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  • Onora Geova con la tua sostanza
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1950
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  • I FAVORI DIVINI NON SI COMPRANO
La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1950
w50 15/11 pp. 349-352

Onora Geova con la tua sostanza

POICHÉ “l’amor del danaro è radice d’ogni sorta di mali” fecero male gli Israeliti quando cercarono l’oro e l’argento egiziani al tempo dell’esodo? Erano avidi di bottino, bramando la ricchezza materiale che li avrebbe potuti indurre a errare dai sentieri di Geova ed esser trafitti da molti dolori? (1 Tim. 6:10) Era questo “prendere in prestito” all’ultimo minuto dagli Egiziani effettivamente un’astuta rapina, dato che gli Israeliti non s’aspettavano di ritornare in Egitto o ripagare gli Egiziani? Un’inchiesta dei motivi degli Israeliti li esclude da ogni colpo criminale, li rende puri da ogni insaziabile amore del denaro in cui sarebbe potuto radicarsi il male o dolore futuro.

Richiamate alla mente il racconto storico. Gli Israeliti erano stati in Egitto per duecentoquindici anni, e nell’ultimo secolo di quel tempo erano stati grandemente oppressi come lavoratori schiavi senza paga. Ora erano sull’orlo della libertà, libertà dalla schiavitù egiziana, e Geova Dio determinò che non se ne andassero a mani vuote. “Or i figliuoli d’Israele aveano fatto secondo la parola di Mosè: e aveano chiesto agli Egizj vasellamenti di argento, e vasellamenti d’oro, e vestimenti. E il Signore avea renduto grazioso il popolo agli Egizj, onde essi gli aveano prestate quelle cose. Così, spogliarono gli Egizj”. (Eso. 12:35, 36, Diodati) Ma invece di dire che gli Egiziani “aveano prestate quelle cose” la Versione Riveduta afferma “che gli dettero quel che domandava”: Gli Israeliti semplicemente raccoglievano una parte di ciò che loro spettava dei salari precedenti, e Geova Dio sostenne la loro giusta causa.

Mostrarono gli Israeliti un amore egoista per questa ricchezza acquistata e l’accumularono? oppure ci specularono per raddoppiarla o triplicarla? No; circa tre mesi dopo che avevano raccolto questa paga arretrata fecero grandi contribuzioni per la causa teocratica. “Poi Mosè parlò a tutta la raunanza de’ figliuoli d’Israele, e disse: ‘Questo è quello che l’Eterno ha ordinato: Prelevate da quello che avete, un’offerta all’Eterno; chiunque è di cuor volenteroso recherà un’offerta all’Eterno: oro, argento, rame. E tutti quelli che il loro cuore spingeva e tutti quelli che il loro spirito rendea volenterosi, vennero a portare l’offerta all’Eterno per l’opera della tenda di convegno, per tutto il suo servizio e per i paramenti sacri”. (Eso. 35:4, 5, 21; 25:1-3) Non solo contribuirono ricchezza materiale ma tempo ed energia per l’opera del tabernacolo. Così generosamente diedero che gli operai vennero a Mosè e dissero: “Il popolo porta molto più di quel che bisogna per eseguire i lavori che l’Eterno ha comandato di fare”. Il racconto continua: “Allora Mosè dette quest’ordine, che fu bandito per il campo: ‘Né uomo né donna faccia più alcun lavoro come offerta per il santuario’. Così s’impedì che il popolo portasse altro. Poiché la roba già pronta bastava a fare tutto il lavoro, e ve n’era d’avanzo”. — Eso. 36:1-7.

Quindi per provvedere un luogo di assemblea teocratica gli Israeliti usarono la loro sostanza materiale, una parte di cui era ciò che avevan chiesto agli Egiziani quattro mesi prima. Circa quattrocentosessantacinque anni dopo gli Israeliti furono di nuovo invitati a contribuire per la costruzione di un altro luogo di assemblea, questa volta un tempio che sarebbe stato edificato da Salomone in Gerusalemme. Perché avevano posto la loro affezione sull’adorazione di Geova e un luogo in cui compierla, Davide e gli uomini preminenti e il popolo generalmente ‘offrivano volenterosamente a Geova’. A Suo profitto? Risponda uno dei principali contributori, il re Davide: “A te, o Eterno, la grandezza, la potenza, la gloria, lo splendore, la maestà, poiché tutto quello che sta in cielo e sulla terra è tuo! A te, o Eterno, il regno; a te, che t’inalzi come sovrano al disopra di tutta le cose! Poiché chi son io, e chi è il mio popolo, che siamo in grado di offrirti volenterosamente cotanto? Giacché tutto viene da te; e noi t’abbiam dato quello che dalla tua mano abbiam ricevuto”. — 1 Cron. 29:3, 6, 9, 11, 14.

