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ImmortalitàAusiliario per capire la Bibbia
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7, 9; 90:1, 2; Abac. 1:12) Questo viene sottolineato dall’apostolo Paolo che si rivolge a Dio come “al Re d’eternità, incorruttibile”. — I Tim. 1:17.
Come viene spiegato alla voce ANIMA, le Scritture Ebraiche dichiarano che l’uomo non ha immortalità innata. Numerosi versetti dicono che l’anima umana (ebr. nèphesh) muore, è destinata alla tomba e viene distrutta. (Gen. 17:14; Gios. 10:32; Giob. 33:22; Sal. 22:29; 78:50; Ezec. 18:4, 20) Le Scritture Greche Cristiane sono naturalmente in armonia con ciò e anch’esse contengono riferimenti alla morte dell’anima (gr. psykhè). (Matt. 26:38; Mar. 3:4; Atti 3:23; Giac. 5:20; Riv. 8:9; 16:3) Quindi le Scritture Greche Cristiane non dissentono dalle Scritture Ebraiche e neppure alterano l’insegnamento ispirato che l’uomo, l’anima umana, è mortale, soggetto alla morte. Le Scritture Greche Cristiane però contengono la rivelazione del proposito di Dio di concedere l’immortalità ad alcuni dei suoi servitori.
L’IMMORTALITÀ DI CRISTO
La Bibbia dice che il primo a ricevere il dono dell’immortalità è stato Gesù Cristo. Dalle parole ispirate dell’apostolo Paolo in Romani 6:9 si capisce che non possedeva l’immortalità prima di essere risuscitato da Dio: “Cristo, ora che è stato destato dai morti, non muore più; la morte non lo signoreggia più”. (Confronta Rivelazione 1:17, 18). Per questa ragione, nel descriverlo come “il Re di quelli che regnano da re e il Signore di quelli che governano da signori”, in I Timoteo 6:15, 16 è spiegato che Gesù è diverso da tutti gli altri re e signori in quanto è “il solo che ha immortalità”. Gli altri re e signori, essendo mortali, muoiono, come morivano i sommi sacerdoti di Israele. Il glorificato Gesù, nominato da Dio Sommo Sacerdote secondo l’ordine di Melchisedec, ha invece “vita indistruttibile”. — Ebr. 7:15-17, 23-25.
L’aggettivo “indistruttibile” qui traduce il termine greco akatàlytos, che significa fondamentalmente “indissolubile”, termine composto dal prefisso a e da una forma del verbo katalỳo, “rovescio, abbatto, demolisco”. Questo verbo ricorre nelle parole di Gesù a proposito del tempio di Gerusalemme che sarebbe stato ‘diroccato’. (Matt. 24:1, 2) Lo usa anche Paolo per spiegare che la “tenda” terrena dei cristiani, cioè la loro vita terrena in corpi umani, sarebbe stata “dissolta”. (II Cor. 5:1) Quindi la vita immortale concessa a Gesù alla risurrezione non è semplicemente vita senza fine, ma vita non soggetta a deteriorarsi o a dissolversi e quindi indistruttibile.
IMMORTALITÀ CONCESSA AGLI EREDI DEL REGNO
Agli unti cristiani chiamati a regnare con Cristo nei cieli (I Piet. 1:3, 4) viene promesso che saranno uniti a Cristo nella somiglianza della sua risurrezione. (Rom. 6:5) Quindi, come il loro Signore e Capo, gli unti componenti della congregazione cristiana che muoiono fedeli ricevono una risurrezione alla vita spirituale immortale, di modo che ‘questo che è mortale riveste l’immortalità’. (I Cor. 15:50-54) Come nel caso di Gesù, immortalità per loro non significa semplicemente vita eterna, o semplice libertà dalla morte. Anche a loro è concesso “il potere di una vita indistruttibile” quali coeredi di Cristo, come si vede dall’accostamento che fa l’apostolo Paolo fra l’incorruttibilità e l’immortalità a cui pervengono. (I Cor. 15:42-49) Su di loro “non ha autorità la seconda morte”. — Riv. 20:6.
