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  • w76 15/3 pp. 179-188
  • Smascherato il rifugio del falso regno

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  • Smascherato il rifugio del falso regno
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1976
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  • UNA PIANTA DI SENAPA DIVERSA DA QUELLA CHE CI ASPETTEREMMO
  • CHE DIRE DELLE COSE LIEVITATE OFFERTE A GEOVA?
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    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1976
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1976
w76 15/3 pp. 179-188

Smascherato il rifugio del falso regno

1. A quale scopo Gesù narrò la parabola del granello di senapa, in armonia con quale profezia?

QUALE dev’essere dunque lo scopo della parabola di Gesù circa il granello di senapa, un seme così piccolo allo stadio embrionale ma che diventa un albero? Lo scopo dev’essere quello di mostrare qualcosa in armonia con il riferimento di Gesù alla descrizione negativa fatta in Isaia 6:9, 10. (Matt. 13:13-15) Narrando questa terza parabola della serie di sette, Gesù disse: “Il regno dei cieli è simile a un granello di senapa, che un uomo prese e seminò nel suo campo; il quale è infatti il più piccolo di tutti i semi, ma quando è cresciuto è il più grosso dei vegetali e diviene un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono e trovano dimora fra i suoi rami”. — Matt. 13:31, 32.

2. Paragonando l’albero nato dal granello di senapa alla chiesa nominale, in che modo La Torre di Guardia di Sion del 15 maggio 1900 interpretò il fatto che gli uccelli del cielo trovarono dimora fra i rami dell’albero?

2 Il numero de La Torre di Guardia di Sion (inglese) del 15 maggio 1900 disse a pagina 153: “La terza parabola o quadro del regno nel suo attuale stadio embrionale di sviluppo dovrebbe indicare che da un piccolissimo inizio la chiesa nominale di questa età del Vangelo avrebbe conseguito proporzioni piuttosto considerevoli. . . . Tuttavia, questo grande sviluppo non significa necessariamente un vantaggio o qualcosa di specialmente desiderabile, ma diventa al contrario uno svantaggio, in quanto gli uccelli del cielo vengono e trovano dimora sui suoi rami e lo contaminano. Gli ‘uccelli del cielo’ della precedente parabola del seminatore raffiguravano Satana e i suoi rappresentanti, e noi, pensiamo, siamo giustificati a fare qui un’applicazione simile, interpretandolo nel senso che la chiesa piantata dal Signore Gesù fiorì rapidamente e straordinariamente, e che a motivo dei suoi risultati, della sua forza, ecc., Satana per mezzo dei suoi rappresentanti venne e trovò dimora sui vari rami della Chiesa. Essi han dimorato sui rami di questa chiesa evangelica per tutti questi secoli e vi si trovano ancora, come elemento contaminatore”.

3. In data 15 giugno 1910, che cosa disse La Torre di Guardia che rappresentava l’“albero” pienamente sviluppato, insieme agli uccelli?

3 Presentando una veduta simile a quella appena citata, il numero de La Torre di Guardia (inglese) del 15 giugno 1910, pagina 204, proseguiva dicendo: “Pertanto l’insegnamento di questa parabola ci farebbe concludere che, un tempo, la chiesa di Cristo era così priva d’importanza nel mondo che era una vergogna e un disonore appartenerle, ma che infine sarebbe divenuta onorata e grande e i servitori dell’avversario avrebbero provato piacere nella sua ombra. Nelle Scritture tutto questo è rappresentato col simbolo di Babilonia, ed esse dichiarano che, nel complesso, con le varie ramificazioni e denominazioni, la chiesa nominale di Cristo è babilonica. Ascoltate le parole del Signore: ‘Essa è divenuta il rifugio di ogni spirito immondo e il ricetto di ogni uccello impuro e odioso’”. — Si veda pure La Torre di Guardia (inglese) del 15 giugno 1912, pagina 198, sotto il titolo “Come un seme di senapa”.

4. (a) Quei due articoli de La Torre di Guardia che cosa non dissero che era l’“albero” simbolico? (b) In quanto al tempo e al luogo, che tipo di quadro e scena non illustra la parabola del granello di senapa?

4 Eccoci dunque, in quest’anno 1976, a dover rispondere all’importante domanda: Che cosa raffigura quell’albero cresciuto dal seme di senapa? Babilonia la Grande, dicono i succitati due numeri della rivista Torre di Guardia. Non dicono che questa pianta che diventa un albero raffiguri la classe del Regno di 144.001 cristiani intronizzati nel potere celeste. Ma oggi che dobbiamo dire noi? Anzitutto, dobbiamo ricordare che questa illustrazione del granello di senapa non presenta un quadro del millennio, per mostrare il numero finale della classe del Regno al potere nella gloria celeste e con tutto il genere umano che si rifugia sotto il regno messianico. Non presenta una scena celeste inerente agli eredi del “regno dei cieli”. Raffigura uno stato di cose terrestre in un particolare periodo di tempo.

5. Che cos’è lo speciale periodo di tempo in cui la parabola giunse al culmine del suo adempimento, e dove ha luogo tale adempimento?