Passano cinquecento anni, e una volta ancora gl’Israeliti prendono dalle loro sostanze per onorare il Signore aiutando a riedificare la sua vera adorazione in Gerusalemme. Per settant’anni la terra era stata desolata, il tempio raso al suolo. Ma ora la cattività di Babilonia è storia, e in quest’anno 537 a.C. il re Ciro di Persia ha proclamato ai Giudei la libertà di ritornare a Gerusalemme e riedificare il tempio di Geova. A quelli che non ritornavano per prendere parte attiva nell’opera di ricostruzione Ciro disse: “Tutti quelli che rimangono ancora del popolo dell’Eterno, in qualunque luogo dimorino, la gente del luogo li assista con argento, con oro, con doni in natura, bestiame, aggiungendovi offerte volontarie per la casa dell’Iddio ch’è a Gerusalemme”. (Esdra 1:1-4) I Giudei che erano rimasti a Babilonia contribuirono in gran quantità oro e argento, doni in natura e bestiame da soma, e perfino il re Ciro promosse la causa restituendo i vasi del tempio tolti da esso da Nebucadnetsar anni prima.

Nel tempio vi era un luogo per le contribuzioni, quelle volontarie, dove una persona poteva dare secondo le sue possibilità senza pubblicità imbarazzante o mostra di sé. (Mar. 12:41-44) Paolo raccoglieva i fondi all’occasione per l’opera di assistenza e altri scopi teocratici. (1 Cor. 16:1-4; 2 Cor. 9:1-15) Tali collette nei giorni della nazione d’Israele e nei tempi apostolici erano teocratiche e benedette da Dio, ma uomini cupidi hanno afferrato l’idea delle collette di denaro e le hanno pervertite per soddisfare la loro propria avidità. Il profeta Michea frustò ‘i sacerdoti che insegnano per un salario, e i profeti che fanno predizioni per danaro’, e Isaia condannò i ‘falsi pastori che come cani ingordi non erano mai satolli ma miravano sempre al proprio interesse dal primo all’ultimo’. — Mich. 3:11; Isa. 56:11.

Le religioni moderne della sedicente cristianità hanno dato similmente alle collette un’amara nota. Sotto l’aspetto di varie offerte quelli del clero passano il piatto parecchie volte durante i loro servizi. Alcuni fanno perfino pagare l’ammissione in chiesa. Molti piani vengono tramati per prendere il denaro ai parrocchiani, persino il giuoco d’azzardo. Essi fanno commercio dei favori di Dio, vendendo preghiere, indulgenze, assoluzioni, e affrettano il viaggio dal “purgatorio” al cielo per una ricompensa di denaro. I biglietti per il viaggio in cielo non si comprano con danaro. Cristo Gesù mostrò quanto fosse difficile per un uomo ricco entrarvi. (Matt. 19:24) Infatti ripensate all’evento citato al principio di questo articolo. Ricordate come gli Israeliti contribuirono generosamente per l’erezione del tabernacolo nel deserto? Diedero così liberalmente che Mosè dovette far cessare le loro offerte; eppure le loro contribuzioni non comprarono il favore e la benedizione di Dio. Le loro donazioni non comprarono loro nemmeno l’entrata nella Terra Promessa, perché a tutti gli adulti, eccetto qualcuno, fu proibito d’entrarvi a causa dei loro peccati in altre cose. Le loro contribuzioni non fecero guadagnare loro l’assoluzione né la grazia divina.