Il fatto di concedere l’immortalità agli eredi del Regno è tanto più straordinario e trascendentale in quanto anche gli angeli di Dio sono mortali, pur avendo corpi spirituali, non carnali. La mortalità degli angeli è resa evidente dalla condanna a morte emessa contro il figlio spirituale che diventò l’avversario di Dio, o Satana, e anche contro gli altri angeli che seguirono tale condotta satanica e “non mantennero la loro posizione originale ma abbandonarono il proprio luogo di dimora”. (Giuda 6; Matt. 25:41; Riv. 20:10, 14) Quindi concedendo a quei cristiani, che hanno il privilegio di regnare col Figlio suo nel regno celeste, una “vita indistruttibile” (Ebr. 7:16) o “indissolubile”, Dio dimostra in modo mirabile di avere fiducia in loro. — Vedi ANGELO; CIELO (Accesso alla vita celeste); VITA.
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ImparzialitàAusiliario per capire la Bibbia
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Imparzialità
Assenza di pregiudizi, obiettività, equanimità. In ebraico e in greco i termini usati nella Bibbia per “parziale” e “parzialità” hanno il significato di considerare o giudicare dall’apparenza esteriore; rispetto umano. L’imparzialità impedisce dunque che una persona o ciò che sembra materialmente, in quanto a posizione, ricchezza, potenza e influenza, o un regalo (oppure, al contrario, la compassione verso un povero) influenzino il giudizio o le azioni a favore di qualcuno. L’imparzialità fa sì che tutti siano trattati in modo leale e giusto, secondo i meriti e i bisogni di ciascuno. — Prov. 3:27.
GEOVA È IMPARZIALE
Geova dice “che non tratta nessuno con parzialità né accetta regalo”. (Deut. 10:17; II Cron. 19:7) L’apostolo Pietro, quando Dio lo mandò ad annunciare la buona notizia all’incirconciso gentile Cornelio, disse: “Per certo io comprendo che Dio non è parziale, ma in ogni nazione l’uomo che lo teme e opera giustizia gli è accettevole”. — Atti 10:34, 35; Rom. 2:10, 11.
Non si possono mettere in discussione le decisioni e le azioni di Geova, il Creatore e il Supremo. Dio può fare quello che vuole con ciò che ha creato, e non deve nulla a nessuno. (Rom. 9:20-24; 11:33-36; Giob. 40:2) Tratta singoli o gruppi, anche nazioni, secondo il suo proposito e nel tempo da lui stabilito. (Atti 17:26, 31) Tuttavia è imparziale. Ricompensa ciascuno non secondo l’aspetto esteriore o i possedimenti, ma secondo ciò che è e ciò che fa. (I Sam. 16:7; Sal. 62:12; Prov. 24:12) Suo Figlio Gesù Cristo segue la stessa condotta imparziale. — Matt. 16:27.
Non era parziale con Israele
Alcuni hanno pensato che Geova agisse con parzialità favorendo Israele, che anticamente era il suo popolo. Ma l’onesto esame dei suoi rapporti con Israele rivelerà che tale accusa è infondata. Geova scelse e si occupò di Israele non perché fosse una nazione grande e numerosa, ma a motivo dell’amore e apprezzamento che aveva per la fede e lealtà del suo amico Abraamo, loro antenato. (Giac. 2:23) Inoltre fu longanime verso gli israeliti perché aveva posto su di loro il suo nome. (Deut. 7:7-11; Ezec. 36:22; Deut. 29:13; Sal. 105:8-10) Finché ubbidiva, la nazione di Israele era benedetta più delle altre nazioni che non avevano la Legge. Quando gli israeliti erano disubbidienti, Dio era paziente e misericordioso, ma li puniva. E pur avendo una posizione di favore, avevano davanti a Dio una responsabilità maggiore perché portavano il suo nome e perché erano sotto la Legge. Infatti la Legge
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