 3:27; I Cron. 4:39); qèdhem, davanti, di fronte a (Ezec. 48:2)].

      Gli ebrei avevano la consuetudine di guardare il sorgere del sole per determinare una direzione, quindi E era di fronte a loro, O era dietro, N a sinistra e S a destra.

      A volte qèdhem stava a indicare genericamente “verso oriente”, come in Genesi 11:2. Altre volte indicava una località a E di un’altra, come in Numeri 34:11 dove troviamo l’espressione “ad oriente di Ain”. Altre volte ancora si riferiva ai paesi a E e NE di Israele, fra cui i paesi di Moab e di Ammon, il deserto arabico, la Babilonia, la Persia, l’Assiria e l’Armenia.

      I vari popoli che abitavano nei paesi inclusi nel termine “Oriente” erano chiamati “gli Orientali”. Giobbe, che abitava in quelle regioni, fu definito “il più grande di tutti gli Orientali”. (Giob. 1:3) Quando Giacobbe andò a cercar moglie in Mesopotamia, ci viene detto che andò nel “paese degli Orientali”. (Gen. 29:1) Anche i popoli che confinavano a E con Israele erano chiamati “Orientali”; vedi Giudici 6:3; 8:10.

      In Palestina il vento orientale era un vento caldo che soffiava dal deserto a E ed era micidiale per la vegetazione. (Ezec. 19:12) Questo è all’origine dell’espressione “riempirà il suo ventre di vento orientale”. — Giob. 15:2.

      Il tabernacolo era rivolto verso E (Num. 3:38), come lo erano i templi di Salomone e di Zorobabele, e anche questo secondo tempio una volta restaurato o ricostruito da Erode. Il tempio visto in visione da Ezechiele era rivolto a oriente. (Ezec. 47:1) Si doveva dunque attendere da E la venuta di Geova e Cristo al tempio.

      In Isaia 46:11 si legge che Ciro, re di Persia, viene “dall’oriente”, CEI; “dal levante”, NM. Le notizie che come predetto dovevano venire “dall’oriente” CEI, “dal levante” NM, vengono cioè da mizràhh. (Dan. 11:44) Nel libro di Rivelazione si fa riferimento a Dario e Ciro, figure profetiche dei “re dal sol levante”, in relazione al prosciugamento del simbolico Eufrate al tempo del giudizio di Babilonia la Grande. — Riv. 16:12, 19.

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