Sapienza, saggezza
I principali termini che significano sapienza sono l’ebraico hhokhmàh (dal verbo hhakhàm) e il greco sophìa, e forme derivate. Ci sono anche l’ebraico tushiyàh, che può essere tradotto “lavoro effettivo”, “sapienza pratica” o “saggezza”, e il greco phrònimos e phrònesis (da phren, “mente”), che hanno il significato di “assennatezza”, “discrezione o prudenza” e “saggezza”.
A hhokhmàh viene dato il significato fondamentale di “solidità, compattezza”, e la definizione di “solida conoscenza del vero e del giusto”. (Keil e Delitzsch, Commentaries on the Old Testament, Il Cantico dei Cantici, Ecclesiaste, p. 230) Il significato biblico di sapienza, espresso sia dal termine ebraico hhokhmàh che dal greco sophìa, dà risalto al sano giudizio, basato su conoscenza e intendimento; la capacità di usare conoscenza e intendimento per riuscire a risolvere problemi, evitare o prevenire pericoli, raggiungere certi obiettivi o consigliare ad altri di farlo. “Che la sapienza sia giusta è provato da tutti i suoi figli [o, dalle sue opere]”. (Luca 7:35; Matt. 11:19) È il contrario di stoltezza, stupidità e follia, alle quali è spesso contrapposta. — Deut. 32:6; Prov. 11:29; Eccl. 6:8.
La sapienza implica dunque vasta conoscenza e profondo intendimento, che permettono di farsi un giudizio valido e chiaro, proprio della sapienza. Il saggio ‘custodisce la conoscenza’, ne ha una riserva a cui può attingere. (Prov. 10:14) Anche se “la sapienza è la prima cosa”, viene consigliato: “Con tutto ciò che acquisti, acquista intendimento”. (Prov. 4:5-7) L’intendimento (termine dal significato ampio che spesso include discernimento e perspicacia) rafforza la sapienza, favorendo grandemente la discrezione e la previdenza, anch’esse notevoli aspetti della sapienza. La discrezione implica prudenza, e si può manifestare sotto forma di cautela, padronanza di sé, moderazione o misura. L’“uomo discreto [phrònimos]” costruisce la sua casa sul masso di roccia, prevedendo la possibilità che venga un uragano; lo stolto costruisce sulla sabbia e ne subisce le conseguenze. — Matt. 7:24-27.
L’intendimento rafforza la sapienza in altri modi. Per esempio, uno potrebbe ubbidire a un certo comando di Dio perché riconosce che è giusto ubbidire, e questo dimostra sapienza da parte sua. Ma se ha vero intendimento della ragione di quel comando, del buon fine a cui serve e dei benefici che ne derivano, la determinazione presa in cuor suo di tenere quella condotta sarà grandemente rafforzata. (Prov. 14:33) Proverbi 21:11 dice che “dando perspicacia alla persona saggia, [si] ottiene conoscenza”. La persona saggia apprezza la perspicacia (un aspetto dell’intendimento) ed è felice di ottenere qualsiasi informazione che le permetterà di avere un’idea più chiara delle circostanze, condizioni e cause che sono alla base del problema. In tal modo “ottiene conoscenza” del da farsi, sa quali conclusioni trarre, cosa ci vuole per risolvere il problema esistente. — Confronta Proverbi 9:9; Ecclesiaste 7:25; 8:1; Ezechiele 28:3.
SAPIENZA DIVINA
La sapienza in senso assoluto risiede in Geova Dio, poiché in questo senso Lui solo è sapiente. (Rom. 16:27; Riv. 7:12) La conoscenza è cognizione della realtà e, essendo il Creatore che è “da tempo indefinito a tempo indefinito” (Sal. 90:1, 2), Dio conosce tutto quello che c’è da conoscere sull’universo, la sua composizione e vastità, la sua storia fino ad ora. Le leggi fisiche, i cicli e le norme su cui gli uomini basano le loro ricerche e invenzioni, e senza i quali sarebbero impotenti non avendo nulla di solido su cui edificare, sono tutti opera Sua. (Giob. 38:34-38; Sal. 104:24; Prov. 3:19; Ger. 10:12, 13) Logicamente le sue norme morali sono ancora più necessarie per la stabilità, il sano giudizio e il successo della vita umana. (Deut. 32:4-6) Nulla esula dal suo intendimento. (Isa. 40:13, 14) Anche se pub permettere che cose contrarie alle sue giuste norme affiorino e persino abbiano un temporaneo successo, il futuro in definitiva dipende da lui e si conformerà esattamente alla sua volontà, e le sue parole ‘avranno sicuro successo’. (Isa. 55:8-11; 46:9-11) Per tutte queste ragioni è evidente che “il timore di Geova è l’inizio della sapienza”. — Prov. 9:10.
