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    Perspicacia nello studio delle Scritture, volume 1
  • Chi fu “Dario il Medo”?
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1973
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    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1998
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Ausiliario per capire la Bibbia
ad pp. 315-318

Dario

Nome di tre re, uno medo, gli altri due persiani, menzionati nella Bibbia.

1. Dario il Medo, all’età di sessantadue anni circa, successe nel regno al re caldeo Baldassarre dopo la conquista di Babilonia da parte degli eserciti di Ciro il Persiano. (Dan. 5:30, 31) È pure identificato come “figlio di Assuero del seme dei Medi”. — Dan. 9:1.

DANIELE NELLA FOSSA DEI LEONI

Nell’esercizio dei suoi poteri amministrativi, Dario nominò centoventi satrapi (termine che significa fondamentalmente “protettore del reame”) che prestavano servizio in tutto il reame, e anche tre alti funzionari preposti ai satrapi, per curare gli interessi del re. Lo scopo principale della disposizione poteva senz’altro essere di carattere finanziario, dato che una delle prime mansioni dei satrapi era quella di riscuotere pedaggi e tributi per le casse dello stato. (Confronta Esdra 4:13). Uno dei tre alti funzionari era Daniele, che si era distinto su tutti gli altri funzionari e satrapi al punto che il re intendeva farlo primo ministro. (Dan. 6:1-3) Evidentemente per invidia, ma forse anche risentiti perché l’integrità di Daniele poneva senza dubbio un freno al dilagare di corruzione e peculato, gli altri due alti funzionari, d’accordo con i satrapi, macchinarono un’insidia legale. Presentandosi in forze davanti al re, gli fecero firmare un editto, apparentemente caldeggiato da tutti i funzionari governativi di un certo rango (Daniele però non era menzionato), che vietava per trenta giorni di fare “richiesta ad alcun dio o uomo” tranne Dario. L’eventuale violatore sarebbe stato gettato nella fossa dei leoni. Il decreto aveva tutta l’apparenza di voler confermare Dario, uno straniero, nella posizione acquisita di recente di re del reame, ed essere un’espressione della lealtà e dell’appoggio dei funzionari che l’avevano proposto.

Dario firmò il decreto e subito si rese conto delle conseguenze, che dovevano rivelargli il fine recondito dell’editto. Per aver continuato a pregare Geova Dio, Daniele, il primo violatore dell’editto (confronta Atti 5:29), fu gettato nella fossa dei leoni nonostante i sinceri sforzi di Dario per trovare il modo di eludere l’immutabile statuto. Dario manifestò la fiducia che il Dio di Daniele aveva il potere di salvarlo, e, dopo aver digiunato e trascorso una notte insonne, si recò in tutta fretta alla fossa dei leoni e si rallegrò di trovare Daniele ancora vivo e incolume. Allora il re come giusta punizione fece gettare nella fossa dei leoni gli accusatori di Daniele con le loro famiglie, e fece proclamare in tutto il reame: “In ogni dominio del mio regno, si deve tremare e si deve temere dinanzi all’Iddio di Daniele”. — Dan. 6:4-27.

Documenti storici dimostrano che, fin dall’antichità, in Mesopotamia i re erano considerati esseri divini cui era tributata adorazione. Molti commentatori ritengono che il divieto di fare ‘richieste’ contenuto nell’editto di Dario riguardasse esclusivamente petizioni di natura religiosa, e non si applicasse a richieste di carattere generale. L’esistenza di una “fossa dei leoni” a Babilonia è in armonia con la testimonianza di antiche iscrizioni indicanti che i sovrani orientali spesso avevano serragli di animali feroci. The Soncino Books of the Bible dice a questo proposito (Daniele, Esdra e Neemia, p. 49): “È risaputo che i persiani hanno ereditato dai re assiri la consuetudine di tenere tali animali nei loro giardini zoologici”. (Confronta Ezechiele 19:3-9). Gli storici greci Erodoto e Diodoro Siculo (rispettivamente del V e del I secolo a.E.V.) confermano entrambi l’immutabilità delle leggi dei medi e dei persiani. — Confronta Ester 1:19; 8:8.

