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  • Lebbra
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • poteva scomparire lavandola, e si doveva mettere l’oggetto in quarantena. Ma se la piaga verde giallognola o rossiccia persisteva, si trattava di lebbra maligna e l’oggetto si doveva bruciare. (Lev. 13:47-59) Se depressioni verdi giallognole o rossicce comparivano sulla parete di una casa, il sacerdote stabiliva una quarantena. Poteva essere necessario togliere le pietre infette e raschiare l’interno della casa; le pietre e la calcina raschiata via venivano portate in un luogo impuro fuori della città. Se la piaga tornava, la casa era dichiarata impura e veniva abbattuta, e il materiale veniva portato in un luogo impuro. Ma se la casa era dichiarata pura ne veniva disposta la purificazione. (Lev. 14:33-57) È stata avanzata l’ipotesi che la lebbra che si attaccava a indumenti o case fosse una specie di muffa; tuttavia c’è qualche incertezza al riguardo.

      COME SEGNO

      Uno dei segni che Geova permise a Mosè di compiere per dimostrare agli israeliti che era mandato da Dio riguardava la lebbra. Come gli era stato ordinato, Mosè infilò la mano nel lembo superiore della sua veste e, quando la tirò fuori, “la sua mano era colpita da lebbra simile alla neve!” Tornò “come il resto della sua carne” rimettendola nel lembo superiore della veste e poi tirandola fuori di nuovo. (Eso. 4:6, 7) Miriam fu colpita da “lebbra bianca come la neve”, un atto di Dio perché aveva parlato contro Mosè. Questi supplicò Dio di guarirla, il che avvenne, ma essa rimase in quarantena fuori del campo per sette giorni. — Num. 12:1, 2, 9-15.

      ALL’EPOCA DI ELISEO

      Il siro Naaman era “un potente uomo di valore, benché lebbroso”. (II Re 5:1) Il suo orgoglio quasi gli fece perdere l’opportunità di essere guarito, ma alla fine fece come aveva ordinato Eliseo, immergendosi sette volte nel Giordano, e “la sua carne tornò come la carne di un ragazzino e divenne puro”. (II Re 5:14) In seguito a ciò divenne adoratore di Geova. Ma Gheazi, servitore di Eliseo, si fece avidamente fare un regalo da Naaman in nome del profeta, dando un’idea sbagliata del suo padrone e, in realtà, trasformando l’immeritata benignità di Dio in un mezzo di guadagno materiale. Per tale azione Gheazi fu colpito dalla lebbra per volere di Dio e diventò “lebbroso, bianco come la neve”. — II Re 5:20-27.

      Che all’epoca di Eliseo ci fossero diversi lebbrosi in Israele è dimostrato dalla presenza di quattro israeliti lebbrosi fuori delle porte di Samaria quando Eliseo si trovava nella città. (II Re 7:3) Ma gli israeliti in generale non avevano fede in quell’uomo del vero Dio, come gli ebrei del paese di Gesù non avrebbero riconosciuto quest’ultimo quale Messia. Perciò Cristo disse: “E in Israele c’erano molti lebbrosi al tempo del profeta Eliseo, ma non fu purificato nemmeno uno di loro, bensì Naaman il Siro”. — Luca 4:27.

      GUARITA DA GESÙ E DAI DISCEPOLI

      Durante il suo ministero in Galilea, Gesù guarì un lebbroso descritto da Luca come “un uomo pieno di lebbra”. Gesù gli ordinò di non dirlo a nessuno e aggiunse: “Ma va e mostrati al sacerdote, e fa un’offerta relativa alla tua purificazione, come ha ordinato Mosè, in testimonianza a loro”. — Luca 5:12-16; Matt. 8:2-4; Mar. 1:40-45.

