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FiglioAusiliario per capire la Bibbia
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La Legge prescriveva di circoncidere il figlio l’ottavo giorno dopo la nascita. (Lev. 12:3; Luca 1:59; 2:21) Dopo aver partorito un maschio la madre rimaneva “impura” per sette giorni e poi doveva stare “nel sangue della purificazione per altri trentatré giorni”. Questo significava che durante quei quaranta giorni non poteva entrare nel luogo santo né toccare alcuna cosa santa. Il periodo di purificazione durava il doppio per la nascita di una figlia. (Lev. 12:2-8; Luca 2:22-24) Il figlio primogenito apparteneva a Geova e doveva essere redento mediante un prezzo di redenzione. — Num. 18:15, 16.
AUTORITÀ DEI GENITORI
Il padre era principalmente responsabile dell’educazione e istruzione dei figli, anche se la madre faceva la sua parte, specie mentre i bambini erano piccoli. (Gen. 18:19; Deut. 6:6-8; I Sam. 1:23; Prov. 1:8; Efes. 6:4) Finché stava nella casa paterna, il figlio era soggetto al padre. Sotto la Legge i figli che una volta cresciuti diventavano ubriaconi e ghiottoni e che erano ostinati e ribelli ai genitori si dovevano consegnare ai giudici per essere messi a morte. (Deut. 21:18-21) I genitori spesso combinavano il matrimonio dei figli. (Gen. 24:2-4; 28:1, 2; Giud. 14:2) Alla morte del padre i figli ereditavano la proprietà della famiglia; il primogenito riceveva una parte doppia e diventava il capofamiglia. — Deut. 21:17.
AMPIO USO DEL TERMINE
Sia il termine ebraico ben sia quello greco huiòs significano “figlio”, ma spesso sono usati in senso più ampio e non semplicemente per designare un immediato discendente di sesso maschile. “Figlio” può significare figlio adottivo o figlio di un padre adottivo (Eso. 2:10; Giov. 1:45), discendente (nipote, pronipote, ecc.) (Eso. 1:7; II Cron. 35:14; Ger. 35:16; Matt. 12:23), genero. — Confronta I Cronache 3:17 con Luca 3:27 (Sealtiel era evidentemente figlio di Ieconia e genero di Neri); Luca 3:23, “Giuseppe, figlio di Eli”, evidentemente genero (in questa frase il termine huiòs, “figlio”, non compare nel testo greco, ma è sottinteso).
COME IDENTIFICAZIONE
Spesso alcuni venivano identificati o riconosciuti dal nome del padre o da quello di un avo, come (Davide) “il figlio di Iesse”. (I Sam. 22:7, 9) Il termine ebraico ben e l’aramaico bar, “figlio’, erano spesso uniti come prefissi al nome paterno, quasi un patronimico del figlio, come Bar-Gesù (“figlio di Gesù”). (Atti 13:6) Alcune versioni non traducono il prefisso mentre altre lo traducono nella maggior parte dei casi; alcune indicano la traduzione in calce. Oppure il prefisso può essere unito al nome a motivo delle circostanze relative alla nascita del figlio, come Ben-Ammi che significa “figlio del mio popolo”, cioè figlio di miei parenti e non figlio di estranei; o Ben-Oni che significa “figlio del mio dolore”, nome dato in punto di morte da Rachele al figlio Beniamino. — Gen. 19:38; 35:18.
USO DESCRITTIVO
Il termine “figli” ha spesso una funzione descrittiva: Orientali (lett. “figli dell’est” [I Re 4:30; Giob. 1:3, NW, ed. 1957, nota in calce]); “unti” (lett. “figli dell’olio” [Zacc. 4:14, NW e 1960 nota in calce]); membri (“figli”) di classi professionali, come “figli dei profeti” (I Re 20:35) o “membro [“figlio”] dei mischiatori di unguento” (Nee. 3:8); esuli ritornati (“figli dell’Esilio”) (Esd. 10:7, 16, NW, ed. 1955, note in calce); uomini buoni a nulla, farabutti (“figli di Belial”). (Giud. 19:22; 20:13, NW, ed. 1953, note in calce) Coloro che seguono una certa linea di condotta o manifestano certe caratteristiche sono designati da espressioni come “figli dell’Altissimo”, “figli della luce e figli del giorno”, “figli del regno”, “figli del malvagio”, “figlio del Diavolo”, “figli di disubbidienza”. (Luca 6:35; I Tess. 5:5; Matt. 13:38; Atti 13:10; Efes. 2:2) Lo stesso vale per il giudizio o risultato corrispondente alla caratteristica, come “soggetto alla Geenna” (lett. “figlio della Geenna”); “figlio di distruzione”. (Matt. 23:15; Giov. 17:12; II Tess. 2:3) Isaia, nel profetizzare che Dio avrebbe punito Israele, chiamò la nazione “miei trebbiati e figlio della mia aia”. — Isa. 21:10; vedi FIGLIO (FIGLI) DI DIO.