FINE DEI SETTANT’ANNI DI ESILIO

Dopo il sesto capitolo di Daniele, Dario è menzionato solo un’altra volta in relazione al “primo anno” del suo regno. Proprio in quel primo anno Daniele ‘comprese’ che la desolazione di Giuda doveva durare settant’anni ed ebbe la rivelazione circa le settanta settimane profetiche e la venuta del Messia. (Dan. 9:1, 2, 24-27) L’angelo che portò a Daniele la particolareggiata visione che descriveva la lotta fra il “re del nord” e il “re del sud” rivelò anche che in precedenza, nel primo anno di Dario il Medo, aveva agito quale rafforzatore e fortezza. (Dan. 11:1, 6) I commentatori in genere ritengono che l’angelo avesse reso questo servizio a Dario, ma sembra più probabile che abbia dato tale aiuto a Michele, il principe angelico del popolo di Daniele che, come precisa il versetto precedente (Dan. 10:21) aveva lottato al fianco di questo particolare messaggero angelico. Fra gli angeli c’era dunque cooperazione e collaborazione nel combattere il ‘principe [demonico] di Persia’ che cercava di impedire l’adempimento dei propositi di Geova. — Dan. 10:13, 14.

LA POSIZIONE DI CAMBISE

Alcune opere storiche sull’impero persiano dicono che Cambise (II) fu fatto “re di Babilonia” dal padre Ciro subito dopo la conquista della città. Anche se Cambise evidentemente rappresentava il padre durante la festa del “capodanno” tenuta ogni anno a Babilonia, sembra che il resto del tempo risiedesse a Sippar. Ricerche basate sullo studio dei testi cuneiformi rivelano che Cambise assunse per la prima volta il titolo di “re di Babilonia” il 1º nisan del 530 a.E.V., diventando coreggente di Ciro, che si accingeva a iniziare la campagna militare in cui trovò la morte. Non c’è dunque alcun contrasto fra i documenti storici secolari relativi a Cambise II e quanto dice la Bibbia circa il fatto che Dario regnava in Babilonia.

RELAZIONE CON LA STORIA SECOLARE

Non è ancora stato scoperto alcun riferimento a “Dario il Medo” in iscrizioni non bibliche, e neanche viene menzionato da antichi storici secolari prima di Giuseppe Flavio (storico ebreo del I secolo E.V.).

La veracità della Bibbia naturalmente non ha bisogno di conferma da parte di fonti secolari. I numerosi casi in cui personaggi o avvenimenti menzionati nella Bibbia, un tempo rifiutati come ‘non storici’ dai critici, sono poi risultati storici al di là di ogni smentita, dovrebbero consigliare agli studenti della Parola di Dio di non dar troppo peso alle critiche sfavorevoli. Le centinaia di migliaia di tavolette cuneiformi scoperte in Medio Oriente presentano ancora un quadro molto incompleto e lacunoso. In quanto ad altre fonti secolari, gli antichi storici di cui ci siano pervenuti gli scritti (spesso molto frammentari) sono pochi, quasi tutti greci, e vissuti uno, due o più secoli dopo gli avvenimenti descritti nel libro di Daniele.

Gli scritti di Erodoto, Senofonte, Ctesia e Beroso (citato da Giuseppe Flavio), a proposito del regno di Ciro e degli avvenimenti contemporanei o successivi alla caduta di Babilonia, differiscono tutti e in vari punti si contraddicono. Come è avvenuto nel caso di questi storici, la stessa cosa può essersi verificata nel caso degli scribi babilonesi. La cronaca di Nabonedo non è che una copia di un documento precedente, e fu scritta probabilmente all’epoca dei Seleucidi (dal 312 al 65 a.E.V.) cioè almeno due secoli dopo gli avvenimenti a cui si riferisce. La possibilità di errore o deliberata alterazione nel copiare tali documenti è innegabilmente grande.

Ma una ragione ancora più valida per la mancanza di informazioni relative a Dario nei documenti babilonesi è fornita dallo stesso libro di Daniele, in cui è spiegato che Dario affidò a Daniele un alto incarico nel governo, cosa che dispiacque molto agli altri alti funzionari. Il loro complotto contro Daniele fu sventato e Dario fece mettere a morte gli accusatori di Daniele e le loro famiglie, suscitando probabilmente l’animosità degli altri funzionari. Il proclama di Dario che ordinava a tutti nel suo regno di “temere dinanzi all’Iddio di Daniele” deve inevitabilmente aver provocato profondo malcontento e risentimento fra il potente clero babilonese. Dato che gli scribi agivano senz’altro sotto la direttiva dei summenzionati elementi, non sarebbe affatto strano che, se il regno di Dario fu davvero piuttosto breve, i relativi documenti siano stati successivamente alterati e le prove che lo riguardavano eliminate. Si sa che azioni del genere sono avvenute nella storia dell’epoca.