“La sapienza di Dio in un sacro segreto”
La ribellione che scoppiò in Eden lanciò una sfida alla sapienza di Dio. Il modo sapiente di porre fine a quella ribellione, eliminandone gli effetti e ristabilendo pace, armonia e giusto ordine nella sua famiglia universale, costituiva “un sacro segreto, la sapienza nascosta, che Dio preordinò prima dei sistemi di cose”, vale a dire di quei sistemi che si sono affermati nel corso della storia umana fuori dell’Eden. (I Cor. 2:7) A grandi linee era abbozzato nelle promesse fatte da Dio ai suoi fedeli servitori per molti secoli e nel suo modo di agire nei loro confronti; era prefigurato e simboleggiato nel patto della Legge stipulato con Israele, che includeva un sacerdozio e dei sacrifici, e additato in innumerevoli profezie e visioni.
Infine, dopo oltre quattromila anni, la sapienza di quel sacro segreto è stata rivelata in Gesù Cristo. (Efes. 1:8-11; Col. 1:26-28) Sono stati rivelati il provvedimento del riscatto preso da Dio per la salvezza del genere umano ubbidiente e il suo proposito di istituire un Regno retto dal Figlio suo e in grado di porre fine a ogni malvagità. Poiché il grandioso proposito di Dio si basa e s’impernia sul Figlio suo, Cristo Gesù “è divenuto per noi [cristiani] sapienza di Dio”. (I Cor. 1:30) “Attentamente occultati in lui son tutti i tesori della sapienza e della conoscenza”. (Col. 2:3) Solo per mezzo di lui e avendo fede in lui, il “principale Agente della vita” di Dio, si possono avere salvezza e vita. (Atti 3:15; Giov. 14:6; II Tim. 3:15) Non esiste dunque vera sapienza che non rispetti Gesù Cristo, che non basi solidamente il giudizio e le decisioni sul proposito di Dio rivelato in lui. — Vedi GESÙ CRISTO (Il suo posto nel proposito di Dio).
SAPIENZA UMANA: VASTA O LIMITATA, CARNALE O SPIRITUALE
Nel libro di Proverbi la sapienza viene personificata come una donna che invita ad accettare quello che ha da offrire. Questo e altri brani simili mostrano che la sapienza è un insieme di molte cose: conoscenza, intendimento (che include perspicacia e discernimento), capacità di pensare, esperienza, diligenza, accortezza (il contrario di inesperienza o ingenuità [Prov. 14:15, 18]) e giudizio. Ma poiché la vera sapienza comincia col timore di Geova Dio (Sal. 111:10; Prov. 9:10), questa sapienza superiore va oltre la sapienza normale e richiede che uno si attenga ad alte norme, manifesti rettitudine e giustizia, e si attenga alla verità. (Prov. 1:2, 3, 20-22; 2:2-11; 6:6; 8:1; 5-12) Non tutta la sapienza è all’altezza di questa sapienza superiore.
