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  • Sansone
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • spirito di Dio. Questo dimostra che non era andato in casa della prostituta per scopi immorali. A questo proposito il commentatore Paulus Cassel osserva: “Sansone non si recò a Gaza per andare da una meretrice: infatti viene detto che [‘Sansone andò a Gaza e lì vide una prostituta ed entrò da lei’]. Ma quando volle trascorrere la notte [a Gaza], non c’era per lui, il nemico nazionale, altra alternativa che alloggiare presso la [prostituta].... La sua permanenza è descritta in linguaggio non diverso da quello impiegato a proposito della sosta degli esploratori in casa di Raab. Le parole, [‘vide una prostituta’], indicano solo che quando vide una donna di quella categoria, seppe dove poteva trovare riparo per la notte”. (J. P. Lange, A Commentary on the Holy Scriptures, nella traduzione di Philip Schaff, Il Libro dei Giudici, p. 212) Inoltre, si noti, viene detto che ‘Sansone continuò a giacere fino a mezzanotte’ e non ‘Sansone continuò a giacere con lei fino a mezzanotte’.

      TRADITO DA DALILA

      Dopo questo episodio Sansone si innamorò di Dalila. (Vedi DALILA). Per guadagno materiale essa cercò di scoprire il segreto della forza di Sansone. Tre volte egli le diede risposte ingannatrici. Ma a motivo della fastidiosa insistenza di lei, alla fine cedette e le rivelò che la sua forza derivava dal fatto che era nazireo dalla nascita. Essa allora si mise in contatto coi filistei onde avere la ricompensa per consegnarlo loro. Mentre Sansone dormiva sulle sue ginocchia, Dalila gli rase i capelli. Al suo risveglio, egli non aveva più lo spirito di Geova, poiché si era lasciato attirare in una situazione che provocò l’interruzione del suo nazireato. La sua forza non dipendeva dai capelli stessi, ma da ciò che rappresentavano, cioè la speciale relazione che Sansone aveva con Geova essendo nazireo. Con la fine di quella relazione, Sansone non era diverso da qualsiasi altro uomo. Perciò i filistei lo poterono accecare, legare con ceppi di rame e costringere a far girare la macina nella prigione. — Giud. 16:4-21.

      Mentre Sansone languiva in prigione i filistei disposero di tenere un grande sacrificio in onore del loro dio Dagon, a cui attribuivano il successo di aver catturato Sansone. Grandi folle, inclusi tutti i signori dell’asse, si radunarono nella casa usata per l’adorazione di Dagon. Sul tetto soltanto c’erano tremila uomini e donne. Gli allegri filistei fecero condurre fuori della prigione Sansone, i cui capelli nel frattempo erano ricresciuti, perché contribuisse al loro divertimento. Giunto sul posto Sansone chiese al ragazzo che lo accompagnava di lasciargli toccare le colonne che sostenevano l’edificio. Quindi pregò Geova: “Ricordati di me, ti prego, e rafforzami, ti prego, solo questa volta, o tu, il vero Dio, e fammi vendicare sui filistei con la vendetta per uno dei miei due occhi”. (Giud. 16:22-28) Può darsi che abbia pregato per vendicarsi di uno dei suoi occhi riconoscendo che la loro perdita era dovuta in parte al suo stesso errore. O può darsi che ritenesse impossibile vendicarsi completamente essendo rappresentante di Geova.

      Sansone si appoggiò alle due colonne di sostegno e “si curvò con potenza”, facendo crollare la casa. Questo provocò la sua stessa morte e quella di più filistei di quanti non ne avesse uccisi in tutta la sua vita. I parenti lo seppellirono “fra Zora ed Estaol nel luogo di sepoltura di Manoa suo padre”. Quindi Sansone morì fedele a Geova dopo aver giudicato Israele per vent’anni. Perciò il suo nome viene giustamente menzionato insieme a quello di uomini che, grazie alla fede, furono resi potenti. — Giud. 15:20; 16:29-31; Ebr. 11:32-34.