Si deve dunque dare il giusto peso al dualismo della dominazione medo–persiana presentato nella Bibbia. (Dan. 5:28; 8:3, 4, 20) Anche se la storia secolare attribuisce la massima preminenza a Ciro e ai persiani, la Bibbia spiega che i medi continuarono a esercitare un certo potere insieme ai persiani, e continuarono a esserci leggi “dei Medi e dei Persiani”. (Dan. 6:8; Est. 1:19) I medi ebbero un ruolo importante nella conquista di Babilonia. (Isa. 13:17-19) Notate inoltre che Geremia (51:11) aveva predetto che i “re [al plurale] dei Medi” sarebbero stati fra gli attaccanti. Dario poteva benissimo essere uno di quei re. E sia nella storia passata che in quella dell’epoca non mancano esempi del fatto che un personaggio di primo piano dei medi riceva la piena autorità sul regno conquistato come ricompensa per l’impresa militare compiuta dalla sua nazione. (Vedi la divisione dell’impero assiro da parte di medi e babilonesi che portò alla formazione dell’impero neo–babilonese). Poiché in quel tempo Dario aveva sessantadue anni, può darsi che sia morto entro un anno circa, e che Ciro abbia poi preso le redini del governo. L’assiriologo D. J. Wiseman dice a proposito di quanto Daniele scrive di Dario (The New Bible Dictionary di Douglas, p. 293): “. . . la narrazione ha tutta l’apparenza di un vero scritto storico, e in assenza di molti documenti storici dell’epoca non c’è ragione per cui la storia non debba essere accettata”. Essendo ispirata, la Bibbia merita senz’altro consensi ben superiori a quelli riservati alla storia secolare, spesso contraddittoria.

2. Dario figlio di Istaspe, detto anche Dario il Grande o Dario I (Persiano). È ritenuto uno dei più notevoli sovrani dell’impero persiano. Dario stesso si definisce “figlio di Istaspe, achemenide, persiano, figlio di un persiano, ariano, di discendenza ariana”. Vantava dunque una discendenza reale dallo stesso antenato di Ciro il Grande, ma da un ramo diverso.

Dopo la morte di Cambise II, avvenuta verso il 522 a.E.V. mentre tornava dall’Egitto, Gaumata (o Bardiya) assunse per breve tempo il trono persiano. Dario, con l’aiuto di altri sei nobili persiani, uccise Gaumata e salì al trono; questo avvenimento è descritto in tre lingue nell’immensa iscrizione di Bisutun che Dario fece scolpire su una parete rocciosa a picco su una pianura attraversata dalla principale via carovaniera da Baghdad a Teheran. Secondo tale iscrizione Gaumata era un usurpatore e si spacciava per un fratello di Cambise che era stato messo a morte. Gran parte degli studiosi moderni accetta quest’iscrizione (in cui si frappongono numerose assicurazioni di Dario che “è vera e non mente”) come fondamentalmente aderente alla realtà, mentre alcuni ritengono che fosse tutta un’invenzione di Dario e che l’usurpatore in effetti fosse lui. Ad ogni modo, quando salì al trono Dario trovò un impero in rivolta e gli occorsero due anni per sottomettere i rivoltosi in tutto il reame. L’Egitto, che si era ribellato al giogo persiano, fu riconquistato da Dario verso il 519–518 a.E.V. Dopo di che egli estese i confini dell’impero fino all’India a E e alla Tracia e alla Macedonia a O. Dario è noto anche per l’efficiente riorganizzazione dell’ordinamento amministrativo dell’impero, l’emanazione di un codice imperiale di leggi e la riapertura del canale che collegava il Nilo col Mar Rosso.