5 Lo speciale periodo di tempo è quello indicato da Gesù nella parabola del grano e delle zizzanie e in quella della rete. Nella parabola del campo di grano in cui furono seminate le zizzanie, Gesù disse: “La mietitura è il termine di un sistema di cose, e i mietitori sono gli angeli”. Nella parabola della rete, Gesù disse: “Così sarà al termine del sistema di cose: gli angeli usciranno e separeranno i malvagi dai giusti e li getteranno nella fornace ardente. Ivi saranno il loro pianto e lo stridor dei loro denti”. (Matt. 13:39, 49, 50) La “mietitura” avviene qui sulla terra, dove si trovano le “zizzanie” da separare. Nello stesso modo, la separazione dei “pesci” che si potevano mangiare da quelli inadatti avviene qui sulla terra, dove sono le ‘acque’ di pesca. Le simboliche “zizzanie” e i “pesci” inadatti sono quelli che si professano cristiani e che hanno il cuore indifferente, gli orecchi insensibili, e gli occhi incollati così che la guarigione spirituale di tali cristiani professanti è impossibile. — Isa. 6:9, 10; Matt. 13:14. Si paragoni Atti 28:25-28. Si veda l’articolo “Nessuna guarigione finché le case non siano senza uomo”, nel numero de La Torre di Guardia del 1º maggio 1967.

6. Che cosa asserisce d’essere questo odierno “albero”, e perché, dunque, questo simbolico “albero” non potrebbe simboleggiare Babilonia la Grande?

6 Al “termine del sistema di cose” nei nostri tempi, il simbolico albero nato dal seme di senapa doveva essere pienamente cresciuto. Lo stato della crescita avrebbe corrisposto al tempo della mietitura. Dato che la mietitura del “grano” spirituale o dei “figli del regno” è in atto dal 1919 E.V., possiamo discernere qui sulla terra il simbolico albero nato dal seme di senapa e ora pienamente cresciuto. Questa pianta che diventa un albero asserisce di rappresentare il “regno dei cieli”, poiché Gesù disse che “il regno dei cieli è simile” ad esso. Per questa ragione l’albero cresciuto dal granello di senapa non potrebbe raffigurare Babilonia la Grande, poiché tale organizzazione è l’impero mondiale della falsa religione che ebbe inizio con l’antica Babilonia. Babilonia la Grande nel complesso non afferma d’essere o di rappresentare “il regno dei cieli” o il messianico “regno di Dio”. Tuttavia, la parte più numerosa e preminente di Babilonia la Grande asserisce in effetti di rappresentare il celeste regno messianico di Dio. Questa parte più potente di Babilonia la Grande è la cristianità con le sue mille o più ramificazioni e denominazioni religiose.

7. A che cosa si deve la massima crescita della cristianità nella storia, e quando cominciò realmente e come?

7 La cristianità afferma d’essere venuta dall’originaria piccola congregazione cristiana esistita a Gerusalemme nel primo secolo E.V. Oggi vi sono milioni di congregazioni della cristianità. Ha raggiunto la sua massima crescita! Ma la sua attuale scandalosa mondanità e la sua mancanza di spiritualità rendono certo che la sua enorme crescita non è avvenuta per le sue virtù spirituali e perché avesse la progressiva luce della verità biblica. La storia religiosa mostra che in effetti la cristianità fu fondata nel quarto secolo E.V. dal pagano imperatore romano Costantino il Grande, che asserì d’essersi convertito al cristianesimo nel 312 E.V. ma che non fu battezzato che poco prima della sua morte avvenuta il 22 maggio 337 E.V. Fece del degradato cristianesimo del suo giorno la Chiesa di Stato dell’Impero Romano, servendosi a tal fine di circa trecento “vescovi” apostati scesi a un compromesso. Quale Pontefice Massimo dell’Impero Romano, convocò il primo Concilio di Nicea, in Asia Minore, e stabilì quali dottrine dovevano essere decretate dottrina della Chiesa.

8. In quanto a dottrina e pratica, che cosa permea oggi la cristianità, e in adempimento di quale parabola?

8 Oggi, che cosa permea l’intera massa delle chiese della cristianità? Il vero insegnamento e la struttura e la procedura e l’osservanza della Bibbia? No! È la religione risultante dalla fusione promossa dal Pontefice Massimo Costantino, in cui le cose fondamentali sono le dottrine e i metodi babilonici, anziché gli insegnamenti dell’ispirata Sacra Parola di Dio. Fu Costantino a presiedere il Concilio di Nicea e ad appianare la disputa inerente alla personalità e agli attributi di Geova Dio, decretando in favore della dottrina babilonica della Trinità. Gesù Cristo predisse questa corruzione della dottrina e della pratica cristiana narrando la parabola del lievito. Egli disse: “Il regno dei cieli è simile a lievito, che una donna prese e nascose in tre grosse misure di farina, finché l’intera massa fermentò”. — Matt. 13:33.

9. Per quanto tempo è stata esercitata nella cristianità questa corruttrice influenza religiosa, con quale opportunità per i rappresentanti del Diavolo?

