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Tiro, una perfida cittàLa Torre di Guardia 1976 | 1° dicembre
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città insulare. All’estremità della strada rialzata, che era larga circa 61 metri (200 piedi), eresse macchine da guerra e torri. Usando navi incendiarie, i Tiri cercarono di distruggere queste torri e di danneggiare anche il molo. Imperterrito, Alessandro fece ricostruire le torri e allargare il molo. Avendo compreso di non poter conseguire il successo senza le navi, Alessandro radunò un’enorme flotta da Sidone, Rodi, Mallo, Soli, Licia, Macedonia e Cipro. Così gli abitanti di Tiro persero il libero accesso al mare. La caduta della città fu sicura.
Non volendo protrarre l’assedio, Alessandro ordinò la costruzione di macchine d’assedio galleggianti sulle quali furono montati arieti. Le sue forze avanzarono quindi verso i due porti di Tiro e ne scalarono le fortificazioni.
Dopo un assedio di sette mesi, Tiro cadde. Poiché incontrarono una disperata resistenza anche dopo che avevano preso la città, gli uomini di Alessandro diedero Tiro alle fiamme. Oltre agli 8.000 Tiri massacrati in battaglia, 2.000 furono uccisi poi come rappresaglia e 30.000 furono venduti come schiavi.
FINE DELLA GLORIA DI TIRO
Nonostante che in seguito Tiro si riprendesse più volte, tuttavia la profezia biblica si adempì su di lei. Oggi l’antica gloria di Tiro non esiste più. Il luogo è caratterizzato da rovine e da un piccolo porto di mare chiamato Souro. Riguardo a tale luogo, l’Encyclopædia Britannica (1971) nota che esso “non ha particolare importanza; si calcolava che nel 1961 avesse una popolazione di 16.483 abitanti”. (Vol. 22, pag. 452) Così la storia di Tiro attesta fino a questo giorno la correttezza delle parole profetiche:
“[Io, Geova, sono] contro di te, o Tiro, e per certo farò salire contro di te molte nazioni, proprio come il mare fa salire le sue onde. E dovranno ridurre in rovina le mura di Tiro e ne demoliranno le torri, e per certo ne raschierò via da lei la polvere e ne farò una splendente, nuda superficie di rupe. Essa diverrà un luogo per asciugare le reti a strascico in mezzo al mare”. — Ezec. 26:3-5.
La sorte di Tiro dimostra chiaramente che Geova Dio non considera con leggerezza l’azione perfida. Questo dovrebbe farci capire l’importanza di conoscere la volontà di Dio e di attenerci lealmente a lui. Come non lascerà impunita la perfidia, così non mancherà di ricompensare i suoi servitori leali. “Dio non è ingiusto”, scrisse l’apostolo Paolo ai conservi credenti, “da dimenticare la vostra opera e l’amore che avete mostrato per il suo nome”. — Ebr. 6:10.
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Domande dai lettori (1)La Torre di Guardia 1976 | 1° dicembre
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Domande dai lettori
● Se alcuni cristiani unti sopravvivranno nel Nuovo Ordine, invecchieranno e morranno, o come finirà la loro vita terrena?
Sinceramente, la Bibbia non lo dice. In qualsiasi modo avvenga, la vita terrena di questi cristiani unti dallo spirito dovrà giungere alla fine onde possano ricevere la ricompensa della vita in cielo. — 1 Cor. 15:35-38.
L’illustrazione di Gesù del grano e delle zizzanie mostra che alcuni “figli del regno” saranno viventi sulla terra al ‘termine del sistema di cose’. (Matt. 13:24-30, 37-43) Inoltre certi esempi biblici fanno pensare che alcuni di questi unti potranno sopravvivere alla distruttiva “grande tribolazione”. (Matt. 24:21) Considerate alcuni di questi esempi.
Il nono capitolo di Ezechiele descrive un “uomo” con un calamaio da segretario che ‘segnava’ le persone che dovevano sopravvivere alla distruzione di Gerusalemme nel 607 a.E.V. Si ritiene che nel nostro tempo questo rappresenti l’opera di apporre il segno in cui il collettivo corpo degli unti “figli del regno” prende la direttiva. Il racconto di Ezechiele indica che dopo che fu compiuta in Gerusalemme l’esecuzione, l’“uomo” che aveva terminato di apporre il segno fece a Geova il suo rapporto. Questo fa pensare che alcuni della classe degli unti sopravvivranno sulla terra all’esecuzione che si abbatterà su questa generazione. (Ezec. 9:4, 8, 11) Un’indicazione relativa a ciò è pure il fatto che il profeta Ezechiele stesso continuò a vivere a Babilonia dopo la distruzione dell’antica Gerusalemme.