La sapienza umana non è mai assoluta, ma è relativa. Con i propri sforzi l’uomo può acquistare limitatamente la sapienza, anche se in ogni caso deve usare l’intelligenza di cui Dio (che ha dato anche agli animali una certa saggezza istintiva [Giob. 35:11; Prov. 30:24-28]) ha dotato inizialmente l’uomo. L’uomo impara dall’osservazione e dall’uso delle cose create da Dio. Questa sapienza può essere di genere e grado diverso. Il sostantivo greco sophìa spesso si riferisce alla perizia in un’arte o mestiere, alla capacità e a un buon senso amministrativo nel campo del governo e degli affari, o a vasta conoscenza in qualche particolare campo dello scibile o della ricerca. Similmente i termini ebraici hhokhmàh e hhakhàm sono usati per descrivere la perizia di navigatori e calafati (Ezec. 27:8, 9; confronta Salmo 107:23, 27) e di coloro che lavorano la pietra e il legno (I Cron. 22:15), e la sapienza e perizia di altri artigiani, alcuni di grande talento nelle arti più svariate. (I Re 7:14; II Cron. 2:7, 13, 14) In questi termini è descritto pure l’abile artefice che fa un’immagine scolpita. (Isa. 40:20; Ger. 10:3-9) Anche l’accortezza del mondo degli affari è una forma di sapienza. — Ezec. 28:4, 5.
Si può avere tutta questa sapienza senza però possedere la sapienza spirituale che le Scritture incoraggiano in modo particolare. Comunque lo spirito di Dio può accrescere alcune di queste forme di sapienza qualora siano utili per realizzare il suo proposito. Il suo spirito attivò coloro che costruivano il tabernacolo e i suoi arredi e tessevano gli abiti sacerdotali, sia uomini che donne, dando loro ‘sapienza e intendimento’. In tal modo essi non solo compresero cosa era richiesto da loro e come fare il lavoro, ma manifestarono anche il talento, l’abilità, la fantasia e il giudizio necessari per progettare e produrre vere opere d’arte. — Eso. 28:3; 31:3-6; 35:10, 25, 26, 31, 35; 36:1, 2, 4, 8.
Uomini saggi dell’antichità
Giuseppe, con l’aiuto dello spirito di Dio, manifestò tale discrezione e saggezza che il faraone che regnava in Egitto lo fece suo primo ministro. (Gen. 41:38-41; Atti 7:9, 10) “Mosè fu istruito in tutta la sapienza degli Egiziani” ed era “potente in parole e in opere” ancor prima che Dio facesse di lui il suo portavoce. Ma quella capacità e sapienza umana non lo resero qualificato per realizzare il proposito di Dio. Dopo un primo tentativo (quando aveva circa quarant’anni) di recare sollievo ai suoi fratelli israeliti, Mosè dovette attendere altri quarant’anni prima che Dio gli desse l’incarico, ora che era un uomo spiritualmente saggio, di guidare Israele fuori dell’Egitto. — Atti 7:22-36; confronta Deuteronomio 34:9.
Salomone era già un uomo saggio prima di assumere pienamente il potere regale (I Re 2:1, 6, 9) eppure, in preghiera a Geova, riconobbe umilmente di non essere “che un piccolo ragazzo”, chiese il Suo aiuto per giudicare il popolo di Dio ed ebbe come ricompensa “un cuore saggio e in grado di intendere” senza uguali fra i re di Giuda. (I Re 3:7-12) La sua sapienza superava la famosa sapienza degli Orientali e dell’Egitto, facendo di Gerusalemme un luogo dove monarchi e loro rappresentanti si recavano per imparare dal re giudeo. (I Re 4:29-34; 10:1-9, 23-25) Anche certe donne dell’antichità erano note per la loro saggezza. — II Sam. 14:1-20; 20:16-22; confronta Giudici 5:28, 29.
Vanità di molta sapienza umana
Salomone riscontrò che, per quanto la sapienza umana presentasse lati piacevoli e potesse procurare ricchezza materiale, non poteva recare vera felicità né soddisfazione durevole. Il saggio moriva come lo stupido, senza sapere cosa sarebbe accaduto ai suoi possedimenti, e la sua sapienza umana finiva nella tomba. (Eccl. 2:3-11, 16, 18-21; 4:4; 9:10; confronta Salmo 49:10). Anche in vita “il tempo e l’avvenimento imprevisto” potevano provocare un’improvvisa calamità, lasciando il saggio senza neanche il necessario per vivere. (Eccl. 9:11, 12) Con la propria sapienza l’uomo non potrebbe mai scoprire “l’opera del vero Dio”, mai acquistare completa conoscenza di come risolvere i massimi problemi umani. — Eccl. 8:16, 17; confronta Giobbe cap. 28.
