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  • Ebrei (Lezione 66)
    La Torre di Guardia 1958 | 15 luglio
    • perfetto, lo offrì a Dio, adempì la legge e vi mise termine, e stabilì un nuovo patto. Sotto l’ordinamento della legge egli offrì un solo sacrificio; questo sacrificio non aveva bisogno di essere ripetuto come quelli dell’antico patto della legge; esso fu sufficiente per togliere i peccati per sempre. Paolo ammonisce ancora una volta gli Ebrei di radunarsi insieme ed esortarsi l’un l’altro e di rimaner saldi. Perché? Perché se peccano volontariamente dopo esser stati partecipi del beneficio di quest’unico sacrificio, nessun altro sacrificio rimane per i loro peccati, né ora né nel futuro. Una spaventevole punizione colpirà quelli che si traggono indietro. È ricordato agli Ebrei cristiani che nel passato si erano strettamente attenuti alla loro fede sotto dure afflizioni, e possono farlo ancora.

      Nel capitolo seguente Paolo li rafforza con una definizione della fede e una descrizione dei passati esempi di fede mantenuta malgrado le più crudeli afflizioni. (11:1-40) Con un nuvolo tanto grande di testimoni attestanti che l’integrità può essere serbata nell’afflizione, i Cristiani dovrebbero farsi coraggio e correre fedelmente la corsa nonostante la persecuzione. Cristo Gesù, loro Signore e Condottiero, corse con pazienza e con successo, sopportando tutto. La disciplina non dovrebbe essere disprezzata; essa opererà per il bene se viene sopportata. Fate dei sentieri diritti per i vostri passi; guardate che non germogli alcuna radice di amarezza. Ricordate come fu spaventosa l’inaugurazione del patto della legge sul Sinai, quando il monte era in fiamme e fumava e tremava, e rimbombavano i tuoni e sfolgoravano i lampi? Il timore di dispiacere a Dio relativamente al nuovo patto dovrebbe essere ancora maggiore: la congregazione cristiana si è avvicinata al Monte Sion, la Gerusalemme celeste, e all’assemblea di angeli, alla chiesa dei primogeniti, a Cristo Gesù, e a Geova Dio, il Giudice di tutti. — 12:1-29.

      Il tredicesimo e ultimo capitolo di Ebrei è dedicato ad esortazioni diverse, fra le quali ha la preminenza: “Offriamo sempre a Dio un sacrificio di lode, cioè il frutto di labbra che fanno pubblica dichiarazione del suo nome”.

  • Domande dai lettori (3)
    La Torre di Guardia 1958 | 15 luglio
    • Domande dai lettori

      ● Come si spiega il fatto che il residente temporaneo doveva essere ubbidiente alle molte leggi e esigenze di Geova, come gli Israeliti, e tuttavia poteva mangiare “qualsiasi corpo morto” mentre gli Israeliti non potevano, e poteva anche essere venduto agli stranieri, come è menzionato in Deuteronomio 14:21? Se era impuro per gli Israeliti, perché non lo era anche per il residente temporaneo e per lo straniero? — L. R., Stati Uniti.

      È vero che Geova ripetutamente dichiarò che doveva esservi una sola legge per gli Israeliti e per gli stranieri, ma invariabilmente appare da certi contesti e circostanze che questa regola si applica solo a certe leggi, come a quella del taglione, della pasqua e dell’omicida involontario. Vedere Esodo 12:49; Levitico 24:22; Numeri 15:29. La giustizia richiedeva che non vi fosse discriminazione.

      Tuttavia, Geova, il Supremo Legislatore, preferì considerare gli Israeliti in una classe a parte e perciò pose certe restrizioni soltanto nei loro confronti e diede loro corrispondenti vantaggi che non diede agli altri. In tal modo, “poiché tu sei un popolo santo a Geova, tuo Dio”, ad essi non fu permesso di mangiare ciò che era morto da sé. Inoltre, gli interessi potevano essere richiesti dagli altri ma non da un fratello israelita. Ancora, soltanto un Israelita poteva essere scelto come re in Israele. — Deut. 14:21; 17:15; 23:20.

      I paesi moderni, come gli Stati Uniti, riconoscono la giustizia di questo principio. Tutti coloro che vivono entro i confini di tale paese traggono vantaggi dalle sue garanzie costituzionali e devono anche ubbidire alle sue leggi. Tuttavia, i cittadini hanno certi particolari vantaggi e obblighi, ma soltanto un cittadino statunitense per nascita può essere eletto presidente.

