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  • “Dicono ma non fanno”
  • La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1954
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La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1954
w54 15/2 pp. 99-101

“Dicono ma non fanno”

RELATIVAMENTE ai capi religiosi del suo tempo, Gesù un giorno disse: “Gli scribi e i Farisei si sono seduti al posto di Mosè. Perciò fate e osservate tutte le cose che vi dicono, ma non fate conforme alle loro opere, perché essi dicono ma non fanno”. (Matt. 23:2, 3, NW) Sono forse diversi i capi religiosi del giorno d’oggi? Vediamo.

Certi ecclesiastici protestanti degli Stati Uniti dedicano molte parole al principio della separazione fra chiesa e stato. Condannano severamente ogni infrazione di quel principio da parte di altri, come la proposta dell’ex presidente Truman d’inviare un ambasciatore presso il Vaticano. Ma rispettano essi quel principio di separazione fra chiesa e stato quando contrasta coi loro propri interessi? No. Il provvedimento di un permesso secondo il quale gli scolari possono uscire dalle scuole pubbliche per ricevere insegnamenti religiosi altrove ne è un caso. Questa disposizione si oppone al principio di separazione in quanto si serve del sistema obbligatorio della scuola dello stato per provvedere delle classi alle organizzazioni religiose.

È chiaro che non si tratta di prendere o di non prendere il provvedimento per l’istruzione religiosa, dato che gli ecclesiastici che appoggiano la disposizione non sono soddisfatti che le scuole terminino un’ora prima in modo da permettere a quelli che lo vogliono di recarsi nei locali religiosi per istruzione, perché essi sanno di non poter contare che i fanciulli si rechino spontaneamente nei luoghi in cui si tengono tali classi. I fanciulli si sottometteranno all’istruzione religiosa soltanto per sfuggire alla scuola. Abbiamo così una unione della chiesa e dello stato in cui lo stato fornisce classi alla chiesa. Il clero predica la separazione fra chiesa e stato agli altri, ma la pratica esso? Niente affatto.

Né questo è tutto. Sostenendo il provvedimento di un permesso speciale gli ecclesiastici non soltanto mostrano di non essere fedeli alle dichiarazioni relative alla separazione fra chiesa e stato ma fanno violenza al principio esposto da Colui ch’essi pretendono di seguire, Cristo Gesù, il quale una volta disse: “Tutte le cose, dunque, che volete che gli uomini facciano per voi, voi pure similmente dovete farle per loro”. (Matt. 7:12, NW) In che modo?

Per il fatto che la disposizione castiga tutti quelli che non frequentano le classi religiose con la sospensione di ogni istruzione essenziale affinché coloro che frequentano le classi religiose non perdano nulla. Si tratta dunque o di ricevere l’istruzione religiosa o di sciupare un’ora. Anche se la maggioranza degli alunni ricevesse l’istruzione religiosa sarebbe lo stesso una vera ingiustizia e il danno non sarebbe trascurabile. Ma che cosa diremo quando il 90 per cento degli alunni deve sciupare un’ora in modo che il 10 per cento possa avere l’opportunità dell’istruzione religiosa durante le ore di scuola come è il caso a Chicago, Illinois, Stati Uniti; o quando il 98 per cento deve sciupare un’ora in modo che il due per cento possa usufruire di questa disposizione come nel caso di una scuola elementare della contea di Westchester, Stato di New York, dove su 500 alunni soltanto 10 frequentano l’istruzione religiosa? Con quali specie di ragionamenti si può giustificare la perdita di un’ora da parte di 490 alunni solo perché dieci altri possano avere i vantaggi del provvedimento di lasciare la classe per istruzione religiosa?

Le obiezioni dei genitori in molti casi non sono valse a nulla. La pressione da parte del clero è tale che i dirigenti, gli ispettori e i presidi delle scuole hanno paura di rimediare la situazione e gl’insegnanti non osano nemmeno esprimersi al riguardo. È questa giustizia? È questo amor fraterno? È questo vero Cristianesimo? È questo fare agli altri quello che vorreste ch’essi facessero a voi?

Che la disposizione in questione migliori i costumi è discutibile. Statistiche degne di fede indicano che non meno del quaranta per cento degli alunni che ricevono il permesso d’uscire per istruzione religiosa manca di frequentare questa classe speciale. E quando prendiamo in considerazione il tempo consumato per andare dalla scuola al luogo dove l’istruzione religiosa è impartita, non ne resta che mezz’ora o tre quarti. Quanto ammaestramento sui princìpi e sulle dottrine religiose può essere impartito in 30 o 45 minuti una sola volta alla settimana?

Fu in considerazione di questi fatti che l’ultima sessione della “Conferenza della Casa Bianca sui figli e la gioventù” nel dicembre 1945, composta di 4.620 delegati che rappresentavano i tre quarti della popolazione totale degli Stati Uniti, prese con due voti contro uno la seguente decisione: “Pur riconoscendo che la conoscenza e l’intendimento dei concetti religiosi ed etici è essenziale per lo sviluppo dei valori spirituali e che non v’è nulla che abbia maggiore importanza per la salute morale e spirituale della nostra nazione delle opere derivanti dall’educazione religiosa impartita nelle nostre case e famiglie e nelle istituzioni della religione organizzata, noi affermiamo tuttavia energicamente il principio della separazione fra chiesa e stato che fu la chiave di volta della nostra democrazia americana e ci dichiariamo immutabilmente contrari ad usare le pubbliche scuole direttamente o indirettamente a scopi educativi religiosi”.

Commentando quanto precede la signora Agnes E. Meyer, eminente educatrice negli Stati Uniti, disse quanto segue nell’Atlantic Monthly del marzo 1952: “Il bimbo viene privato del suo pieno sviluppo se nei primi anni non riceve alcuna guida nel riconoscimento degli aspetti religiosi della vita. Ma questo insegnamento, per essere efficace, deve aver inizio in casa nella vita familiare con la cooperazione delle Chiese. . . . Avendo fallito nella loro principale missione di rafforzare la famiglia e raggiungere i fanciulli durante i loro anni più impressionabili e plasmabili, le Chiese tentano ora di affrettare, mediante la disposizione del permesso d’uscire dalle classi, per curare in un momento i difetti morali dei fanciulli che sono stati trascurati nell’infanzia”. Mettendo in risalto la verità di quanto sopra il nuovayorkese Journal-American dell’8 novembre 1952 porta un articolo di cronaca che narra il fatto accaduto in Newport, Inghilterra, di un fanciullo di otto anni che colpisce a morte il fratellino di appena 17 giorni con la bottiglia del biberon.

Il rimedio per la delinquenza giovanile non dipende dal clero che dice una cosa e ne fa un’altra; non dipende dall’anticristiana e antidemocratica disposizione del permesso d’uscire dalla classe. Il rimedio dipende dai genitori che ubbidiscono al comandamento di Dio:

“Geova il nostro Dio è l’unico Geova: e tu amerai Geova il tuo Dio con tutto il tuo cuore, e con tutta l’anima tua, e con tutte le tue forze. E questi comandamenti, che oggi ti do, ti staranno nel cuore; e li insegnerai diligentemente ai tuoi figliuoli”. — Deut. 6:4-7, AS.

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