Il denaro è divenuto il dio di molti, specialmente in questi “ultimi giorni”. La Bibbia non è sollecita verso i ricchi, ma dice: “A voi ora, o ricchi; piangete e urlate per le calamità che stanno per venirvi addosso! Le vostre ricchezze son marcite, e le vostre vesti son rose dalle tignuole. Il vostro oro e il vostro argento sono arrugginiti, e la loro ruggine sarà una testimonianza contro a voi, e divorerà le vostre carni a guisa di fuoco”. (Giac. 5:1-3) Nel secondo capitolo il discepolo Giacomo condannò le congregazioni cristiane che cadevano nella cattiva abitudine di mostrare parzialità ai ricchi e ripudiare i poveri con deprezzante alterezza. La ricchezza accumulata non libererà il suo proprietario negli “ultimi giorni”, non lo libererà più dell’oro e l’argento idolizzati dai Giudei al tempo della caduta di Gerusalemme. Di questo leggiamo: “Tutte le mani diverranno fiacche, tutte le ginocchia si scioglieranno in acqua. E si cingeranno di sacchi, e lo spavento sarà la loro coperta; la vergogna sarà su tutti i volti, e avran tutti il capo rasato. Getteranno il loro argento per le strade, e il loro oro sarà per essi una immondezza; il loro argento e il loro oro non li potranno salvare nel giorno del furore dell’Eterno; non potranno saziare la loro fame, né empir loro le viscere, perché furon quelli la pietra d’intoppo per cui caddero nella loro iniquità”. “Né il loro argento né il loro oro li potrà liberare nel giorno dell’ira dell’Eterno; ma tutto il paese sarà divorato dal fuoco della sua gelosia; giacché egli farà una totale, una subitanea distruzione di tutti gli abitanti del paese”. — Ezech. 7:17-19 e Sof. 1:18.

I FAVORI DIVINI NON SI COMPRANO

E benché la Gerarchia Cattolica Romana dispensi l’ufficio di cardinale con attaccato un cartellino d’alto prezzo e altrimenti esiga denaro per ciò che pretende siano favori di Dio, non può trovare nessun precedente per un tale commercialismo religioso nel caso dell’apostolo Pietro, diffamato sovente come primo papa. Pietro agì proprio in modo opposto, com’è dimostrato nel caso di Simone, che cercò di comprare un dono di Dio. Leggiamo in Atti 8:18-21: “Or Simone, vedendo che per l’imposizione delle mani degli apostoli era dato lo spirito santo, offerse loro del danaro, dicendo: Date anche a me questa podestà, che colui al quale io imponga le mani riceva lo spirito santo. Ma Pietro gli disse: Vada il tuo danaro teco in perdizione, poiché hai stimato che il dono di Dio si acquisti con danaro. Tu, in questo, non hai parte né sorte alcuna; perché il tuo cuore non è retto dinanzi a Dio”.

Da quanto sopra è chiaro che il denaro non può comprare i favori di Dio, non può comprare la liberazione dall’ira di Geova negli “ultimi giorni”. Eppure contribuzioni vengono fatte ad organizzazioni che fedelmente promuovono gli interessi del regno di Geova. Con quale beneficio per il contributore? Per una cosa, può con ciò mostrare sapienza nell’usare i suoi beni materiali, che sarebbe un’indicazione che userebbe pure saggiamente altre possessioni o qualità all’onore di Geova. Questo è dimostrato in Luca 16:9-11: “Fatevi degli amici delle ricchezze ingiuste; acciocché quando verrete meno, vi ricevano ne’ tabernacoli eterni. Chi è leale nel poco, è anche leale nell’assai; e chi è ingiusto nel poco, è anche ingiusto nell’assai. Se dunque voi non siete stati leali nelle ricchezze ingiuste, chi vi fiderà le vere?” — Diodati.

Altre traduzioni, come la Versione Riveduta e Cocorda, rendono il testo in modo da riferirsi alla mancanza delle ricchezze ingiuste o denaro piuttosto che alla morte dell’individuo; ma in entrambi i casi il principio rimane lo stesso, cioè, che il saggio uso della sostanza materiale guadagnerà un’amichevole attenzione da parte di Dio e Cristo e indica che siccome uno usa fedelmente il denaro gli si può anche affidare le vere ricchezze. Ricchezze vere come gl’interessi del Regno, i privilegi di provare l’integrità verso Dio e aver parte nella Sua rivendicazione. Il denaro è poco di fronte a tali ricchezze; perché non possiede già Iddio questa terra materiale e la sua pienezza, come i cieli illimitati? Il saggio uso delle ricchezze ingiuste ci raccomanderà come recipienti delle vere ricchezze, che in cambio ci apriranno la via per abitare eternamente nel nuovo mondo di Geova. Quindi dare le ricchezze ingiuste non è abbastanza; le vere ricchezze devono essere saggiamente amministrate.