9 La fermentazione dell’intera massa della cristianità ha avuto sedici secoli di tempo per avvenire. Chi può negare che oggi la cristianità è completamente lievitata dalla corruttrice influenza della dottrina e della mondanità babilonica e della sfida alla sovranità universale di Geova Dio simile a quella lanciata da Nimrod? Questa corruzione dell’enorme massa di finti “figli del regno” della cristianità ha reso il falso “regno di Dio” terreno un eccellente luogo di rifugio per i rappresentanti di Satana il Diavolo, come gli “uccelli del cielo” dimorano tra i rami dell’albero cresciuto dal seme di senapa. — Matt. 13:31, 32.

10, 11. (a) Perché nella parabola del granello di senapa non è raffigurato nulla di vantaggioso per l’umanità? (b) Pertanto, quale “regno” odierno raffigura l’“albero” cresciuto dal granello di senapa?

10 La dimora di tutti questi simbolici “uccelli del cielo” nelle molte ramificazioni della cristianità non ha recato un vantaggio spirituale alla cristianità. È come l’albero che crebbe dal granello di senapa piantato dal contadino nel suo orto o campo. Gli uccelli del cielo che dimoravano tra i suoi rami potevano mangiare i semi di senapa, come gli uccelli della parabola di Gesù sui quattro tipi di suolo che mangiarono i semi caduti lungo la strada dalla mano del seminatore. (Matt. 13:4) Per quello che ne dice la parabola di Gesù, l’albero non fu di alcun vantaggio per l’uomo. Per esempio, la parabola non dice in che modo, una volta che l’albero fu cresciuto, il contadino venne per cacciare quegli uccelli e raccogliere una gran quantità di semi di senapa per farne una buona salsa con cui condire alcuni cibi. Ma, certo il contadino non piantò nel suo orto il granello di senapa solo per provvedere una dimora agli “uccelli del cielo”.

11 Tutto considerato, è evidente che il simbolico odierno “albero” nato dal seme di senapa è il falso “regno dei cieli”, cioè la cristianità, in cui il clero signoreggia sui laici. L’“albero” non potrebbe coerentemente raffigurare il rimanente dei suggellati Israeliti spirituali che sono oggi sulla terra, perché essi sono soltanto una frazione, non il numero completo di 144.000 eredi del Regno. Infatti, per oltre ventisette anni il rimanente spirituale è diminuito di numero. Alla celebrazione della Commemorazione nel 1975 il loro numero era sceso a 10.454.

UNA PIANTA DI SENAPA DIVERSA DA QUELLA CHE CI ASPETTEREMMO

12. Conformemente alla norma biblica che un seme deve riprodursi secondo la sua specie, quale obiezione potrebbe sollevare logicamente qualcuno riguardo alla spiegazione che l’“albero” nato dal granello di senapa raffigura la cristianità?

12 In modo del tutto logico, qualcuno potrebbe obiettare al suddetto ragionamento in questo modo: Nella parabola di Gesù, l’uomo che seminò il granello di senapa lo seminò con buone intenzioni. Egli si attendeva che da questo granello crescesse una pianta di senapa “secondo la sua specie”. (Gen. 1:11, 12) Non si attendeva qualcosa di estraneo a quanto aveva seminato. Non aveva in mente una finta pianta di senapa. Stando così le cose, come possiamo dire che il seminatore ottenesse esattamente una tale cosa finta? Perciò, come possiamo dire, com’è detto sopra, che l’“albero” che crebbe dal granello di senapa rappresentava la cristianità, il finto “regno dei cieli”?a Non è questo contrario alla legge di Dio secondo cui un seme deve riprodursi secondo la sua specie? Questa legge divina, applicata in senso spirituale, non escluderebbe l’idea della cristianità, l’opposto del “regno dei cieli”?

13, 14. (a) Perché la cristianità non ci sarebbe stata, se non ci fosse stato Gesù Cristo? (b) Secondo quale norma Dio la considera responsabile verso di Lui, e di che cosa è essa la controparte?

13 A questo riguardo, tutto cominciò con Cristo. Se non ci fosse stato Cristo, non ci sarebbe stata la cristianità. Dichiarazione semplice, ma pur sempre verace! Nel quarto secolo della nostra Èra Volgare la cristianità aderì al vero Cristo, non a un falso Cristo, un falso Messia, così da rendere meno riconoscibile la falsificazione. Prese anche il suo nome ufficiale chiamandosi cristianità. Essa si appropriò le varie cose che avevano relazione con Gesù Cristo. Pratica il battesimo in acqua, e alcune sue chiese praticano ancor oggi l’immersione totale. Celebra la Cena del Signore con il pane e il prodotto della vite. Ha gli anziani o vescovi e diaconi. (Filip. 1:1, La Bibbia di Gerusalemme) E, in quanto alla Sacra Bibbia nel complesso, le Bibbie stesse di cui i cristiani testimoni di Geova si sono serviti fino a che non si cominciò a pubblicare la Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture nel 1950 E.V. ci sono pervenute dalle società bibliche gestite dalle chiese della cristianità.

