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  • Il prezzo della violazione della legge di Dio
    La Torre di Guardia 1964 | 15 gennaio
    • malattie veneree, alcolismo, uso di stupefacenti e cancro dei polmoni! Oltre a ciò, pensate al danno recato al corpo e alla sua salute da nocive emozioni come invidia, avidità, egoistica ambizione, odio, paura e preoccupazione. Sì, il corpo è uno, quindi ciò che danneggia il corpo danneggia la mente, e ciò che danneggia la mente danneggia il corpo; tutto in armonia con quello che è chiamato principio psicosomatico. La Bibbia stessa riconosce questo principio: “Un cuore allegro è un buon rimedio, ma uno spirito abbattuto secca l’ossa”. “Lo spirito dell’uomo lo sostiene quand’egli è infermo; ma lo spirito abbattuto chi lo solleverà?” “L’empio fugge senza che alcuno lo perseguiti, ma il giusto se ne sta sicuro come un leone”. — Prov. 17:22; 18:14; 28:1, VR.

      Come la violazione della legge di Dio provoca corruzione fisica, provoca similmente corruzione morale. Nella misura che la persona si abbandona al peccato diviene volgare, grossolana, dura e caparbia. Attenua le sue sensibilità; diminuisce la propria abilità o capacità di apprezzare le cose belle, pure, buone e nobili della vita. Come decadde rapidamente Adamo dopo aver infranto la legge di Dio! Che sfacciata ingratitudine, biasimare Dio, che gli aveva dato tutto ciò che aveva, e sua moglie, con cui era “una sola carne”! Riconoscendo questa tendenza, i sociologi, anche quelli che non si interessano particolarmente delle norme morali della Bibbia, sostengono, ciò nonostante, la castità prima del matrimonio, poiché le prospettive di felicità nel matrimonio sono maggiori quando entrambi lo contraggono nello stato verginale. Sì, il peccato “determina” la personalità, per cui quando si è commessa una volta una grave violazione della legge di Dio molto probabilmente non si sarà più gli stessi, anche se il pentimento è stato sincero.

      IL PREZZO FINALE: LA MORTE

      In conclusione, vi è il prezzo finale per aver violato la legge di Dio, la morte. Per aver fatto questo, Adamo doveva tornare alla terra da cui era stato tratto: “Sei polvere, e in polvere ritornerai”. Dio aveva ammonito: “Nel giorno che tu ne mangerai [del frutto proibito], per certo morrai”, e Adamo ed Eva riscontrarono che questo avvertimento era verace. Durante uno dei giorni di mille anni di Dio Adamo ed Eva morirono, in quanto egli visse fino all’età di 930 anni. Tutti i loro discendenti nascono peccatori e sono tutti morituri. — Gen. 3:19; 2:17, VR; Rom. 5:12; 2 Piet. 3:8.

      Ad Adamo non fu detto che la sua anima sarebbe andata in cielo o in un inferno di fuoco, poiché Adamo era un’anima, non aveva un’anima. “L’Eterno Iddio formò l’uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale, e l’uomo divenne un’anima vivente”. “L’anima che pecca è quella che morrà”. “Il salario che il peccato paga è la morte”. Quando si parla di fuoco in relazione con la punizione per il peccato, il contesto indica invariabilmente che è usato come simbolo di distruzione. — Gen. 2:7; Ezech. 18:20, VR; Rom. 6:23.

      Il Creatore, Geova Dio, è veramente rivendicato come Sovrano Legislatore e Giudice dando giuste leggi alle sue creature ed esigendo che ubbidiscano a queste leggi. Violarle reca cattivi risultati. Osservare le leggi di Dio è la via della sapienza, poiché tiene conto del diritto di Dio di dettar legge alle sue creature a motivo del fatto che è il loro Creatore e Padrone e a motivo della sua potenza. Gli attribuisce anche il credito di sapere ciò che è meglio e desiderare altruisticamente ciò che è meglio per loro. Questa è la condotta della vera sapienza, poiché riguardo all’ubbidienza ai comandamenti e alle leggi di Dio leggiamo: “Figliuol mio, non dimenticare il mio insegnamento, e il tuo cuore osservi i miei comandamenti, perché ti procureranno lunghi giorni, anni di vita e di prosperità”. E insieme agli anni di pace vi è la felicità. “Beato l’uomo che ha trovato la sapienza”, e “quei che la ritengon fermamente sono beati”. — Prov. 3:1, 2, 13, 18, VR.

  • Responsabilità familiari per mantenere pura l’adorazione di Geova
    La Torre di Guardia 1964 | 15 gennaio
    • Responsabilità familiari per mantenere pura l’adorazione di Geova

      PER preservare la purezza dell’adorazione di Geova, la Bibbia dà alla congregazione cristiana la responsabilità di ‘rimuovere l’uomo malvagio di mezzo ad essa’. (1 Cor. 5:13) Questa espulsione, disassociazione o scomunica dalla visibile organizzazione di Dio preserva la Sua pura adorazione, è una protezione per tutta la congregazione, e può anche indurre il malfattore a pentirsi delle sue empie opere e a riconciliarsi con Dio. — 2 Cor. 7:10.

      Nell’edizione del 15 dicembre 1963 della rivista La Torre di Guardia, furono considerati i princìpi scritturali inerenti alla disassociazione, o scomunica. Lo scopo di tale procedura, le conseguenze per i disassociati, e l’atteggiamento che devono avere altri membri della congregazione cristiana furono considerati in base alla Parola di Dio. I princìpi sono definiti, chiari e facilmente comprensibili se il disassociato non è parente di altri membri della congregazione cristiana. Ogni associazione con lui è troncata.

      Ma che dire dei parenti di colui che è espulso? Quale dev’essere l’atteggiamento di coloro che hanno legami familiari o di sangue con lui? Esaminando le responsabilità dei membri della famiglia per mantenere pura l’adorazione di Geova, vi sono due situazioni da considerare. Una è il caso in cui i parenti che hanno una buona reputazione nella congregazione non vivono sotto lo stesso tetto del disassociato; cioè i parenti non fanno parte della stessa cerchia familiare. L’altra situazione è il caso in cui coloro che hanno buona reputazione vivono sotto lo stesso tetto del disassociato, cioè il disassociato fa parte della stessa cerchia familiare.

      PARENTI CHE NON FANNO PARTE DELLA STESSA CERCHIA FAMILIARE

      La disassociazione di un parente non annulla i naturali vincoli di sangue. Tuttavia, è bene comprendere che solo i rapporti assolutamente necessari nelle cose relative a interessi familiari si dovrebbero avere col disassociato che vive fuori della cerchia familiare.

      Il principio ora esposto è simile a quello menzionato nell’edizione del 15 dicembre 1963 de La Torre di Guardia, a pagina 762, dov’è spiegato che i cristiani che lavorano nella stessa ditta con un disassociato non conversano con lui, se ciò non è necessario per compiere il lavoro, e quindi la conversazione è limitata al lavoro. Nel caso del parente disassociato che non abita nella stessa casa, i rapporti con lui sono pure limitati a ciò che è assolutamente necessario. Come per il lavoro secolare, questi rapporti sono limitati e anche eliminati completamente se è possibile.

      Un punto importante da notare è che, benché vi siano vincoli naturali che possono giustificare rapporti occasionali, i

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