Ancora, il fatto che la donazione di denaro in se stessa è insufficiente per guadagnare la salvezza è dimostrato con chiarezza da Cristo Gesù. In un’occasione un giovane si avvicinò a Gesù e chiese: “Maestro, che farò io di buono per aver la vita eterna?” Il punto culminante della risposta di Gesù fu: “Va, vendi, ciò che hai e dàllo ai poveri, ed avrai un tesoro nei cieli; poi, vieni e seguitami”. Il giovane se ne andò rattristato, perché aveva dei gran beni. Questo mostra due cose: non solo era necessario che il giovane usasse altruisticamente le ricchezze ingiuste o denaro, ma era anche necessario che seguisse quindi Gesù. Questo significava predicare il vangelo del Regno. Evidentemente, il saggio uso del suo denaro era soltanto l’inizio; doveva essere seguito dall’attività di predicazione come quella di Cristo. — Matt. 19:16-22.

Come una interessante e illuminante luce sussidiaria, notate come è differente dall’atteggiamento di Cristo Gesù quello di monsignor Fulton J. Sheen. Quando sollecitava per milioni di dollari per carità cattoliche, di questo clericale dalla lingua suadente, destra, aggressiva era riportato nel Times di New York del 28 marzo 1949 come segue: “Egli ha detto che la carità non consiste nel ‘rinunziare’ a tutto ma nello ‘scambiare la ricchezza temporale con la ricchezza spirituale’. Coloro che sono beneficiati dai fondi contribuiti alla Carità Cattolica, ha spiegato, diventeranno ‘intercessori speciali, avvocati di difesa nel regno di Dio’ per le persone che contribuiscono all’appello. ‘Ai cattolici di New York non si chiede di rinunziare a $2.500.000,’ ha detto monsignor Sheen. ‘La Carità Cattolica non fa campagne per la raccolta di denaro. Essa conduce a uno scambio. Questa settimana i santi sono per la vendita. Questa è la settimana degli affari nel regno di Dio,’”. Ma la “santità” non si vende, nonostante la fraudolenta “settimana degli affari” di Sheen. I cattolici di New York non possono comperare la loro via al Regno, non più del giovane ricco diciannove secoli fa.

Com’è dichiarato in Proverbi 3:9, i Cristiani possono ‘onorare Dio con le loro sostanze’. (Ricciotti) Questo è una parte del loro servizio a Dio, ma solo una parte. Essi devono provare la loro completa devozione a Dio e Cristo, servendo con tutto il cuore, la mente, l’anima e la forza. Questo significa non soltanto saggio e altruistico uso dei beni materiali, ma fedele uso del tempo, delle facoltà mentali e le energie fisiche. Oltre a contribuire finanziariamente per il mantenimento delle sale o luoghi di adunanza come fecero gli Israeliti; oltre a condividere le spese per l’espansione nell’opera di predicazione dell’evangelo in altre nazioni come fecero i Giudei che non ritornavano a Gerusalemme nei giorni di Ciro; oltre ad aiutare i fratelli poveri direttamente o per mezzo di programmi di assistenza come facevano i primi Cristiani sotto la sorveglianza di Paolo, i Cristiani oggi avanzano sulle orme di Cristo Gesù, seguendo il sentiero della predicazione del Regno tracciato da lui

In nessuna di queste esigenze teocratiche Geova Dio è avido e cupido. Da quelli che hanno molto, molto è richiesto; eppure ciò non aumenta la ricchezza del grande Proprietario dell’universo. Il suo guadagno è altrettanto grande se proviene da quelli che hanno poco, da cui poco è richiesto, sia esso sostanza materiale o tempo o energia. Il suo compiacimento per la nostra piena e completa devozione è che ciò prova Satana un bugiardo, il quale vituperò Iddio reputandolo incapace di avere uomini fedeli sulla terra dedicati altruisticamente a Lui. “Figliuol mio, sii savio e rallegrami il cuore, così potrò rispondere a chi mi vitupera”. (Prov. 27:11) Quindi mentre noi possiamo e dovremmo ‘onorare il Signore con le nostre sostanze’ secondo la nostra abilità, non dovremmo cadere nel laccio religioso di pensare che il denaro compri la nostra salvezza. Ricordate che il pagamento delle decime non era il solo comando dato ad Israele sotto la Legge; era soltanto una delle tante esigenze. Così la nostra devozione a Geova ora deve essere dimostrata in molti modi diversi per essere piena e completa. Soprattutto, dobbiamo predicare l’evangelo del Regno stabilito. E se facendo ciò possono essere usati i nostri beni materiali per promuovere quest’opera possiamo rallegrarci di ‘onorare Geova con le nostre sostanze’.

“Dia ciascuno secondo che ha deliberato in cuor suo; . . . perché Iddio ama un donatore allegro”. — 2 Cor. 9:7.

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