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Che cosa intese dire il saggio?La Torre di Guardia 1978 | 1° marzo
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Come indica qui Salomone, la giustizia umana può essere fiacca e le corti umane possono essere penosamente lente o anche negligenti nell’eseguire la sentenza contro le opere cattive. Non essendo puniti per la loro illegalità, i malvagi pensano di passarla liscia e perciò si ostinano nelle loro vie cattive. Ma la loro malizia non darà alcun frutto. La loro vita passa in fretta, “come un’ombra”, e nessuna loro macchinazione può prolungarla. D’altra parte, i giusti in realtà non sono in svantaggio per sempre. È vero che gli altri possono rendere loro la vita difficile. Nondimeno, il sano riguardo o “timore” verso il Creatore opera sempre per il proprio beneficio. Il giusto mantiene la coscienza pulita, è contento e soddisfatto di fare quello che sa esser giusto, e, se muore come approvato servitore di Dio, ha la speranza d’esser destato dai morti. Pertanto, in ultima analisi, tutto ‘va a finir bene’ per chi teme Geova Dio.
Se ha fiducia che l’Altissimo ricompenserà quelli che lo temono, l’individuo non si inasprirà quando vede ciò che Salomone descrive poi: “Esiste una vanità che si compie sulla terra, che esistono giusti ai quali accade come per l’opera dei malvagi, ed esistono malvagi ai quali accade come per l’opera dei giusti. Io dissi che anche questo è vanità”. (Eccl. 8:14) La colpa di tale ingiustizia non è di Geova Dio. È “una vanità che si compie sulla terra”, qualcosa di cui sono responsabili gli uomini imperfetti. A volte questo è dovuto alla corruzione delle autorità, altre volte è semplicemente dovuto alla mancanza di conoscenza o di apprezzamento per le eccellenti norme di Dio esposte nella sua Parola.
Chi teme Dio non permette che l’iniquità del mondo guasti la sua gioia di vivere. Comprende che non può cambiare ciò che Dio ha tollerato finora fra gli uomini, e perciò agisce secondo le parole di Salomone: “Io stesso lodai l’allegrezza, perché il genere umano non ha nulla di meglio sotto il sole che mangiare e bere e rallegrarsi, e che esso li dovrebbe accompagnare nel loro duro lavoro nei giorni della loro vita, che il vero Dio ha dati loro sotto il sole”. (Eccl. 8:15) Sì, la cosa migliore nella vita è di mantenere il giusto timore del Creatore pur provando soddisfazione nel lavoro e un sano piacere nel bere e nel mangiare. Chi si preoccupa e si irrita per tutti i mali di questo sistema non fa altro che deludere se stesso e rovinare la sua gioia di vivere. Può rovinare la propria spiritualità e felicità. Agitandoci o lamentandoci non affretteremo la liberazione che sarà recata da Dio quando eliminerà il presente ordine, sostituendolo con un giusto nuovo ordine. — Sal. 37:5-7.
Inoltre, non ci si guadagna nulla a tentar di scoprire qualche regola o formula che spieghi perfettamente e particolareggiatamente perché in questo mondo le cose vanno così. Il saggio re Salomone e altri di molto tempo fa fecero un attento esame degli affari umani. Tuttavia non poterono scoprire tale precisa regola mediante cui determinare cosa attendersi in ciascun caso. Salomone osservò: “Secondo ciò applicai il mio cuore a conoscere la sapienza e a vedere l’occupazione a cui si è impegnati sulla terra, perché c’è uno che non dorme con i suoi occhi, né di giorno né di notte. E vidi tutta l’opera del vero Dio, come il genere umano non può trovare l’opera che è stata fatta sotto il sole; per quanto il genere umano continui a lavorare duramente per cercare, tuttavia non trova. E pure se dicesse d’essere abbastanza saggio da conoscere, non potrebbe trovare”. — Eccl. 8:16, 17.
Si noti che Salomone riferendosi alle cose che avvengono fra il genere umano le chiama “l’opera del vero Dio”. Questo può dirsi perché tutto avviene per il fatto che egli lo permette o lo tollera, ma non perché Dio cominci, sostenga o approvi tutto ciò che si fa. Anche se uno sacrifica il sonno, non può proprio sondare l’intera portata di ciò che Dio fa e tollera nel finale adempimento del suo grandioso proposito. Ecco il pensiero espresso dalla traduzione che Moffatt fa delle parole del re Salomone: “Quando dedicai la mia mente allo studio della sapienza, per studiare tutta la vita affaccendata del mondo, trovai che l’uomo non può afferrare la verità di tutto ciò che Dio fa in questo mondo; compirà sforzi faticosi per raggiungerla, in una febbrile ricerca di giorno e di notte, ma non la troverà mai; il saggio può pensare d’esserle arrivato vicino, ma neppure lui la scoprirà mai”. — Eccl. 8:16, 17.