Dario figlio di Istaspe è menzionato espressamente nella Bibbia a proposito della ricostruzione del tempio di Gerusalemme. Le fondamenta del tempio erano state poste nel 536 a.E.V., ma il lavoro di ricostruzione fu interdetto verso il 522 e “restò fermo fino al secondo anno del regno di Dario” (520–519). (Esd. 4:4, 5, 24) Quell’anno i profeti Aggeo e Zaccaria incoraggiarono gli abitanti di Giuda a continuare la costruzione e i lavori ripresero. (Esd. 5:1, 2; Agg. 1:1, 14, 15; Zacc. 1:1) Questo provocò un’inchiesta e Tattenai, il governatore che tutelava gli interessi dell’impero a O dell’Eufrate, e altri funzionari, scrissero una lettera a Dario re di Persia, per avvertirlo dei lavori di costruzione, informarlo che gli ebrei sostenevano la legalità del progetto, e chiedere che si consultassero gli archivi reali per vedere se esisteva qualche documento scritto a conferma della loro affermazione. (Esd. 5:3-17) La dichiarazione degli ebrei che metteva in contrasto l’operato del caldeo Nabucodonosor, distruttore del tempio, con quello del persiano Ciro, che ne autorizzò la ricostruzione, dovette avere un benefico e felice effetto su Dario il quale, nei primi anni di regno, aveva dovuto affrontare due rivoltosi che avevano entrambi assunto il nome di Nabucodonosor (detti Nabucodonosor III e Nabucodonosor IV dagli storici), si dichiaravano figli di Nabonedo e volevano l’indipendenza di Babilonia dall’impero persiano.

Consultando gli archivi di Ecbatana, antica capitale della Media, si scoprì il documento firmato da Ciro. Dario allora ordinò al governatore Tattenai che lui e gli altri funzionari non solo non dovevano interferire coi lavori del tempio ma dovevano anche provvedere i fondi necessari alla ricostruzione attingendoli dal “tesoro reale della tassa oltre il Fiume”, come pure gli animali e altre cose necessarie per i sacrifici. Chiunque avesse violato l’ordine del re doveva essere messo al palo e la sua casa “trasformata in latrina pubblica”. — Esd. 6:1-12.

Con tale cooperazione ufficiale, e col continuo incoraggiamento profetico (Zacc. 7:1; 8:1-9, 20-23), i lavori del tempio furono felicemente portati a termine “nel sesto anno del regno di Dario” (Esd. 6:13-15; probabilmente verso il 5–6 marzo del 515 a.E.V.). Dal momento che diverse iscrizioni rivelano che Dario era un fervente adoratore di Ahura Mazda, è evidente che la sua azione, pur servendo al proposito di Geova Dio e avendo senza dubbio la sua direttiva, era dovuta più che altro al rispetto per l’irrevocabilità delle leggi medo–persiane ed era in armonia con la politica di tolleranza del governo di Dario, tolleranza messa in evidenza in alcune iscrizioni.

ULTIME SPEDIZIONI IN GRECIA

Verso la fine del secolo, varie città greche della Ionia si ribellarono contro la dominazione persiana e, benché la rivolta fosse stata soffocata, Dario decise di punire Atene ed Eretria per aver prestato aiuto alle città ribelli. Questo provocò l’invasione persiana della Grecia, che tuttavia, nel 490 a.E.V., finì con la sconfitta degli eserciti di Dario nella battaglia di Maratona. Dario fece accurati preparativi per un’altra spedizione in Grecia, ma non poté attuarla poiché nel 486 a.E.V. morì. Gli successe al trono il figlio Serse.

3. Neemia 12:22 menziona il censimento dei leviti, capi delle rispettive case paterne, “ai giorni di Eliasib, Ioiada e Ioanan e Iaddua . . . fino al regno di Dario il Persiano”. Dato che Eliasib era sommo sacerdote al tempo del ritorno di Neemia a Gerusalemme (Nee. 3:1) e che, quando Neemia si recò una seconda volta a Gerusalemme (durante o dopo il trentaduesimo anno di Artaserse [ca. 443 a.E.V.]), Ioiada aveva un figlio sposato (Nee. 13:28), probabilmente il “Dario” qui menzionato era Dario II, Oco (detto anche Noto, cioè “figlio illegittimo” di Artaserse I), che regnò dal 423 al 404 a.E.V.

Fra i papiri di Elefantina è stata ritrovata una lettera che risale agli ultimi anni del V secolo a.E.V., dov’è menzionato “Ioanan” in quel tempo sommo sacerdote a Gerusalemme.

[Figura a pagina 317]

Il principe ereditario Serse in piedi dietro a Dario (sul trono), con la testa allo stesso livello di quella del re suo padre (dalle rovine di Persepoli)

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