Salomone non dice che la sapienza umana sia interamente priva di valore. In paragone con la stoltezza, che egli pure investigò, il vantaggio della sapienza sulla follia è pari a quello ‘della luce sulle tenebre’. Infatti il saggio “ha gli occhi in testa”, al servizio delle sue facoltà intellettive che a loro volta alimentano il cuore, mentre gli occhi dello stupido non vedono con sensato discernimento. (Eccl. 2:12-14; confronta Proverbi 17:24; Matteo 6:22, 23). La sapienza offre una protezione migliore del denaro. (Eccl. 7:11, 12) Ma Salomone mostrò che il suo valore era tutto relativo, dipendeva interamente dal suo conformarsi alla sapienza e al proposito di Dio. (Eccl. 2:24; 3:11-15, 17; 8:12, 13; 9:1) Si può andare agli eccessi nel cercare di manifestare sapienza, spingendosi oltre i limiti della propria capacità imperfetta a propria rovina. (Eccl. 7:16; confronta 12:12). Invece a chi ubbidisce e serve il Creatore, accontentandosi di mangiare e bere e del bene che gli procura il suo duro lavoro, Dio darà la “sapienza e conoscenza e allegrezza” necessaria. — Eccl. 2:24-26; 12:13.
“La sapienza del mondo” in contrasto con la sapienza del sacro segreto di Dio
Nel I secolo i greci erano particolarmente famosi per la loro cultura, per la sapienza che avevano accumulato e per le loro scuole filosofiche. Probabilmente per questa ragione Paolo fece un parallelo fra ‘greci e barbari’ e ‘saggi e insensati’. (Rom. 1:14) Egli ribadì ai cristiani di Corinto, in Grecia, che il cristianesimo non dipende né è caratterizzato dalla “sapienza [sophìa] del mondo”, cioè del mondo del genere umano ostile a Dio. (Vedi MONDO [Il mondo ostile a Dio]). Non che tra i molteplici aspetti della sapienza del mondo non ci fosse nulla di utile o benefico, poiché Paolo a volte ricorse all’esperienza acquisita nel fare tende e anche citò opere letterarie di autori mondani per illustrare certi aspetti della verità. (Atti 18:2, 3; 17:28, 29; Tito 1:12) Ma la prospettiva generale, i metodi, le norme e gli obiettivi del mondo — la sua filosofia — non erano in armonia con la verità, erano contrari alla ‘sapienza di Dio nel sacro segreto’.
Infatti il mondo nella sua sapienza rifiutò come stoltezza il provvedimento preso da Dio per mezzo di Cristo; i suoi governanti, anche se erano abili e giudiziosi amministratori, arrivarono al punto di ‘mettere al palo il glorioso Signore’. (I Cor. 1:18; 2:7, 8) Ma Dio, a sua volta, dimostrava ora che la sapienza degli esperti delle cose del mondo era stoltezza, svergognando i loro uomini saggi mediante quella che consideravano “una cosa stolta di Dio”, e servendosi di persone definite ‘stolte, deboli e ignobili’ per realizzare il Suo invincibile proposito. (I Cor. 1:19-28) Paolo ricordò ai cristiani di Corinto che “la sapienza di questo sistema di cose [e] quella dei governanti di questo sistema di cose” sarebbe stata ridotta a nulla; quindi una sapienza del genere non faceva parte del messaggio spirituale dell’apostolo. (I Cor. 2:6, 13) Esortò i cristiani di Colosse a non farsi irretire ‘dalla filosofia [philosophìas, lett. “amore della sapienza”] e dal vuoto inganno secondo la tradizione degli uomini’. — Col. 2:8; confronta vv. 20-23.
Per quanta sapienza del mondo uno potesse avere grazie a perizia nel lavoro, abilità negli affari, capacità amministrativa e cultura scientifica o filosofica, la regola era: “Se alcuno fra voi pensa d’esser saggio in questo sistema di cose, divenga stolto, affinché divenga saggio”. (I Cor. 3:18) Poteva vantarsi unicamente ‘di avere perspicacia e conoscenza di Geova, Colui che esercita amorevole benignità, diritto e giustizia sulla terra’, poiché in questo Geova prova piacere. — Ger. 9:23, 24; I Cor. 1:31; 3:19-23.