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Diplomati di Galaad, non venite meno!La Torre di Guardia 1978 | 1° marzo
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Diplomati di Galaad, non venite meno!
L’APOSTOLO Paolo ebbe molte prove. Subì molte persecuzioni. Fu afflitto da malattie fisiche. Molte volte fu privo delle cose materiali. Come reagì dunque? Rimpianse il passato, quando non aveva queste prove? Volle tornare a Tarso? Lo stesso Paolo risponde: “Abbiamo questo ministero . . . non veniamo meno”. — 2 Cor. 4:1.
Con le suddette espressioni Karl Adams, uno degli insegnanti della Scuola di Galaad in cui vengono addestrati missionari, diede inizio a una serie di brevi discorsi rivolti alla sessantatreesima classe di diplomandi. La cerimonia ebbe luogo l’11 settembre 1977 alla Sala dei Congressi dei Testimoni di Geova, situata a Long Island City, New York. Ventitré studenti ricevettero il diploma e le assegnazioni estere.
Un altro insegnante, Ulysses Glass, fece un esempio biblico per ribadire lo stesso punto, cioè di non venir meno. Menzionò l’esempio fatto da Gesù del padre con due figli ai quali chiese di andare a lavorare nella sua vigna. Uno disse che ci sarebbe andato, ma non ci andò. L’altro disse che non ci sarebbe andato, ma ci andò. Quest’ultimo fu quello approvato. Il fratello Glass rammentò quindi agli studenti che essi avevano accettato di andare a lavorare in campi esteri, nella vigna di Geova. Ora dovevano mantenere quella promessa. — Matt. 21:28-31.
A. D. Schroeder indicò che Geova si servì di angeli e profeti, e anche di suo Figlio, Gesù Cristo, per comunicare. Ora i seguaci delle orme di Gesù devono comunicare il suo messaggio ai popoli della terra, parlandone le molte lingue. Gesù promise il successo: “Vi darò una bocca e una sapienza, a cui tutti i vostri oppositori insieme non potranno resistere né contraddire”. — Luca 21:15.
“Perché siete mandati come missionari?” chiese quindi John Booth ai diplomati. Egli rispose per loro alla domanda con le parole di Gesù: “Alzate gli occhi e guardate i campi, che sono bianchi da mietere”. (Giov. 4:35) Uno semina, un altro raccoglie, ed entrambi si rallegrano insieme.
Dopo che Robert Wallen ebbe letto i saluti dei missionari che si trovano già nei campi esteri, i discorsi continuarono. M. G. Henschel li incoraggiò a parlare immediatamente la lingua del paese dove sarebbero andati. Così facendo i missionari che sono nei territori esteri da molto tempo hanno potuto aiutare molti a entrare nelle file dei Testimoni di Geova!
L. A. Swingle rammentò ai diplomati che essi avevano avuto successo compiendo il servizio di pioniere, essendo invitati a Galaad, e ora diplomandosi. Ma perché avevano avuto successo? Per la loro capacità? Lo studio? La perseveranza? Questi fattori contribuiscono al successo, ma la cosa principale è di fare assegnamento su Geova. (Gen. 24:40; 39:2, 3, 23) Chi si attiene alla sua Parola ha successo. (Gios. 1:8; Sal. 1:1-3) Essendo desti e pregando si potrà sopravvivere alla grande tribolazione: “Siate svegli, dunque, supplicando in ogni tempo affinché riusciate a scampare da tutte queste cose destinate ad accadere”. — Luca 21:36.
F. W. Franz, presidente della Watch Tower Society, sottolineò il consiglio di non venir meno, rammentando ai diplomati che erano soldati di Cristo. Come tali in territori esteri avrebbero avuto difficoltà, ma, fu detto loro, “quale eccellente soldato di Cristo Gesù prendi la tua parte nel soffrire il male”. Inoltre, “il frutto del giusto è un albero di vita, e chi guadagna anime è saggio”. (2 Tim. 2:3; Prov. 11:30) “Guadagnare anime, ecco cosa dovete fare”, disse Franz. “Lo farete?”
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