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    Ausiliario per capire la Bibbia
    • di locuste che si sarebbe abbattuta sull’Egitto, i servitori del faraone chiesero: “Per quanto tempo mostrerà quest’uomo d’essere per noi come un laccio?” (Eso. 10:7) Le piaghe precedenti si erano tutte verificate come annunciato da Mosè e, perciò, egli si era dimostrato un laccio, causa di calamità o rovina per gli egiziani. Geova avvertì più volte gli israeliti di non lasciare che i cananei restassero nella Terra Promessa per non cadere nel laccio dell’idolatria. (Eso. 23:32, 33; 34:12; Deut. 7:16, 25; Gios. 23:13) L’idolatria fu un laccio o un’insidiosa causa di calamità per gli israeliti, in quanto fece loro perdere il favore e la protezione di Geova e portò oppressione e perdita della libertà per mano dei loro nemici. Fu pure un inganno e un’esca con la pretesa di recare benefici e piaceri. (Giud. 2:2, 3, 11-16; 8:27) In modo simile il re Saul si servì con secondi fini di sua figlia Mical, dicendo: ‘La darò a Davide affinché gli serva di laccio’. (I Sam. 18:21) Saul sperava segretamente che Davide perdesse la vita nella temeraria impresa di procurarsi cento prepuzi di filistei da dare al re invece di “denaro del matrimonio” — I Sam. 18:25.

      Un altro aspetto delle trappole a cui si fa allusione in senso figurativo è la velocità con cui possono scattare, cogliendo alla sprovvista. La resa di Babilonia ai medi e ai persiani, per esempio, fu così improvvisa e inaspettata che avvenne come se Geova avesse fatto scattare su di lei un laccio o una trappola. — Ger. 50:24; confronta Luca 21:34,35.

      Bisogna valutare bene la cosa ed essere cauti nel fare voti o promettere di farli per non trovarsi intrappolati in una situazione da cui può essere difficile o del tutto impossibile sfuggire. (Prov. 6:1-3; 20:25) La compagnia di qualcuno incline all’ira può far diventare proprio come lui. Questo è un laccio, poiché sfocia in liti, in terribili complicazioni e nel peccato. (Prov. 22:24, 25; confronta I Corinti 15:33). Viceversa il timore di Dio e lo sforzo di seguire la Sua via aiutano il saggio a non essere indotto in trasgressione (come avendo rapporti con prostitute) che potrebbe diventare un laccio e portare alla morte. — Prov. 13:14; 14:27; confronta Proverbi 5:3-8; 7:21-23.

      Nel I secolo E.V. alcuni cristiani, attratti dall’allettamento della ricchezza, caddero in un laccio che provocò rovina spirituale. (I Tim. 6:9, 10) Altri, viene detto, erano caduti nel “laccio del Diavolo”. Evidentemente questo significa che erano stati sviati e allontanati dalla verità e quindi erano caduti vittima dell’avversario. Timoteo fu esortato a istruirli con mitezza affinché potessero tornare in sé e pentirsi, in modo da essere liberati dal laccio del Diavolo. — II Tim. 2:23-26; confronta I Timoteo 1:3, 4; Tito 3:9.

      Può accadere che qualche intrigante cerchi di intrappolare un innocente, ma Geova può capovolgere la situazione e far “piovere sui malvagi trappole, fuoco e zolfo”. (Sal. 11:6) Può prenderli in una trappola, eliminando ogni via di scampo, e quindi eseguire su di loro il giudizio. — Confronta I Tessalonicesi 5:1-3.

  • Trasfigurazione
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Trasfigurazione

      Avvenimento miracoloso della vita terrena di Gesù a cui assisterono Pietro, Giacomo e Giovanni. (Matt. 17:1-9; Mar. 9:2-10; Luca 9:28-36) Matteo e Marco dicono che in quell’occasione ‘la faccia di Gesù risplendeva come il sole, e le sue vesti divennero brillanti come la luce’, “assai più bianche di quanto potrebbe imbiancarle sulla terra qualsiasi pulitore di vestiti”, e Luca afferma che “l’aspetto della sua faccia divenne diverso”. La trasfigurazione ebbe luogo su un monte qualche tempo dopo la Pasqua del 32 E.V., molto prima dell’ultimo viaggio di Gesù a Gerusalemme. Probabilmente avvenne di notte, dato che gli apostoli “erano aggravati dal sonno”. (Luca 9:32) Di notte l’avvenimento sarebbe stato più spettacolare, ed essi trascorsero effettivamente la notte sul monte, poiché scesero solo l’indomani. (Luca 9:37) La Bibbia però non dice quanto tempo sia durata la trasfigurazione.