Inoltre, la moglie di Noè (che raffigura la classe degli unti sposati col Noè più grande, Gesù) sopravvisse al diluvio. (Matt. 24:37-42; Efes. 5:25-30) Considerate pure Eliseo, che sopravvisse alla distruttiva opera compiuta da Ieu, come il rimanente degli odierni unti spera di sopravvivere all’opera distruttiva del più grande Ieu, Gesù Cristo. (Vedi “Nuovi cieli e nuova terra”, pagine 88 e 297, e “Sia santificato il tuo nome”, [inglese], pagine 351-365). Di conseguenza, il rimanente dei cristiani unti potrà vivere sulla terra oltre la fine di questo malvagio sistema di cose per completare la predicazione e l’insegnamento alla generazione terrena, forse anche ad alcuni risuscitati. — Sal. 71:18; 91:16.
Se questo intendimento è corretto, i cristiani unti che nel Nuovo Ordine saranno sulla terra dovranno giungere alla fine della loro vita terrena per prendere il loro posto nel “regno celeste”. — 2 Tim. 4:18.
Molti cristiani ritengono che sia improbabile che nel Nuovo Ordine tali unti continuino a invecchiare e infine muoiano come muoiono oggi molte persone. Quelli che ragionano in questo modo pensano che non sia appropriato che ciò avvenga ai fratelli spirituali di Cristo in un tempo in cui il genere umano superstite progredirà verso la perfezione fisica. Perciò si son chiesti se Dio potrebbe miracolosamente interrompere la vita terrena degli unti, come fece evidentemente per Enoc, così che Enoc non provò le doglie della morte. (Gen. 5:24; Ebr. 11:5) Dio, naturalmente, potrebbe farlo. Ma semplicemente non c’è nessuna chiara dichiarazione delle Scritture che le cose andranno in questo modo. Né la Bibbia suggerisce alcun’altra risposta alla domanda.
Di conseguenza, dobbiamo confidare in Dio. Non c’è ragione di speculare sui particolari. Se Geova avesse ritenuto tale informazione necessaria l’avrebbe per certo inclusa nella sua Parola. Ma non la incluse. In qualsiasi tempo e in qualsiasi modo gli unti finiranno la loro vita terrena, saranno istantaneamente risuscitati con un corpo spirituale immortale. Questa sarà una vittoria sulla morte. (1 Cor. 15:51-57) Essi potranno così unirsi al resto della “sposa” di Cristo, regnando con lui nel suo regno di mille anni. — Riv. 20:6.
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Domande dai lettori (2)La Torre di Guardia 1976 | 1° dicembre
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Domande dai lettori
● La descrizione della “Sapienza” contenuta in Proverbi 8:22-31 si applica veramente a Gesù, il Figlio di Dio?
Chi accetta solo le Scritture Ebraiche o chi non crede in Gesù Cristo spesso spiega Proverbi 8:22-31 come se si applicasse alla Sapienza personificata solo in senso figurativo. Questa applicazione dei versetti, però, non è in armonia con quello che si sa di Dio. Inoltre, chi accetta la ragionevole veduta che tutta la Bibbia, incluso Proverbi, è ispirata, capisce che la descrizione della “Sapienza” di Proverbi corrisponde a ciò che la Bibbia dice altrove del Figlio di Dio. Leggiamo:
“Geova stesso mi produsse come il principio della sua via, la prima delle sue imprese di molto tempo fa. . . . Prima che fossero fondati gli stessi monti, avanti dei colli, fui data alla luce con dolori di parto . . . Quando preparò i cieli io ero lì; . . . allora io ero accanto a lui come un artefice, ed ero colui del quale di giorno in giorno egli si deliziava, allietandomi io dinanzi a lui in ogni tempo, . . . e le cose che mi dilettavano erano presso i figli degli uomini”. — Prov. 8:22-31.
I commentatori giudei, obiettando che questo passo non si applica a Gesù quale Messia, hanno di solito affermato che si tratti di una semplice personificazione letteraria della sapienza. Infatti, W. Gunther Plaut, nella sua opera Book of Proverbs — A Commentary, dice che questi versetti si applicano alla Sapienza “personificata solo in modo figurativo”. Questo passo, però, non può parlare solo della sapienza divina o della sapienza in senso astratto. Perché no? Perché la “Sapienza” descritta lì fu “creata” o “prodotta” (ebraico, qanáh)a come principio della via di Geova. Le Scritture mostrano che Geova Dio stesso è sempre esistito. (Sal. 90:2; 1 Tim. 1:17) Poiché è eterno ed è sempre stato saggio, la sua sapienza è sempre esistita; non fu mai creata o prodotta; non fu “data alla luce con dolori di parto”. (Giob. 9:2, 4; 12:9, 13; 28:20, 23; Rom. 11:33-36) La sapienza non esiste indipendentemente da una personalità capace di possederla e rifletterla. Perciò, questa “Sapienza” dev’essere una personificazione raffigurante qualcuno che fu creato ‘come il principio della via di Dio’.
Le Scritture Greche Cristiane aiutano a capire a chi si riferisce evidentemente questo passo. Esse attestano ripetutamente il fatto che il Messia ebbe un’esistenza preumana come Figlio di Dio in cielo con Geova. (Giov. 17:5; 6:62)
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