Nella guerra spirituale
L’apostolo Paolo confidava nella santa sapienza per sostenere un combattimento spirituale contro chiunque minacciasse di sovvertire le congregazioni cristiane, come quella di Corinto. (I Cor. 5:6, 7, 13; II Cor. 10:3-6; confronta 6:7) Sapeva che “la sapienza val meglio degli strumenti di guerra; ma un solo peccatore distrugge un gran bene”. (Eccl. 9:18, VR; Eccl. 7:19) Il suo riferimento al “rovesciare cose fortemente trincerate” (II Cor. 10:4) corrisponde all’idea espressa nella versione della Settanta greca di parte di Proverbi 21:22. Paolo conosceva la tendenza umana a prestare primaria attenzione a chi si fa notare per i suoi modi, ha evidente talento o una forte personalità e una maniera di parlare vigorosa; sapeva che ‘le parole pacate di un saggio dai pochi mezzi materiali’ sono spesso ignorate a favore di quelle di chi ostenta maggior potere. (Confronta Ecclesiaste 9:13-17). Anche a Gesù, che non aveva la posizione e la ricchezza terrena di Salomone ma aveva una sapienza di gran lunga superiore, sia i governanti che il popolo mostrarono poco rispetto e attenzione. — Confronta Matteo 12:42; 13:54-58; Isaia 52:13-15; 53:1-3.
ACQUISTARE VERA SAPIENZA
Il proverbio consiglia: “Compra la verità stessa e non la vendere, sapienza e disciplina e intendimento”. (Prov. 23:23) Geova, Fonte della vera sapienza, la concede generosamente a quelli che sinceramente la cercano, la chiedono con fede, mostrandogli un sano, riverente timore. (Prov. 2:1-7; Giac. 1:5-8) Ma chi la cerca deve dedicare tempo allo studio della Parola di Dio, imparare i Suoi comandi, le leggi, i rammemoratori e i consigli, esaminare la storia delle azioni e attività di Dio, quindi mettere in pratica queste cose nella propria vita. (Deut. 4:5, 6; Sal. 19:7; 107:43; 119:98-101; Prov. 10:8; confronta II Timoteo 3:15-17). Saggiamente riscatta il tempo opportuno, e non agisce in modo irragionevole nei momenti difficili ma ‘comprende qual è la volontà di Geova’. (Efes. 5:15-20; Col. 4:5, 6) Deve avere forte fede e incrollabile convinzione che la potenza di Dio è invincibile, la sua volontà avrà sicuro successo, e la sua promessa e capacità di premiare la fedeltà sono certe. (Ebr. 11:1, 6; I Cor. 15:13, 14, 19) Solo in questo modo si possono prendere decisioni giuste circa la condotta da seguire, senza lasciarsi sviare da timore, avidità, desideri immorali e altri sentimenti nocivi. — Prov. 2:6-16; 3:21-26; 8:34-36; 13:14; 24:13,14; Isa. 33:2, 6.
Il cuore è più importante della mente
L’intelligenza ovviamente è un importante coefficiente della sapienza, eppure il cuore, che ha rilevante relazione con i motivi e gli affetti, è chiaramente più importante per acquistare vera sapienza. (Sal. 49:3, 4; Prov. 14:33) Il servitore di Dio vuole avere “completa sapienza” nel suo “intimo”, avere motivi saggi nel programmare la sua vita. (Confronta Salmo 51:6, 10; 90:12). “Il cuore del saggio è alla sua destra [vale a dire, è pronto ad aiutarlo e proteggerlo in momenti critici (confronta Salmo 16:8; 109:31)], ma il cuore dello stupido [è] alla sua sinistra [non gli provvede la buona motivazione necessaria]”. (Eccl. 10:2, 3; confronta Proverbi 17:16; Romani 1:21, 22). La persona veramente saggia addestra e disciplina il proprio cuore a provvedere la giusta motivazione (Prov. 23:15, 16, 19; 28:26); è come se avesse scritto leggi e comandamenti giusti ‘sulla tavoletta del suo cuore’. — Prov. 7.1-3; 2.2, 10.