      Quando Cristo mandò i dodici apostoli, disse loro fra l’altro: “Purificate lebbrosi”. (Matt. 10:8) In seguito, mentre passava per la Samaria e la Galilea, in un certo villaggio Gesù guarì dieci lebbrosi. Solo uno di loro, un samaritano, “ritornò, glorificando Dio ad alta voce”, e si prostrò ai piedi di Gesù, ringraziandolo di ciò che aveva fatto per lui. (Luca 17:11-19) Si noti inoltre che Cristo si trovava a Betania in casa di Simone il lebbroso (forse guarito da lui) quando Maria gli unse i piedi con costoso olio profumato non molto tempo prima della sua morte. — Matt. 26:6-13; Mar. 14:3-9; Giov. 12:1-8.

  • Leb–Camai
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    • Leb-Camai

      (Leb-Camài) [il cuore di quelli che si levano contro di me].

      Una nota in calce del testo masoretico sostiene che si tratti di un nome crittografico per Caldea o Kasdìm. Ricorre solo in Geremia 51:1, parlando di ciò che Geova avrebbe fatto a Babilonia e agli abitanti della Caldea. Tale termine è scritto secondo un sistema crittografico detto atbàsh, nel quale l’ultima lettera dell’alfabeto ebraico (taw) prende il posto della prima lettera (’àleph), la penultima lettera (shin) prende il posto della seconda (behth), ecc. Quindi in Geremia 51:1 il vero nome (Kasdìm) è nascosto formando il termine ebraico Lev gamài. Anziché “Leb-Camai” la Settanta ha “i caldei” e i Targumim “il paese dei caldei”.

  • Legame
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    • Legame

      Qualcosa che trattiene o limita la libertà, come ceppi o catene, ferri, manette; e anche prigionia (plurale), forza o influenza restrittiva, motivo o vincolo d’unione.

      Nei tempi biblici vari mezzi erano impiegati per limitare la libertà di movimento dei prigionieri, fra cui ceppi di rame, legno o ferro, manette e anche prigioni. Bassorilievi egiziani raffigurano prigionieri legati con corde ai gomiti, davanti, dietro o sopra la testa. A volte si legavano i polsi, e tutti i prigionieri erano legati insieme con una corda che passava intorno al collo di ciascuno. Altri avevano manette di legno evidentemente fatte di due pezzi di legno uniti insieme, con aperture rettangolari per i polsi. C’erano manette di varie forme; spesso venivano sospese al collo del prigioniero con una corda. In alcuni bassorilievi egiziani i prigionieri sono legati in modo diverso secondo la nazionalità. Bassorilievi assiri raffigurano prigionieri con ceppi costituiti da anelli o cinghie intorno alle caviglie assicurati insieme da una sbarra.

      Nelle Scritture il termine ebraico corrispondente a “rame” (in questi casi di solito al plurale) è spesso tradotto “ceppi”, secondo il contesto, perché i ceppi spesso erano di rame o bronzo, benché potessero essere anche di legno o ferro. Nel British Museum è esposto un paio di ceppi di bronzo provenienti da Ninive formati da una sbarra con un anello alle due estremità. Gli anelli erano tagliati in modo da poter essere chiusi col martello intorno alla caviglia del prigioniero dopo che vi aveva infilato il piede. Uno degli anelli è rotto, ma quando era intero i ceppi potevano pesare 4 kg circa.

      I romani avevano l’usanza di unire con una catena la mano destra di un prigioniero alla mano sinistra del soldato di guardia o, per doppia sicurezza, di incatenare ciascuna mano a un soldato. Questo non solo quando il prigioniero veniva condotto in prigione, ma anche durante la detenzione.

      La parola ebraica mahpèkheth, tradotta “ceppi” (Ger. 20:2; 29:26; II Cron. 16:10), ha il significato di “distorsione, deformazione”. Questi ceppi evidentemente tenevano la persona in posizione curva, innaturale, e forse trattenevano il collo e le braccia oltre alle gambe. Non esiste una descrizione esatta di questi ceppi. Un’altra forma di ceppi (ebr. sadh) sembra fosse usata per trattenere solo i piedi. (Giob.

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