14 È assai chiaro che Gesù Cristo fu coinvolto nella formazione della cristianità, che ha professato finora d’essere la sua vera chiesa. Inoltre, Geova Dio prende la cristianità in parola e secondo le sue pretese. Per questa ragione Geova richiede che viva secondo le sue pretese e la ritiene responsabile di non vivere secondo le Sue esigenze. Per tale motivo le infliggerà la debita punizione. In questo “termine del sistema di cose” la giudica infedele alle sue stesse dichiarazioni religiose. Essa è la controparte moderna dell’infedele Israele dei tempi antichi.

15, 16. In che modo la parabola di Gesù circa il grano e le zizzanie mostra che egli è coinvolto nella crescita avuta finora dalla cristianità?

15 La prova scritturale che Gesù Cristo è coinvolto nella crescita della cristianità è confermata dalla parabola del grano e delle zizzanie. È vero che Gesù Cristo, “il Figlio dell’uomo”, non seminò quelle zizzanie nel suo campo. Ve le seminò il suo nemico, Satana il Diavolo. Nella parabola, gli schiavi del Seminatore scoprirono subito la presenza delle zizzanie nel campo di grano. Volevano sradicare i germogli delle zizzanie. Ma il Seminatore, il padrone del campo di grano, non glielo permise. Nella sua pazienza e longanimità ordinò agli schiavi di lasciar crescere insieme le zizzanie e il grano fino alla mietitura verso il tempo di Pentecoste. Allora avrebbe fatto separare le zizzanie, pienamente cresciute, dal grano.

16 In adempimento di questo aspetto della sua parabola, Gesù non fece distruggere la cristianità appena si manifestò. Permise che si espandesse. In questo senso è coinvolto nella crescita della cristianità fino alle sue attuali proporzioni, le massime della storia. Fino a che è stato scritto questo articolo, Gesù Cristo non ha distrutto la cristianità. Per suo permesso, essa occupa ancora spazio nel campo del Seminatore, nel “suo campo”, nel suo “coltivato campo” religioso. — Matt. 13:24-27; si paragoni I Corinti 3:9.

17. Da chi è stata maneggiata la simbolica “rete” e, nel 1891 e nel 1912, che cosa fu detto che raffigura questa “rete”?

17 Il legame di Gesù con la cristianità è ulteriormente illustrato nella parabola della rete. (Matt. 13:47-50) I pescatori che maneggiano la rete raffigurano gli angeli celesti sotto la guida del glorificato Gesù Cristo. Ma che cosa raffigura la rete stessa? Dato che la parabola dice che “il regno dei cieli è simile a una rete”, la rete raffigura forse i 144.001 membri della classe del “regno dei cieli”? No, questo non è possibile, quando consideriamo gli aspetti della parabola tutti insieme. Il libro “Venga il tuo Regno” (inglese), pubblicato nel 1891, diceva a pagina 214 che la rete raffigurava “la Chiesa cristiana nominale”. La Torre di Guardia (inglese), in data 15 giugno 1912, a pagina 201 e nell’articolo intitolato “La parabola di una rete da pesca”, ne parlò chiamandola “la rete del Vangelo, con tutto il suo assortimento di chiese d’ogni tipo”.

18. In data 15 marzo 1968, che cosa disse La Torre di Guardia che la rete raffigurava?

18 Più recentemente, nel numero de La Torre di Guardia del 15 marzo 1968, fu pubblicato l’articolo di studio intitolato “Calate le vostre reti per la pesca”. Alle pagine 177, 178, il sesto paragrafo dice che “la rete simboleggia l’organizzazione terrestre che professa d’essere la congregazione di Dio, la quale è nel nuovo patto con Dio per mezzo del Mediatore Gesù Cristo. Essa asserisce dunque d’essere l’Israele spirituale, la nazione santa unta con lo spirito di Dio per regnare con Gesù Cristo nel regno celeste. Essa include i professanti veri e i professanti falsi o infedeli. Logicamente include la cristianità, con le sue centinaia di migliaia di sedicenti cristiani, appartenenti a centinaia di sette chiamate cristiane”.

19, 20. (a) L’esperienza di Gesù in relazione al simbolico granello di senapa è stata simile a quale esperienza di Geova, narrata in Geremia 2:21-23? (b) In Osea 10:1-4, come Geova raffigura la degenerazione della simbolica “vigna” d’Israele?

19 Pertanto nelle parabole del Regno Gesù Cristo illustrò il suo legame con la formazione e la crescita dell’organizzazione cristiana nominale della cristianità. La sua relazione con la cristianità è simile alla relazione del suo celeste Padre Geova con l’apostata Israele dei tempi antichi. Nel 1513 a.E.V. Geova stabilì la nazione d’Israele per uno scopo buono e giusto. Ma che cosa accadde alla nazione che aveva scelto e piantato nella Terra Promessa in Palestina? In Geremia 2:21-23 Geova stesso risponde a questa domanda, dicendo: “‘In quanto a me, t’avevo piantata come una scelta vite rossa, tutta di vero seme. Come ti sei dunque cambiata verso di me in degenerati germogli di vite straniera? Ma benché tu ti lavassi con gli alcali e ti prendessi gran quantità di liscivia, il tuo errore sarebbe per certo una macchia dinanzi a me’, è l’espressione del Signore Geova. ‘Come puoi dire: “Non mi sono contaminata. Non ho camminato dietro ai Baal”? Vedi la tua via nella valle. Prendi nota di ciò che hai fatto. Una veloce, giovane cammella che senza mira corre da una parte all’altra nelle sue vie’”.

