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    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Dio ode la voce del suo servitore

      Coloro che servono Dio con spirito e verità possono invocare Dio con la sicurezza che egli ode la loro voce, in qualunque lingua lo invochino. Inoltre, anche senza emissione di voce letterale, ci si può rivolgere a Dio in silenzio, perché Dio, che conosce il cuore degli uomini, “ode” o presta comunque attenzione. (Sal. 66:19; 86:6; 116:1; I Sam. 1:13; Nee. 2:4) Dio ha udito gli afflitti che gli chiedono aiuto, e ode pure la voce e conosce le intenzioni degli uomini che si oppongono a lui e tramano il male contro i suoi servitori. — Gen. 21:17; Sal. 55:18, 19; 69:33; 94:9-11; Ger. 23:25.

      COSE INANIMATE

      Fra le numerose cose create da Dio, molte non emettono suoni vocali. Ma il vocabolo ebraico qohl (“voce”, “suono”) ricorre a proposito della testimonianza che queste cose prive di voce rendono alla maestà del loro Creatore. (Sal. 19:1-4) Della sapienza personificata viene detto che “continua a far sentire la sua voce” nelle piazze, perché è alla portata di tutti quelli che la cercano, e Dio l’ha fatta annunciare a tutti, così che non c’è scusa per chi non ascolta. — Prov. 1:20-30.

      USO FIGURATIVO

      Il dolore degli abitanti di Gerusalemme di fronte all’attacco babilonese è paragonato alla voce angosciata di una donna sofferente, e “la voce della figlia di Sion”, a quella di una donna che partorisce il primo figlio. (Ger. 4:31) Il nemico avrebbe ridotto Gerusalemme in uno stato così infimo che qualsiasi espressione della sua voce sarebbe provenuta dalla sua posizione di avvilimento come dalla polvere e sarebbe stata simile alla voce sommessa di un medium. (Isa. 29:4) Per mezzo del profeta Geremia, Dio profetizzò inoltre che l’Egitto sarebbe stato sgominato dai babilonesi, i quali sarebbero venuti in forze come taglialegna, per abbattere quella nazione. Essa sarebbe stata atterrata, profondamente umiliata, e gemendo e piangendo in tono sommesso, la sua “voce” o “suono” sarebbe stato basso come quello di un serpente. — Ger. 46:22.

  • Volatile
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    • Volatile

      Vedi UCCELLI.

  • Volpe
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    • Volpe

      [ebr. shu‘àl; gr. alòpex]. Canide che si distingue per il muso appuntito, i larghi orecchi triangolari eretti e la folta coda. La volpe è nota per la sua astuzia, e, forse pensando a questa caratteristica, Gesù Cristo parlò del re Erode come di “quella volpe”. (Luca 13:32) Per sottrarsi ai nemici la volpe si affida più all’astuzia che alla velocità, anche se per breve distanza si dice che possa raggiungere la velocità di 72 km orari.

      Attualmente le popolazioni della Siria e della Palestina non sempre fanno una distinzione fra sciacallo e volpe, e molti ritengono che il nome ebraico shu‘àl possa riferirsi sia alla volpe che allo sciacallo. Diversi traduttori della Bibbia in certi casi hanno reso shu‘àl “sciacallo”.

      Gesù Cristo, nel preavvertire un uomo che desiderava essere suo seguace, richiamò l’attenzione sul fatto che le volpi hanno tane, mentre il Figlio dell’uomo non aveva un posto dove posare il capo. (Matt. 8:20; Luca 9:58) Se non usano una fessura naturale o la tana abbandonata o usurpata di un altro animale, le volpi di solito si fanno una tana scavando una buca nel terreno. Forse a questa caratteristica di scavarsi una tana, la volpe deve il suo nome ebraico shu‘àl, derivato da una radice che significa “scavare (una tana)”.

      Hasselquist, naturalista del XVIII secolo, riferì che nei pressi di Betleem e altrove si dovevano prendere misure per proteggersi dalle incursioni di volpi nei vigneti quando l’uva era matura. (Cant. 2:15) Molti ritengono che nel Salmo 63:10, dove si parla di volpi che hanno una porzione degli uccisi, si tratti in realtà di sciacalli. La lezione “volpi” non è però fuori luogo considerato che anche le volpi si nutrono di carogne.

      [Figura a pagina 1299]

      La volpe, nota per la sua astuzia

  • Voto, votato
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    • Voto, votato

      Un voto è una promessa solenne di compiere un’azione, fare un’offerta o un dono, svolgere un’attività o stringere un patto; un impegno, positivo o negativo. Essendo una promessa solenne, un voto ha il valore di un giuramento e a volte nella Bibbia le due espressioni ricorrono insieme (Num. 30:2; Matt. 5:33): il “voto” afferma più che altro un’intenzione, mentre il “giuramento” fa appello a un’autorità superiore attestante la veracità o natura vincolante dell’affermazione. Giuramenti spesso accompagnavano l’attestazione di un patto. — Gen. 26:28; 31:44, 53.

      Poteva essere (1) un normale voto di fedeltà; (2) un voto di astinenza (nel qual caso la persona prometteva di astenersi per un periodo di tempo limitato o illimitato da determinate cose di per sé normalmente legittime); (3) il votare o destinare qualche cosa a un uso sacro o alla distruzione. — Lev. 27:28, 29; Num. 30:2.

      La prima menzione di un voto si trova in Genesi 28:20-22, dove Giacobbe promise di dare a Geova un decimo di tutti i suoi possedimenti se Geova era con lui e lo faceva tornare in pace, dimostrando così di essere il suo Dio. Giacobbe non mercanteggiava con Dio, ma voleva essere certo di avere la sua approvazione. Come indica questo caso, i patriarchi facevano voti (vedi anche Giobbe 22:27) e, come per molte altre usanze patriarcali, la legge mosaica definì e regolò aspetti preesistenti dell’adorazione anziché introdurli.

      Molti voti venivano fatti per chiedere il favore di Dio e avere successo in un’impresa, come nel caso di Giacobbe. Un altro esempio simile è il voto col quale Israele si impegnava a distruggere le città del re cananeo di Arad se Geova avesse dato la vittoria a Israele. (Num. 21:1-3) Erano anche un’espressione di devozione a Geova e alla sua pura adorazione (Sal. 132:1-5), o indicavano che uno riservava se stesso o i propri possedimenti a un servizio speciale. I genitori potevano fare voti in relazione ai propri figli, come fece Anna nei confronti di Samuele. (I Sam. 1:11; confronta Giudici

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