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Figlio dell’UomoAusiliario per capire la Bibbia
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Figlio dell’Uomo
Questa è la traduzione dell’espressione ebraica ben-ʼadhàm. Più che riferirsi ad Adamo in persona, ʼadhàm qui è usato nel senso generico di “genere umano”, tanto che l’espressione ben-ʼadhàm significa in sostanza figlio del genere umano, figlio umano o terreno. (Sal. 80:17; 146:3; Ger. 49:18, 33) L’espressione ricorre spesso nei parallelismi insieme ad altri termini ebraici per “uomo”, cioè ’ish, che significa persona di sesso maschile (confronta Numeri 23:19; Giobbe 35:8; Geremia 50:40) ed ’enòhsh, uomo mortale. (Confronta Salmo 8:4; Isaia 51:12; 56:2). Nel Salmo 144:3 il “figlio dell’uomo mortale” è ben-’enòhsh, mentre l’equivalente aramaico (bar ’enàsh) ricorre in Daniele 7:13.
Nella corrispondente espressione greca, huiòs tou anthròpou, il secondo sostantivo (nom. ànthropos, da cui deriva il termine italiano “antropologia”, ecc.) è il termine generico per “uomo”.
Nelle Scritture Ebraiche il libro in cui questa espressione ricorre più spesso è quello di Ezechiele, dove più di novanta volte Dio si rivolge al profeta chiamandolo “figlio d’uomo”. (Ezec. 2:1, 3, 6, 8, ecc.) Tale designazione serve evidentemente a sottolineare che il profeta è un semplice mortale, accentuando così il contrasto fra il portavoce umano e la Fonte del messaggio, l’Iddio Altissimo. La stessa espressione si riferisce al profeta Daniele in Daniele 8:17.
CRISTO GESÙ, IL “FIGLIO DELL’UOMO”
Nei Vangeli l’espressione ricorre quasi ottanta volte, e ogni volta si riferisce a Gesù Cristo, che la usa parlando di se stesso. (Matt. 8:20; 9:6; 10:23, ecc.) A parte i Vangeli, ricorre in Atti 7:56; Ebrei 2:6 e Rivelazione 1:13; 14:14.
Il fatto che Gesù applicava a se stesso questa espressione indicava chiaramente che il Figlio di Dio era davvero un essere umano dato che era ‘divenuto carne’ (Giov. 1:14), essendo ‘nato da una donna’, la vergine ebrea Maria che l’aveva concepito e partorito. (Gal. 4:4; Luca 1:34-36) Quindi non aveva semplicemente un corpo umano materializzato, come un tempo alcuni angeli (vedi ANGELO), né si era ‘incarnato’, ma era proprio un ‘figlio del genere umano’, poiché aveva una madre umana. — Confronta I Giovanni 4:2, 3; II Giovanni 7.
Per questa ragione l’apostolo Paolo poté dire che l’ottavo salmo si riferiva profeticamente a Gesù Cristo. Nella sua lettera agli ebrei (Ebr. 2:5-9), Paolo citava i versetti che dicono: “Che cos’è l’uomo mortale [’enòhsh] che tu ti ricordi di lui, e il figlio dell’uomo terreno [ben-ʼadhàm] che tu ne abbia cura? Lo facevi anche un poco inferiore a quelli simili a Dio [“un poco inferiore agli angeli” in Ebrei 2:7], e lo coronasti quindi di gloria e splendore. Lo fai dominare sulle opere delle tue mani; hai posto
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