20 E in Osea 10:1-4, Geova dice: “Israele è una vite degenerata. Continua a portar frutto per se stesso. In proporzione all’abbondanza del suo frutto ha moltiplicato i suoi altari. In proporzione alla bontà del suo paese, erigono buone colonne. Il loro cuore è divenuto ipocrita; ora saranno trovati colpevoli. . . . Pronunciano parole, fanno giuramenti falsi, concludono un patto; e il giudizio è germogliato come una pianta velenosa nei solchi della campagna”.

21. (a) In che modo la generazione giudaica del giorno di Gesù mostrò la sua apostasia? (b) L’esperienza di chi risponde alla domanda se Gesù poté piantare un simbolico granello di senapa da cui nascesse una pianta straniera?

21 Ai giorni di Gesù Cristo e dei suoi apostoli la nazione d’Israele era apostata come ai giorni di Geremia e Osea. Infatti, fu la generazione d’Israele a causare la morte del Messia Gesù e a perseguitare i suoi apostoli e i discepoli del primo secolo. A tali Israeliti in special modo si riferirono sia Gesù che Isaia, dicendo che avevano gli occhi incollati, gli orecchi insensibili e il cuore indifferente così che non ci fu per loro nessuna guarigione spirituale. (Isa. 6:9, 10; Matt. 13:13-15; Atti 28:24-28) Nel 70 E.V. quell’apostata generazione subì pertanto la calamità nazionale. Or dunque, chiede qualcuno: Quale Seminatore della parabola, come poté Gesù piantare il simbolico granello di senapa e tuttavia farlo divenire un albero di una specie straniera, quella corrotta falsificazione detta cristianità? L’esperienza di Geova Dio con l’antica nazione d’Israele dà la risposta divina a chi fa tale domanda!

22. Perché Gesù potè narrare la parabola del granello di senapa e pensare che l’“albero” cresciuto raffigurava un’organizzazione finta?

22 Gesù Cristo, con la sua profetica previdenza, poté preconoscere il risultato del simbolico granello di senapa che seminò nel primo secolo. Conosceva la storia d’Israele e conosceva tutte le profezie. Così poté dire la parabola del granello di senapa e pensare al finto “regno dei cieli”, la cristianità, raffigurata dalla pianta di senapa cresciuta in cui dimorarono gli “uccelli del cielo”. — Si noti Matteo 13:25, 38, 39; 24:23-25.

23. (a) Che cosa non dobbiamo pensare per il fatto che la parabola non mostra la distruzione dell’“albero” nato dal granello di senapa? (b) La parabola della rete che cosa non mostra riguardo a quella rete da pesca?

23 La parabola di Gesù non illustrò di per se stessa o con quanto essa dice che la cosa simboleggiata dall’“albero” infestato dagli uccelli sarebbe stata distrutta. Tuttavia questo non è un argomento per dimostrare che tale distruzione non sopravverrà sull’“albero” simbolico, cioè la cristianità. (Si paragoni Luca 13:5-9). Si può dire la stessa cosa della rete: La parabola di Gesù non mostra che la rete avrebbe cessato di esistere. Ma non mostra neppure che la rete fosse usata un’altra volta. Se fosse stata usata di nuovo, avrebbe di nuovo radunato dal “mare” lo stesso miscuglio di vita marina descritto nella parabola. Quindi, il fatto che la parabola non arriva al punto di illustrarlo non vuol dire che quanto è raffigurato dalla rete non sarà eliminato al tempo fissato da Dio. Negli scorsi diciannove secoli, sotto la guida degli angeli, si sono effettuate operazioni con quella simbolica rete. Ma, una volta terminata l’opera di separare le forme di vita marina che sono state radunate da quella simbolica rete, quell’operazione di pesca non si ripeterà.

24. Malgrado la parabola non lo mostri, perché la simbolica rete sarà eliminata al tempo fissato da Dio?

24 Poiché la rete raffigurò “la Chiesa cristiana nominale” o ‘l’organizzazione di cristiani professanti, inclusi i veri e i falsi’, la rete simbolica sarà effettivamente eliminata. Tale strumento religioso che include la cristianità sarà gettato via per non essere mai più usato. Alla fine del “termine del sistema di cose” Geova Dio avrà preso tutti i suoi “pesci” buoni per il vero “regno dei cieli”. (Matt. 4:17; 13:47-50) Il fatto che la parabola non lo illustra non è la prova che la rete figurativa non sarà servita al suo scopo e non sarà eliminata, messa da parte, per non essere mai più usata. Tuttavia Gesù disse che “il regno dei cieli” era simile a quella rete. Quindi la rete, di per se stessa, non raffigurò certo la classe del Regno di 144.001 membri.