  • Domande dai lettori (1)
    La Torre di Guardia 1958 | 15 luglio
    • Domande dai lettori

      ● Era appropriato che Gesù permettesse a certi demoni di entrare in un branco di porci e di distruggerli, come è riportato in Matteo 8:28-32, dato che i porci non erano di sua proprietà? — A. P., Stati Uniti.

      Ai critici della Bibbia piace attaccare questo fatto, servendosene come pretesto per mettere in dubbio l’autenticità delle Scritture. Infatti i vari racconti che gli scrittori del Vangelo fanno di questo avvenimento sono commentati dalla Bibbia dell’Interprete (inglese) su questo tono: “L’idea che la legione di demoni potesse entrare nei porci (vers. 13) era superstizione popolare, senza dubbio; ma sembra meglio lasciar la storia come sta, come una favola allora in voga e comune in un ambiente pagano”. “La storia è leggendaria”. “È difficile credere che Gesù avesse trattato coi demoni permettendo loro d’impossessarsi dei porci, e forse questi particolari sono stati aggiunti al racconto”.

      Tuttavia, quelli che hanno accettato le schiaccianti prove dell’autenticità della Bibbia, com’è stato ripetutamente notato nelle pagine delle pubblicazioni della Torre di Guardia, non avranno difficoltà ad accettare il racconto come storico. Secondo la legge di Dio i porci erano animali impuri, e non solo agli Israeliti era proibito di mangiarne la carne o usarli per i sacrifici ma anche toccare le carcasse dei porci rendeva impuri gli Israeliti. Quindi per loro allevare porci era una flagrante violazione della legge di Dio. Poiché non avevano alcun diritto di allevare porci anche per scopi commerciali, potevano ben considerare la distruzione di quel branco come un rimprovero meritato. Inoltre, non era richiesto che Gesù esercitasse la preconoscenza di quello che i demoni avrebbero fatto una volta entrati negli animali impuri. Inoltre, si potrebbe ragionevolmente sostenere che un uomo vale più di un branco di porci, specialmente perché i porci non avevano in effetti alcun valore commerciale fra gli Ebrei. Quindi non c’è nulla da ridire sul fatto che Gesù abbia permesso ai demoni di entrare nei porci.

  • Domande dai lettori (2)
    La Torre di Guardia 1958 | 15 luglio
    • Domande dai lettori

      ● Qual è il significato delle parole di Paolo in Ebrei 12:13: “Continuate a far diritti sentieri per i vostri piedi, affinché ciò che è zoppo non sia slogato, ma anzi sia guarito”? — K. K., Stati Uniti.

      Questo consiglio è in armonia con la determinazione di Paolo: “Se un cibo fa inciampare il mio fratello, io non mangerò mai più carne, per non fare inciampare il mio fratello”. (1 Cor. 8:13) È anche in armonia con l’ammonizione di Paolo: “Tutte le cose sono lecite; ma non tutte le cose sono vantaggiose. Tutte le cose sono lecite; ma non tutte le cose edificano. Ciascuno continui a cercare non il proprio vantaggio, ma l’altrui”. — 1 Cor. 10:23, 24.

      Una persona dalle membra sane può camminare in terreno scosceso e in sentieri tortuosi o ripidi senza farsi male. Ma lo zoppo deve stare attento dove cammina perché potrebbe facilmente soffrire un danno a causa di una slogatura. Alcuni, essendo spiritualmente sani e maturi, potrebbero permettersi certe libertà che comportano un rischio o pericolo, senza tuttavia soffrire alcun danno per la loro maturità. Ma coloro che non sono troppo maturi o che sono spiritualmente zoppi, per così dire, potrebbero vedere e cercare di seguire l’esempio di questi forti, solo per subire tristi conseguenze; ciò potrebbe richiedere che la congregazione imponga loro restrizioni o potrebbe farli ‘annegare nel mare’ del materialismo.

      Perciò l’amore fraterno indica che “noi che siamo forti dobbiamo sostenere le debolezze di quelli che non sono forti, e non compiacere a noi stessi”. Cioè, dovremmo essere pronti a sacrificarci affinché coloro che non sono così forti non siano tentati a seguirci in una condotta pericolosa e subire naufragio, perdere la fede e l’integrità. Sì, “ciascuno di noi compiaccia al suo prossimo in ciò che è bene per la sua edificazione”. — Rom. 15:1, 2.

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