      Prima di salire sul monte Cristo aveva chiesto a tutti i discepoli: “Chi dicono gli uomini che io sia?” e Pietro aveva risposto: “Tu sei il Cristo”. Allora Gesù disse ai discepoli che doveva morire ed essere risuscitato (Mar. 8:27-31), ma promise che alcuni di loro ‘non avrebbero gustato affatto la morte prima d’aver visto il Figlio dell’uomo venire nel suo regno’, o “il regno di Dio venuto in potenza”. (Matt. 16:28; Mar. 9:1) Questa promessa si adempì “sei giorni dopo” (“otto” secondo Luca, che a quanto pare include il giorno della promessa e quello dell’adempimento) quando Pietro, Giacomo e Giovanni accompagnarono Gesù su “un alto monte” (Matt. 17:1, Mar. 9:2; Luca 9:28) dove, mentre pregava, Gesù fu trasfigurato davanti a loro.

      DOVE EBBE LUOGO

      Poco prima della trasfigurazione, Gesù e i discepoli si trovavano nella regione di Cesarea di Filippo, l’attuale villaggio di Banyas. (Mar. 8:27) È improbabile che Cristo e gli apostoli si siano allontanati da questa località o regione per salire sull’“alto monte”. (Mar. 9:2) Perciò la trasfigurazione deve essere avvenuta su qualche contrafforte del vicino monte Ermon.

      SIGNIFICATO DELL’AVVENIMENTO

      Durante la trasfigurazione di Gesù, apparvero “con gloria” anche Mosè ed Elia. (Luca 9:30, 31) Era stato predetto che Geova avrebbe suscitato un profeta simile a Mosè, e quella promessa si adempì in Cristo. (Deut. 18:15-19; Atti 3:19-23) Fra Mosè e Gesù c’erano diverse analogie: alla nascita di entrambi furono uccisi dei bambini, ma essi furono risparmiati (Eso. 1:20-2:10; Matt. 2:7-23); entrambi digiunarono per quaranta giorni (Eso. 24:18; 34:28; Deut. 9:18, 25; Matt. 4:1, 2); entrambi furono suscitati da Dio nell’interesse della vera adorazione e per portare liberazione (Eso. 3:1-10; Atti 7:30-37; 3:19-23); entrambi ebbero da Dio il privilegio di essere mediatori di un patto col suo popolo (Eso. 24:3-8; Ebr. 8:3-6; 9:15); entrambi furono usati da Geova per magnificare il suo nome. — Eso. 9:13-16; Giov. 12:28-30; 17:5, 6, 25,26.

      Inoltre era stato predetto che Geova avrebbe mandato il profeta Elia, una delle cui opere fu di volgere persone di Israele a vero pentimento. Mentre Gesù era sulla terra, Giovanni il Battezzatore compi un’opera del genere e servì quale precursore del Messia, adempiendo Malachia 4:5, 6. (Matt. 11:11-15; Luca 1:11-17) Ma poiché la trasfigurazione ebbe luogo dopo la morte di Giovanni il Battezzatore, l’apparizione di Elia indica che un’opera di restaurazione avrebbe accompagnato l’istituzione del regno di Dio nelle mani di Cristo.

      Durante la trasfigurazione Gesù, Mosè ed Elia parlarono della “dipartita [accusativo del sostantivo greco èxodos] ch’egli [Cristo] era destinato ad adempiere in Gerusalemme”. (Luca 9:31) Questo èxodos, esodo o “dipartita”, evidentemente riguardava sia la morte di Cristo che la sua successiva risurrezione a vita spirituale.