CHE DIRE DELLE COSE LIEVITATE OFFERTE A GEOVA?

25. Sebbene l’organizzazione cristiana nominale sia lievitata con cose babiloniche, quale domanda potrebbe ancora fare qualcuno circa il lievito nascosto dalla donna nella pasta, e perché?

25 Non c’è dubbio che l’organizzazione cristiana nominale, raffigurata dall’“albero” infestato di uccelli e cresciuto dal granello di senapa, si è corrotta a causa degli insegnamenti e delle pratiche babiloniche. Nella precedente considerazione è stato indicato che questa corruzione dell’organizzazione di sedicenti cristiani fu raffigurata nella parabola di Gesù in cui una donna nascose un po’ di lievito in tre grandi misure di farina, perché lievitasse l’intera massa. (Matt. 13:33) Tuttavia qualcuno troverà ancora difficile questa spiegazione della parabola. Forse si chiede: Il lievito di quella parabola raffigura davvero qualcosa di cattivo, che corrompe la religione? Non potrebbe raffigurare il potere che permea di giustizia e santità la vera congregazione cristiana di eredi del Regno? Infatti, guardate le cose offerte a Geova Dio secondo la legge di Mosè e contenenti lievito che Egli accettava! Non indica questo che le Sacre Scritture usano il lievito come simbolo di bontà e giustizia? Non potrebbe essere così anche nel caso della parabola di Gesù circa il lievito nascosto in una grossa misura di pasta?

26. Chi pone tale domanda quale ragionamento può fare circa il lievito contenuto nei due pani di grano offerti dal sommo sacerdote il giorno di Pentecoste?

26 Un notevole esempio che si potrebbe citare, in cui dietro suo comando erano offerte a Geova cose lievitate, cose che erano accettate da lui, è quello dei due pani di grano lievitati che il sommo sacerdote giudaico offriva il giorno della Festa delle Settimane, o Pentecoste, che cadeva il sesto giorno del mese lunare primaverile di Sivan. Era il cinquantesimo giorno dal 16 Nisan, quando il sommo sacerdote offriva i primi frutti della raccolta dell’orzo. (Lev. 23:15-17; Deut. 16:9-12; Atti 20:16; 1 Cor. 16:8) Se si considera tutto il rispetto mostrato a questi due pani, si potrebbe fare questo ragionamento: il giorno della festa Geova accetta i due pani di grano contenenti lievito. Allora, che in questo caso Geova accetti qualcosa di lievitato non significa forse che il lievito assuma lì un senso buono? Non è questa la prova che talora il lievito ha un buon valore simbolico presso Dio? Infatti, si noti come il pane lievitato era il pane preferito dall’eletto popolo di Geova dell’antichità, mentre il pane non lievitato veniva chiamato “il pane d’afflizione”. (Deut. 16:1-3) Certo questo deve dare al lievito un aspetto favorevole quando è usato come simbolo nella Bibbia!

27. Facendo questo ragionamento, a quale conclusione perveniamo circa il significato del lievito nell’antitipo dei due pani di grano alla Pentecoste?

27 Se facciamo tale ragionamento riguardo ai due pani di grano lievitati che venivano presentati il giorno della festa delle settimane, a quale conclusione giungiamo logicamente? A questa: Quei due pani pentecostali erano tipici e raffiguravano cose avvenire secondo il proposito di Dio. Quindi nell’antitipo di quella presentazione dei due pani lievitati il 6 Sivan, la cosa simboleggiata dal lievito contenuto nei pani dev’essere qualcosa di buono, giusto, virtuoso. Pertanto chiediamo: Che cosa raffigurano quei due pani di grano lievitati? Raffigurano la vera congregazione cristiana di credenti umani imperfetti venuta all’esistenza il giorno di Pentecoste dell’anno 33 E.V. (La Torre di Guardia di Sion [inglese] del 1º marzo 1898, pagina 68, paragrafo 4) Se dunque il giorno di Pentecoste il lievito raffigurò qualcosa di buono, logicamente è raffigurato che la nuova congregazione cristiana ebbe inizio con un antitipico lievito di bontà in se stessa, qualche speciale “grazia dello spirito santo”. Tutto questo, prima che fosse versato lo spirito santo!

28. Tuttavia, in armonia con La Torre di Guardia, che cosa raffigura il lievito contenuto nei tipici pani di grano della Pentecoste?