Esperienza e buone compagnie
L’esperienza accresce notevolmente la saggezza. Anche Gesù acquistò ulteriore sapienza man mano che cresceva. (Luca 2:52) Mosè assegnò come capitribù uomini che erano “saggi e discreti ed esperti”. (Deut. 1:13-15) Subendo una punizione o vedendo altri che la ricevono si acquista una certa saggezza (Prov. 21:11), ma un modo migliore e più rapido di acquistare sapienza è quello di approfittare e imparare dall’esperienza di chi è già saggio, preferendo la sua compagnia a quella degli “inesperti”. (Prov. 9:1-6; 13:20; 22:17, 18; confronta II Cronache 9:7). Le persone anziane, specie quelle che manifestano lo spirito di Dio, con maggiore probabilità possiedono tale saggezza. Questo fu illustrato in modo notevole all’epoca di Roboamo. (I Re 12:5-16) Tuttavia “è meglio un fanciullo bisognoso ma saggio [relativamente parlando] che un re vecchio ma stupido, che non è giunto a conoscere abbastanza da essere più avvertito”. — Eccl. 4:13-15.
Alle porte della città (che spesso avevano piazze adiacenti) gli anziani davano saggi consigli e prendevano decisioni giudiziarie. (Confronta Proverbi 1:20, 21; 8:1-3). Di solito in un’atmosfera del genere non si udiva la voce degli sciocchi (né per chiedere sapienza né per impartirla): essi andavano altrove a chiacchierare. (Prov. 24:7) Anche se stando in compagnia dei saggi si può essere disciplinati e a volte rimproverati, questo è molto meglio del canto e delle risa dello stupido. (Eccl. 7:5, 6) Chi si isola, seguendo la propria limitata, ristretta veduta della vita e i propri desideri egoistici, finirà per prendere un indirizzo totalmente contrario alla saggezza. — Prov. 18:1.
Si rivela nel comportamento e nel modo di parlare
Proverbi 11:2 afferma che “la sapienza è coi modesti”; Giacomo parla della “mansuetudine che appartiene alla sapienza”. (Giac. 3:13) Gelosia e spirito di contraddizione, vanteria e ostinazione manifestano la mancanza di vera sapienza di chi si lascia invece guidare da una sapienza che è “terrena, animale, demonica”. La vera sapienza è “pacifica, ragionevole, pronta a ubbidire”. (Giac. 3:13-18) “La verga della superbia è nella bocca dello stolto, ma le medesime labbra dei saggi li guarderanno”. Saggiamente essi evitano le parole presuntuose, aspre o avventate. (Prov. 14:3; 17:27, 28; Eccl. 10:12-14) Dalla lingua e dalle labbra dei saggi escono parole ben meditate, salutari, piacevoli e benefiche (Prov. 12:18; 16:21; Eccl. 12:9-11; Col. 3:15, 16) ed essi, invece di causare guai, cercano di calmare e ‘guadagnare anime’ facendo saggia opera di persuasione. — Prov. 11:30; 15:1-7; 16:21-23; 29:8.
Nella famiglia
La sapienza edifica una casa, non l’edificio soltanto, ma la famiglia e la felice vita in comune. (Prov. 24:3, 4; confronta Proverbi 3:19, 20; Salmo 104:5-24). I genitori saggi non trattengono la verga e la riprensione, ma mediante la disciplina e i consigli proteggono i figli dal commettere errori. (Prov. 29:15) La moglie saggia contribuisce enormemente al successo e alla felicità della famiglia. (Prov. 14:1; 31:26) I figli che saggiamente si sottomettono alla disciplina dei genitori recano gioia e onore alla famiglia, ne sostengono la reputazione contro calunnie e accuse, e dimostrano ad altri l’addestramento ricevuto e la sapienza del proprio padre. — Prov. 10:1; 13:1; 15:20; 23:24, 25; 27:11.