      Alcuni critici vorrebbero considerare la trasfigurazione un semplice sogno. Tuttavia Pietro, Giacomo e Giovanni non poterono logicamente fare tutti esattamente lo stesso sogno. Gesù stesso definì l’accaduto una “visione” (Matt. 17:9), ma non una semplice illusione. Cristo era realmente lì, anche se Mosè ed Elia, che erano morti, non erano letteralmente presenti. Essi erano rappresentati in visione. Il termine greco reso “visione” in Matteo 17:9 è hòrama, che significa “ciò che si vede: vista; spettacolo; punto di vista”. Non significa qualcosa di irreale, come se i presenti avessero le traveggole. Ed essi non rimasero insensibili all’accaduto, poiché erano ben svegli quando assisterono alla trasfigurazione. Con occhi e orecchi letterali videro e udirono effettivamente ciò che ebbe luogo in quell’occasione. — Luca 9:32.

      Mentre Mosè ed Elia si separavano da Gesù, Pietro, “non comprendendo ciò che diceva”, suggerì di erigere tre tende, una ciascuno per Gesù, Mosè ed Elia. (Luca 9:33) Ma mentre l’apostolo parlava si formò una nube (Luca 9:34), evidentemente (come per la tenda di adunanza nel deserto) a simboleggiare la presenza di Geova lì sul monte della trasfigurazione. (Eso. 40:34-38) Da quella nuvola proveniva la voce di Geova che disse: “Questo è il mio Figlio, colui che è stato eletto. Ascoltatelo”. (Luca 9:35) Anni dopo, riferendosi alla trasfigurazione, Pietro identificò la voce celeste come quella di “Dio Padre”. (II Piet. 1:17, 18) Nella trasfigurazione Mosè ed Elia rappresentavano senz’altro la Legge e i Profeti, che additavano e si adempirono in Cristo. Mentre in passato Dio aveva parlato per mezzo dei profeti, ora indicava che avrebbe parlato per mezzo di suo Figlio. — Gal. 3:24; Ebr. 1:1-3.

      L’apostolo Pietro considerava la trasfigurazione una meravigliosa conferma della parola profetica, ed essendo stato testimone oculare della gloria di Cristo poté far conoscere ai suoi lettori “la potenza e la presenza del nostro Signore Gesù Cristo”. (II Piet. 1:16, 19) L’apostolo aveva constatato l’adempimento della promessa di Cristo che alcuni dei suoi seguaci non avrebbero ‘gustato affatto la morte prima di aver visto il regno di Dio venuto in potenza’. (Mar. 9:1) Può darsi che anche l’apostolo Giovanni alludesse alla trasfigurazione in Giovanni 1:14.

      Gesù disse ai tre apostoli: “Non dite la visione a nessuno finché il Figlio dell’uomo non sia destato dai morti”. (Matt. 17:9) Essi si astennero dal riferire a chiunque ciò che avevano visto, a quanto pare anche agli altri apostoli. (Luca 9:36) Mentre scendevano dal monte i tre apostoli “ragionavano fra loro su ciò che significava questo sorgere dai morti”, di cui Gesù aveva parlato. (Mar. 9:10) Un insegnamento religioso ebraico dell’epoca era che Elia doveva apparire prima della risurrezione dei morti che avrebbe segnato l’inizio del regno del Messia. Perciò gli apostoli chiesero: “Perché, dunque, gli scribi dicono che prima deve venire Elia?” Gesù li assicurò che Elia era venuto ed essi capirono che parlava di Giovanni il Battezzatore. — Matt. 17:10-13.

      La trasfigurazione, sembra, servì a fortificare Cristo in vista delle sofferenze e della morte, e anche a incoraggiare e rafforzare la fede dei suoi seguaci. Mostrò che Gesù aveva l’approvazione di Dio e fu una visione anticipata della sua futura gloria e potenza del regno. Presagiva la presenza di Cristo, quando la sua autorità regale sarebbe stata completa.

  • Trebbia
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    • Trebbia

      Vedi ATTREZZI AGRICOLI.

  • Trebbiare
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    • Trebbiare

      Separare il cereale dalla paglia e dalla pula. Diversi metodi seguiti in tempi biblici sono tuttora in uso in varie parti della terra. Se gli spigolatori avevano una piccola quantità di cereali da trebbiare, se si trattava di semi minuti come quelli del comino, o se la trebbiatura avveniva in segreto in tempi pericolosi, si usava una verga o un correggiato per battere a mano il cereale per terra o in uno strettoio. — Giud. 6:11; Rut 2:17; Isa. 28:27.