28 Tuttavia, il giorno di Pentecoste, quando lo spirito santo di Dio fu versato sui componenti umani della congregazione cristiana, cominciarono con qualche interiore merito personale? No; non avevano nessuna giustizia personale. Pertanto, da molto tempo viene spiegato che il lievito contenuto nell’offerta dei primi frutti della raccolta del grano significa il peccato, il peccato che i componenti della congregazione cristiana di eredi del Regno ereditarono dal disubbidiente Adamo. (Rom. 5:12; si veda La Torre di Guardia [inglese] del 15 giugno 1912, pagina 198, secondo paragrafo, sotto l’intestazione “Parabola del lievito”). Tuttavia, allora, il giorno di Pentecoste del 33 E.V., si poté dire degli imperfetti componenti della congregazione cristiana che “il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato”. — 1 Giov. 1:7; si veda il libro The Temple di Alfred Edersheim, edizione del 1881, da pagina 229, paragrafo 1, a pagina 231.b

29. (a) Con quale giorno dell’offerta del primi frutti è messo in relazione il giorno di Pentecoste, e come? (b) Che dire del lievito riguardo a quel giorno precedente in cui si offrivano i primi frutti della raccolta?

29 Tale spiegazione del lievito contenuto nei due pani di grano pentecostali è confermata da un altro fatto, cioè questo: La Pentecoste, giorno della festa delle settimane (Shabuoth), è messa in relazione dal calcolo del tempo con il giorno dell’offerta dei primi frutti della raccolta dell’orzo. Questa offerta si faceva il 16 Nisan, il terzo giorno dopo Pasqua. (Lev. 23:9-17) Il 16 Nisan, quando il sommo sacerdote agitava da una parte all’altra ‘il covone dei primi frutti della messe’ dell’orzo d’Israele, non si offriva lievito insieme ad esso. Si offrivano due decimi d’efa di fior di farina intrisa con olio insieme a un quarto d’hin di vino, ma senza lievito. (Lev. 23:13) Infatti, questa cerimonia cadeva nella festa di sette giorni del pane non lievitato, tempo nel quale non doveva esserci in giro né si doveva mangiare lievito. Perché allora in occasione di questa cerimonia del 16 Nisan non si usava lievito mentre nell’attinente festa di Pentecoste lo si impiegava?

30. (a) Se il lievito raffigurava qualcosa di giusto, che cosa indicherebbe la sua assenza il giorno dell’offerta dei primi frutti dell’orzo? (b) Che cosa raffigurò il covone dei primi frutti della raccolta dell’orzo?

30 Se il lievito dev’essere considerato un simbolo favorevole per il fatto che Dio lo accettava il giorno di Pentecoste, perché non era permesso nelle offerte fatte insieme al covone agitato dei primi frutti della raccolta dell’orzo? Se il lievito era un simbolo con un senso buono, non indicherebbe l’assenza del lievito che mancava qualcosa di buono nell’offerta del covone d’orzo fatta dal sommo sacerdote? Sì, illustrerebbe che nell’adempimento di questo quadro profetico mancava qualche virtù o qualche “grazia dello spirito santo”. Ma è proprio così? Per avere la risposta dobbiamo considerare che cos’era illustrato dal covone dei primi frutti della raccolta dell’orzo. Non raffigura altri che il risuscitato Signore Gesù Cristo stesso. — 1 Cor. 15:20.

31. (a) In che giorno fu risuscitato Gesù, e perché allora? (b) Il fatto che quel giorno non era permesso lievito in Israele che cosa raffigurò riguardo alla risurrezione di Cristo?

31 In armonia con questo fatto, Gesù Cristo fu destato dai morti la domenica 16 Nisan 33 E.V., a metà della festa dei pani non lievitati. Alla sua gloriosa risurrezione non gli mancava certo qualcosa di buono, qualche virtù o “grazia dello spirito santo”, fatto che sarebbe raffigurato se il lievito che mancava fosse da considerare un simbolo favorevole, un cosiddetto ‘lievito di giustizia’. Esattamente al contrario, il fatto che il 16 Nisan, quando veniva agitato il covone dei primi frutti della raccolta dell’orzo, mancava il lievito raffigurava che Gesù Cristo fu risuscitato come persona spirituale perfetta, giusta e senza peccato. Alla sua risurrezione, come dice I Timoteo 3:16, egli fu “dichiarato giusto nello spirito”. Non ci fu nessun “lievito” simbolico riguardo a lui.

32. (a) Che cosa disse Gesù del pane che spezzò quando istituì la Cena del Signore? (b) Pertanto, che cosa simboleggiò il fatto che quel pane non era lievitato?

32 C’è un fatto da considerare in relazione a ciò. Il 16 Nisan, il giorno in cui venivano presentati a Geova Dio i primi frutti della raccolta dell’orzo, era il terzo giorno dopo Pasqua. Dopo aver celebrato la cena pasquale il 14 Nisan 33 E.V., Gesù Cristo prese un pane non lievitato e lo spezzò, dicendo ai suoi fedeli apostoli: “Prendete, mangiate. Questo significa il mio corpo”. (Matt. 26:26) Poiché nel pane usato non c’era lievito, ne consegue forse che, facendo il ragionamento che il lievito è un simbolo buono, il corpo carnale di Gesù mancava di qualcosa di essenziale, mancava di giustizia, mancava di qualche “grazia dello spirito santo”? Assolutamente no! Il fatto che il pane che Gesù disse tipificava il suo corpo non era lievitato raffigurava che il corpo carnale di Gesù era senza peccato e imperfezione di qualsiasi sorta. — Ebr. 7:26.