  • Santa contribuzione
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    • Santa contribuzione

      Parte di terra inclusa nella visione di Ezechiele della divisione della Terra Promessa. Ciascuna delle dodici tribù eccetto quella di Levi (Efraim e Manasse prendevano il posto di Giuseppe, riportando il numero a dodici) ricevette un appezzamento di terra che si estendeva da E a O per tutta la larghezza del paese. A S della parte di Giuda, che era la settima da N, c’era la “santa contribuzione”. (Ezec. 48:1-8) Il confine N di questa striscia di terra corrispondeva al confine S dell’appezzamento di Giuda; a S confinava con la parte di Beniamino, la quinta da S. (48:23-28) (Si tenga presente che le misure indicate in Ezechiele capitoli 40-48 sono in cubiti lunghi. — Ezec. 40:5). La santa contribuzione era larga 25.000 cubiti (13 km) da N a S. Doveva essere provveduta dalla popolazione per uso governativo. Nel mezzo della santa contribuzione c’era il santuario di Geova. — 48:8.

      Il santuario si trovava nel mezzo di una sezione quadrata di 25.000 cubiti per lato. Il resto della striscia di terra a E e a O di questa sezione quadrata consisteva di due parti (larghe 25.000 cubiti) destinate al capotribù. (Ezec. 48:20-22) La sezione quadrata era divisa come segue: lungo il confine N c’era una striscia larga 10.000 cubiti (km 5,2), per i leviti, che non poteva essere venduta o scambiata. (48:13, 14) A S della parte per i leviti c’era una striscia di 10.000 cubiti, una contribuzione a Geova per i sacerdoti, “una contribuzione dalla contribuzione”. Qui c’era il santuario. (48:9-12) Rimaneva una striscia larga 5.000 cubiti (km 2,6) a S. Nel mezzo di questa c’era la città chiamata “Geova stesso è lì”. La città, quadrata, misurava 4.500 cubiti (km 2,2) per lato, aveva dodici porte, e tutto intorno un pascolo largo 250 cubiti (130 m). Il resto del quadrato di 25.000 cubiti per lato, cioè 10.000 cubiti a E della città e 10.000 cubiti a O (per una larghezza di 5.000 cubiti) era considerato profano, e le tribù di Israele lo dovevano coltivare per provvedere i viveri per la città. — 48:15-19, 30-35.

  • Santa devozione
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Santa devozione

      Riverenza, adorazione e servizio resi a Dio, insieme a lealtà alla sua sovranità universale. Nelle Scritture ricorrono il sostantivo greco eusèbeia e aggettivi, avverbi e forme verbali affini. Il sostantivo com’è usato nella Bibbia significa alla lettera “qualità di chi è ben riverente”, e si applica alla riverenza o devozione per ciò che è veramente santo e giusto. L’antonimo di “santa devozione” è “empietà” o “irriverenza” (gr. asèbeia). L’Expository Dictionary of New Testament Words di Vine fa un confronto fra anomìa, “illegalità” (II Cor. 6:14; qui contrapposta a giustizia) e asèbeia, “empietà” (Tito 2:12; qui contrapposta a santa devozione). Viene osservato che anomìa significa mancanza di riguardo o disprezzo per le leggi di Dio, mentre asèbeia denota lo stesso atteggiamento nei confronti della persona di Dio. Quindi si comprende che l’uso biblico dell’espressione “santa devozione” si riferisce a devozione a Geova Dio in persona. A ragione l’apostolo Pietro ci assicura che tutte le cose che concernono la santa devozione dipendono dall’accurata conoscenza di Dio. — II Piet. 1:3.

      La forma verbale eusebèin è usata in I Timoteo 5:4 a proposito del comportamento di figli e nipoti nei confronti della propria madre o nonna vedova. Dio ha stabilito la disposizione familiare (Efes. 3:14, 15) e la Bibbia paragona la casa di Dio alla cerchia familiare. Perciò la riverenza o santa devozione nelle relazioni familiari di una casa cristiana in realtà sarebbe riverenza a Dio e ubbidienza ai comandi di Dio relativi alla

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