      Normalmente però la trebbiatura avveniva sull’aia. Situata di solito in zona elevata esposta al vento, questa era uno spiazzo circolare piano, largo fino a 15 m circa, di pietra o di terra battuta. Aie non di proprietà privata erano spesso raggruppate nei pressi di un villaggio per uso comune.

      I covoni di orzo o di grano, principali cereali della Palestina, venivano stesi per terra (attualmente in uno strato alto da 30 a 45 cm). Il calpestio di tori o altri animali, che giravano in tondo sull’aia, sminuzzava un po’ alla volta la paglia e separava il cereale dalla pula. Non si metteva la museruola agli animali che trebbiavano. — Deut. 25:4; Osea 10:11; I Cor. 9:9, 10.

      Strumenti per trebbiare trainati da animali acceleravano il processo e agivano più a fondo dei soli zoccoli dell’animale. (Isa. 41:15; Amos 1:3) Modelli usati in tempi più recenti consistono in una pesante slitta o treggia piana con denti acuminati di pietra o di ferro nella parte inferiore oppure in un telaio che tira dei rulli cilindrici muniti di lame per tagliare e sminuzzare lo stelo dei cereali. Tali tregge o rulli trebbiavano una sezione diversa ogni volta, e il peso del guidatore che vi stava sopra ne accresceva l’efficacia. — Confronta Isaia 28:28.

      Una volta che era stato ben trebbiato, e nel contempo rivoltato parecchie volte, il cereale veniva ventilato. — Vedi VENTILARE.

      ALTRI USI DELL’AIA

      Poiché offrivano un’ampia superficie piana, le aie erano spesso usate per altri scopi. I riti funebri per Giacobbe vennero tenuti nell’aia di Atad presso il Giordano. (Gen. 50:10, 11) Per ordine di Geova, Davide acquistò l’aia di Arauna (Ornan), vi eresse un altare e fece un sacrificio a Geova. (II Sam. 24:16-25; I Cron. 21:15-28) In seguito su quell’aia fu costruito il tempio di Salomone. (II Cron. 3:1) Quando Giosafat e Acab si consultarono per far guerra alla Siria, i loro troni furono collocati in un’aia all’ingresso della porta di Samaria. — I Re 22:10.

      USO FIGURATIVO

      In senso figurativo, il trattamento che ricevono gli steli dei cereali sull’aia è un simbolo molto appropriato di come i nemici di Geova saranno battuti e fatti a pezzi. (Isa. 41:15; Ger. 51:33; Mic. 4:12, 13; Abac. 3:12) L’azione di trebbiare illustra anche l’oppressione che alcuni uomini a volte esercitano su altri. (Giud. 8:6, 7, 15, 16; II Re 13:7) Oppure la separazione del grano dalla pula può descrivere la separazione dei giusti dai malvagi mediante il giudizio di Geova. (Matt. 3:12) In un altro senso ancora, una lunga e abbondante trebbiatura indica prosperità e benedizione di Geova. — Lev. 26:5; Gioe. 2:24.

  • Tre taverne
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Tre taverne

      Luogo di sosta sulla Via Appia, la famosa strada romana che da Roma raggiungeva il porto di Pozzuoli su quello che oggi è il Golfo di Napoli. Il luogo forse prese nome da tre locande dove i viaggiatori si potevano fermare per riposare e ristorarsi. Le Tre Taverne, secondo antichi scritti, distavano trentatré miglia romane (ca. 49 km) da Roma e quindi si trovavano circa a tre quarti della distanza fra Roma e il Mercato Appio. Informati dell’arrivo di Paolo, alcuni cristiani di Roma gli andarono incontro fino al Mercato Appio, mentre altri lo incontrarono alle Tre Taverne. — Atti 28:13-15.

  • Tribolazione
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    • Tribolazione

      Il sostantivo greco thlìpsis, di solito reso “tribolazione”, significa fondamentalmente afflizione o sofferenza provocata dalla pressione delle circostanze. È

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