33. Le Sacre Scritture come usano il lievito sotto forma di simbolo, e quali testimoni abbiamo a conferma di ciò?

33 In armonia con tutto quanto precede, i numeri della rivista Torre di Guardia (inglese) del 15 maggio 1900 e del 15 giugno 1910 dissero correttamente che il lievito, come simbolo, è usato in tutte le Scritture con un senso sfavorevole o dal lato negativo. Dalla prima menzione del lievito o pasta acida nella Bibbia, in Esodo 12:15-20; 13:7, fino all’ultima menzione in Galati 5:9, le Sacre Scritture hanno usato il lievito come simbolo di ciò che è cattivo. Se abbiamo bisogno di testimoni di questo fatto, abbiamo almeno DUE testimoni attestanti che la Bibbia usa invariabilmente il lievito per simboleggiare qualcosa di cattivo, l’ingiustizia, l’errore, il peccato. Gesù si riferì al lievito dei Farisei e al lievito di Erode. (Matt. 16:6-12; Mar. 8:15; Luca 12:1) L’apostolo Paolo mette in guardia contro il lievito che fa fermentare l’intera massa. Egli cita la tipica festa dei pani non lievitati e definisce con chiarezza che cosa simboleggia il lievito, poiché dice: “Cristo, la nostra pasqua, è stato sacrificato. Quindi osserviamo la festa non con vecchio lievito, né con lievito di malizia e malvagità, ma con pani non fermentati di sincerità e verità”. — 1 Cor. 5:6-8; si vedano Deuteronomio 17:6, 7; 19:15; I Timoteo 5:19; Ebrei 10:28.c

34. Perciò, che cosa illustra la parabola del lievito?

34 In considerazione di questo fatto, Gesù non fece eccezione riguardo al significato del lievito quando narrò la parabola della donna che nascose un po’ di lievito in tre grandi misure di farina. Essendo coerente nel suo insegnamento, usò il lievito per simboleggiare qualcosa di sfavorevole. La parabola deve quindi illustrare qualcosa di sfavorevole negli aspetti attinenti al “regno dei cieli”. Il fatto che la grossa misura di pasta lievitò raffigura profeticamente la corruzione della congregazione di cristiani professanti dovuta all’errore babilonico nell’insegnamento e nella pratica. Raffigura la lievitazione simbolica di ciò che è illustrato dalla pianta di senapa cresciuta. Appropriatamente, dunque, sia Matteo che Luca pongono la parabola del lievito subito dopo la parabola del granello di senapa, e Luca le pone subito dopo un pungente rimprovero agli ipocriti religionisti. — Luca 13:10-21.

[Note in calce]

a Si vedano le pagine 206-209 del libro Vicina la salvezza dell’uomo dall’afflizione mondiale! (inglese) pubblicato nel 1975.

b La pagina 230, righe 12-14, dice: “Quindi erano lievitati, perché le pubbliche offerte di ringraziamento d’Israele, anche le più sante, sono lievitate dall’imperfezione e dal peccato, e hanno bisogno di un’offerta per il peccato”.

In armonia con quanto sopra, nel libro Biblical Commentary on the Old Testament, di Keil e Delitzsch, (Volume II - Il Pentateuco) e al sottotitolo (pagina 437) “Santificazione del Sabato e delle Feste di Geova. — Cap. XXIII”, e alle righe 16-34 di pagina 443, leggiamo quanto segue:

“‘. . . Vers. 20. Il sacerdote li agiterà (i due agnelli delle offerte di pace), insieme ai pani dei primi frutti, come offerta agitata dinanzi a Geova; con i due agnelli (i due appena menzionati), essi (i pani) saranno santi a Geova per il sacerdote’. . . . L’offerta per il peccato doveva suscitare nella congregazione d’Israele il senso e la consapevolezza del peccato, affinché mentre mangiavano il quotidiano pane lievitato non servissero il lievito della loro vecchia natura, ma cercassero e implorassero dal Signore loro Dio il perdono e la purificazione dei peccati”.

c Nell’edizione dell’Encyclopædia Judaica del 1971, Volume 7, nelle colonne 1235-1237, troviamo un articolo intitolato “Hamez . . . ‘pasta fermentata’”. Nella colonna 1237, sotto l’intestazione “Il lievito nel pensiero giudaico”, leggiamo quanto segue:

“Il lievito è considerato simbolo di corruzione e impurità. Il ‘lievito nella pasta’ è una delle cose che ‘ci impediscono di compiere la volontà di Dio’ (Ber. 17a). L’idea era molto sviluppata nella cabala. Il Nuovo Testamento si riferisce anche al ‘lievito di malizia e malvagità’ che è messo in contrasto con ‘il pane non lievitato di sincerità e verità’ (1 Cor. 5:8). Similmente la parola viene applicata a ciò che era considerato come dottrina corrotta dei Farisei e dei Sadducei (Matt. 16:12; Mar. 8:15).

“Si applicava particolarmente alla mescolanza di elementi di discendenza impura in una famiglia. La ‘pasta’ (fermentata) era messa in contrasto in questo contesto con la ‘farina pura setacciata’. . . .”

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